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GARIARDO

di François Bougard - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 52 (1999)
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GARIARDO (Gaddo)

François Bougard

Visconte, poi conte, di Pombia nel Novarese, nacque nella seconda metà del IX secolo. La sua carriera si svolse nell'ambito delle vicende della marca d'Ivrea, fra IX e X secolo e fu strettamente legata a quella di Adalberto, figlio di Anscario e secondo marchese di questa dinastia.

Nella documentazione G. compare una prima volta, già insignito del titolo di visconte, nella primavera del 902, quale sostenitore, insieme con Adalberto, dell'allora imperatore e re d'Italia Ludovico III, re di Provenza, in lotta contro Berengario per il predominio nel Regno italico. Il 21 aprile di quell'anno, grazie all'intercessione di Adalberto e di due conti provenzali, Loffredo (Liutfridus) e Rodolfo (Radulfus), G. otteneva dal re la concessione, in favore di uno dei suoi vassalli, di una curticella sottratta al demanio del comitatus di Vercelli in località "Cusiningo". Pochi giorni dopo (9 maggio) è ricordato, sempre insieme con Adalberto, in occasione di un placito tenutosi a Vercelli e presieduto dal vescovo di Novara, Garibaldo.

L'area sulla quale si estendeva il potere di G. non è mai formalmente indicata nelle fonti. La localizzazione dei suoi interessi patrimoniali è riconducibile senza molte incertezze a Pombia, una delle circoscrizioni dove l'eredità longobarda aveva contribuito a scindere le sedi del potere civile da quello ecclesiastico (quest'ultimo di stanza a Novara).

G. è infatti ricordato soprattutto come fondatore del monastero benedettino dei Ss. Fabiano e Sebastiano di Fontaneto d'Agogna, nel cuore del comitatus di Pombia. Il 14 ag. 908, il vescovo di Novara Dagoberto otteneva da Berengario la conferma dell'insieme delle donazioni fatte da G. al nuovo insediamento monastico, anche nel caso fossero state realizzate a scapito di territori di pertinenza pubblica; in quella stessa occasione il sovrano cedeva in favore della nuova istituzione i proventi fiscali di un mercato che si svolgeva mensilmente in quella località.

Successivamente G. ricompare nelle fonti nel giugno 910 in occasione della conferma del possesso di tre curtes nella Val d'Ossola, nelle località di Caddo, Premosello e "Longomiso". Suoi intercessori presso Berengario, ormai sovrano incontrastato dal 905, erano Adalberto, riavvicinatosi al nuovo re, del quale era nel frattempo divenuto il genero, e l'imperatrice Ageltrude, vedova di Guido da Spoleto.

Non si hanno notizie di G. per il successivo decennio: con tutta probabilità, visti gli stretti legami che lo univano ad Adalberto, G. fece parte fin dalla prima ora della congiura - di cui lo stesso Adalberto era magna pars - che condusse Rodolfo II di Borgogna a rivendicare verso la fine del 921 la corona del Regno italico. Con il titolo di conte, probabile ricompensa per il suo sostegno a Rodolfo, ora re d'Italia, ricompare il 17 luglio 923 in occasione della battaglia di Fiorenzuola d'Arda combattuta da questo contro l'imperatore Berengario. Stando al racconto di Liutprando, G. fu il principale artefice della vittoria lanciando le sue truppe, rimaste nelle retrovie insieme con quelle del conte di Bologna, Bonifacio, in un decisivo contrattacco proprio quando le sorti della battaglia sembravano ormai favorevoli a Berengario.

Non si hanno notizie ulteriori su G., menzionato nelle fonti, ormai defunto, solo nel 945 quando viene ricordato in un diploma emanato da Ugo di Provenza, con il titolo di comes de castro Fontaneto, a testimonianza di quanto il radicamento di G. nella suddetta località fosse stato incisivo.

Con questo atto venivano ceduti al fidelis Ricardus tre mansi in località Aureliaco nella Val d'Ossola detenuti da G. verosimilmente a titolo di beneficio; era bastata una sola generazione dalla sua scomparsa, perché il suo titolo venisse associato esclusivamente al luogo di residenza: emblematico esempio di contaminazione fra la detenzione di pubblici poteri concessi in beneficio e il ruolo sociale e politico svolto in ambito locale da un potere di natura signorile.

Fonti e Bibl.: I diplomi italiani di Lodovico III e di Rodolfo II, a cura di L. Schiaparelli, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], XXXVII, Roma 1910, p. 52, n. 18; I diplomi di Ugo e di Lotario, di Berengario II e di Adalberto, a cura dello stesso, ibid., XXXVIII, ibid. 1924, p. 227, n. 77; Liudprandus Cremonensis, Antapodosis, a cura di J. Becker, in Monum. Germ. Hist., Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum, XLI, Hannoverae-Lipsiae 1915, p. 67; I placiti del "Regnum Italiae", a cura di C. Manaresi, I, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], XCII, Roma 1955, n. 113; J.F. Böhmer, Regesta Imperii, I, Die Regesten des Kaiserreichs unter den Karolingern 751-918 (926/962), 3, Die Regesten des Regnum Italiae und burgundischen Regna, II, Das Regnum Italiae in der Zeit der Thronkämpfe und Reichsteilungen 880 (850)-926, a cura di H. Zielinski, Köln-Weimar-Wien 1998, ad indicem; D. Carutti, Il conte Umberto I (Biancamano) e il re Ardoino, ricerche e documenti, Roma 1882, p. 356; R. Poupardin, Le Royaume de Provence sous les carolingiens (855-933?), Paris 1901, p. 174, n. 9; Id., Le Royaume de Bourgogne (888-1038). Étude sur les origines du Royaume d'Arles, Paris 1907, p. 44; W. Sickel, Der fränkische Vicecomitat, Strasbourg 1907-08, pp. 79 n. 4, 112; L.M. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, III, 1, Italien und die fränkische Herrschaft, Gotha 1908, p. 192; G. Fasoli, I re d'Italia (888-962), Firenze 1945, p. 92; C.G. Mor, L'età feudale, I, Milano 1952, p. 78; E. Hlawitschka, Franken, Alemannen, Bayern und Burgunder in Oberitalien (774-962).Zum Verständnis der fränkischen Königsherrschaft in Italien, Freiburg i.Br. 1960, pp. 183 s.; Novara e la sua terra nei secoli XI e XII. Storia documenti architettura, a cura di M.L. Gavazzoli Tomea, Milano 1980, p. 152; G. Penco, Storia del monachesimo in Italia dalle origini alla fine del Medioevo, Milano 1983, p. 382; G. Andenna, Castelli, fortificazioni, rocche, ricetti del Novarese, in Da Novara tutto intorno, Torino 1982, pp. 445 ss.; Id., Grandi patrimoni, funzioni pubbliche e famiglie su di un territorio: il "comitatus Plumbiensis" e i suoi conti dal IX all'XI secolo, in Formazione e strutture dei ceti dominanti nel Medioevo: marchesi conti e visconti nel Regno italico (secc. IX-XII), Roma 1988, pp. 205 s., 214, 223; H. Keller, Signori e vassalli nell'Italia delle città: secoli IX-XII, a cura di G.G. Merlo, Torino 1995, pp. 235-237, 278; G. Sergi, I confini del potere. Marche e signorie fra due regni medievali, Torino 1995, pp. 67, 172, 174.

Vedi anche
marchése marchése Titolo nobiliare che nella gerarchia araldica segue quello di duca. In età carolingia e nel corso del Medioevo il termine marchese equivalse al margravio del mondo germanico. A partire dall'11° sec., la figura del marchese assunse un'autonomia che portò alla costituzione di signorie territoriali ... signoria Nell’uso storiografico, sia l’insieme dei poteri (prima solo personali, poi anche territoriali) esercitati durante tutto il Medioevo (e oltre) dall’aristocrazia fondiaria laica ed ecclesiastica sui contadini, sia l’istituto in cui si risolve, dal 13° sec., la crisi di molti Comuni dell’Italia settentrionale ... castello architettura Presso i Romani il castellum era un’opera di fortificazione, generalmente di minore entità rispetto al castrum, lungo i confini dell’Impero. I castello erano temporanei o permanenti: i primi erano semplici ridotte, di forma circolare o quadrangolare, spesso senza baraccamenti per le truppe; ... conte Titolo nobiliare che nella gerarchia araldica segue quello di marchese. ● A Roma, nell’età repubblicana, il conte (comes) assisteva e consigliava i magistrati preposti al governo delle province. Con Costantino il termine indicò una serie di pubblici funzionari: alcuni dirigevano importanti uffici centrali ...
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