GANDOLFO
Non possediamo notizie certe sulle sue origini e sulla sua famiglia. Molto probabilmente nacque a Piacenza, se Campi lo definisce compatriota di s. Folco Scotti, piacentino. Lo troviamo ricordato per la prima volta in un documento del 22 dic. 1182, ove è citato come "monacus et missus" del monastero piacentino di S. Sisto. Di questo monastero divenne abate, molto probabilmente tra il febbraio e il luglio 1185, succedendo a Berardo (scomparso tra la fine del 1182 e la fine del 1184) e ad Adelardo (in carica all'inizio del 1185).
Molto di quanto di lui è stato detto e si ripete ancora nella letteratura storica, specie locale, non trova riscontro nella documentazione nota e deve pertanto essere respinto perché privo di fondamento.
S. Sisto, fondato come cenobio femminile nell'874 dall'imperatrice Engelberga, moglie di Ludovico II, e da lei riccamente dotato, in seguito all'insediamento di un gruppo di monaci provenienti da Clermont, era divenuto nel sec. XII un monastero maschile di osservanza benedettina. Protetto da papi e imperatori, raggiunse una grande importanza e un cospicuo patrimonio fondiario e di diritti di giurisdizione. Tra i suoi domini erano le due corti di Guastalla, poi divenuta castrum, e di Luzzara, il rilievo delle quali derivava dalla posizione sulle rive del Po, che ne faceva importanti scali per le merci in transito per e dalla Lombardia.
G., pienamente conscio delle grandi potenzialità economiche e giurisdizionali di S. Sisto, si adoperò con grande solerzia per recuperarne e ricostituirne il dominio territoriale che il suo predecessore Berardo aveva fortemente depauperato, perdendo non solo Guastalla, strappatagli con la forza dai Cremonesi, ma anche cedendo Castelnuovo Bocca d'Adda, compiendo infeudazioni non opportune e condonando debiti contratti con il monastero.
La presenza di G. in veste di abate è attestata per la prima volta il 10 luglio 1185, quando, probabilmente da poco investito della carica abbaziale, insieme con i suoi monaci si presentò dinnanzi al tribunale imperiale di Federico I, allora riunito in Piacenza, per "far querela" contro i Cremonesi. Costoro - sosteneva G. - avevano violato l'accordo concluso con il Comune di Piacenza nel 1127, che li aveva visti investiti di un terzo del castello e della corte di Guastalla, con l'obbligo di difesa e con l'impegno di pagare ogni anno a S. Sisto un "bizantino romanato". I Cremonesi, si lamentava G., non solo detenevano con la forza le due corti di Guastalla e di Luzzara, dopo averne scacciato il suo predecessore, ma avevano anche usurpato al suo monastero il possesso di Castelnuovo Bocca d'Adda. Le querele contro Cremona non sortirono, tuttavia, l'effetto sperato: Guastalla e Luzzara, tolte ai Cremonesi, furono considerate da Federico beni demaniali e, a tale titolo, furono da lui trattenute. Un documento del 1190 rivela che G. informò della questione anche papa Innocenzo III, tramite un suo delegato, Pietro, vescovo di Reggio. La questione rimase aperta, nonostante le pressioni di G. il quale, alla morte dell'imperatore Enrico VI, aveva nuovamente avanzato pretese sulle due corti, delle quali, nel frattempo, era stat0 investito il Comune di Cremona per la ragguardevole somma di 1000 marche d'argento: essa non era ancora conclusa nel 1204, quando Innocenzo III affidò l'incarico di risolverla al vescovo di Modena che inviò le deposizioni dei testimoni direttamente al papa e diede incarico a G. di recarsi a Roma come suo messo. La vertenza si concluse solo nel 1227, come risulta da un documento del 4 novembre di quell'anno, con il pieno accoglimento delle richieste di G., il riconoscimento dei diritti del suo cenobio su Guastalla, Luzzara, Castelnuovo Bocca d'Adda, e la condanna del Comune di Cremona a pagare al monastero di S. Sisto la cospicua somma di 3000 lire di imperiali.
G. ebbe anche una controversia con la chiesa di S. Andrea in Borgo, che si risolse il 19 luglio 1186 con un compromesso.
È da respingere, in quanto non presente nelle fonti, la notizia, ricorrente nella letteratura storica a partire dal Cinquecento, che G. sia stato promosso alla dignità cardinalizia da papa Urbano III (1185-87) - come affermano Passero (che colloca l'evento nel 1185, in concomitanza con la traslazione delle reliquie di s. Sisto nel monastero), Campi, Chacon, Poggiali e Berton - o da Clemente III, nel 1190, come vuole Bertuzzi. Del pari da respingere è, in quanto pure non confortata dalle fonti, l'asserzione del Campi, secondo cui G., ricevuta la nomina cardinalizia, dovette rinunciare subito a essa, preferendole "il governo dei monaci".
Il 18 ott. 1230 G. ottenne dal vescovo di Piacenza Vicedomino un documento di conferma delle decime pertinenti a terre che il monastero di S. Sisto aveva di recente acquisito. È, questa, l'ultima notizia a lui relativa che sia giunta sino a noi.
Non conosciamo la data esatta della morte di G., che deve in ogni modo essere ragionevolmente posta negli ultimi mesi di quel medesimo 1230, perché nei documenti successivi a quest'anno appare già attivo, come abate di S. Sisto, il suo successore Leonardo.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Parma, Diplomatico, Pergamene, cass. 19, nn. 1144 s.; cass. 25, n. 1503; Piacenza, Biblioteca comunale, Pallastrelli 6: Pietro di Ripalta, Chronicon Placentinum, c. 89; J. Ficker, Forschungen zur Reichs- und Rechtsgeschichte Italiens, I, Innsbruck 1868, p. 335; II, ibid. 1869, p. 287; Acta Imperii inedita…, a cura di E. Winkelmann, II, Innsbruck 1880, doc. 609; Acta Imperii… inedita, a cura di K.F. Stumpf Brentano, III, Innsbruck 1881, doc. 512; G. Drei, Le carte degli archivi parmensi dei secoli X-XII, III, Parma 1950, docc. 593, 602, 606, 687; Die Urkunden Friedrichs I. 1181-1190, in Mon. Germ. Hist., Die Urkunden Friedrichs I., X, 4, Hannover 1990, docc. 893 s.; F. Passero, Sito, lodi e prerogative del riverendo monasterio di S. Sisto di Piacenza, Piacenza 1593, p. 16; P.M. Campi, Dell'historia ecclesiastica di Piacenza, I, Piacenza 1651, pp. 65-67, 89, 107, 140, 143; A. Chacon, Vitae et res gestae pontificum Romanorum et S.R.E. cardinalium…, Romae 1677, I, col. 1128; C. Poggiali, Memorie storiche di Piacenza, IV, Piacenza 1757, pp. 216, 230 s.; I. Affò, Istoria della città e Ducato di Guastalla, Guastalla 1785, pp. 160-194, 346 s.; C. Berton, Dictionnaire des cardinaux, Paris 1857, p. 955; L. Astegiano, Il Comune di Cremona e il possesso di Guastalla e Luzzara nel secolo XII, in Arch. stor. lombardo, IX (1882), pp. 234 ss., 240 ss.; G. Bertuzzi, I cardinali di Piacenza e illustri presuli, Piacenza 1930, pp. 23 s.; E. Nasalli Rocca, Un documento prezioso per la chiesa di S. Sisto: il rogito di Cristoforo Egidio da Parma (15 dicembre 1514), in Boll. stor. piacentino, XIX (1924), 4, pp. 145 ss.; A. Haverkamp, Herrschaftsformen der Frühstaufer in Reichsitalien, II, Stuttgart 1971, pp. 629 s., 716; R. Arisi, La chiesa e il monastero di S. Sisto a Piacenza, Piacenza 1977, p. 32.