Galigai (Galigari; Caligari)
Di questa antica famiglia fiorentina D. ricorda (Pd XVI 101-102) la dignità cavalleresca già goduta in antico (avea Galigaio / dorata in casa sua già l'elsa e 'l pome), alludendo probabilmente a messer Guido e a messer Lupo che, riferisce il Malispini (cap. LIII), furono armati cavalieri da Carlo Magno, e a messer Galigaio, che ebbe la dignità equestre da Enrico III nel 1039. Lo stesso cronista (cap. XLIX) ricorda un messer Lione G. fra i cittadini più importanti che " tennono compagnia " a Enrico II e all'imperatrice Cunegonda durante il loro soggiorno in Firenze, insieme a membri delle consorterie dei della Pressa, Visdomini, Lisei, Uberti, dell'Arca, Figiovanni e Infangati. I G. appartennero al gruppo delle famiglie consolari e fecero parte dei consigli del comune; Ugo di Albizo fu console nel 1188, e un Latino è citato fra i consiglieri del podestà presenti alla ratifica della pace stipulata con Siena nel 1201.
Nel secolo XIII la consorteria si divise politicamente, militando alcuni dei G. fra i ghibellini e altri nella fazione guelfa, così che nel 1258 e nel 1268 gli esponenti delle due parti furono a vicenda espulsi e richiamati in patria. La definitiva vittoria dei guelfi significò l'esilio per Latino, Pazzino, Gennaro, Cenni, Nepo, Bardo e Bencino di Benci, insieme a Neri, Lamberto e Gaio di messer Parigi. Gli esuli poterono tornare in città nel 1280, quando per i G. ghibellini giurarono la pace del cardinal Latino Nuccio di messer Albizo, Dino Panziera, Gano, Lamberto, Bindo e Puccio Sciancato (che D. ricorda in If XXV 148 tra i ladri).
I bandi e le divisioni politiche ridussero a poco a poco l'importanza sociale e le possibilità economiche dei G., che erano stati signori di terre e castelli nel contado fiorentino e padroni di case e torri in città, nel sesto di Porta San Piero (G. Villani V 39), e ai quali - fatto anch'esso indicativo di antichità d'origine e di posizione sociale elevata - spettava, come ai Lamberti, il singolare privilegio di poter seppellire a cavallo i cadaveri dei loro morti.
L'iscrizione di questa consorteria fra i magnati, fatta dagli Ordinamenti di Giustizia, la cancellò dal novero di quelle i cui membri erano capaci di adire agli uffici maggiori, e ne accelerò la dispersione e l'estinzione. Al principio del secolo XIV non se ne hanno, infatti, più notizie.
Questi G. portarono per arma le catene decussate d'azzurro in campo d'oro, con nel capo - ma secondo alcuni araldisti soltanto - l'aquila imperiale nera.
Nella storia fiorentina più recente si trova un'altra famiglia dallo stesso cognome, che più esattamente si chiamava dei Bartoli o Mattei (dal nome ricorrente fra i membri di essa) e che si disse G. dall'insegna dell'arte dei galigai che era tradizionale fra loro. Di questi G. si ebbero priori e notai nei secoli XV e XVI; essi si spensero nel 1570 con un Matteo di ser Benedetto di Matteo di Bartolo. Questi G. portarono per stemma due braccia vestite di rosso partenti dal lato sinistro dello scudo d'azzurro, con le mani al naturale tenenti insieme quattro verghe d'argento legate in fascio.
È singolare il modo col quale la memoria dei G. più antichi fu fatta rivivere nel 1612 da compiacenti araldisti e dai tribunali fiorentini, pronti alla sollecitazione di Maria de' Medici, regina di Francia, i quali attribuirono il cognome e la discendenza da quella. casata ormai estinta - rifacendosi a messer Albizo di messer Rinuccio - alla nutrice della Medici, Eleonora Dori, donna di umili origini che, in seguito, divenne moglie di Concino Concini, poi maresciallo di Francia e marchese d'Ancre, e che desiderava nobilitarsi per apparire più degna del favore goduto a corte. Ma anche questi G. durarono poco, perché si estinsero con la morte di Sebastiano di Andrea, fratello della Dori, avvenuta il 28 gennaio 1694.
Bibl. - Fonti archivistiche in Arch. di Stato di Firenze, Carte Dei, 23a, 16; Carte dell'Ancisa, EE, 334; HH, 540; MM, 5, 6; NN, 112, 115; Carte Pucci, VI, 4; Biblioteca manoscritti, 422, CC. 179, 889; e in Bibl. Naz. Centr. di Firenze, Carte Passerini, 188.
Le notizie riferite dai cronisti citati nel testo sono riprese e rielaborate dagli eruditi e dagli storici fiorentini: S. Ammirato, Delle famiglie nobili fiorentine, Firenze 1615, 178; ID., Albero e istoria della famiglia dei conti Guidi, ibid. 1650, 54, 70; V. Borghini, Discorsi, con note di D.M. Manni, II, ibid. 1755³, 77; B. De' Rossi, Lettera a Flamminio Mannelli... delle famiglie e degli uomini di Firenze, ibid. 1585, 43, 55; P. Mini, Discorso della nobiltà di Firenze e de' fiorentini, ibid. 1614², 140, 142, 147; ID., Difesa della città di Firenze e de' fiorentini contro le calunnie e maldicenze de' maligni, Lione 1577, 290, 296, 302, 307; U. Verino, De Illustratione urbis Florentiae, Firenze 1636², 64: M. Salvi, Delle historie di Pistoia, III, Venezia 1662, 186, 194.
Per i rapporti della particolare vicenda genealogica dei G. con la storia cittadina: Delizie degli eruditi toscani, a c. di I. da San Luigi, Firenze 1770-1789, ad indicem; P. Santini, Documenti dell'antica costituzione del comune di Firenze, I, ibid. 1895 (Documenti di storia italiana, X), passim; G. Capponi, Storia della repubblica di Firenze, I, ibid. 1875, 86, 665; F.T. Perrens, Histoire de Florence, Parigi 1877, 1311, 453; II 38, 71, 204, 383; III 78; Davidsohn, Storia II I 469; II II 229, 645.
Brevi sintesi della vicenda familiare dei G. danteschi si trovano nelle opere di G.G. Warren Lord Vernon, L'inferno di D.A., Il (Documenti), Londra 1862, 477-478; L. Passerini, annotazioni al romanzo storico di A. Ademollo, Marietta de' Ricci, ovvero Firenze al tempo dell'assedio, VI, Firenze 1845², 1918 (che riporta le notizie essenziali circa i Bartoli o Mattei, per i cui priori cfr. anche in Arch. di Stato di Firenze, Priorista fiorentino del Mariani, VI, c. 1471); Scartazzini, Enciclopedia.