gambling
Comportamento compiuto sotto la spinta della tentazione, generata da possibilità solitamente remote di forti gratificazioni, e contraddistinto da un forte azzardo per via del rischio molto concreto del verificarsi di eventi avversi. Il profilo di un soggetto gambler è composto, pertanto, da una elevata frequenza di azioni o scelte incaute, dovute da un lato a una elevata propensione al rischio e dall’altro a uno scarso o mancato intervento di un controllo inibitorio appropriato. Per propensione al rischio si intende un temperamento in cui la previsione di una conseguenza avversa è incapace di esercitare un rinforzo negativo, e anzi è suscettibile di fungere da rinforzo positivo (➔ rinforzo), in quanto la percezione stessa del rischio può risultare stimolante per il soggetto. Per controllo inibitorio si intende, invece, la capacità di trattenere l’azione o la scelta per il tempo necessario a valutarne i costi e i benefici, le possibili conseguenze e opportunità alternative a disposizione e per poter, quindi, scegliere in maniera consapevole e razionale.
Nella nostra specie, come anche in molti altri mammiferi, la manifestazione dei suddetti comportamenti di g. avviene tipicamente durante l’adolescenza (➔) in quanto è dovuta alle modificazioni che, durante lo sviluppo peripuberale, interessano i circuiti neurali responsabili della motivazione. In partic., la ricerca di sensazioni forti (che si manifesta come attrazione verso stimoli intensi e sempre nuovi, propensione al rischio e impulsività) può essere dovuta a una maturazione progressiva e temporalmente diversificata dei sistemi neurochimici presenti nella corteccia prefrontale e nelle aree subcorticali del cervello degli adolescenti. Questi due sistemi promuovono, rispettivamente, da un lato il controllo inibitorio e dall’altro sia le pulsioni sia le abitudini dirette verso l’ottenimento di una gratificazione. Una relativa immaturità della corteccia prefrontale, rispetto alle aree subcorticali, potrebbe far sì che gli adolescenti siano più tentati da pulsioni forti e meno capaci di inibirle. Questo tipo di disinibizione può sviluppare, quanto meno in soggetti vulnerabili, abitudini devianti quali violenza antisociale, problemi di tossicodipendenza e g. patologico. Il circuito che promuove la motivazione incentivante (circuito mesolimbico, che comprende lo striato ventrale o nucleus accumbens), va incontro a un riarrangiamento funzionale durante tutta l’adolescenza. I comportamenti impulsivi e azzardati, tipici degli adolescenti, potrebbero essere il risultato di un circuito mesolimbico relativamente iperattivo, che pertanto li spingerebbe verso stimoli appetitivi particolarmente salienti. Tuttavia, secondo altri riscontri, questo circuito sarebbe invece ipoattivo nel corso dello sviluppo adolescenziale. Di conseguenza, i tipici gambler potrebbero andare alla ricerca di stimoli particolarmente salienti (ricerca di sensazioni forti) allo scopo di ‘stimolare’ questo sistema. In entrambi i casi, sia l’iperattività sia l’ipoattività del circuito meso-limbico possono portare, durante l’adolescenza, ma anche in adulti in cui il controllo inibitorio sia scarso ovvero immaturo, a una specifica propensione per i comportamenti devianti e azzardati.
Si ritiene che lo striato dorsale (o caudato-putamen) promuova, nell’uomo e negli altri Mammiferi, l’espressione di strategie comportamentali strutturate e prefissate che possono essere di due tipi: il comportamento innato (che fa parte del patrimonio evolutivo di ogni specie) e quello basato sull’abitudine (individualmente elaborata in seguito al succedersi di eventi di rinforzo positivo e negativo). In partic., lo striato dorso-laterale sarebbe coinvolto nella formazione e nella successiva espressione semiautomatica dell’abitudine, mentre lo striato dorsomediale, permettendo ulteriori aggiustamenti nelle abitudini, supporterebbe in modo continuativo la flessibilità comportamentale. Quest’ultima svolge un ruolo cruciale nel permettere all’individuo di correggere abitudini che si dimostrassero inefficaci o deleterie. Se una data abitudine dà prova di determinare ricompense sempre minori o danni sempre maggiori nel medio/lungo termine, essa verrà rinforzata negativamente e tenderà a scomparire. Se però vi è un disturbo del rinforzo, tali abitudini possono conservarsi nonostante la loro perniciosità. In tal modo, un’eccessiva propensione al rischio può emergere come effetto ‘contro-istintivo’ di strategie comportamentali che si sono consolidate e che, a causa della possibile mancanza di un’adeguata flessibilità comportamentale, si sono poi notevolmente irrigidite.
Un’alterazione del sistema serotonergico potrebbe avere un ruolo funzionale nel determinare comportamenti di g. così come, più in generale, l’impulsività (➔). La risoluzione delle situazioni conflittuali, in cui entra in gioco un potenziale azzardo (che dovrebbe inibire una tentazione contingente, ovvero una abitudine consolidata), pone l’accento sulla necessità di un controllo cognitivo dei processi legati alla gratificazione e al rinforzo. Questi processi di autocontrollo avvengono in regioni specifiche della corteccia prefrontale, quali la corteccia prefrontale mediale, la corteccia cingolata anteriore e la corteccia orbito-frontale ventro-laterale (nota anche come corteccia orbito-ventrale). Tutte queste aree permettono all’individuo di ‘trattenersi’ dal compiere, d’istinto o d’abitudine, azioni o scelte di tipo impulsivo e fanno sì che i processi di rinforzo generino strategie comportamentali maggiormente adattative, le quali si cristallizzano poi in abitudini virtuose. L’ipoattività delle regioni prefrontali della corteccia farebbe quindi sì che i soggetti gambler siano meno capaci di trattenersi dall’agire d’impulso, sia dopo una tentazione contingente sia per una abitudine consolidata, e pertanto possano essere più inclini ad assumere rischi eccessivi.