GAMBERO (dal lat. gammărus; fr. écrevisse; sp. cámbaro de río; ted. Flusskrebs; ingl. freshwater crayfish; lat. scient. Astacus o Potamobius fluviatilis Fabr.)
Il gambero d'acqua dolce, al quale limitiamo la nostra trattazione, appartiene, come il gambero di mare, più propriamente lupicante o astice, ai Crostacei Macruri rettanti; fu ben noto agli antichi, è ricordato nel folklore ed è certamente la specie più studiata dell'intera classe: Réaumur, nel 1712, se ne servì per ricerche sul fenomeno della muta e del potere rigenerativo; Roesel von Rosenhofer, nel 1755, per quelle di anatomia e il Rathke nel 1829 per l'ontogenesi. Il gambero ha il corpo allungato e robusto con tegumento ben calcificato, scudo trasversalmente molto convesso, non fuso con l'epistoma, terminato da un rostro corto, triangolare e depresso; il solco cervicale è ben marcato, l'ultimo segmento toracico è libero e articolato; l'addome, bene sviluppato e disteso, ha pleure robuste, larga natatoia col telson suddiviso in due porzioni e arrotondato all'apice. Le antennule hanno due brevi flagelli, le antenne un lungo flagello e la squamma esopodiale larga nel mezzo e terminata da una spina all'apice. I tre primi pereopodi sono chelati, l'anteriore mouo più lungo e robusto dei due seguenti; i pleopodi mancano d'appendice interna, l'esopodite degli uropodi è diviso da una sutura. Nei maschi le due prime paia di pleopodi sono appendici sessuali, nelle femmine l'addome e la natatoia codale sono più larghi e il primo pleopodo è rudimentale. Le mute dei gamberi hanno luogo sul finire della primavera; secondo Chautran i giovani, nel primo anno, mutano 8 volte, 5 nel secondo e 2 nel terzo; i maschi adulti hanno due mute annuali, le femmine una sola. È durante la muta che i cosiddetti occhi di gambero o gastroliti, concrezioni calcaree delle pareti laterali del proventricolo masticatore, un tempo usati in medicina, diventano liberi nella cavità del proventricolo, sono disciolti e usufruiti per la calcificazione del nuovo tegumento. L'accoppiamento ha luogo in autunno; la femmina porta attaccati ai pleopodi numerose uova di color rossobruno, dalle quali nell'anno successivo sgusciano i piccoli che sono già simili all'adulto e che per qualche tempo, mediante i chelipedi restano attaccati ai pleopodi materni.
In Italia vivono due specie di gambero, l'Astacus fluviatilis Fabr. e l'Astacus pallipes Lereb. (A. saxatilis Grube); il primo, più diffuso, raggiunge 15 e più cm. di lunghezza, ha color brunastro più o meno scuro e le zampe rossicce; si afferma che possa vivere 25 anni; il secondo è più piccolo, più chiaro e con zampe biancastre; entrambi arrossano con la cottura. Frequentano le rive dei fiumi e dei ruscelli e di giorno stanno nascosti sotto le pietre, nelle fessure o in ripari più profondi che si scavano per passare l'inverno, senza peraltro cadere in letargo; il loro nutrimento consiste in molluschi, insetti, girini ed anche in sostanze corrotte; si catturano infine ricercandoli nei loro nascondigli, con reti e adescandoli con carni putride. I gamberi, un tempo assai comuni in tutti i corsi d'acqua e molto ricercati, si sono fatti rari in molti luoghi, non solo in Italia, o sono scomparsi decimati da malattie parassitarie tra le quali primeggiano la peste dei gamberi prodotta dal Bacillus pestis astaci Hofer e un'asfissia causata da infusorî (Cothurnia e Vaginicola) che invadono le branchie; altri parassiti di questi crostacei appartengono a Sporozoi, Distomidi, Discodrilidi e Copepodi (v. crostacei).
Bibl.: Th. H. Huxley, L'écrevisse, Parigi 1880; W. Faxon, A revision of the Astacidae, Cambridge 1885; G. Entz iunior, Über die Flusskrebse Ungarns, Lipsia 1914.