GALUPPI, Baldassarre, detto il Buranello
Nacque a Burano, isola della laguna di Venezia, il 18 ott. 1706.
Apprese le prime nozioni di musica dal padre Angelo, barbiere e violinista dilettante, che suonava abitualmente in piccoli complessi orchestrali in occasione di rappresentazioni di intermezzi e commedie nei teatri veneziani
Rivelò giovanissimo un naturale talento teatrale e, nel 1722, a soli sedici anni, compose l'opera La fede nell'incostanza, ossia Gli amici rivali, su libretto di G.B. Neri, rappresentata a Chioggia e a Vicenza lo stesso anno, tuttavia senza successo.
L'esperienza fu comunque salutare poiché lo convinse ad abbandonare per tre anni la composizione e a dedicarsi a studi seri, sembra su consiglio di B. Marcello, il quale lo avrebbe affidato alla severa guida di A. Lotti, di cui il G. divenne allievo prediletto studiando con lui composizione e clavicembalo.
Nel 1726 si recò a Firenze, scritturato come clavicembalista al teatro della Pergola; tornato a Venezia nel 1728, compose, in collaborazione con G.B. Pescetti, l'opera Gli odi delusi dal sangue (libr. di A.M. Lucchini) che fu rappresentata al teatro S. Angelo il 4 febbraio dello stesso anno; a essa fece seguito (sempre in collaborazione con il Pescetti, su libr. di A. Lalli), il 9 giugno 1729 al teatro S. Samuele, la Dorinda, che riscosse, infine, un notevole successo. Da questo momento, con una fortuna teatrale pressoché ininterrotta, il G. fu regolarmente presente sulle scene veneziane per oltre quarant'anni.
Il 7 luglio 1740 fu nominato maestro del coro dell'ospedale dei Mendicanti, funzione che mantenne fino all'agosto 1751; come primo incarico compose l'oratorio Sancta Maria Magdalena (22 luglio 1740). A questo periodo risale anche il suo incontro con C. Goldoni che gli fornì il libretto dell'opera seria Gustavo I re di Svezia (teatro S. Samuele, 22 maggio 1740) cui fece seguito, sempre su libretto del Goldoni, Oronte re de' Sciti (Venezia, teatro S. Giovanni Grisostomo, 26 dic. 1740). Nel 1741 fu chiamato a Londra dal King's Theatre di Haymarket come "compositore serio dell'opera italiana".
Nei due anni trascorsi in Inghilterra il G. divenne un beniamino del pubblico inglese; la stagione al teatro di Haymarket, iniziata con l'opera Penelope (libr. di S. Rolli, 23 dic. 1741), proseguì con Scipione in Cartagine (libr. di F. Vanneschi, 13 marzo 1742) ed Enrico (libr. dello stesso, 12 genn. 1743), e si concluse con il Sirbace (libr. di C.N. Stampa, 20 apr. 1743).
Nel 1743 fece ritorno a Venezia, proprio nel momento in cui vi si cominciava a conoscere l'opera buffa napoletana: questa destò una profonda impressione nel G. tanto da indurlo a cimentarsi con il genere comico, rielaborando dapprima alcuni lavori di G. Latilla e Rinaldo Di Capua, componendo poi, su libretto di padre D. Panicelli, il dramma giocoso, La forza d'amore (Venezia, teatro S. Cassiano, 30 genn. 1745) che, tuttavia, sul momento non ebbe particolare risonanza. La sua fama, comunque, aveva oramai ampiamente superato i confini veneziani e le sue opere venivano richieste da molte altre città italiane.
In questo periodo incominciò a lavorare anche sulla produzione comica del Goldoni con il quale intrattenne, per circa ventisei anni, una proficua collaborazione il cui frutto più noto doveva essere, nel 1754, Il filosofo di campagna, considerato il capolavoro del Galuppi.
Non meno intensa fu, nel medesimo torno di tempo, l'attività del prolifico G. come autore di musica sacra: compose gli oratori Isaac (1745) e Iudith (1746) per l'oratorio dei Mendicanti, nonché l'Adamo per la Congregazione dell'oratorio della Chiesa Nuova a Roma (1747). Il 24 maggio 1748 fu nominato vicemaestro di cappella della basilica di S. Marco e maestro del coro dell'ospedale degli Incurabili; nel 1762 divenne primo maestro a S. Marco.
Molto significativa l'attività svolta come direttore del coro della basilica veneziana, che rinnovò, assumendo nuovi cantori e scritturando famosi cantanti come G. Pacchierotti.
Frattanto la fama del G. aveva raggiunto la Russia ove varie compagnie italiane, come quella di G.B. Locatelli, attiva a Pietroburgo, avevano rappresentato sue opere, quali Il mondo della luna, Il filosofo di campagna, L'Arcadia in Brenta, Ilconte Caramella, che avevano destato l'entusiasmo della corte imperiale; sicché, in seguito alle richieste prima dello zar Pietro III, poi della zarina Caterina II, il Senato veneziano, dopo lunghe trattative, acconsentì, con un compromesso stipulato il 9 giugno 1765, a che il G. si recasse a Pietroburgo, dove rimase sino al 1768 come maestro della cappella di corte e compositore della compagnia d'opera italiana.
Al G. fu accordato uno stipendio annuo di 4000 rubli più il vitto e l'alloggio; doveva però inviare ogni anno alla cappella di S. Marco una messa nuova per le funzioni natalizie, ricevendone una gratifica di 400 ducati per ogni lavoro. A Pietroburgo ottenne, infine, una sovvenzione annuale di 7000 rubli e la disponibilità di un teatro in cui doveva mettere in scena uno spettacolo settimanale gratuito per la corte e due repliche per il pubblico pagante.
La sua permanenza in Russia ebbe particolare incidenza e lasciò notevoli tracce: riorganizzò e diresse personalmente l'orchestra di corte, che aveva trovato indisciplinata e scadente, e diede nuovo impulso all'ottimo coro che utilizzò nella cantata a 5 voci La Virtù liberata, scelta per il suo esordio, il 24 nov. 1765, in occasione dell'onomastico della zarina. A essa fecero seguito la Didone abbandonata, la cantata La Pace fra la Virtù e la Bellezza (28 giugno 1766), Il re pastore (26 sett. 1767), l'opera buffa La governante astuta ed il tutore sciocco e deluso (Mosca, estate 1767) e, infine, unica opera composta in Russia, l'Ifigenia in Tauride, su libretto di M. Coltellini, rappresentata nel teatro di corte il 2 maggio 1768 con balletti di G. Angiolini. Compose, inoltre, sonate per clavicembalo e cantate, e si dedicò all'insegnamento, avendo allievi illustri, tra cui D.S. Bortnjanskij.
Nel 1768 rientrò in patria, ove il governo gli aveva mantenuto l'incarico a S. Marco e il relativo stipendio; il 22 dic. 1768 riprese anche il suo posto come maestro del coro all'ospedale degli Incurabili per 400 ducati annui. Da questo momento, avendo pressoché abbandonato la composizione di opere teatrali (l'ultima fu La serva per amore; libr. di F. Livigni, teatro S. Samuele, autunno 1773), continuò a comporre musica strumentale e sacra, in prevalenza oratori che ebbero grande fortuna presso il pubblico veneziano; sappiamo dal Caffi che uno in particolare, il Tres pueri Hebraei in captivitate Babylonis, ebbe oltre 100 repliche. La stima di cui godeva presso le autorità veneziane fece sì che, a partire dal 1780, il suo compenso fosse portato a 600 ducati annui.
Il 16 giugno 1780 nominò erede del suo ricco patrimonio la moglie Adriana Pavan, avendo già provveduto ai tre figli Girolamo, Nicolò e Antonio, l'ultimo dei quali aveva intrapreso la carriera di librettista.
Morì a Venezia il 3 genn. 1785 e fu sepolto nella chiesa di S. Vitale con esequie solenni a cui parteciparono autorità della Serenissima e personaggi noti del mondo musicale.
Compositore particolarmente prolifico, della sua produzione teatrale si ricordano, fra le altre, le seguenti opere, prevalentemente rappresentate a Venezia, salvo diversa indicazione: L'odio placato (libr. Silvani, teatro S. Samuele, 27 dic. 1729); Argenide (libr. Giusti, teatro S. Angelo, 15 genn. 1733); L'ambizione depressa (libr. Grandini, da Papis, ibid., Ascensione 1733); La ninfa Apollo, favola pastorale (libr. di Lemene e Boldini, teatro S. Samuele, 30 maggio 1734); Tamiri (libr. Vitturi, teatro S. Angelo, 17 nov. 1734); Ergilda (libr. Id., ibid., 12 nov. 1736); L'Alvilda (libr. Lalli da Zeno, teatro S. Samuele, 29 maggio 1737); Berenice (libr. Vitturi o Silvani, teatro S. Angelo, 27 genn. 1741); Ricimero (libr. Silvani, Milano, Regio Ducal teatro, 26 dic. 1744); Ciro riconosciuto (libr. Metastasio, ibid., 26 dic. 1745); Antigono (libr. Id., Londra, King's Theatre, 24 maggio 1746); Scipione nelle Spagne (libr. Piovene, da Zeno, teatro S. Angelo, nov. 1746); Evergete (libr. Silvani e Lalli, Roma, teatro Capranica, 2 genn. 1747); L'Arminio (libr. Salvi, teatro S. Cassiano, 26 nov. 1747); L'Olimpiade (libr. Metastasio, Milano, Regio Ducal teatro, 26 dic. 1747); Vologeso (libr. Zeno, Roma, teatro Argentina, 13 o 14 febbr. 1748); Demetrio (libr. Metastasio, Vienna, Burgtheater, 16 o 27 ott. 1748); Clotilde (libr. Passarini, teatro S. Cassiano, nov. 1748); Semiramide riconosciuta (libr. Metastasio, Milano, Regio Ducal teatro, 25 genn. 1749); Artaserse (libr. Id., Vienna, Burgtheater, 27 genn. 1749); L'Arcadia in Brenta (libr. Goldoni, teatro S. Angelo, 14 maggio 1749); Il conte Caramella (libr. Id., Verona, teatro dell'Accademia vecchia, 18 dic. 1749); Demofoonte (libr. Metastasio, Madrid, teatro del Buen Retiro, 18 dic. 1749); Olimpia (libr. Trabucco, Napoli, teatro S. Carlo, 18 dic. 1749); Alcimena principessa dell'Isole Fortunate,ossia L'amore fortunato ne' suoi disprezzi (libr. Chiari, teatro S. Cassiano, 26 dic. 1749); Arcifanfanore dei matti (libr. Goldoni, teatro S. Moisè, 27 dic. 1749); Il mondo della luna (libr. Id., ibid., 29 genn. 1750); Il paese della cuccagna (libr. Id., ibid., 7 maggio 1750); Il mondo alla roversa, ossia Le donne che comandano (libr. Id., teatro S. Cassiano, 14 nov. 1750); La mascherata (libr. Id., ibid., 26 dic. 1750); Antigona (libr. Roccaforte, Roma, teatro delle Dame, 9 genn. 1751); Dario (libr. Baldanza, Torino, Regio Ducal teatro, carnevale 1751); Lucio Papirio (libr. Zeno, Reggio Emilia, teatro Pubblico, fiera 1751); Artaserse (libr. Metastasio, Vienna, Hoftheater, carnevale 1749 [secondo Manferrari]; Padova, teatro Nuovo, fiera del Santo, 11 giugno 1751, con importanti cambiamenti); Le virtuose ridicole (libr. Goldoni, teatro S. Samuele, carnevale 1752); La calamita de' cuori (libr. Id., ibid., 26 dic. 1752); I bagni d'Abano (libr. Id., ibid., 10 febbr. 1753, in collaborazione con F.G. Bertoni); Sofonisba (libr. Roccaforte, Roma, teatro Alibert o delle Dame, 24 febbr. 1753); L'eroe cinese (libr. Metastasio, Napoli, teatro S. Carlo, 10 luglio 1753); Alessandro nelle Indie (libr. Id., ibid., 10 luglio 1753); Siroe (libr. Id., Roma, teatro Argentina, 10 febbr. 1754); Il filosofo di campagna (libr. Goldoni, teatro S. Samuele, 26 ott. 1754); Il povero superbo (libr. Id., ibid., febbr.1755); Attalo (libr. Papi [?], Padova, teatro Nuovo, 11 giugno 1755); Le nozze (libr. Goldoni, Bologna, teatro Formagliari, 14 sett. 1755; con il titolo Le nozze di Dorina, Perugia, teatro de' Nobili, carnevale 1759); La diavolessa (libr. Id., teatro S. Samuele, nov. 1755); Issipile (libr. Metastasio, ibid., 15 nov. 1755 [secondo Manferrari], poi con il titolo Don Poppone e con arie aggiunte di N. Calandro, Bologna, teatro Formagliari, 7 genn. 1759); Idomeneo (libr. Vaccaro[?], Roma, teatro Argentina, 7 genn. 1756); La cantarina (libr. Goldoni, Roma, teatro Capranica, 26 febbr. 1756); Le pescatrici (libr. Id., forse ripresa dell'originale di Bertoni, Modena, teatro Rangoni, carnevale 1756); Ezio (libr. Metastasio, Milano, Regio Ducal teatro, 22 genn. 1757); Sesostri (libr. Zeno, teatro S. Benedetto, 26 nov. 1757); Ipermestra (libr. Metastasio, Milano, Regio Ducal teatro, 14 genn. 1758); Adriano in Siria (libr. Id., Livorno, primavera 1758); Demofoonte (libr. Id., Padova, 1758, dubbia); Ciro riconosciuto (libr. Id., Roma, 1759, dubbia); Melite riconosciuto (libr. Roccaforte, Roma, teatro Alibert o delle Dame, 13 genn. 1759); La ritornata di Londra (libr. Goldoni, ibid., teatro Valle, 19 febbr. 1759); La clemenza di Tito (libr. Metastasio, Torino, teatro Regio, 26 dic. 1759); Solimano (libr. Migliavacca, Padova, teatro Nuovo, fiera del Santo 1760); L'amante di tutte (libr. A. Galuppi, teatro S. Moisè, 18 nov. 1760); Li tre amanti ridicoli (libr. Id., ibid., 18 genn. 1761); Demetrio (libr. Metastasio, Padova, 1761, dubbia), Il caffè di campagna (libr. Chiari, ibid., 18 nov. 1761); Antigono (libr. Metastasio, teatro S. Benedetto, carnevale 1762); Il marchese villano (libr. Chiari, teatro S. Moisè, 2 febbr. 1762); L'orfana onorata (libr. anonimo, Roma, teatro Valle, carnevale 1762); Il re pastore (libr. Metastasio, Parma, teatro Ducale, primavera 1762); Viriate (libr. Id., teatro S. Salvatore, 19 maggio 1762); Il Muzio Scevola (libr. Lanfranchi Rossi, Padova, teatro Nuovo, giugno 1762); L'uomo femmina (libr. anonimo, teatro S. Moisè, autunno 1762); Il puntiglio amoroso (libr. C. o G. Gozzi, ibid., 26 dic. 1762); Arianna e Teseo (libr. Pariati, Padova, teatro Nuovo, 12 giugno 1763); Il re alla caccia (libr. Goldoni, teatro S. Samuele, autunno 1763); La donna di governo (libr. Id., Praga, 1763); Didone abbandonata (libr. Metastasio, Napoli, 1764); Sofonisba (libr. Verazi, Torino, teatro Regio, carnevale 1764); Cajo Mario (libr. Roccaforte, teatro S. Giovanni Grisostomo, 31 maggio 1764); La partenza e il ritorno de' marinari (libr. anonimo, teatro S. Moisè, 26 dic. 1764); La cameriera spiritosa (libr. Goldoni, Milano, Regio Ducal teatro, 4 ott. 1766); Ifigenia in Tauride (libr. Coltellini, Pietroburgo, teatro di corte, 2 maggio 1768); Il villano geloso (libr. Bertati, teatro S. Moisè, novembre 1769); Amor lunatico (libr. Chiari, ibid., gennaio 1770); L'inimico delle donne (libr. Bertati, teatro S. Samuele, autunno 1771); Gl'intrighi amorosi (libr. Petrosellini, ibid., gennaio 1772); Montezuma (libr. Cigna Santi, teatro S. Benedetto, 27 maggio 1772).
Il G. compose inoltre: la serenata a 3 voci Li amori sfortunati di Ormindo (testo di Vitturi, Burano 1738); la festa teatrale La vittoria d'Imeneo (Bartoli, Torino, teatro Regio, 7 giugno 1750); le cantate: I presagi (G. Gozzi, Venezia 1755); L'oracolo del Vaticano (ibid. 1758); La virtù liberata (Lazzaroni, Pietroburgo 1765); Flora, Apollo, Medoaco (1769); Venere al tempio (Chiari, Venezia 1775); L'Anfione (Da Ponte, ibid. 1780); inoltre lo spettacolo poetico-musicale Le nozze di Paride (Chiari, Venezia, S. Giovanni Grisostomo, ottobre 1756); i componimenti drammatici L'arrivo di Enea nel Lazio (Alamanni, Firenze, teatro della Pergola, 15 nov. 1765) e La Pace tra la Virtù e la Bellezza (Metastasio, Pietroburgo, 28 giugno 1776).
Si ricordano gli oratori: Sancta Maria Magdalena (Venezia, oratorio dei Mendicanti, 1740); Prudens Abigail (Pasquali, ibid., 1742); S. Maurizio e compagni martiri (Bologna, 1743 o Genova 1737); Isaac (Venezia, oratorio dei Mendicanti, 1745); Judith (ibid., 1745); Adamo (libr. Granelli, Roma, 1747; anche come La caduta di Adamo); Jahel (Venezia, oratorio dei Mendicanti, 1747); Devoti affectus erga lignum Sanctae Crucis et Iesu Christi Sepulcrum (da Sant'Elena al Calvario di Metastasio, ibid., 1748); Devoti sacri concentus (ibid., 1748); L'Jephta ossia Il trionfo della religione (libr. Vannucchi, Firenze, 1749, anche come Il sacrificio di Jephta); Aqua et rupe Horeb (Venezia, oratorio dei Mendicanti, 1750); Gerusalemme convertita (libr. Zeno, Roma, 1752); eseguiti a Venezia su testo di Chiari e nell'ospedale degli Incurabili: Maria Magdalena (1765); Sacrificium Abraham (1764); Triumphus divini amoris (1765); Tres Mariae ad sepulcrum Christi resurgentis (1769); Canticorum sponsa (1770); Parabola coenae (1770); Nuptiae Rachelis (1770 o 1771); Dialogus sacer (1771); Adam (1771); Debbora prophetessa (1772); Daniel in lacu leonum (1773); Tres pueri hebraei in captivitate Babylonis (1774); Exitus Israelis de Aegypto (1775); Mundi salus (1776); Moyses de Synai revertens (1776); Il ritorno di Tobia (libr. G. Gozzi, 1782). Compose molte messe e parti di messa per coro con o senza strumenti, vari Requiem, 3 Magnificat, numerosi Te Deum; Beatus vir; Confitebor; Confitebor tibi Domine; Domine ad adiuvandum; Laudate pueri Dominum; salmi, litanie, inni, versetti per organo e 35 mottetti a più voci, oltre a composizioni per la chiesa ortodossa russa a 4 voci. Fra le composizioni strumentali: Sonate per cembalo (Londra s.d.); Sonate per camera op. 2 (ibid. s.d.); sinfonie e sonate per orchestra; 8 concerti per clavicembalo; un concerto per flauto e clavicembalo; un concerto in mi minore per flauto; 7 concerti a 4 per 2 violini, viola e clavicembalo; un trio in sol maggiore per flauto, oboe e continuo; 6 trii per 2 violini e continuo; circa 125 tra sonate, toccate, divertimenti e Lessons per clavicembalo (per un catalogo completo delle composizioni sacre e profane conservate nelle biblioteche veneziane si rimanda a: F. Rossi, Le musiche di G. nelle biblioteche di Venezia, in Galuppiana 1985. Studi e ricerche, pp. 1-68).
Il G., che aveva praticato pressoché tutti i generi e gli stili della musica del suo tempo, fu, in vita, fra i compositori più noti e celebrati, anche se, all'inizio della carriera, essendo i teatri di Venezia dominati dai compositori napoletani e da A. Vivaldi, ebbe qualche difficoltà ad affermarsi. Stimato da contemporanei quali C.Ph.E. Bach, A. Salieri, S.A. Hasse, F.W. Marpurg e E.L. Gerber, dopo la morte la sua fama andò gradatamente scemando e gran parte della sua produzione teatrale venne dimenticata, a eccezione della commedia lirica Il filosofo di campagna; tra i probabili motivi dell'oblio in cui cadde può essere senz'altro annoverato il prevalere dell'opera comica napoletana che contribuì a far dimenticare quella veneziana, pur non priva di meriti. Tuttavia, recentemente, numerosi interventi critici e la ripresa di alcune sua opere hanno portato a una riscoperta del G., nei cui lavori sono stati individuati elementi innovativi e significanti, in particolare proprio nel campo dell'opera comica, dove il suo contributo fu determinante per la definizione stilistica del genere. J.-J. Rousseau, suo grande estimatore, nel Dictionnaire de musique, alla voce Génie ne sottolineava l'appartenenza allo stile pregalante, al pari dei grandi protagonisti della scuola napoletana che, ormai lontani dai caratteri del tardo barocco, appartenevano soltanto al "santuario del buon gusto e dell'espressione". Al Caffi si deve, invece, la prima ricostruzione biografica del G., definito "rigeneratore del dramma serio e assoluto creatore del buffo", cui vengono ascritti lusinghieri giudizi sulle ottime qualità di concertatore e direttore d'orchestra per l'impegno nel dirigere, per la disciplina severa e, in genere, per la cura dei particolari, caratteristiche che fanno di lui un vero precursore della direzione d'orchestra modernamente intesa (M. Bruni, L'opera veneziana, in Storia dell'opera, I, p. 379). Ed è in particolare nella composizione della compagine orchestrale utilizzata dal G., ove i fiati si collocano accanto agli archi secondo una concezione strumentale che definisce il suo personalissimo stile - costantemente applicata in tutta la produzione senza sostanziali differenze tra comico e serio - che più chiaramente si evidenzia il passaggio dal barocco al sinfonismo classico.
Avendo esordito nell'opera seria, con i due drammi già ricordati, Gli odi delusi dal sangue e la Dorinda, il G. si indirizzò specificamente a questo genere sino agli anni '50: in tale ambito egli si rivolse in particolare ai testi metastasiani, attenendosi, quindi, almeno per la gran parte della sua produzione seria, allo schema melodrammatico propugnato dal celebre poeta. Ciò nonostante assai restrittivo fu il giudizio su di lui del Metastasio il quale, spinto da un'ostilità preconcetta - suggerita forse dalla consapevolezza che il G. aveva in più d'una occasione apportato modifiche ai suoi libretti - non esitò a dichiarare, in una lettera al Farinelli (C.M. Broschi) del 27 dic. 1749: "quando egli scrive, pensa soltanto alle parole quanto voi pensate a diventar papa, e se ci pensasse non so se farebbe di più […] Ottimo maestro per i violini, per i violoni e per i cantanti, ma cattivissimo mobile per i poeti. Insomma non è il mio apostolo" (Tutte le opere di P. Metastasio, III, pp. 450 s.). Di fatto il G., dagli anni '60 in poi, nella pur ridotta produzione di opere serie, introdusse cambiamenti graduali, forse non immediatamente evidenti, ma tali da modificare nella sostanza i consolidati moduli stilistici metastasiani in funzione di una concezione preclassica, che dava un nuovo carattere alla linea melodica dell'aria, non più strutturata secondo uno schema metrico di derivazione rigorosamente poetica, bensì concepita sulla base di un procedimento libero e autonomo, in linea con il procedere dell'espressione drammatica; a questa nuova concezione contribuì anche la scrittura strumentale, organizzata in base a originali effetti orchestrali. Queste innovazioni furono ben avvertite da Ch. Burney che scrisse: "Galuppi è uno dei pochi geni originali rimasti della migliore scuola che forse l'Italia abbia avuto; le sue composizioni sono sempre geniali e spontanee e potrei aggiungere che è un buon contrappuntista ed è amante della poesia. Ne danno prova da un lato le sue partiture e dall'altro le melodie di cui riveste le parole. Così che la sua espressione musicale corrisponde sempre al senso voluto dal poeta e spesso anzi lo migliora" (Burney, 1979, p. 164).
Ben più significativa appare comunque la produzione comica del G., realizzata principalmente in collaborazione con il Goldoni, e destinata a modificare sostanzialmente un genere che conquistò non solo l'Italia ma tutta l'Europa musicale. Capolavoro del G. in quasto campo è Il filosofo di campagna che, collocato tra la La serva padrona di G.B. Pergolesi e La buona figliola di N. Piccinni, rappresenta il prototipo della comédie larmoyante laddove, all'interno della tradizionale opera buffa, si inseriscono caratteri patetici e momenti di effusione sentimentale. In particolare le arie, non più soggette al tradizionale schema con il "da capo", appaiono strutturate in più sezioni con continui cambiamenti di ritmo e di agogica; esse assumono, inoltre, un'intonazione gradevolmente realistica e sono percorse da una vena delicata e gentile che si manifesta nella fluida linearità melodica, a sua volta sostenuta da una morbida e discorsiva scrittura orchestrale capace, particolarmente nei concertati dei finali d'atto, di una vigorosa forza espressiva. Sotto il profilo drammatico tale scrittura si intensificherà nei "finali a catena", costituiti da varie sezioni che si succedono nel parallelo e progressivo intensificarsi della situazione drammatica. Va, comunque, ulteriormente sottolineato quanto la collaborazione con il Goldoni abbia contribuito alla realizzazione del teatro comico del G., aiutandolo e sostenendolo nel sostituire i tradizionali intrecci di carattere farsesco tipici dell'opera buffa con ritratti e figure della vita quotidiana. In questo nuovo contesto la stessa cantabilità, non più intesa come edonistico compiacimento, assume un'intonazione più realistica in sintonia con il carattere dei personaggi. Ad essa si affianca una ricca tavolozza orchestrale che sostiene discretamente la linea vocale e si intensifica, vivacizzandoli, nei pezzi d'insieme ove si realizzano, in una perfetta fusione poetico-musicale, i caratteri più originali ed efficaci di una rinnovata e più moderna commedia lirica.
Non meno significativa la produzione per tastiera del G., soprattutto le 85 sonate per cembalo, in cui lo schema tripartito assume una precisa fisionomia consistendo in un lento iniziale e due allegri, concepiti secondo uno sviluppo tristrofico. Nelle sonate si possono individuare caratteristiche formali e stilistiche in cui la scrittura galante anticipa alcuni caratteri di una sensibilità pianistica dal tono intimo e aggraziato che può far pensare a Mozart; peraltro il gioco tastieristico assume una connotazione originalissima per la varietà delle modulazioni, per il gusto per le dissonanze, attraversate da ardite fioriture e volatine. Da ricordare in particolare tra le composizione manoscritte le sei sonate da titolo Passatempo al cembalo del 1781, forse offerte nel 1782 allo zarevic di Russia Paolo e conservate nella Biblioteca del Conservatorio di Genova, tutte in due movimenti bipartiti, il primo in tre sezioni (Andante-Allegro-Allegro), che nello schema generale e nella fantasia tematica anticipano i caratteri della sonata classica, elementi che si riscontrano anche nei Concerti a quattro, conservati nella Biblioteca Estense di Modena (Mus., F. 443).
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