GALLI, Clotilde Annamaria, detta Dina
Nacque da Giuseppe e Armellina (o Ermelina: Chi è?, 1948, s.v.) Nesti a Milano il 16 dic. 1877. Figlia d'arte - Armellina era attrice seppure di assai modesta levatura -, crebbe sulle tavole del palcoscenico.
Nel 1890 la Nesti fu scritturata nella compagnia dialettale diretta da E. Ferravilla (la Ferravilla - Ivon Giraud) e trascinò al suo seguito, come d'abitudine, la figlia ormai tredicenne. Non è però al Ferravilla che si deve il merito di aver fatto esordire la G., ma a E. Giraud, il quale offrì alla vivace e zelante Dina l'occasione di debuttare con un numero di canto all'interno di una commedia-rivista intitolata Alla follia!: il successo fu immediato e il Ferravilla offrì alla G. un regolare ingaggio nella sua compagnia.
Nel 1900 V. Talli - che ne riconobbe il talento non comune - offrì all'attrice una scrittura nella prestigiosa compagnia da lui diretta, la Talli - Irma Gramatica - Calabresi; qualche tempo dopo la G. firmava un contratto come "prima attrice giovane, prima amorosa e prima attrice comica" e passava così dalla scena dialettale al teatro italiano. Raggiunta la compagnia a Venezia, esordì sul palcoscenico del teatro Goldoni, intraprendendo la parte di Marta nella commedia Dionisia di A. Dumas fils. La vera consacrazione dell'arte recitativa della G. risale però al maggio del 1900, quando fu Crevette nella Dame de Chez Maxim di G. Feydeau, rappresentata all'arena del Sole di Bologna.
Irma Gramatica aveva rifiutato la parte della protagonista, reputando il ruolo della Crevette non adatto alle sue corde di attrice drammatica; la G. colse così la sua grande occasione. La Dame fu un successo, e pubblico e critica salutarono unanimi la nascita di una grande attrice.
Da Bologna la Crevette andò a Roma, Torino e Milano. Nel novembre 1900 la G. recitò per la prima volta in lingua italiana nella sua città, al teatro Manzoni. Successivamente in cartellone, oltre alla Dame, si ebbero Coralia e C. di A. Valabrègue - M. Hennequin, La seconda moglie di A.W. Pinero, Loute di P. Veber - M. Soulié, La passerelle di F. de Croisset - M.me Fred Gressac e Malpelo di G. Renard.
Si delineava quello che sarebbe stato il repertorio proprio della G.: commedie leggere, talvolta decisamente sboccate, che l'attrice seppe però sempre alleggerire degli elementi più volgari grazie alla briosa e schietta vivacità della sua recitazione pungente e ironica; grazie al senso dell'umorismo che traboccava da ogni suo gesto; grazie infine al fisico asciutto e quasi androgino che le conferiva un'aria sbarazzina da eterna "monella".
Conclusosi il triennio comico (1899-1902), C. Leigheb offrì alla G. una scrittura come "prima attrice assoluta" nella nuova compagnia che andava formando; la G. accettò, ma quella che avrebbe dovuto essere la Galli - Leigheb non nacque mai: il dolore in seguito alla morte inaspettata della madre allontanò infatti per più di un anno la G. dalle ribalte.
Nel frattempo era morto anche C. Leigheb (novembre 1903) e Dina decise di ritornare al teatro fondando una compagnia propria. Rilevò in blocco la compagnia di Teresa Mariani, che si era ritirata dal capocomicato. Diretta da A. Beltramo, la neonata compagnia Galli contava tra i suoi componenti O. Bonafini, S. Rizzotto e R. Lotti. Essa visse e prosperò per un triennio, mietendo successi in tutte le maggiori piazze d'Italia. Nel 1906 Giuseppe Sichel - che dirigeva la compagnia Sichel - Guasti - Ciarli-Bracci - propose alla G. una scrittura, nell'intenzione di mettere insieme una formazione di assi della comicità. Nacque dunque la Sichel - Guasti - Galli-Ciarli - Bracci, detta anche la "compagnia dei cinque". Fu così che la G. incontrò Amerigo Guasti e tra i due nacque un'intesa professionale che sarebbe durata, senza interruzioni, fino alla morte di quest'ultimo (marzo 1926). La nuova compagnia esordì, al Nazionale di Roma, all'inizio della quaresima 1906.
Il repertorio del Sichel era composto quasi esclusivamente da pochades salaci (da Le pillole d'Ercole di M. Hennequin - P. Bilhaud a L'albergo del libero scambio di G. Feydeau e M. Desvallières, a La prima notte di Pinero, a La presidentessa e Niente di dazio? di M. Hennequin - P. Veber), alle quali alternava, senza troppa convinzione, qualche rara commedia sentimentale (come Zazà di P.-F. Berton - Ch. Simon, o Friquet di M.me Gyp - Willy), sempre rigorosamente d'importazione.
Ma la G. si sentiva limitata da un repertorio così fortemente e univocamente caratterizzato, che non le permetteva di esprimere appieno le sue capacità recitative. In risposta a tale insoddisfazione l'impresario A. Re Riccardi propose al Sichel di portare in scena La sfumatura, una commedia comico-sentimentale di F. de Croisset. Nonostante il suo successo e la personale affermazione della G., Sichel non ebbe il coraggio di continuare lungo la strada intrapresa e le buone intenzioni si persero ben presto per via: le commedie sentimentali si alternavano alle pochades, ma queste ultime finivano poi per tenere da sole il cartellone, per ragioni di botteghino.
Il triennio successivo vide la compagnia dei cinque ridotta a quattro: Sichel, i cui orientamenti non erano condivisi, aveva lasciato il gruppo. La Galli - Guasti - Ciarli - Bracci esordì al Nazionale di Roma al principio della quaresima del 1909. Le scelte della compagnia diventeranno, da quel momento, sempre più selettive: si abbandonarono a poco a poco le pochades più sboccate e vennero introdotte nel repertorio alcune commedie comico-sentimentali di autori italiani, tra cui: La capanna e il tuo cuore e l'atto unico Pierrot innamorato di G. Adami, Pupattolina di A. De Angelis, La foglia di fico di A. Fraccaroli. Nel 1914, per la morte di S. Ciarli, la ditta si ridusse ancora e diventò la Galli - Guasti - Bracci. Nel 1915 Dario Niccodemi scrisse Scampolo e la lesse alla G. e ad A. Guasti.
La commedia, rappresentata il 3 dic. 1915 al teatro Olimpia di Milano, ottenne un successo senza precedenti, segnando un trionfo indiscusso per la mirabile interprete. Scampolo rappresentava la risposta italiana alle varie cocottes francesi: il personaggio della protagonista era allegro senza essere volgare e la sua vivace spregiudicatezza era addolcita da un pizzico di sentimentalismo.
La G. era a quel tempo considerata una fra le maggiori attrici italiane; la sua fama era giunta tanto in alto che ella fu invitata a corte con il Guasti per recitare al cospetto del sovrano. In quell'occasione i due rappresentarono l'atto unico di G. Courteline La pace in famiglia. Lo scoppio della prima guerra mondiale non interruppe l'attività dell'attrice che anzi intensificò il suo impegno producendosi in una grande quantità di spettacoli di beneficenza; allo scopo di intrattenere i soldati che affollavano le corsie degli ospedali e alleviare le loro sofferenze ella si improvvisò burattinaia e cantastorie.
Finita la guerra la G. ritornò a calcare i palcoscenici mettendo a punto un repertorio più selezionato che, insieme con le leggere, frizzanti e collaudatissime commedie di importazione, proponeva molte novità di autori italiani: tra queste - scritte talvolta appositamente per la G. - Madonna Oretta e Le campane di S. Lucio di G. Forzano, Chiomadoro di A. Fraccaroli, La maestrina di D. Niccodemi.
Il repertorio che il Guasti selezionava ruotava intorno alla G. e alla sua recitazione vivace e sbarazzina; gli altri attori della compagnia - primo fra tutti lo stesso Guasti - accettavano di buon grado di lavorare all'ombra della grande interprete. Tra le opere di autori stranieri, che costellavano a quel tempo il lieto repertorio della G. ricordiamo: La monella di P. Veber - De Grosse, Divorziamo! di V. Sardou, L'ottava moglie di Barbablù e Banco! di A. Savoir, Occupati di Amelia di G. Feydeau, oltre agli inossidabili Florette e Patapon di M. Hennequin - P. Veber e Il Re di E. Arène - G. de Cavaillet - R. de Flers. Ma la G. era anche capace di commuoversi e far commuovere: in Il buon samaritano, mediocre commedia di H. Fremont presentata all'Olimpia di Milano nel giugno del 1922, l'attrice dette prova della sua capacità di scivolare dal comico al drammatico. Un'interpretazione, quest'ultima, che si andava ad aggiungere a quella ugualmente intensa di Friquet, a formare un ritratto di una G. diversa che, dietro l'apparente allegrezza, celava un fondo di malinconia.
Il 1924 segnò un nuovo, clamoroso successo per la Galli - Guasti - Bracci con Biraghin, la commedia che A. Fraccaroli scrisse su misura per la Galli. A questa seguirono molte altre commedie di autori italiani, segno del crescente interesse della G. verso la drammaturgia nostrana: Il dono del mattino di G. Forzano, L'onda e lo scoglio di A. Vanni, La signorina dalle camelie di P. Mazzolotti, Baldoria di A. Fraccaroli. Nel 1926 A. Guasti, l'insostituibile compagno e il fedele amico della G., morì in seguito a una malattia. La G. si ritirò dal teatro, decisa a mai più ritornarvi e trascorse alcuni mesi in solitudine, tra la casa di Roma e la villa a Viareggio. Fu il commediografo G. Forzano - che scrisse, pensando a lei, Ginevra degli Almieri - a convincerla a calcare le scene nuovamente; nel dicembre dello stesso anno l'attrice formò dunque una nuova compagnia, scritturando E. Biliotti come primo attore e scegliendo come direttore E. Ferrero. La prima della commedia ebbe luogo al teatro Eden di Milano e riportò un successo pieno. Nella stessa occasione fu rappresentata la commedia di A. Fraccaroli Corallina, fanciulla d'ogni tempo.
Terminato l'anno comico L. Cimara subentrò al Biliotti e, nel marzo del 1929, la G. interpretò la parte della protagonista in una nuova commedia di G. Forzano, Jack Broder.
Il personaggio al centro della storia - una stracciona che, per i suoi modi da "maschiaccio", viene scambiata per un ragazzo e scoperta/o da un ricco produttore cinematografico - appariva ritagliato sulle caratteristiche della G., che tornava, inoltre, ancora una volta, a una schietta e colorita recitazione dialettale.
Nell'aprile dello stesso anno la compagnia mise in scena la commedia musicale di G. Cantini, Locanda alla luna. Nel settembre del 1930 la G. si associò ad Antonio Gandusio, con l'intenzione di mettere insieme una formazione più decisamente comica. Questo binomio, che da solo bastava a riempire i teatri di tutta Italia, non durò però a lungo. Dopo appena un anno di difficile convivenza, i due - le cui reciproche personalità erano troppo spiccate per poter convivere - decisero di comune accordo di sciogliere la compagnia. La G. si unì dunque a N. Besozzi e a E. Viarisio; successivamente al posto del Besozzi, impegnato con il cinema, subentrò A. Marcacci. Questa ultima formazione mise in scena, per la prima volta al teatro dei Fiorentini di Napoli, La Tallien di G. Adami. Alla fine dell'anno comico, tuttavia, la G. decise di formare nuovamente compagnia con il Gandusio, ma anche i risultati di questo secondo tentativo furono disastrosi.
Tra le commedie più significative messe in scena dalla coppia G. - Gandusio tra il 1933 e il '34 - anno del definitivo scioglimento - ricordiamo: La barca dei comici di L. Bonelli, Alla moda di D. Falconi - O. Biancoli, Milioni di A. Fraccaroli, Banca Nemo di L. Verneuil e La rivincita delle mogli di G. Valori.
Il 1933 fu anche l'anno del primo contatto della G. con il cinema: ella fu Ninì Falpalà nell'omonimo film di A. Palermi, tratto da una commedia di A. Novelli. Ma la critica non accolse favorevolmente il debutto cinematografico, giudicando la recitazione della G. poco adatta al grande schermo.
Nel 1934 la G. formò una nuova compagnia e ne affidò la direzione a R. Calò. Nell'ottobre si cimentò con un ruolo che fu il cavallo di battaglia di moltissime grandi della scena: Madame Sans-Gêne di V. Sardou - É. Moreau, mentre G. Stival interpretava la parte di Napoleone. Nel novembre dello stesso anno interpretò per la prima volta Felicita Colombo: una parte che sarebbe rimasta tra le più significative della sua lunga carriera.
L'omonima commedia, scritta da G. Adami appositamente per la G., era incentrata sulla colorita figura di una salumiera e forniva all'attrice l'occasione di tornare nuovamente alla recitazione dialettale. G. Stival interpretò la parte del conte Giovanni Scotti. Lo strepitoso successo ottenuto suggerì all'autore di dare un seguito alla commedia: la seconda parte delle avventure di Felicita Colombo si intitolò Nonna Felicita e fu portata in scena nel dicembre del 1936, confermando appieno il successo della prima. Entrambi i lavori vennero adattati per lo schermo - rispettivamente nel 1937 e nel '38 - per la regia di M. Mattoli. I critici furono costretti a rivedere i giudizi poco lusinghieri espressi in occasione dell'uscita di Ninì Falpalà e dovettero riconoscere che la vivace recitazione della G. non risultava offuscata dal passaggio dalle scene allo schermo.
Da quel momento in poi, e fino alla morte, ella dividerà i suoi impegni tra il cinema e il teatro. Sempre nel 1937 la G. - diretta da L. Ramo - portò in scena un'altra commedia di G. Adami, La Ninetta del verziere. Nell'autunno del 1938 formò una compagnia con M. Giorda, che durò fino al maggio del 1940.
Tra le novità messe in scena: L'amica di tutti e di nessuno di A. De Stefani, Paola Travasa, Lanterna cieca e Donna serpente di G. Adami, Evelina zitella per bene di A. Dello Siesto, Eva in vetrina di G. Giannini, Aprite le finestre e Una volta in tutta la mia vita di C. Veneziani, Facciamone una donna di G. Jovinelli, Un sorriso sul mondo di P. Mazzolotti, La moglie di papà di A. De Stefani - R. Matarazzo, Mariannina Kemp di E.A. Nulli. Nello stesso periodo la G. partecipò ad altri tre lungometraggi; Frenesia di M. Bonnard (1939), La zia smemorata di L. Vajda (1940) e Il sogno di tutti di O. Biancoli - L. Kish (1941). Il primo era tratto da una fortunata commedia che la G. aveva portato in scena durante la breve e burrascosa esperienza con A. Gandusio: Alla moda! di D. Falconi - O. Biancoli. In occasione dell'adattamento cinematografico si volle ricreare il famoso binomio e la G. tornò così a recitare ancora una volta al fianco del grande interprete.
Nell'autunno del 1940 la G. formò una compagnia con N. Bernardi e H. Petri (come prima attrice giovane). Madre Allegria di L.F. De Sevilla - R. Sepúlveda fu la commedia più significativa messa in scena in quel periodo: il personaggio della monaca dal cuore traboccante di umanità rimarrà per sempre legato all'esile figurina della G., al suo volto scavato dagli anni, agli occhi troppo grandi, ancora luminosi nonostante l'età. La commedia ottenne successo in tutte le piazze d'Italia e fu replicata per diversi mesi. Nell'autunno dell'anno successivo la G. mise insieme una nuova formazione, diretta da C. Racca e A. Allegranza. Quattro le novità di rilievo: Passo d'addio di G. Adami, Il sole a scacchi di G. Giannini, KL47 di R. Lelli. Nel '42 partecipò a due film: Stasera niente di nuovo di M. Mattoli e Il birichino di papà di R. Matarazzo.
Nei successivi anni burrascosi la guerra e la vecchiaia costrinsero la "Dina nazionale" - come veniva chiamata - a diradare gli impegni. Nel 1945 tornò al cinema con il film Lo sbaglio di esser vivo, di C.L. Bragaglia; nello stesso anno recitò nella commedia Fior di pisello di E. Bourdet, in compagnia con P. Stoppa. Arsenico e vecchi merletti di J.O. Kesselring, messa in scena nello stesso anno al teatro Quirino di Roma, segnò un nuovo successo per la G., "ospite" in quell'occasione della rinomata compagnia Morelli - Stoppa. In Spirito allegro di N. Coward - messo in scena dalla stessa compagnia nel marzo del 1946 - la G. interpretò con successo la parte della medium.
Nel settembre del '46 formò nuovamente compagnia con lo Stival. Vogliamoci bene e Come si dice in inglese di M. Mattoli, Gli occhi azzurri dell'imperatore di F. Molnár, L'adorabile signora Flò di G. Andersen, Okay oder Die Unsterblichen di E. Wiechert, Un marito non è necessario di G. Cenzato, Viva l'imperatore di S. Guitry sono alcuni dei successi di quel periodo.
Nel 1948 si associò a N. Besozzi. Nel settembre del 1949 apparve per l'ultima volta sulle scene, partecipando alla rivista spettacolo di D. Falconi, O. Biancoli, A. Frattini e O. Vergani Quo vadis?; ormai settantenne, si congedò dunque dal teatro e dal suo affezionato pubblico, recitando ballando e cantando. E venne sommersa dagli applausi.
La G. morì a Roma il 4 marzo 1951.
Una parte della critica rimproverò per lungo tempo alla G. di non avere avuto la tenacia di aspirare ai grandi ruoli della tradizione comica; di essersi accontentata di un successo immediato e perciò stesso effimero, piegandosi alle esigenze di un pubblico troppo poco esigente; M. Ramperti parlò a tale proposito di un "tradimento che D. G. donna ha compiuto ai danni di D. G. attrice" (Ramperti, p. 8). Ancora più aspro fu il giudizio di S. D'Amico, che spese sul conto della G. parole assai severe. Eppure ella poteva vantarsi di aver fatto ridere, con i suoi lazzi, le sue mossette, le sue trovate geniali, le sue brillanti improvvisazioni da comica dell'arte, molte generazioni di spettatori. Non foss'altro che per questo motivo, ci sentiamo di sottoscrivere l'opinione di L. Guicciardi che, qualche anno più tardi, con uno sguardo forse meno offuscato da moralismi, l'avrebbe definita una "principessa del sorriso".
Fonti e Bibl.: R. Simoni, Trent'anni di cronaca drammatica, Torino 1951, I, pp. 72-75, 110 s., 215 s., 228-230, 459, 469 s., 482 s., 559, 564 s., 567 s., 578 s., 662 s., 666 s.; II, pp. 95-97, 119 s., 127-129, 188 s., 195, 198 s., 203-205, 218 s., 304-307, 404-406; III, pp. 8 s., 38 s., 42, 229 s., 235-238, 273-275, 307 s., 421 s., 424, 518 s., 521 s., 534; IV, pp. 42 s., 67 s., 73-75, 78 s., 121, 123 s., 247 s., 321 s., 362 s., 374 s., 382 s., 435 s., 464-468, 489 s., 492, 505, 507-510, 556; V, pp. 45 s., 67 s., 72 s.; P. Mezzanotte - R. Simoni - R. Calzini, Cronache di un grande teatro: il teatro Manzoni di Milano, Milano 1952, pp. 188-190, 193, 198-200, 213 s., 305, 313, 319, 327-329, 365-367, 397 s., 444, 472 s., 486; A. Gandusio, Cinquant'anni di palcoscenico, Milano 1959, pp. 115-135; E. Dalla Porta, La mia intervista, in Ars et labor, LXV (1910), 2, pp. 81-88; D. Oliva, Il teatro in Italia nel 1909, Milano 1911, pp. 312-314; 317-319; 334-339; 357-361; S. Manca, L'ascensione di D. G., in Id., Dietro il sipario, Firenze 1912, pp. 87-89; G. Cucchetti, Nell'olimpo italico, Milano 1913, pp. 163-174; V. Bernardoni, Raccolta di biogr. di artisti e autori del teatro di prosa ital., Milano 1916, pp. 40-42; S. D'Amico, Maschere, Roma 1921, pp. 175-179; A. De Angelis, D. G. e Amerigo Guasti. Venti anni di vita teatrale ital., Milano 1923; P. Gobetti, La frusta teatrale…, Milano 1923, pp. 51-53; A. Varaldo Profili di attrici e attori, Firenze 1925-26, pp. 113-125; A. Lanocita, D. G. e Amerigo Guasti, in Attrici e attori in pigiama, Milano 1926, pp. 129-139; M. Ramperti, Galleria dei comici italiani: D. G., in Comoedia, V (1926), 10, pp. 7-9; A. Guasti, Dal buco del sipario, Milano 1927, pp. 189-196; N. Leonelli, Viaggio intorno al mio camerino…, Bologna 1928, pp. 139-148; L. Ridenti, La vita gaia di D. G., Milano 1929; G. Rocca, Teatro del mio tempo, Osimo 1935, pp. 91-97; G. Adami, D. G. racconta, Milano 1936; E. Bertuetti, Ritratti quasi veri del teatro di prosa, Torino 1937, pp. 59-67; A. De Angelis, La vita comica ed eroica di D. G., Milano 1938; D. Galli, Alla vera D. G., in Scenario, IX (1940), 1, pp. 10-12; G. Giannini, Hanno scoperto D. G., in Il Dramma, XVII (1941), 368, p. 30; A. Lancellotti, I signori del riso, Roma 1942, pp. 93-115; A. De Sanctis, Di chi scrivo oggi?, in Caleidoscopio glorioso, Firenze 1945, pp. 102-107; A. Gramsci, Letteratura e vita nazionale, Torino 1950, pp. 277-279, 283, 286 s., 356, 415, 422; L. Ridenti, Si chiamava Clotilde e aveva settantaquattro anni, in Il Dramma, XXVII (1951), 129, pp. 40 s.; L. Ridenti, D. G., in V. Pandolfi, Antologia del grande attore, Bari 1954, pp. 480-490; F. Savio, Ma l'amore no, Milano 1975, pp. 46, 136 s., 149, 231, 235, 333, 341 s., 402; L. Guicciardi, Dina, principessa del sorriso, in La Martinella, XXXIII (1979), 1-2, pp. 31-34; S. Masi - E. Lancia, Stelle d'Italia. Piccole e grandi dive del cinema ital. dal 1930 al 1945, con prefaz. di E. Lucherini, Roma 1994, ad ind.; Enc. dello spettacolo, V, coll. 845 s.; Enc. biogr. e bibliogr. "Italiana", N. Leonelli, Attori tragici, attori comici, con prefaz. di R. Simoni, Milano 1940, I, pp. 401-406; Filmlexicon degli autori e delle opere, II, p. 907.