GARIBALDO (Garipald, Garibaldus; Garipaldo)
Principe longobardo di nobilissima famiglia. Era duca di Torino quando, dopo la morte del re Ariperto I (circa 660), il conflitto per il potere subito nato tra Perctarit e Godeperto (i giovanissimi figli ed eredi del sovrano appena scomparso) sfociò in guerra aperta. Per il periodo anteriore a questi eventi nulla ci riferiscono di lui le fonti a noi note. Il nome che egli portava e la carica di duca di Torino, che ricopriva, aprono tuttavia a sicure valutazioni circa le sue origini e il gruppo gentilizio cui apparteneva.
Come lui, si chiamava infatti il principe di stirpe agilolfinga duca dei Bavari primo di quel nome, la cui figlia Teodelinda aveva sposato in prime nozze il re dei Longobardi Autari e in seconde nozze, nel 590, dopo la morte di questo, il duca di Torino Agilulfo, il quale in seguito a tale matrimonio era stato riconosciuto re dei Longobardi. Gundeperga, figlia di Agilulfo e Teodelinda, sposò un altro duca di Torino, Arioaldo, il quale nel 626 fu chiamato a succedere al re Adaloaldo, fratello di Gundeperga, allora scomparso. In epoca posteriore, infine, duca di Torino era, prima della sua elevazione al trono di Pavia nel 701, quel Raginperto, figlio del già ricordato Godeperto, discendente per linea maschile dal duca dei Bavari Garibaldo I e perciò di stirpe agilolfinga. Tutti questi indizi fanno pensare che anche G. appartenesse alla dinastia così detta bavarese, o meglio agilolfinga, che, con alcune interruzioni, dal 615-616 al 712 regnò sul popolo dei Longobardi.
Quanto sappiamo della biografia di G. si trae unicamente dalla Historia Langobardorum di Paolo Diacono. Questi, in un lungo capitolo dedicato ai convulsi e tragici eventi che caratterizzarono la lotta per la successione ad Ariperto I, parla della parte avutavi e degli intrighi e dei tradimenti compiuti allora da G., duca di Torino, del quale delinea un ritratto nettamente negativo.
Paolo Diacono apre il suo racconto con la notizia che Ariperto I aveva diviso il Regno tra i suoi due figli Godeperto e Perctarit (se l'informazione è attendibile, il provvedimento sarebbe un unicum nella storia dei Longobardi). La volontà del sovrano venne rispettata: dopo la sua morte, infatti, il primo pose la sua capitale a Pavia e l'altro a Milano. Presto i due fratelli entrarono in conflitto tra loro. Non ci vengono fornite le ragioni di tale scontro; il testo si limita ad alludere all'azione destabilizzatrice di "maligni homines", in seguito alla quale "discordiae et odiorum fomes surrexit", tanto che ciascuno dei due principi cercò di "alterius regni invadere".
Godeperto allora inviò G. a Benevento per ottenere l'appoggio del potente duca Grimoaldo contro Perctarit, promettendogli la mano della propria sorella. La missione sortì ben altri risultati da quelli proposti e ciò fu proprio a causa di G., secondo Paolo Diacono, che lo definisce perciò "totius nequitiae seminator".
Infatti, G., che si era appropriato di una parte dei "munera hospitalitatis" destinati al principe beneventano, "fraudolenter contra suum dominum agens", convinse Grimoaldo a intervenire nel conflitto per impossessarsi egli stesso del Regno anziché sostenere Godeperto contro il fratello. G. fu accanto al duca di Benevento quando questi, decisa l'impresa, risalì l'Italia alla testa di un forte esercito, puntando su Pavia. Grimoaldo, attestatosi con i suoi nel territorio di Piacenza, inviò G. per annunciare a Godeperto il suo arrivo. Su consiglio di G., Godeperto si decise a far alloggiare il futuro cognato nel palazzo reale di Pavia.
G. portò avanti allora i suoi intrighi e raccomandò a Godeperto di indossare un'armatura sotto il vestito, dicendogli che il duca Grimoaldo aveva intenzione di ucciderlo. G. diede lo stesso consiglio a Grimoaldo avvertendolo che il re si preparava ad assassinarlo. Quando Grimoaldo abbracciò il re per salutarlo avvertì la presenza dell'armatura e, confermato nei suoi sospetti, ammazzò il re.
Alla notizia dell'assassinio Perctarit fuggì in territorio avaro. Grimoaldo divenne re a Pavia (662) e sposò la sorella di Godeperto e Perctarit.
G. non godette a lungo del successo dei suoi intrighi. Infatti un personaggio di cui Paolo Diacono tace il nome, "ex propria familia Godeperti oriundus", assai piccolo di statura, tese un agguato a G. e lo uccise mentre si stava recando nella chiesa di S. Giovanni a Torino per assistere alla messa pasquale. La morte di Godeperto venne così vendicata.
Il lungo racconto di Paolo Diacono sulle scelleratezze e la fine di G. ha molti tratti leggendari e fa intuire che alla sua base vi sia stato un più antico testo tradito oralmente. Il nucleo storico di tale testo è, con ogni probabilità questo: G., come duca di Torino, svolse un ruolo poco trasparente nel conflitto tra Godeperto, Perctarit e Grimoaldo; che tradì il suo signore; che fu infine ucciso in un attentato.
Fonti e Bibl.: Paulus Diaconus, Historia Langobardorum, a cura di L. Bethmann - G. Waitz, in Mon. Germ. Hist., Script. rer. Lang. et Italic. saec. VI-IX, I, Hannoverae 1878, pp. 138 s. (libro IV, cap. 51); L.M. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, II, 1, Leipzig 1900, pp. 245 s.; G.P. Bognetti, S. Maria foris Portas di Castelseprio e la storia religiosa dei Longobardi, in Id., L'età longobarda, II, Milano 1967, pp. 334 s.; R. Schneider, Königswahl und Königserhebung im Frühmittelalter, Stuttgart 1972, p. 43; J. Jarnut, Prosographische und sozialgeschichtliche Studien zum Langobardenreich in Italien (568-774), Bonn 1972, pp. 352 s.; S. Gasparri, I duchi longobardi, Roma 1978, p. 56; P. Delogu, Il regno longobardo, in Storia d'Italia (UTET), I, Torino 1980, pp. 90 ss.