GALILEI, Galileo (Galileus Galilei, Galileus de Galileis, magister Galileus)
Figlio di Giovanni di Tommaso e di Felice di Niccolò Vanni, nacque a Firenze nel quartiere S. Croce da facoltosa famiglia, tra la fine del 1369 e l'inizio del 1370 (come si desume dall'età da lui denunziata nelle portate al Catasto del 1427, del 1431, del 1433, del 1442 e del 1447).
Il nonno paterno del G., Tommaso di Giovanni, viene indicato in alcuni documenti a lui coevi e nelle genealogie a lui posteriori come "Tomasus Bonaiuti". Il G., nell'epitaffio apposto alla sua tomba, viene detto "Galileus de Galileis olim Bonaiutis". Queste espressioni, in assenza di altri e più espliciti riscontri, sono state intese dal Favaro come indicazioni del fatto che nel sec. XIV i Galilei - al pari di altre famiglie fiorentine illustri e meno illustri - non avevano ancora stabilizzato il loro gentilizio. Quanto all'appellativo "Bonaiuti" ("de Bonaiutis"), esso, secondo lo stesso studioso, alluderebbe a un antenato del Galilei. Altri autori, invece, e di recente anche il Drake, hanno ritenuto che il cognome originario della casata fosse "Bonaiuti", "de Bonaiutis", e che esso sia stato mutato in "Galilei" a partire da uno zio e omonimo del G., Galileo di Tommaso.
Nulla ci dicono le fonti circa gli anni della sua giovinezza e la sua formazione culturale. È certo, in ogni modo, che ricevette una buona istruzione, frequentò corsi universitari e si addottorò - ignoriamo dove - in medicina: nei documenti noti, infatti, il suo nome appare sempre accompagnato dalla qualifica di "artium atque medicinae doctor", di "philosophiae atque medicinae doctor" e di "magister". Per tutta la vita esercitò con successo la professione di medico, traendone fama e ricchezza, come si ricava dalle attestazioni dei contemporanei e dalle sue portate al Catasto. Il G. ebbe anche una brillante carriera accademica. Era infatti poco più che trentenne quando, il 26 sett. 1402, fu chiamato presso lo Studio fiorentino "ad legendum medicinam, cum salario florenorum 50" (Gherardi, pp. 376 s.). L'11 apr. 1418 fu eletto "ufficiale dello Studio", "pro uno anno initiando die XVIII presentis mensis Aprilis" (ibid., p. 198). Il 23 sett. 1430 venne chiamato a ricoprire quel medesimo incarico per un anno, a decorrere dal 1° ottobre. Nemmeno il peso dell'età distolse il G. dall'insegnamento: il 3 nov. 1447 gli fu infatti affidato l'incarico di leggere "pratica medica" presso il medesimo Studio, a titolo gratuito, per un anno.
Si trattava, forse, di una di quelle cattedre, i cui corsi venivano finanziati da facoltosi privati, ma per le quali le autorità pubbliche si riservavano il diritto di individuare i docenti e di conferire loro l'incarico. In questo caso non appare improbabile l'ipotesi che l'ignoto mecenate che si accollò l'onere di pagare allora al G. lo stipendio per le sue lezioni si possa identificare nello stesso Cosimo il Vecchio de' Medici, da tempo suo amico e suo grande estimatore.
Familiare e partigiano della famiglia de' Medici, legato in particolare a Cosimo il Vecchio, il G. svolse anche un'intensa attività politica, sostenendo un ruolo non secondario nella vita pubblica e nelle vicende fiorentine della prima metà del sec. XIV. Abbondantemente documentata è la sua partecipazione alle consulte e pratiche e ai Consigli dei richiesti della Repubblica in occasioni di particolare rilevanza politica (ad esempio, nel 1424, dopo la rotta di Zagonara; nel 1430, sul comportamento da tenere nei confronti di Filippo Maria Visconti; nel 1437, a proposito del trasferimento del concilio da Ferrara a Firenze) e nei dibattiti relativi a importanti questioni fiscali e finanziarie (come fu nel 1427 e, in due circostanze, nel 1431). Fu dei Priori nel bimestre luglio-agosto 1430. Nel 1434 fece parte della Balia che, costituita sul finire dell'estate, il 29 settembre decise di richiamare dall'esilio Cosimo il Vecchio. Nel bimestre gennaio-febbraio 1435 fu, per la seconda volta, dei Priori. Nel gennaio-febbraio 1446 fu gonfaloniere di Giustizia (Cambi). Non trova riscontro nelle fonti note la notizia, fornita dal Nelli e ripresa dallo Zippel, secondo la quale egli avrebbe ricevuto dalla Repubblica l'incarico di recarsi, dietro congruo compenso, a curare il signore di Piombino, Giovanni d'Appiano.
La brillante carriera accademica e politica del G. fu almeno in parte dovuta, senza dubbio, alla protezione e all'appoggio dei Medici, in particolare a quello di Cosimo il Vecchio. Lo provano l'antica familiarità e gli stretti rapporti che legarono il G. ad Averardo de' Medici, un nipote di Giovanni di Bicci, il quale svolse un ruolo di primo piano nell'affermazione e nel consolidamento del potere della sua casata in Firenze - familiarità e rapporti di cui ci è rimasta esplicita testimonianza, tra l'altro, in una lettera che Averardo inviò ad Arezzo il 13 dic. 1423 "famosissimo artium atque medicine doctori magistro Galileo Galilei Florentie suo compari amatissimo" (Rajna, pp. 151-153). Lo provano altresì - e converso - le espressioni aspre e sferzanti usate da Francesco Filelfo quando parla del G. e dell'attività professionale e politica di quest'ultimo nelle Commentationes Florentinae de exilio e nell'invettiva In Cosmum Medicem ad exules optimates, due violenti scritti antimedicei risalenti alla seconda metà del quarto decennio del sec. XV, nei quali, tra l'altro, lo definisce "medicinae omnino ignarus", lo associa a Poggio Bracciolini e a Niccolò Niccoli, i due più fedeli sostenitori e amici di Cosimo, includendolo tra coloro che "in hominis figura bellue immanitatem gerunt", e lo accusa anche, implicitamente, di pederastia.
L'attività di docente presso lo Studio fiorentino, il proficuo esercizio della professione medica e, senza dubbio, le opportunità offertegli dal suo impegno nella vita pubblica e nella politica cittadina consentirono al G. di costituirsi precocemente una posizione economica di tutto rilievo, che egli andò in seguito progressivamente consolidando. Le sue disponibilità finanziarie dovevano essere notevoli già dal secondo decennio del sec. XV, se, come si trae dalle sue portate al Catasto, egli poté, intorno al 1415, prestare la cospicua somma di "lire settantacinque e mezzo" a Luca, uno dei figli di Niccolò Falcucci, il celebre medico fiorentino scomparso nel 1412 (Zippel, p. 10). In quella occasione, però, si fece consegnare, a buon conto, come pegno un prezioso manoscritto contenente un'opera scientifica composta dal padre dello stesso Luca, la Practica, che appunto il G. ebbe a definire "il più utile libro per curare che si facesse da cinquecento anni in qua" e che rimase in suo possesso per una quindicina di anni almeno (ibid.). Ulteriori prove della solidità della sua posizione economica sono costituite tanto dalla biblioteca che egli riuscì a formarsi e che nel 1427 comprendeva "parecchi libri di medicina" - come dichiarò nella portata al Catasto di quell'anno - quanto dall'elenco dei suoi debitori (tra cui figura anche Lorenzo di Bicci de' Medici, fratello di Cosimo il Vecchio) contenuto nella sua portata del 1431. Stando alla portata del 1442, le proprietà del G. - case, botteghe, fondachi, poderi - risultano notevolmente superiori a quelle denunciate per il precedente Catasto del 1433, prova che egli e la sua famiglia si erano notevolmente arricchiti negli anni immediatamente successivi al 1434, data del ritorno di Cosimo in Firenze.
Tra i terreni che il G. denunciò allora vi era un "podere posto nel popolo di San Lionardo in Arcetri": che già nella prima metà del Quattrocento i Galilei possedessero beni in Arcetri potrebbe quindi fare supporre (Zippel, p. 11) che fu questa la ragione per cui, due secoli dopo, il grande postero e omonimo del G. si ritirò proprio là negli ultimi anni della sua vita.
Il G. morì a Firenze in data a noi ignota, ma che deve comunque essere posta tra il 1447, quando egli redasse la sua ultima portata al Catasto, e il 1451, anno a partire dal quale il suo nome non ricorre più nel registro di quell'ufficio e le portate appaiono presentate dai suoi figli. Il suo corpo fu sepolto nella chiesa di S. Croce. Sulla tomba Benedetto, il suo quartogenito, fece collocare una lastra marmorea tuttora esistente, recante l'effigie del padre e un'iscrizione, nella quale il G. viene definito "temporibus suis philosophiae atque medicinae culmen".
Aveva sposato, nel 1402, Ghita (Margherita) di Filippo Taddei, nata intorno al 1382 e morta in data a noi ignota, ma in ogni caso anteriore al 1442. Da lei aveva avuto almeno otto figli: Bernardo, che, nato nel 1409, conobbe una brillante carriera politica, ricoprendo numerose cariche pubbliche e giungendo al priorato nel 1448 (sposò in seconde nozze Lucrezia di Cambio di Vieri de' Medici); Sandra; Lodovico, che, nato nel 1412, fu dei Priori nel 1443; Benedetto, che, nato nel 1414, fu priore nel 1449, gonfaloniere di Compagnia e membro della Balia filomedicea nel 1452, nel 1467 e nel 1471; Lena; Brigida; Felice; Cosa.
Siamo informati che il G., servendosi di fonti molteplici, aveva composto una sorta di compendio della scienza medica. L'opera, redatta "in più quadernetti" per un totale di circa 300 fogli, non ci è pervenuta. Una testimonianza che la fama del G. era ancor viva circa 25 anni dopo la sua morte è fornita dall'epistola "nobilitas, utilitas et usus medicinae", databile al settembre 1474, indirizzata da Marsilio Ficino a Tommaso Valori, nella quale il G. è affiancato al famoso medico contemporaneo Lorenzo Martellini e allo stesso Tommaso Valori.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Catasto, 69, cc. 114v-115r; 350, cc. 688-689; 352, cc. 585-586; 446, cc. 518-519; 615, c. 553; 661, c. 865; Archivio della famiglia Galilei, Genealogia di casa Galilei, c. 2rv; Carte Pucci, VI, 5; Firenze, Bibl. nazionale, Manoscritti Galileiani, 11, cc. 149, 153, 156, 159-161; Carte Passerini, 8, 106, 219; Necrologio fiorentino Cirri, VIII, pp. 467-473; Mss. II.II.70: F. Filelfo, Commentationes Florentinae de exilio, c. 44r; Milano, Bibl. Ambrosiana, Mss. V.10 sup.: F. Filelfo, In Cosmum ad exules optimates, cc. 7r, 16v-17r, 26v; G. Morelli, Ricordi, in Delizie degli eruditi toscani, XX (1785), pp. 250, 253; Commissioni di Rinaldo degli Albizzi per il Comune di Firenze dal 1399 al 1433, a cura di C. Guasti, II, Firenze 1869, p. 149; III, ibid. 1873, p. 511; A. Gherardi, Statuti dell'Università e Studio fiorentino dell'anno 1387…, Firenze 1881, pp. 198, 230, 376 s., 442; M. Palmieri, Ricordi fiscali (1427-1474), Roma 1983, pp. 122, 173, 196; M. Ficino, Lettere, I, Epistolarum familiarium liber I, a cura di S. Gentile, Firenze 1990, p. 145; G.B.C. de' Nelli, Vita e commercio letterario di G. G., Losanna 1793, I, pp. 6 s.; G. Zippel, Due professori dello Studio fiorentino al tempo del Toscanelli, Roma 1898, pp. 9-16; G.B. Ristori, Niccolò Falcucci medico del secolo XIV, in Giotto. Bollettino storico, letterario, artistico del Mugello, II (1903), p. 273; A. Favaro, Ascendenti e collaterali di Galileo Galilei, in Arch. stor. italiano, s. 5, t. XLVII (1911), pp. 354-358; P. Rajna, Una lettera di Averardo de' Medici al medico G. G., ibid., LXXV (1917), 1, pp. 149-165; G. Galilei, Le opere, XX, Firenze 1968, p. 445; N. Rubinstein, Il governo di Firenze sotto i Medici (1434-1494), Firenze 1971, pp. 54, 301; A. Mohlo, Florentine public finances in the early Renaissance, 1400-1433, Cambridge, MA, 1971, p. 84; E. Conti, L'imposta diretta a Firenze nel Quattrocento (1427-1494), Roma 1984, pp. 135, 160, 166; S. Drake, Galileo. Una biografia scientifica, Bologna 1988, pp. 575 s.