GALLI, Gallo de'
Libraio e tipografo, attivo a Bergamo negli anni '50 e '60 del sec. XVI. Poco o nulla si conosce su di lui; probabilmente originario di Carpenedolo nel Bresciano, fu il primo tipografo a stampare a Bergamo edizioni con data certa.
Malgrado Bergamo sia stata la patria di alcuni tipografi attivi a Venezia e Roma tra la fine del XV e la prima metà del XVI secolo, sembra che nessuno avesse operato nella città orobica prima del Galli. Alcuni bibliografi sette e ottocenteschi (Orlandi, Marchand e Hain) hanno indicato edizioni ivi pubblicate sul finire del sec. XV: non esiste però alcuna sicurezza al riguardo, dal momento che le note tipografiche non forniscono elementi inequivocabili. Nel 1786 fu G.B. Gallizioli, sulla base di buona documentazione, a definire criticamente i termini cronologici delle origini della stampa bergamasca, ponendo al 1555 - con il G. - l'inizio dei "tempi sicuri". Peraltro lo stesso Gallizioli avanzò il dubbio che, essendo stata così occasionale l'attività del G., gli opuscoli a suo nome potessero essere stati pubblicati a Milano. Più recenti ricerche documentarie e bibliografiche hanno invece rivelato l'esistenza di altre prove tipografiche del G., attestandone indubitabilmente l'origine bergamasca.
In origine piccolo libraio e cartolaio, fu indotto all'avvio dell'attività tipografica dalle esigenze del Consiglio della città di Bergamo, che nel 1554 aveva la necessità di procedere alla pubblicazione degli statuti daziari.
Iniziò l'attività tipografica nel 1555, disponendo di una rudimentale attrezzatura tipografica recuperata da avanzi di magazzino di botteghe veneziane. La sua stessa marca tipografica - un'ancora tra rami di palme e olivo con il motto "Post tenebras spero lucem" - è la stessa usata dagli Scoto di Venezia. Unanime peraltro è il giudizio fortemente negativo sulla perizia tipografica del G., comune del resto alla maggior parte dei piccoli tipografi dei centri minori d'Italia: di "opuscoli e fogli volanti di grezza fattura" scrive Sandal; "una decina di edizioni assai rozze: brutti caratteri e l'impaginazione, sicché certamente il tipografo doveva essere assai povero e avere poca perizia nell'arte tipografica" rilevano Ascarelli e Menato. Le edizioni appaiono infatti molto scorrette, zeppe di refusi, composte con caratteri usurati e di rozza fattura, secondo usi tipografici decisamente arcaici; molto ampio è ad esempio il ricorso alle abbreviazioni di tipo paleografico.
Dal 1555 al 1569 il G. stampò pochi opuscoli e qualche foglio volante relativo a particolari avvenimenti bergamaschi o di carattere devozionale. L. Chiodi elenca in tutto dieci titoli, dei quali solo due recano sicura sottoscrizione. Di quattro inoltre non è nota la sopravvivenza di alcun esemplare. La prima opera di cui si ha notizia fu anche la più fortunata, almeno sulla base delle copie rimaste. Si trattava di un libro in ottavo di 59 carte dal titolo Libro de l'origine et tempi de la nobile et antica città di Bergamo di Francesco Bellasini, tradotto dal latino in volgare da Giovan Antonio Licino, "ad istanza di M. Gallo e stampata per lui in Bergamo". La stampa fu iniziata il 20 nov. 1555 e completata il 20 apr. 1556.
Era versione di un'opera uscita in prima edizione a Venezia in latino nel 1532 presso Giovanni Antonio Nicolini di Sabbio. Qualche elemento sulle vicende della traduzione può essere ricavato dall'introduzione del traduttore indirizzata ai Bergamaschi. Il Licino scriveva tra l'altro che era stato "misser Gallo di Galli librar di Bergamo" a suggerire la traduzione "in parlar commune […] a comodi del popolo e de quelli che della latina lingua non sono così esperti accio così alli indotti come alli dotti parimente siano palese in parte le lodi di sì nobile e antica republica"
Al dicembre del 1555 risale anche l'opuscolo Successo di tutta la guerra del Piemonte dal principio alla fine, delle scaramuzze e numero di gente e luoghi ove sono state fatte le scaramuzze. Ulteriori fogli volanti del genere comparvero negli anni successivi. L'attività del G. dovette concludersi nel 1569, quando risulta avere pubblicato i "Capitoli per i macellai". Non fu quindi in grado di portare a termine la pubblicazione degli statuti daziari richiestigli dal Consiglio della città, per i quali gli erano stati promessi 5 scudi. Il Volumen contractuum datiorum venne pubblicato a Brescia, allora vivacissimo centro editoriale, nel 1575 da Giacomo e Policreto Turlini, la cui famiglia gestiva da anni un'affermata tipografia. Nel dicembre di quello stesso anno, inoltre, il Consiglio civico deliberò l'elezione di due deputati che si occupassero della scelta di un tipografo da condurre a Bergamo. Nel febbraio successivo fu quindi concluso un accordo con Ludovico da Sabbio di Brescia, che iniziò la propria attività nell'anno successivo.
Fonti e Bibl.: G.B. Gallizioli, Dell'origine della stampa e degli stampatori di Bergamo, Bergamo 1786, pp. 17 s.; G. Fumagalli, Lexicon typographicum Italiae, Florence 1905, pp. 33 s.; L. Chiodi, Le cinquecentine della Biblioteca "A. Mai" di Bergamo, Bergamo 1973, pp. XIV-XVI; G. Zappella, Le marche dei tipografi e degli editori italiani del Cinquecento, Milano 1986, I, p. 52; II, fig. 66; F. Ascarelli - M. Menato, La tipografia del '500 in Italia, Firenze 1989, p. 166; E. Sandal, I centri editoriali della Lombardia, in M. Santoro (a cura di), La stampa in Italia nel Cinquecento, Roma 1992, I, pp. 297 s.