GARIOPONTO (Guarimpot, Guarimpotus, Guaripotus, Raimpotus, Warimbod, Warnipontus)
La sua esistenza e la sua attività possono essere verosimilmente collocate tra l'ultimo quarto del X sec. e la prima metà dell'XI. Certamente fu salernitano di origine longobarda (non greca come credettero alcuni studiosi ancora fino alla metà dell'Ottocento). Maestro della scuola medica salernitana, G. è il primo di cui sia rimasta traccia, oltre che l'opera manoscritta.
Il nome di "Guarimpotus yppodiaconus" compare per la prima volta nel novembre 1035, quando egli sottoscrisse insieme con altri sette testimoni un documento con il quale l'arcivescovo di Salerno Grimoaldo concesse a Iannacio, futuro castaldo del Principato, la chiesa dei Ss. Maria e Giovanni in Vietri che era stata distrutta dai Saraceni e da lui fatta riedificare (Cod. dipl. Cav., VI, p. 43). È probabile che in questo periodo G. (la cui sottoscrizione segue immediatamente quella dell'arcivescovo Grimoaldo) facesse parte del capitolo metropolitano della cattedrale e vi occupasse anzi un ruolo di qualche prestigio. Certamente aveva iniziato l'ascesa della carriera ecclesiastica, che si rispecchia nelle diverse forme (clericus, subdiaconus, presbiter) con le quali, nel corso del tempo, è segnalata la sua presenza nel Necrologio di S. Matteo di Salerno, ammesso, come sembra, che si tratti sempre della medesima persona.
Nel giugno del 1056 era certamente già morto, perché suo figlio Giovanni si dichiara quondam Guaripoti all'atto di ottenere dalla chiesa di S. Massimo l'uso di un mulino sul fiume Lirno (Cod. dipl. Cav., VII, p. 294); per questo non può essere identificato con G. l'omonimo chierico e notaio che nell'ottobre di quattro anni dopo è citato in un documento redatto nel castrum Montorii Rotense finibus (ibid., VIII, p. 148; cfr. De Renzi, App., p. XXXVI, che, nel segnalare per primo il documento, lo data erroneamente al 1051). G. è infine ricordato dal nipote Altardo in un documento del maggio 1079 (Cod. dipl. Cav., X, pp. 278 s.).
A lui accennò anche Pier Damiani, che ricorda di averlo conosciuto: "senex, vir videlicet honestissimus apprime litteris eruditus medicus" (Epistula ad Landulphum clericum Mediolanensem, ll. V, XVI). D'altronde i suoi rapporti con la scuola medica salernitana e con personaggi a essa legati sono molteplici: oltre ad Alfano (il futuro arcivescovo di Salerno) che, secondo l'opinione espressa per primo dallo Schipa apprese la scienza medica probabilmente da lui, furono forse suoi allievi sia Petroncello sia Trotula, noti esponenti di quella scuola nella seconda metà del secolo XI, mentre non è testimoniato alcun contatto diretto con Maraldo medico abate di S. Maria "de Domno" anch'egli suo contemporaneo. Egli stesso nomina poi con una certa familiarità altri medici, membri probabilmente di quella societas doctorum phisicalium della sua città che proprio G. menziona per primo nella sua opera: un "Paterniano" cui dedicò il De catharticis, esperto in pratiche farmacologiche, che G. in più di un'occasione chiama "frater", e un "Albicio" con l'aiuto del quale (e di altri socii) procedette - sempre secondo la sua dichiarazione - alla compilazione e alla revisione del Passionarius.
Dalla medicina greca G. trasse il bagaglio più consistente delle proprie cognizioni. Soltanto il Novati, però, tra gli studiosi che si sono occupati della sua figura, ha messo in evidenza la presenza contemporanea a Salerno del monaco greco Saba (morto nel 995), probabilmente medico anch'egli, di poco precedente l'attività di Garioponto. Gli studi del Guillou permettono ora di sottolineare come Saba - giunto dalla Sicilia probabilmente per sfuggire all'avanzata islamica nella sua isola natale (o forse mosso solo dalla speranza di visitare le tombe degli apostoli a Roma) - aveva ottenuto nel 986 una charta traditionis proprio di quella chiesa di S. Giovanni "secus mare" a Vietri che era stata poi dotata dall'arcivescovo Grimoaldo di una propria charta libertatis nel 1035, con quella decisione cui anche G. aveva partecipato; non solo, ma, quel che più interessa, il santo monaco greco vi aveva portato i propri libri "totum scriptos manibus ex genere grecorum" (Cod. dipl. Cav., II, pp. 233 s.). Non si conosce la natura di quei codici, ma non si può escludere che contenessero anche trattati di medicina, praticata forse dallo stesso monaco greco durante la sua permanenza in Campania.
L'ambiente culturale nel quale G. si formò e agì era quindi, grazie anche all'apporto di Saba, di primo livello, e proprio al medico salernitano è stato riconosciuto il merito (piuttosto che una presunta originalità che certamente non ebbe) di avere gettato le basi del nuovo linguaggio medico, attraverso l'introduzione di termini nuovi che dopo di lui si conservarono nella lingua italiana e che egli mutuò dagli autori classici soprattutto greci.
Opere: non è facile individuare la produzione letteraria realmente riconducibile a G., poiché, trattandosi in massima parte di opere a carattere compilatorio e spesso conservate adespote nei manoscritti e nelle stampe cinquecentesche, molti autori non ne hanno riconosciuto la paternità. La principale (e l'unica attribuita con certezza a G. anche dai manoscritti) è il Passionarius, seu Pratica morborum Galeni, Theodori Prisciani, Alexandri et Pauli, quem Gariopontus quidam Salernitanus eiusque socii, una cum Albicio emendavit, ab erroribus vindicavit et in hunc ordinem redegit, un testo in cinque libri che si trova anche sotto il titolo di Passionarius de aegritudinibus a capite usque ad pedes, citato come sua opera già dalla fine del secolo XI. Il trattato fu edito diverse volte nella prima metà del secolo XVI, sebbene attribuito a Galeno e non a Garioponto. La sua fu principalmente un'opera di compilazione, soprattutto dalle opere degli autori greci, che nasceva dall'esigenza, tipica del suo tempo, di avere a disposizione nuove sinossi che raccogliessero le conoscenze mediche degli antichi. G. fu soprattutto continuatore della grande medicina greca e latina dell'età tardo-imperiale; a parte Claudio Galeno, del quale fece uno studio particolare, tanto da generare l'equivoco sulla paternità della sua opera, l'autore maggiormente presente nelle sue opere è il medico greco del V secolo Teodoro Prisciano (il quale a sua volta pare non conoscesse invece Galeno), sebbene G. non manchi di citare naturalmente Ippocrate, da lui definito "omnium peritissimus", e altri medici greci come Sorano, il cretese Andromaco, Dioscoride di Cilicia, Areteo di Cappadocia; totalmente assente risulta invece la medicina araba. Il carattere compilatorio del trattato, opera di un medico pratico che appuntò, riordinandoli, i risultati e le esperienze della propria attività, è evidente dal grande spazio dedicato in particolare alle malattie delle vie urinarie e ai calcoli della vescica e dei reni. Il Passionarius ebbe presto una considerevole diffusione, anche al di fuori della scuola salernitana. Simone da Genova, ad esempio, un autore del secolo XII, nell'indicare le fonti da lui utilizzate per scrivere la sua Clavis sanationis, cita proprio il "Passionarius Garioponti", sebbene aggiunga subito che "quia liber ex epistolis Galeni ad Glauconem et ex libris Pauli et Alexandri et Theodori compositus est, pauca mihi contulit" (cfr. De Renzi, p. 173; cfr. anche Kristeller, 1955, p. 15, che colloca invece la composizione della Clavis intorno al 1300).
Nel capitolo XII del terzo libro del Passionarius lo stesso G. ricorda un'altra sua opera che chiama Metuaticum; sulla base del confronto, soprattutto stilistico, con il Passionarius gli sono stati in seguito attribuiti anche il De medicamentis expertis (Haller) dove sono illustrati alcuni polifarmaci, la cui conoscenza G. dichiara di aver appreso da stranieri, e i trattati De chirurgia, Liber phisicorum, De dynamidis. Di particolare importanza risulta l'opera De dynamidis che è un semplice catalogo in ordine alfabetico dei semplici appartenenti ai tre ordini della natura, con una breve descrizione di ciascuno, del modo di prepararli e dell'uso per il quale sono ricordati. L'opera è adespota, ma - secondo l'opinione del De Renzi (p. 179) - scritta certamente da un medico esperto di farmacologia vissuto tra il X e l'XI secolo, certamente un italiano, anzi con buona probabilità un esponente della cultura della Longobardia minore. Nel Liber de febribus, G. riprende da Galeno sia la definizione di "febbre" - "calor innaturalis praeter naturam cordis et arteriarum principaliter laedens operationem virtutis" - sia la distinzione tra le febbri che derivano dall'alterazione degli spiriti, quelle che nascono dall'alterazione degli umori e quelle infine che sono determinate dall'alterazione dei solidi, mentre è probabilmente sua la teoria dei dies cretici.
Il De Renzi (p. 176) ritenne inoltre di poter considerare come opera di G. un trattato - edito da A. Mai nel Classicorum auctorum e Vaticanis codicis editorum tomus VII, Romae 1835, pp. 399-458, con il titolo Dynamidorum libri duo - dedito principalmenmte alle proprietà alimentari e mediche delle erbe, nonché il De catharticis, che espone le tecniche per purgare l'utero, il De simplicibus medicaminibus ad Paternianum e il Liber de febribus. Una Practica medicinalis, divisa in cinque libri e assegnata in passato anche al medico Nausomate, è ricordata tra le sue opere dal Novati (pp. 438 s.), che la definisce una compilazione: "ricavata dai libri del cosiddetto Aurelio e del falso Esculapio".
Le opere di G. sono contenute nei seguenti codici: Bibl. apostolica Vaticana, Urb. lat. 236, cc. 91-96; Vat. lat. 4483, cc. 1-141; Vat. lat. 5368; Milano, Bibl. Ambrosiana, D.2 inf., C.70 sup.; Londra, British Library, Add. 21995 (attribuito a G.); Ibid., Dr. Brian Lawn, Medieval and Renaissance 18; Ibid., Mr. Philip Robinson, Helmingham Hall 58; Roma, Bibl. Angelica, 1481, 1496; Zurigo, Zentralbibliothek, C.128. Altri manoscritti sono segnalati da Bandini, Haller, De Renzi (p. 172) e Puccinotti (p. 336). Il Passionarius è stato edito a Lione nel 1526, e a Basilea nel 1531 e nel 1536; il trattatello De febribus è stato edito da R. Manara - U. Ceccarelli, Il "De febribus" di G., Pisa 1963 (per i manoscritti dell'opera cfr. p. 8).
Fonti e Bibl.: Petrus Damianus, Opera, in J.P. Migne, Patr. Lat., CXLIV, col. 671; Codex diplomaticus Cavensis, a cura di M. Morcaldi - M. Schiano - S. De Stefano, Napoli-Milano-Pisa 1873-93, VI, p. 43; VII, p. 294; VIII, p. 148; Necrologio del Liber confratrum di S. Matteo di Salerno, a cura di C.A. Garufi, in Fonti per la storia d'Italia, [Medio Evo], LVI, Roma 1922, pp. 234-236, 270, 292, 310; Codex diplomaticus Cavensis, X, 1073-1080, a cura di S. Leone - G. Vitolo, Badia di Cava 1990, pp. 277 s.; A.M. Bandini, Catalogus codicum Latinorum Bibliothecae Mediceae Laurentianae…, Florentiae 1776, coll. 75 s.; A. Haller, Bibliotheca medicinae praticae, Bernae-Basileae 1776, I, pp. 267, 294, 427; S. De Renzi, Storia documentata della scuola medica di Salerno, Napoli 1857, pp. 168-182, 184-187; Appendice, p. XXXVI; F. Puccinotti, Storia della medicina, I, 1, Napoli 1860, pp. CVII-CIX, 336; M. Schipa, Alfano I arcivescovo di Salerno. Studio storico-letterario, Salerno 1880, p. XI; P. Giacosa, Magistri Salernitani nondum editi. Catalogo ragionato della esposizione di storia della medicina aperta in Torino nel 1898, Torino 1901, pp. XXII, XXVII-XXXIV, 356 s.; P. Capparoni, "Magistri Salernitani nondum cogniti". Contributo alla storia ed alla diplomatica della scuola medica di Salerno, Terni 1924, pp. 14, 25; F. Novati, Le origini, a cura di A. Monteverdi, Milano 1926, pp. 284, 437-440, 442, 446; K. Sudhoff, Salerno eine mittelalterliche Heil- und Lehrstelle am Tyrrhenischen Meere, in Sudhoffs Archiv für Geschichte der Medizin, XXI (1929), p. 49; A. Castiglioni, Storia della medicina, Milano 1936, pp. 269 s.; L. Cassese, La "Societas medicorum" di Salerno e i trattati di medicina dei secoli XI-XIII, Salerno s.d., pp. 7, 11; L. Belloni, Iconografia medica in codici ambrosiani. 2) Trattatello figurato dei cauteri in un codice ignorato del "Passionarius" di G., in Rendiconti dell'Istituto lombardo di scienze e lettere, classe di scienze, LXXXIII (1950), pp. 467-474; P.O. Kristeller, La scuola di Salerno e il suo sviluppo e il suo contributo alla storia della scienza, Salerno 1955, p. 15; N. Cocella, Salerno medievale e altri saggi, a cura di A. Sparano, Napoli 1971, pp. 9, 61; A. Guillou, Arte e religione nell'Italia greca medievale, in Id., Aspetti della civiltà bizantina in Italia, Bari 1976, pp. 371 s.; G. Lambertini, La scuola di Salerno, le Università di Bologna e di Padova, in Storia della medicina, dell'odontoiatria e della veterinaria, II, Bergamo 1982, p. 334; A. De Martino, I maestri del secolo XI, in La scuola medica salernitana. Storia, immagini, manoscritti dall'XI al XIII secolo, a cura di M. Pasca, Napoli 1987, pp. 37, 41 s.; Lexikon des Mittelalters, IV, coll. 1117 s.; P.O. Kristeller, Iter Italicum, IV, pp. 76, 228, 236; VI, pp. 32, 39.