GALLI, Raffaello, detto Torello da Casentino
Nacque da famiglia originaria del Casentino nell'ultimo quarto del sec. XV, probabilmente a Firenze, dove vivevano gli zii Giovanni Lapucci da Poppi, segretario di Lorenzo de' Medici duca di Urbino, e Matteo da Poppi, prete governatore di S. Maria Maggiore, parenti del viaggiatore Giovanni Da Empoli. Il G. è talvolta citato con il nome di Alessandro, frutto di un errore di trascrizione compiuto nel secolo scorso, o con il soprannome Torello da Casentino. Le poche notizie su di lui si ricavano quasi tutte da due lettere, scritte a Lisbona il 1° apr. 1515 e a Sumatra dal 10 al 20 sett. 1516, rispettivamente agli zii Matteo e Giovanni, e pubblicate da A. Giorgetti nel 1880. Dalle due missive si intuisce la severa educazione religiosa, di stampo savonaroliano, del G. e - come era avvenuto per Da Empoli - il suo precoce avvio alla mercatura.
Il G. si trovava a Valenza, agli inizi del 1515, quando ebbe notizia che Da Empoli, tornato dalle Indie Orientali un anno prima, sarebbe presto ripartito. Desideroso di arricchirsi intraprendendo una propria attività commerciale con l'Oriente, si recò a Lisbona dal celebre congiunto per chiedergli di partecipare all'imminente viaggio. La decisione doveva certo essere stata concertata in precedenza tra le due famiglie e il G., privo di capitali, fu ben accolto, e assunto con uno stipendio di 3 ducati d'oro al mese "e la dispensa più che agli altri", e con il dono di una botte di vino da vendere in Oriente, per iniziare i commerci. Sebbene nella sua prima lettera il G. ribadisca la versione tradizionale sulla meta del viaggio - la costruzione di una "fattoria" a Sumatra - i termini vaghi sul ritorno in patria e le previsioni decisamente ottimistiche sui guadagni futuri fanno pensare che Da Empoli lo avesse messo al corrente che, tra gli obiettivi della spedizione, c'era la promozione di relazioni politiche e commerciali con la Cina. Della numerosa flotta comandata da Lopo Soares de Albergaria, infatti, faceva parte anche Ferñao Peres de Andrade, incaricato di condurre in Cina una parte delle navi. Prima di salpare da Lisbona il 7 apr. 1515, il G., a bordo della nave "Spera", fece da testimone al testamento di Da Empoli, insieme con il compagno di viaggio Benedetto Pucci, fiorentino, e gli altri corrispondenti del mercante-esploratore toscano: il direttore della filiale lusitana della casa Frescobaldi, Luca Giraldi, i lionesi P. Colinet e F. Busi, il portoghese J. Coelho e Francesco Andaluso. I vascelli raggiunsero nello stesso anno l'India occidentale, dove svernarono, dando modo ai tre fiorentini di commerciare a Khambhât, Diu e Cochin con le tre navi a loro disposizione ricavando un cospicuo profitto. All'inizio del maggio 1516 mossero da Cochin alla volta di Sumatra, approdando a Padang il giorno 23.
Qui Da Empoli perse la sua nave, che contava di portare carica di spezie in Cina, a causa di un incendio, forse doloso, avvenuto mentre trattava col sultano locale il prezzo della merce. Nel rogo svanì anche tutta la mercanzia del G., "che valeva mille ducati d'oro… 300 di mio guadagno, della compagnia che io aveva fatta" (Giorgetti, 1880, p. 171), lasciandolo sul lastrico, "co' le trombe nel sacco". Superata a stento, subito dopo, una malattia, egli non riuscì a recuperare la ricchezza perduta a causa del cattivo andamento della fattoria di Sumatra, osteggiata tanto dagli indigeni quanto dai portoghesi di Malacca, timorosi della concorrenza di un nuovo scalo commerciale nelle Indie Orientali; il capitano portoghese Jorge de Brito aspirava inoltre ad andare in Cina al posto dell'ambasciatore designato dall'Andrade, Tomé Pires. Persuasi dell'inopportunità di proseguire i loro sforzi nell'isola, il G. e Da Empoli convenirono sull'impresa del viaggio in Cina e progettarono anche un'iniziativa commerciale nel Bengala. Nulla di ciò tuttavia si sarebbe potuto realizzare prima dell'anno successivo a causa del regime stagionale dei monsoni; oltretutto si sarebbe dovuta comunque attendere la disponibilità di un nuovo carico di spezie: sicché rimasero a Sumatra fino al 1517.
Culturalmente inferiore a Da Empoli, anche a motivo della giovane età, nelle sue lettere il G. tratta principalmente delle sue prospettive di guadagno, ma non manca di riferire le sue impressioni sulle Indie. Trova gli abitanti "bestiali", preda di continue e sanguinose lotte intestine, dalle quali i mercanti tentavano di non essere coinvolti, cercando invece di sfruttarle a loro vantaggio, ma - sembrerebbe - senza riuscirvi, e senza ottenere il favore degli isolani. L'ambiente non gli appariva amichevole, e scriveva che "la terra è molto male di sanità perché è terra de padule, delle maree che alagano la terra, e […] è in dua gradi del sole della linea chenuziale, e si è molto calda e malsana. Qui non v'è né verno né state, sempre è a un modo; e se non fussi le piove e' venti che ogni dì ci sono non si potrebbe vivere". All'opposto vede la Cina, seppure "lungi di qui mille leghe o più", come una "terra fredda, ricchissima; terra da far grandi guadagni, de uno si fa dieci", le cui mercanzie si sarebbero potute "levare per tutto el mondo".
Nel 1517 l'Andrade, al suo secondo tentativo di raggiungere la Cina, andò a prendere a Padang le spezie preparate dai fiorentini, che partirono con lui per Malacca. Da qui, ultimati i preparativi per una flotta di otto navi, mossero il 17 giugno alla volta dell'Impero dei Ming.
Durante una sosta nella rada di Singapore, rifecero il testamento. Il documento attesta i buoni rapporti del G. con Da Empoli, che ricorda di avergli prestato 44 cruzados, ma si dichiara creditore solo di 20 perché il compagno "per essere della mia patria et esser venuto mecho, e non per tenerlo meritato, non voglio paghi" (Spallanzani, 1978, p. 598).
Verso la metà di agosto la flotta incontrò alcune navi militari cinesi, che la indirizzarono a Tunmen, sull'estuario dello Xi Jiang, dove il 15 furono gettate le ancore. Lì, i mercanti chiesero il permesso di risalire il fiume fino a Canton. L'ignoranza del complesso cerimoniale cinese indusse i portoghesi, dopo un'attesa protrattasi per diversi giorni, a fare da soli, senza attendere autorizzazioni. Alla fine di settembre il G. e gli altri approdarono così a Huai Yuan, lo scalo fluviale di Canton. Da Empoli fu incaricato di condurre le trattative per l'invio dell'ambasciatore Pires a Pechino, ed è possibile che anche il G. vi abbia preso parte. Il governatore Chen Xixian ordinò che gli europei, scambiati inizialmente per musulmani, prima di procedere con i loro affari fossero istruiti in materia di cerimoniale cinese nella moschea di Canton. Ma, ormai sul punto di vedere realizzato lo scopo ultimo del suo viaggio, nel mese di ottobre 1517 il G. morì di colera a Canton, colpito dall'epidemia che uccise anche Da Empoli e Pucci.
La morte prematura impedì al G. di assistere all'esito della spedizione, che si risolse in un fallimento.
Fonti e Bibl.: La vita di Giovanni Da Empoli scritta da Girolamo Da Empoli, a cura di J. Gräberg, in Arch. stor. italiano, Append., III (1846), pp. 15, 31; Storia di Empoli, a cura di L. Lazzeri, Empoli 1873, pp. 185-189; Lettere di G. da Empoli e di R. G., a cura di A. Giorgetti, in Arch. stor. italiano, s. 4, VI (1880), pp. 166, 168-173; Nuovi documenti su G. Da Empoli, a cura di A. Giorgetti, ibid., s. 5, t. XIV (1894), pp. 322, 324; Un documento inedito sull'ultimo viaggio in Oriente di G. Da Empoli, a cura di M. Spallanzani, in Studi in memoria di F. Melis, III, Napoli 1978, pp. 596-598, 603; Scopritori e viaggiatori del Cinquecento e del Seicento, I, a cura di I. Luzzana Caraci, Milano-Napoli 1991, pp. 378, 380; G. Canestrini, Intorno alle relazioni commerciali dei Fiorentini co' Portoghesi, in Arch. stor. italiano, Append., III (1846), p. 106; G. Branca, Storia dei viaggiatori italiani, Roma-Torino-Firenze-Milano 1873, p. 235; A. De Gubernatis, Storia dei viaggiatori italiani nelle Indie orientali, Livorno 1875, p. 16; P. Amat di S. Filippo, Gli illustri viaggiatori italiani, Roma 1885, p. 145; Id., Delle relazioni antiche e moderne fra l'Italia e l'India, Roma 1886, p. 94; G. Po, La collaborazione italo-portoghese alle grandi esplorazioni, in Reale Accademia d'Italia, Relazioni storiche fra l'Italia e il Portogallo. Memorie e documenti, Roma 1940, p. 292; M. Milanesi, Tolomeo sostituito. Studi di storia delle conoscenze geografiche nel XVI secolo, Milano 1984, pp. 123 s.; M. Spallanzani, G. Da Empoli: mercante, navigatore fiorentino, Firenze 1984, passim; G. Bertuccioli, Da Empoli, Giovanni, in Diz. biogr. degli Italiani, XXXI, Roma 1985, pp. 638 s.; Id., G. Da Empoli e la Cina, in Miscellanea di storia delle esplorazioni, XII, Genova 1987, p. 27; M. Spallanzani, G. Da Empoli e i mercanti fiorentini in India all'inizio del Cinquecento, in Miscellanea storica della Valdelsa, XCVIII (1992), pp. 196 s., 199, 201; A. Boglione, Mercanti viaggiatori fiorentini nell'età delle scoperte (XVI secolo), in Il mondo di Vespucci e Verrazzano: geografia e viaggi, a cura di L. Rombai, Firenze 1993, pp. 176, 183-185.