GARAMANTI (Γαράμαντες, Garamantes)
Con tale nome si designarono talune genti del grande ceppo dei Libi note come popolazione numerosa (Herodot., iv, 183) e indomita (Tac., Hist., iv, 50). In età storica i G. appaiono stanziati nell'interno dell'Africa settentrionale, a S dei Nasamoni, stabiliti lungo il litorale della grande Sirti, subito ad oriente dei Maci, per il cui territorio scorre il fiume Cynips, l'odierno Uadi Qaam, la foce del quale è a poco più di 20 km a levante di Leptis Magna. A S-E di Leptis sono appunto segnati i G. nella Tabula Peutingeriana.
I G. sono già ricordati nel V sec. a. C. da Erodoto (iv, 174), se il nome Γαράμαντες va letto così, e non, come è probabile, Γαμϕάσαντες, Gamfasantes; nel qual caso il nome si scinde in Gam-fàsan-tes, di cui è parte essenziale la voce berbera risultante dalle tre consonanti f s n (fasan-gradino, per l'aspetto tabulare delle grandi catene montuose che fiancheggiano le vaste depressioni del paese, nel senso dei paralleli).
Il nome della popolazione si lega così col nome che designò la regione, detta da Plinio (Nat. hist., v, 5) Phazania, Chazania, il Fezzàn odierno.
I G. appartengono alla stirpe berbera che, originariamente stanziata nella fascia costiera mediterranea, cominciò a penetrare nel Fezzàn per lo meno nel I millennio a. C. Le missioni scientifiche italiane (specialmente quelle degli anni 1933-1934) han chiarito molti problemi e confermato la pertinenza dei G. alla stirpe di bianchi mediterranei. I G. antichi appaiono sicuramente gli antenati degli odierni Tuàregh.
Nella sola vallata dell'Uadi el-Agial, da el-Abiad a Tin Abunda, fu accertata l'esistenza di almeno 45.000 tombe; l'esplorazione sistematica di un centinaio di esse ha dimostrato che la conca di Germa e il resto della Phazania furono largamente romanizzate. Infatti, oltre all'esistenza di un modesto mausoleo, si hanno innumeri testimonianze offerte sin dai I sec. d. C., dalla ceramica e dai vetri; risulta inoltre organizzata una singolare rete di provvidenze idriche.
Dopo una serie di turbolenze promosse dai Numidi e dai Getuli, alle quali non furono, certo, estranei i G., condusse contro di loro un'azione di guerra L. Cornelio Balbo, che a seguito del successo riportato ottenne il trionfo e lo celebrò il 27 marzo del 19 a. C. facendo figurare nel corteo, tabelle o quadri o simulacri delle urbes et oppida conquistate, quali son ricordate da Plinio (Nat. hist., v, 5, 35), che ne derivò i nomi dagli Acta triumphalia.
I G. sono poi ricordati, per l'aiuto prestato a Tacfarinas nella rivolta da lui capeggiata (17-24 d. C.), dopo la repressione della quale, ad opera di Cornelio Dolabella, essi mandarono a Roma un'ambasceria per fare ammenda.
Una spedizione punitiva provocarono infine i G. sul principio dell'impero di Vespasiano (69 d. C.). Gli abitanti di Oea avevan chiesto aiuto ai G. contro i Leptitani; le milizie del legato Valerio Festo accorsero subito, tolsero ai G. gran parte del bottino fatto sui Leptitani, e inseguirono gli invasori fin nella Phazania. Di questa spedizione punitiva è testimonianza con tutta probabilità, il mosaico pavimentale di una villa romana di Zliten, in cui appare una editio di ludi di anfiteatro, con la figurazione, tra l'altro, dei supplizî inflitti ad alcuni dei supposti capi della incursione che vengono esposti alle belve legati a un palo infisso in una specie di carretto (Tripoli, museo).
Attraverso il territorio dei G. si effettuarono, di poi, due grandi esplorazioni: una condotta da Flacco, che giunse, dopo tre mesi, nel paese degli Etiopi; e una seconda guidata da Giulio Materno, che, dopo una marcia di quattro mesi, giunse ad Agisymba (Ayben?), ai confini - sembra - del Sahara e del Sudàn.
Dalle regioni dei laghi equatoriali, dal Sudàn e dal Congo, si svolgeva, infatti, verso il Mediterraneo, un attivo commercio (specialmente schiavi, penne di struzzo, oro, spezie, legni pregiati, fiere per gli anfiteatri, avorio) che rendeva floride le città della costa, e non poteva condursi se non attraverso il paese dei Garamanti.
Nella letteratura si trova il nome di Garamas (Γαράμας, Apoll. Rhod., iv, 1494 e Schol.) attribuito al genitore (ipostasi di Apollo) di una ninfa, Garamantis nympha (Verg., Aen., iv, 198) connessa con l'oasi di Ammone.
Bibl.: Dessau, in Pauly-Wissowa, VII, c. 751; Il Sahara italiano, Parte I, Fezzàn e oasi di Gat, R. Soc. Geogr. It., Roma 1937, e in particolare agli articoli di P. Graziosi (La preistoria, pp. 241-274), di B. Pace (Storia antica, pp. 275-299), di G. Caputo (Archeologia, pp. 301-330), di F. Beguinot (I linguaggi, pp. 493-513): ripubblicati in Scavi Sahariani della Missione, da B. Pace-S. Sergi-G. Caputo, in Mon. Ant. dei Lincei, XLI, col. 167 ss.; Scritti in onore di Francesco Beguinot, Napoli 1949, vol. III; S. Aurigemma, I mosaici di Zliten, Roma-Milano 1926; M. Wheeler, Rome beyond the Imperial Frontiers, Londra 1955, pp. 103 ss., 180; E. W. Bowill, in Antiquity, XXX, 1956, p. 19 ss.; P. Romanelli, Storia delle province romane dell'Africa, Roma 1959.