GALLIARI
Il capostipite di questa famiglia di pittori, scenografi e quadraturisti originari di Andorno (oggi Andorno Micca in provincia di Biella), fu Giovanni, che è ricordato attivo nel cantiere del palazzo reale di Torino e a Venaria Reale sullo scorcio del secolo XVII (Bossaglia, 1962, p. 17).
Giovanni, a Crema nel 1703, cinque anni dopo era operoso a Milano, accanto a Martino Cignaroli, in palazzo ducale. Nel 1719 firmò il ciclo di affreschi nella cappella della Dimora di Maria al santuario di Oropa. Nel luglio del 1721 (Zatti, 1990, p. 537) era impegnato a Torino, insieme con il primogenito Gaspare, che a quella data risulta avere diciassette anni (dopo di ciò non si hanno più notizie su Gaspare e ignoto è l'anno della sua morte).
Alla morte di Giovanni, avvenuta nella sua città natale nel 1722, l'impresa familiare fu continuata e ampliata da tre dei figli che egli aveva avuto dalla moglie Maria Caterina Levera: Bernardino (Giovanni Bernardino Carlo), Fabrizio (Fabrizio Maria) e Giovanni Antonio, nati ad Andorno, rispettivamente, il 3 nov. 1707, il 28 sett. 1709 e il 26 maggio 1714.
Bernardino e Fabrizio nel 1724 si trasferirono a Milano dove iniziarono il loro apprendistato artistico, a proposito del quale nell'Ottocento sono state proposte tesi discordanti.
Il Sacchi (1839) ipotizzò l'interessamento di uno zio che, colpito dal talento dei due giovani, li avrebbe inseriti nell'ambiente milanese, portando addirittura Bernardino presso lo studio di Giambattista Tiepolo e Fabrizio presso l'architetto Mariani: il che spiegherebbe la successiva specializzazione dei due artisti, il primo grande inventore di figure, il secondo prospettico e architetto, come egli stesso amerà definirsi; il Valdengo (1847) ritenne, al contrario, che lo scopritore dei talenti galliareschi fosse stato il conte Clerici, il quale affidò il giovane Bernardino alle cure e alla disciplina della scuola di nudo di un certo pittore Tessera, del quale si sa solo che insegnava all'Accademia di Brera: non è casuale, quindi, che le prime opere di Bernardino ricordate dal Paroletti e dall'Avogadro (1819, 1847) siano state non meglio noti dipinti da cavalletto.
Senza dubbio essi si formarono presso gli scenografi G.B. Medici e G.D. Barbieri; con quest'ultimo, in particolare, Fabrizio comparirà di frequente negli anni Quaranta come coproduttore di scenografie per il teatro Ducale.
I contatti con l'aristocrazia milanese e la specializzazione ottenuta nell'ambito della scenografia teatrale, fecero sì che nel 1738 i due fratelli fossero invitati a Innsbruck per allestire gli apparati scenografici in occasione delle nozze tra Maria Amalia di Sassonia e Carlo di Borbone re di Napoli; l'allestimento prevedeva la ricostruzione di un villaggio alpino, archi di trionfo, porticati, giardini e giochi d'acqua.
I due fratelli entrarono in contatto a Milano con l'architetto G. Ruggeri che, attivo anche in palazzo Clerici, dal 1716 lavorava alla trasformazione del castello di Brignano Gera d'Adda, grandiosa residenza Visconti; fu probabilmente Ruggeri a chiamare al lavoro in quel cantiere i due artisti, i quali vi iniziarono a operare nel 1740, coadiuvati dal fratello minore, Giovanni Antonio. Nello stesso anno Fabrizio fu convocato presso il teatro Ducale di Milano con l'incarico di scenografo prospettico al posto di G.D. Barbieri, attività per la quale si avvalse di Bernardino, come figurista, e di Giovanni Antonio, come esecutore materiale.
I lavori a Milano, quelli a Brignano Gera d'Adda e il legame con Ruggeri, attivo a Treviglio nella costruzione della basilica di S. Martino, indussero i G. a trasferirsi sempre più spesso in Lombardia, scegliendo di risiedere proprio nella cittadina bergamasca di Treviglio. L'attività pittorica subì un'accelerazione nei primi anni Quaranta, periodo al quale risalgono gli affreschi di villa Pecori Giraldi a Grumello al Monte, firmati da Giovanni Antonio, certo qui sostenuto dall'esperienza progettuale di Fabrizio per le componenti architettoniche in prospettiva; mentre del 5 ott. 1743 è il contratto con il quale Bernardino e Fabrizio si impegnarono ad affrescare la cappella della Vergine nella chiesa della S. Trinità a Crema: l'interno dell'edificio è stato molto rimaneggiato tanto da rendere difficilmente valutabile l'intervento dei due artisti. L'anno seguente a Treviglio, ormai stabili e riconosciuti cittadini, i G. allestirono una complessa macchina decorativa - una grotta con inserti architettonici tra i quali erano collocate le personificazioni dei fiumi Adda, Brembo e Serio - per accogliere il cardinale Pozzobonelli in visita alla città.
Nel 1748 Fabrizio e Bernardino ricevettero l'incarico ufficiale di scenografi presso il teatro Regio di Torino; tale attività non era in contrasto con quella di frescanti poiché è del 1749 la firma conclusiva in due sale nella villa Verri di Biassono. Nel 1750 i due risultano presenti a Rivarolo Canavese. Nello stesso anno realizzarono la decorazione del salone di ricevimento in villa Arconati Visconti, a Castellazzo di Bollate, mentre a Torino eseguirono i bozzetti dell'allestimento scenografico, in onore delle nozze di Vittorio Amedeo di Savoia e di Maria Antonietta di Spagna, della Vittoria di Imeneo. Nel 1751 venne portata a termine la volta della chiesa di S. Andrea a Sforzatica, presso Dalmine: nelle pitture che decorano l'interno della cupola si rivelano pienamente le peculiarità di figurista di Bernardino, nel gruppo aereo della Gloria di s. Andrea, e le straordinarie qualità prospettiche dell'esplosiva architettura dipinta da Fabrizio.
Tra il 1753 e il 1756 venne consolidandosi la fama di Bernardino come scenografo a Torino: eseguì numerosi bozzetti e progetti di allestimento per il teatro Regio (del 1756 è il sipario, perduto, con Le nozze di Bacco e Arianna) e per il teatro Principe di Carignano, per il quale firmò il sipario raffigurante La caduta di Fetonte, andato in seguito distrutto; il medesimo destino toccò al ciclo di affreschi eseguito dai fratelli G. in palazzo Solaro del Borgo nel 1758.
A partire dal 1759 essi intrapresero un'intensa attività in area lombarda sotto il logo familiare di "Fratelli Galliari", con il quale siglarono la maggior parte delle loro creazioni, sia ad affresco sia teatrali. Del 1759 sono gli affreschi trevigliesi nella chiesa di S. Bernardino e, sempre a Treviglio, la presentazione di un progetto architettonico da parte di Fabrizio per il nuovo cimitero dell'oratorio dei morti (di cui non resta alcuna traccia, se pure fu mai costruito), oltre all'esecuzione dei portici di S. Marta, andati in seguito distrutti.
L'attività di Fabrizio in veste di architetto è documentata dalle fonti che ricordano disegni predisposti per le chiese di Villasola e di Osio Superiore e per la sacrestia della parrocchiale di Urgnano; a partire dal 1749 si impegnò, inoltre, nella progettazione gratuita della riforma dell'altare maggiore, del coro, di alcune cappelle e dell'intera decorazione interna della parrocchiale trevigliese di S. Martino, impresa proseguita nel 1775 e ricordata nel testamento del 7 luglio 1790, con il quale impegnò gli eredi a terminare l'opera.
Nel 1761 l'équipe dei G. portò a compimento la decorazione del salone da ballo della prestigiosa residenza estiva dei Bettoni a Bogliaco, sulle rive del lago di Garda: qui proposero un'orditura decorativa connotata di forti elementi classicisti, rispetto alla ricchezza barocchetta del loro fraseggio tradizionale.
I G. sono ricordati dal Bartoli (1774), che li definisce "milanesi", per gli apparati decorativi eseguiti nel 1762 nel duomo di Bergamo in occasione delle feste celebrate per la beatificazione del cardinale Gregorio Barbarigo e, in particolare, per il trompe-l'oeil di una cupola, in una stupefacente prospettiva, oggi perduto. Sempre del 1762 sono le decorazioni nel Castello della Croce a Piea (Asti); mentre, a partire dal 1763, si hanno notizie dettagliate delle forniture di bozzetti d'allestimento per il teatro Regio di Torino, inviati da Fabrizio: Catone in Ustica (1763), L'Olimpiade (1765), Tancredi e Il trionfo di Clelia (1767).
È da attribuirsi certamente a Fabrizio la complessa decorazione architettonica - che presenta aperture di paesaggio e uno scenografico soffitto dipinto su tela e applicato a imitazione di un affresco - realizzata nell'appartamento nobile nella villa già Rosales a Cassano d'Adda; per quest'opera, che reca in cartiglio l'iscrizione "1764 Fratelli Galliari fecero", Fabrizio si avvalse probabilmente dell'ausilio del figlio Giovannino (Terraroli, 1995). È in collaborazione con il fratello Bernardino che nel 1769 Fabrizio predispose una serie di scenografie per il teatro Ducale di Parma e, l'anno seguente, per il teatro di corte di Vienna e per il teatro di Innsbruck.
Carubelli (1989) ha aggiunto al catalogo dei G. il ciclo affrescato nella villa degli Amoretti a Torino (1763), il decoro illusionistico della parrocchiale di Montodine, nel Cremasco (1760), e di quella di Vaiano (1769).
Nei medesimi anni venivano portati a termine alcuni cantieri che avevano visto i G. impegnati come frescanti (lavori nel coro della chiesa della Trinità a Crema, condotti da Fabrizio nel 1766, e in villa Mosca a Chiavazza); ma, a partire dai primi anni Settanta, nell'équipe iniziò a intervenire anche la terza generazione dei G.: i figli di Fabrizio, Giovanni e Giuseppe, oltre a Gaspare, figlio di Giovanni Antonio, come nei cantieri del santuario di Graglia e di casa Rosazza a Cerreto Castello.
La fama dei G. era ormai grande se nel 1771 Bernardino venne incaricato della creazione del sipario per il teatro Ducale di Milano raffigurante Le nozze di Telemaco e se, insieme con i due fratelli, divenne il responsabile di tutti gli apparati effimeri per le nozze di Maria Beatrice d'Este con Ferdinando arciduca d'Austria disegnando, tra l'altro, le scenografie per Il Ruggiero o veroL'eroica gratitudine e per Ascanio in Alba.
Sempre nel 1771 Fabrizio diede mano alla progettazione per la riforma della cappella del Rosario nella basilica di S. Martino a Treviglio. Nel 1772 Bernardino, accompagnato dai nipoti Giovanni e Bartolomeo Verona (figlio di una sorella), partì per Berlino per affrescare la chiesa di S. Edvige e predisporre scenografie per il teatro Regio. Fabrizio proseguì febbrilmente l'attività teatrale fornendo bozzetti e disegni ai teatri di Crescentino, Vercelli e Novara e firmando, appunto nel 1772, a Milano, il prestigioso allestimento del Lucio Silla, musiche di W.A. Mozart. Nel 1775 Bernardino e Fabrizio furono impegnati nel cantiere di S. Martino a Treviglio e nella decorazione della volta del duomo di Bergamo; Fabrizio, inoltre, nello stesso anno fornì scenografie per il teatro di corte a Chambéry. Nel 1776 Bernardino dipinse il sipario per il teatro di Casale Monferrato e l'anno seguente, insieme con Fabrizio, che aveva terminato l'affresco della volta del santuario di S. Giovanni a Campiglia, inviò a Parigi scenografie per il teatro dell'Opera, oltre a realizzare la decorazione della parrocchiale di Pettinengo.
Le loro invenzioni, il ricco formulario decorativo, l'organizzazione di laboratorio e dei cantieri permisero ai G. di rispondere a una vasta rete di richieste da parte di committenti diversi: le scene per l'inaugurazione del teatro alla Scala a Milano con L'Europa riconosciuta di A. Salieri (1778); il sipario (realizzato da Bernardino) per il teatro di Novara raffigurante Ercole apprende la musica da Lino, su suggerimento di G. Parini (1779); l'esecuzione di cicli di affreschi in palazzo Valperga, a Torino, e a palazzo Natta d'Alfiano, a Casale Monferrato (1780). Il livello di fama raggiunto dai "Fratelli Galliari" è inoltre testimoniato dal loro riconoscimento accademico: nel 1778 Bernardino venne nominato professore di pittura a Torino, presso l'Accademia reale di pittura, mentre Giovanni Antonio, da tempo residente a Milano, ricevette l'incarico di direttore della scuola di scenografia del neonato teatro alla Scala.
Giovanni Antonio morì a Milano nel 1783.
Fabrizio, nonostante fosse ormai anziano, proseguì inarrestabile la propria multiforme attività impegnandosi nella progettazione per il nuovo teatro del Principe di Carignano a Torino (1787), con il nipote Gaspare, per l'allestimento degli apparati, a Novara, in occasione delle nozze del duca d'Aosta (1789), e con Bernardino per il teatro di Novara e, ancora, tra il 1785 e il 1790, nella decorazione del castello di Les Marches in Savoia.
Fabrizio morì l'11 luglio 1790 nella sua casa di Treviglio; Bernardino, il 31 marzo 1794 ad Andorno, dove era tornato a vivere già dagli anni Sessanta.
I G. della terza generazione non ebbero una produzione così ricca e feconda come i padri: Giuseppe (Giuseppino), figlio di Fabrizio, nato ad Andorno nel 1752, nel 1778 fornì bozzetti di scena per il teatro di Ginevra. Con il fratello Giovanni e con il padre firmò le scene per la Nitteti di S. Rispoli messa in scena al teatro Regio di Torino il 26 dic. 1782. Nel 1787 fu ingaggiato dal teatro di Marsiglia e chiuse la propria attività di scenografo nel 1792 firmando le scene per Annibale in Torino di N. Zingarelli rappresentato al Regio di Torino. Morì a Milano nel 1817.
Suo fratello Giovanni (Giovannino), nato a Treviglio il 18 ag. 1746, fu l'ideatore delle scene per Idalide di S. Rispoli al Regio di Torino (1786); nel 1794 fu impegnato nel progetto per la facciata della chiesa di S. Lorenzo ad Andorno; firmò inoltre i bozzetti teatrali per La clemenza di Tito e Alessandro nelle Indie, opere messe in scena nel 1798 al teatro Regio di Torino. Morì a Milano il 26 dic. 1818.
Il figlio di Giovanni Antonio, Gaspare, nacque a Treviglio il 20 ag. 1761 e fu operoso tra il 1801 e il 1823 per i teatri Cannobiana, Carcano e Re di Milano. A partire dal 1786 lavorò per i teatri di Alessandria, Vercelli e Casale Monferrato. Si specializzò nella scenografia tanto da essere coinvolto nell'ideazione dell'allestimento dell'edizione milanese del Flauto magico di Mozart (1816). Morì a Milano nel 1823.
Nel complesso lavoro di distinzione filologica delle singole qualità artistiche all'interno dell'équipe dei G. frescanti è inevitabile attribuire il posto d'onore a Bernardino, in particolare per quanto attiene alle capacità compositive, agli allestimenti di gruppi di figure e alle invenzioni propriamente pittoriche; spetta certamente a Fabrizio il ruolo di quadraturista e di scenografo: la sua disinvoltura nella gestione inventiva degli spazi prospettici e l'eleganza illusiva di alcune invenzioni ne riscattano talune cadute qualitative. La figura di Giovanni Antonio, che appare nell'insieme più marginale e in ombra, trova tuttavia una sua dignità in alcune invenzioni decorative e nelle ricche corbeilles floreali del ciclo di villa Pecori Giraldi a Grumello del Monte.
Fonti e Bibl.: F. Bartoli, Le pitture, sculture e architetture… di Bergamo, Vicenza 1774, p. 18; M. Paroletti, Turin et ses curiosités, Torino 1819, pp. 63, 97, 180, 252, 298, 300, 302, 305, 387 s.; D. Sacchi, Biografia della famiglia G., in Gazzetta privilegiata di Milano, 3 sett. 1839; G. Avogadro di Valdengo, Cenni sulla vita e le opere di Bernardino G., Torino 1847; G. Rossi, I fratelli G., in La Sveglia, 20 genn. 1917; P. Zucker, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, Leipzig 1920, pp. 121-123; R. Bossaglia, I fratelli G. pittori, Milano 1962 (con bibl.); M. Viale Ferrero, La scenografia del Settecento e i fratelli G., Torino 1963; R. Bossaglia, La pittura del Settecento a Milano. Protagonisti e comprimari, in Studi di storia delle arti, 1977, pp. 137-148; S. Angrisani, I G. primi scenografi della Scala, Firenze 1983; L. Bandera, Pittura a Treviglio da G.B. Cavagna ai fratelli G., in Pittura tra Adda e Serio, a cura di M. Gregori, Milano 1987, pp. 126, 174 s.; La basilica di S. Martino e S. Maria Assunta a Treviglio, Treviglio 1987, passim; L. Carubelli, M. Picenardi, Spino d'Adda 1989, p. 31; S. Zatti, I G., in I pittori bergamaschi. Il Settecento, III, a cura di R. Bossaglia, Bergamo 1990, pp. 536-561 (con bibl.); Id., La scenografia del Settecento, in Il Settecento lombardo (catal.), a cura di R. Bossaglia - V. Terraroli, Milano 1991, pp. 462-464; B. Oggioni, I fratelli G. pittori e scenografi 1794-1994, Treviglio 1994 (con bibl.); R. Bossaglia, Inediti del Settecento: affreschi dei G. e sculture dei Fantoni a Cassano d'Adda, in Studi in onore di P. Zampetti, Ancona 1994, pp. 559-561; V. Terraroli, Invenzioni iconografiche e proposte decorative in due "ville di delizia" della Lombardia settecentesca, in Artisti lombardi e centri di produzione italiani del Settecento… Studi in onore di R. Bossaglia, a cura di G.C. Sciolla - V. Terraroli, Bergamo 1995, p. 291.