NARBONENSIS, Gallia
Provincia romana (per i caratteri artistici della N., v. gallo-romana, arte). - Fu detta anche Gallia Transalpina, o Ulterior, o semplicemente Provincia (donde Provenza, Provence). Era compresa tra le pendici occidentali delle Alpi Marittime, Cozie, Graie e Pennine - che segnavano il confine delle circoscrizioni omonime (v. maritimae, alpes; graine, alpes) - il lago di Ginevra (Lemanus), il corso inferiore del Rodano sino a un punto intermedio tra Lugudunum (v. lione) e Vienne (v.), confinando quindi successivamente con le province della Germania Superior e della Gallia Lugdunensis, e il crinale delle Cevennes (Cebenna), che la separava dal bacino della Loira (Liger) e dall'Aquitania. Giunto, a settentrione di Baeterrae, a poche decine di miglia dal golfo del Leone (sinus Gallicus), il confine della N. si inoltrava profondamente verso occidente a comprendere (fuor che nel territorio dei Consorani) l'alto bacino della Garonna (Garumna), per raggiungere i Pirenei e nuovamente il mare Ligusticum in un punto poco a N della linea displuviale, lungo il confine con la provincia iberica della Tarraconensis (v.).
I primi interessi romani nella N. maturarono nel corso del III sec. a. C., alimentati dalla opportunità di controllare le vie di comunicazione terrestre con la penisola iberica, dove (durante le guerre puniche) si era andata consolidando la prima provincia romana in territorî transmarini. Le colonie greche della costa, attorno alla metropoli di Massatia, gli empori di Nikaia-Nicaea (Nizza), Antipolis (Antibes), Olbia, presso Hyères, Tauroentum (Sénary), Citharista (forse identificabile con La Ciotat), Agathe (Agdeh), e altri minori, scemati da tempo dal grande potere politico e commeraale che detenevano dal VI sec., erano premuti sempre più gravemente nei loro emporî dell'interno Avennio (Avignone), Cabellio (Cavaillon), Glanum (St. Remy de Provence) - dalle popolazioni celtiche e celto-liguri, giunte alle massime fioriture della cultura La Tène (v.). Queste popolazioni erano organizzate in unità tribali e arroccate in oppida (Entremont, Ensérune), dove erano i santuarî e i magazzini ordinati urbanisticamente secondo forme fortemente influenzate dall'ellenismo. I Romani trovarono quindi nei coloni greci gli alleati naturali, che li aiutarono nella polizia dei mari (Massalia accolse la rappresentanza dei Romani nel proprio thesauròs entro il santuario di Delfi), li informarono dei movimenti di Annibale dalla Spagna verso le Alpi, li ammaestrarono a comprendere il punto debole della compagine celto-ligure, e cioè il particolarismo cantonale e le profonde rivalità interne. Il trattato commerciale tra i Massalioti e i Romani, concluso alla fine della prima guerra punica, aprì un lungo periodo di amicizia proficua a entrambi i contraenti. Esso portò anche ai primi interventi armati romani di carattere protettivo nel corso del II sec. a. C., dei quali le operazioni militari contro i Liguri, particolarmente sul versante tirrenico, condotte tra il 186 e il 175 a. C., furono la necessaria premessa. Ancora contro i Liguri combatterono i Romani, guidati dal console L. Giunio, per allentare la morsa che serrava da terra le città di Nicaea e di Antipolis.
La caduta definitiva di Cartagine dopo la terza punica liberò i Massalioti della più pericolosa rivale nei commerci del Mediterraneo occidentale; l'alleanza tra Massaha e Roma sì fece più stretta nel II sec. per combattere la pirateria, e per respingere la pressione delle popolazioni celto-liguri. Attorno al 125 a. C. si formò ai danni della città focese un'alleanza di Vocontii e Salluvii, sconfitti due anni più tardi. Poco dopo i Romani fondarono il primo presidio militare in Gallia, fuori dal territorio massaliota, nei pressi di un minutissimo oppidum celtico (Entremont), e in condizione di dominare le bocche del Rodano: Aquae Sextiae (Aix-en-Provence). Nel 121 a. C. Sestio Calvino sbaragliò gli Allobrogi e gli Arverni, abitanti gli uni nel massiccio montano tra l'Isara (Isère) e il Rodano, gli altri sulla destra di quest'ultimo; questa vittoria aprì la strada a quella collaborazione con gli Edui, la tribù più numerosa nel bacino dell'Arar (Saône), che costituì uno dei cardini della politica romana nella Narbonense.
La provincia fu costituita poco più tardi, nel 118 a. con la deduzione di una colonia a Narbo (v. narbona), detta Narbo Martius, ove ebbe sede il governatore della provincia, che da essa prese nome: la colonia fu retta da praetores duoviri, assistiti da aediles. Due anni più tardi fu tracciata con andamento regolare la via Domitia, dall'Italia alla Spagna, sul cammino che si favoleggiava percorso da Eracle. Le città greche della costa fruirono da allora di patti federali con Roma; ovunque si insediarono gruppi di mercatores italici. Una vigorosa scossa subì il dominio romano con le calate dei Cimbri e dei Teutoni, soprattutto con la battaglia di Arausio (Orange). Dileguatosi con la vittoria mariana ad Aix, nel 102, il loro pericolo, nuove sollevazioni celtiche si ebbero attorno al 90 e al 76 a. C. Quest'ultima fu repressa da Pompeo, il quale creò una rete di fitte clientele personali nelle città greche, ciò che costò a queste, dopo il proconsolato di Cesare, e all'epoca della prima guerra civile tra i triumviri, la riduzione del territorio ai soli scali portuali e la sostanziale soppressione dei privilegi federali.
L'età cesariana e quella triumvirale segnarono per la N. un momento di grande splendore, se si tolgono il proconsolato di Lepido, per il quale la N. fu unita all'Hispania Citerior, e la repressione di Ottaviano contro gli Antoniani, che si erano impadroniti della provincia. In tale periodo furono dedotte cospicue colonie di veterani: ad Arausio, nominata colonia Firma Iulia Secundanorum, con reduci della seconda legione; ad Arelate (Arles), la colonia Iulia Paterna Sextanorum con veterani della sesta legione; a Baeterrae (Bézières), detta colonia Victrix Iulia Septimanorum, con militi della settima legione, e con veterani dell'ottava legione la città marinara di nuova fondazione di Forum Iuli (Fréjus), a metà strada tra Massalia e il confine italiano, detta Colonia Octavanorum Pacensis o Pacata, destinata poi a divenire una piazzaforte navale sede di una squadra navale (che fu l'unico reparto militare della provincia), e perciò detta anche Classica. Ad alcune altre città fu concessa la cittadinanza romana: queste comunità furono ascritte per lo più alla tribù Teretina; al resto della provincia fu concesso pressoché ovunque il diritto latino. Anche Narbona fu ricolonizzata nel 46 o 45 a. C. da Tiberio Claudio, il padre dell'imperatore Tiberio, e fu chiamata Colonia Iulia Paterna, e talvolta anche Claudia.
Con Augusto la provincia fu governata dapprima da un legato imperiale, poi (dal 22 a. C.) da un proconsole di rango pretorio e di nomina senatoria che risiedeva a Narbona, ove si raccoglieva l'assemblea provinciale e si celebravano i riti in onore dell'imperatore. Per questi motivi la N., fortemente permeata di cultura greca e romanizzata da più lungo tempo, si differenziava dalle altre province imperiali della Gallia, che avevano il loro santuario federale a Lugudunum. Tutte le province galliche furono unite solo dall'amministrazione doganale, per la quale facevano capo al distretto della quadragesima Galliarum.
Augusto dedusse colonie ad Apollinarir Reiorum (Riez), governata da quattuorviri, a Valentia (Valence) e ad Aquae Sextiae, rette da duoviri, e a Nemausus (Nîmes), che fu amministrata da un collegio di quattuorviri iure dicundo e di quattuorviri ab aerario, cui si aggiungevano gli undecimviri, gli aediles, i quaestores.
La riforma dioclezianea divise la N. prima in due poi in tre province, appartenenti alla diocesis Galliarum: la Viennensis, retta da un consularis, con capitale prima a Vienne poi ad Arelate, la Narbonensis prima, con capitale a Narbo Martius, la Narbonensis secunda, con capitale ad Aquae Sextiae; le ultime due circoscrizioni furono rette da praesides. Tra le città degne di essere menzionate sono, oltre quelle già ricordate, Tolosa e Carcaso nella parte occidentale, Carpentorate (Carpentras) e Vasio (Vaison-la-Romaine) nel medio bacino del Rodano. A Glanum fiorì un grande santuario della Valetudo, già frequentato in età celtica anche dai Greci, e particolarmente favorito da alcuni provvedimenti di Agrippa.
Oltre alla via Domitia, le grandi arterie di comunicazione con le province alpine risalirono le valli della Druentia (Duranza) e dell'Isara. Lungo il Rodano, percorso da un continuo traffico di natanti, era tracciata la strada da Arelate a Lugudunum per il centro della Gallia. Da Narbona una strada raggiungeva a Tolosa la Garonna e di là proseguiva per Burdigala (Bordeaux).
Il precoce e intenso propagarsi del cristianesimo ed il formarsi di una cultura romanza distinta dal resto della Gallia, caratterizza il trapasso della N. dall'antichità al Medioevo.
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