GAS (XVI, p. 407; App. II, 1, p. 1019; III, 1, p. 700)
Nell'ultimo quindicennio le utilizzazioni del g. naturale hanno avuto nuovi e vasti sviluppi, in relazione ai notevoli vantaggi tecnici ed economici che tale g. offre in una vasta gamma di settori d'impiego (lavorazioni industriali, tecnologie chimiche, produzione di energia elettrica, ecc.). Fra l'altro, negli anni Sessanta il g. naturale, dovunque possibile, ha sostituito il g. di distillazione del carbon fossile come g. di città: in Italia alla fine del 1973 soltanto Savona era servita di g. di cokeria; la maggioranza delle utenze italiane impiegano g. naturale con potere calorifico superiore (PCS) pari a 9100 kcal/Nm3; alcune grandi città, come Firenze, Milano, Napoli, Roma, Torino, che hanno conservato gli apparecchi di utilizzazione propri del g. da carbon fossile, usano g. con PCS pari a 4200 ÷ 5000 kcal/Nm3 ottenuti per lo più da g. naturale, trasformato in parte mediante reforming in miscele di idrogeno e ossido di carbonio. Si è avuto anche un forte movimento di esportazione di g. naturale da paesi produttori a paesi consumatori, con conseguente accentuazione dell'interesse per gli aspetti connessi al trasporto, sia per nave (g. naturale liquefatto) che per gasdotto.
Gas naturale liquefatto.
La liquefazione del g. naturale, realizzata in laboratorio fin dagl'inizi del secolo, ha acquisito interesse industriale nel corso degli anni Quaranta in seguito alla rapida affermazione di questo prodotto (v. sopra). La liquefazione ha infatti consentito di risolvere favorevolmente due problemi che l'estendersi degl'impieghi di g. naturale ha posto come fondamentali: l'immagazzinamento a lungo termine e il trasporto alle grandi distanze, in particolare transoceanico, inattuabile con linee fisse (metanodotti).
Data la rilevanza dei quantitativi di g. in gioco, in ambedue i casi una condizione indispensabile per contenere entro limiti accettabili i costi d'investimento è rappresentata dalla minimizzazione dei volumi necessari. Varie soluzioni tecniche sono state proposte e sperimentate a tale scopo (compressione, assorbimento in solventi liquidi, formazione di idrati, adsorbimento su supporti solidi, liquefazione, conversione a metanolo), ma dal confronto delle rispettive caratteristiche la liquefazione è sempre apparsa come la soluzione più favorevole. Sebbene infatti essa comporti una refrigerazione spinta, tecnicamente ed economicamente onerosa, offre in cambio i vantaggi di una riduzione del volume specifico di oltre 600:1, con una pressione di esercizio atmosferica e senza alterazioni qualitative del prodotto. Il g. naturale liquefatto (GNL) può essere conservato per tempi relativamente lunghi con costi di esercizio ragionevoli e al momento dell'utilizzazione può essere facilmente rievaporato e immesso nelle normali reti di distribuzione.
Il trattamento consta sostanzialmente di tre fasi: liquefazione, immagazzinamento oppure trasporto allo stato liquefatto, rievaporazione.
a) Liquefazione. - È la fase che comporta il più elevato contenuto tecnologico e i maggiori costi unitari sia d'investimento sia di esercizio. Il g. viene inizialmente sottoposto a una preliminare purificazione da quei componenti secondari, principalmente g. acidi, vapore d'acqua, idrocarburi superiori, che per varie ragioni creerebbero fastidi durante il raffreddamento. CO2, H2S, mercaptani vengono eliminati per assorbimento su soluzioni chimicamente attive (alcanolammine, carbonati alcalini); il vapore d'acqua per lavaggio con disidratanti liquidi (glicoli etilenici) o per adsorbimento su essiccanti solidi (gel di silice, setacci molecolari). Le concentrazioni residue ammissibili dipendono dal ciclo di liquefazione adottato; valori indicativi sono 50 ÷ 150 ppm per la CO2, 3 ppm per l'H2S, 1 ppm per l'acqua.
Per liquefare il g. naturale si adottano, analogamente agli altri g. industriali cosiddetti criogenici, particolari cicli frigoriferi in cui il g. stesso costituisce il fluido circolante. Esso viene inizialmente compresso, quindi preraffreddato fino a una temperatura prossima a quella di condensazione e infine lasciato espandere attraverso una valvola; l'effetto refrigerante provocato da tale espansione isoentalpica (effetto Joule-Thomson) determina la liquefazione.
Questa sequenza termodinamica è tradotta in pratica con diversi schemi operativi che si possono inquadrare in due gruppi fondamentali, distinti per il modo in cui è condotto il preraffreddamento: in uno si fa ricorso a cicli frigoriferi ausiliari indipendenti operanti in cascata, cioè con fluidi a temperature di ebollizione progressivamente decrescenti (propano, etilene e metano in fig. 1 A); nell'altro (fig. 1 B) viene invece sfruttato l'effetto refrigerante che si ottiene sottoponendo a successive espansioni isoentropiche nei turboespansori e una parte dello stesso g. di alimentazione. Sono stati anche realizzati schemi misti, in cui uno o più cicli ausiliari sono opportunamente inseriti lungo linee di refrigerazione a espansione diretta. Tra gl'impianti finora costruiti, circa un centinaio, per quelli di maggiore potenzialità e caratterizzati da condizioni di esercizio uniformi, la preferenza è generalmente andata ai sistemi in cascata che, pur più complessi e delicati nella regolazione, presentano un rendimento globale leggermente superiore. Sistemi a espansione diretta sono stati invece adottati per le potenzialità più basse e quando è richiesta una certa flessibilità di esercizio.
Gl'impianti di liquefazione sono normalmente ubicati in corrispondenza delle zone d'immagazzinamento o di carico e sono alimentati con linee fisse di tubazioni dai grandi nodi di distribuzione o direttamente dalle aree di estrazione. Strutturalmente presentano una configurazione molto compatta, con apparecchiature ravvicinate e protette da involucri calorifughi atti a minimizzare gl'ingressi di calore. I materiali da costruzione sono quelli tipici per basse temperature: acciai ferritici legati con Ni (9%) o austenitici con Ni e Cr (rispettivamente 9 e 19%), alluminio e sue leghe, rame.
b) Immagazzinamento e trasporto. - L'immagazzinamento è normalmente effettuato alla pressione atmosferica. Sebbene questa condizione comporti una temperatura di esercizio di circa −160 °C, con un sottoraffreddamento di quasi 80 °C rispetto alla temperatura critica, per contro elimina le notevoli difficoltà connesse con la costruzione e l'esercizio di recipienti di elevata capacità in grado di resistere a pressione. L'aspetto critico di questo tipo d'immagazzinamento è rappresentato dall'ingresso di calore per trasmissione dall'ambiente esterno, che provoca una continua evaporazione del prodotto conservato. È pertanto indispensabile adottare particolari accorgimenti che consentano di assicurare un sufficiente grado d'isolamento termico.
Per quanto efficace sia l'isolamento, una certa evaporazione non può essere comunque evitata. Mediamente si ammette che ogni 24 ore evapori 0,1 ÷ 0,2% della quantità immagazzinata. Se il vapore non può essere utilizzato man mano che si forma, è necessario provvedere alla sua riliquefazione, con una spesa che rappresenta la voce principale del costo di esercizio.
Le realizzazioni attuate si fondano sull'impiego di serbatoi metallici in elevazione, di serbatoi di cemento armato sia in elevazione sia interrati, di caverne naturali o espressamente scavate al di sotto del livello del suolo. I serbatoi metallici hanno l'usuale forma cilindrica ad asse verticale con tetto fisso. Strutturalmente presentano due pareti concentriche, di alluminio o acciaio legato l'interna a contatto con il liquido a bassa temperatura, di acciaio comune l'esterna che funge da involucro protettivo; lo spazio tra le due pareti è riempito con materiali isolanti speciali per usi criogenici (polvere di perlite, schiume espanse). Analoga struttura hanno i serbatoi di cemento, in cui quest'ultimo materiale, conformato in elementi precompressi foderati con lamine metalliche o plastiche per garantire l'impermeabilità, costituisce lo strato interno a contatto con il liquido. L'immagazzinamento in caverne nasce dal tentativo di utilizzare quale isolante il terreno. La disponibilità di caverne naturali di idonee caratteristiche non è purtroppo frequente. In alternativa si ricorre alla preparazione di caverne artificiali la cui apertura superiore viene chiusa con un tetto metallico fissato a un cordolo anulare di cemento. Il congelamento del terreno, già predisposto nel corso dello scavo e mantenuto in esercizio dal contatto con il GNL, assicura sia l'impermeabilità delle pareti sia un'elevata coibenza termica. L'immagazzinamento sotto terra, oltre al risparmio di materiali isolanti, permette anche una certa economia di suolo non richiedendo i bacini di contenimento prescritti per i serbatoi in elevazione. Questi ultimi tuttavia hanno trovato assai più ampia applicazione in virtù della loro migliore ispezionabilità e della possibilità di un miglior controllo degl'ingressi di calore.
Il trasporto allo stato liquefatto con mezzi mobili di elevata capacità costituisce l'unica via tecnicamente ed economicamente valida per la movimentazione intercontinentale del g. naturale. La pratica attuazione di questo sistema di trasporto è peraltro relativamente recente a causa di numerose difficoltà tecniche incontrate. Il varo della prima nave metaniera (Methane Pioneer, poi ribattezzata Aristotle) risale al 1959 e quello delle tre immediatamente successive (Pythagore, Methane Princess, Methane Progress) addirittura al 1964. Da allora, tuttavia, il sistema si è rapidamente affermato, sì che le navi in regolare servizio al 1975 son quasi 40; analogamente è andata crescendo la capacità unitaria che dai 5000 m3 del primo prototipo è salita ai 125.000 m3 delle più recenti realizzazioni.
Alcuni dei problemi tecnici incontrati per il trasporto del GNL sono comuni con il caso dell'immagazzinamento; per es., la selezione dei materiali da costruzione, l'isolamento termico, le perdite per evaporazione. A questi se ne aggiungono altri specifici, quali la configurazione dei contenitori in relazione alla forma dello scafo, la salvaguardia dal contatto del liquido con lo scafo stesso, non idoneo a sopportare le basse temperature, gli effetti delle oscillazioni del mezzo mobile sull'evaporazione, le più stringenti esigenze di sicurezza. Tutto questo diversifica sostanzialmente il trasporto del GNL da quello di altri prodotti idrocarburici liquidi a temperatura ordinaria, sicché, a eccezione del primo prototipo che fu ottenuto dall'adattamento di una preesistente petroliera, le successive realizzazioni si sono sempre basate su una progettazione specifica.
Per ciò che riguarda il contenimento del g. liquefatto, le soluzioni adottate sono sostanzialmente due: da un lato l'impiego di contenitori indipendenti di forma prismatica, cilindrica o sferica, alloggiati nello scafo con l'interposizione di strati isolanti; dall'altro una costruzione integrata in cui lo scafo stesso è usato come supporto per speciali pannellature metalliche termoisolanti. La prima soluzione ha il vantaggio di poter costruire i contenitori indipendentemente dallo scafo (fig. 2) e di potere pertanto assai meglio controllarne l'isolamento e la tenuta. La seconda soluzione, d'altra parte, consente un più alto sfruttamento del volume disponibile (fig. 3) e una sensibile economia di materiale, crescente al crescere della capacità; quest'ultimo aspetto, tenuto conto dell'accennata tendenza all'aumento della capacità dei mezzi di trasporto, sta facendo affermare nei progetti più recenti la costruzione integrata.
Accanto ai grandi trasporti marittimi, indiscutibilmente impegnativi sotto il profilo degl'investimenti, occorre ricordare anche i meno appariscenti trasporti continentali di GNL effettuati con cisterne termoisolate montate su chiatte per navigazione fluviale, su carri ferroviari e su autocarri. L'impiego di mezzi mobili anche su terra consente di soddisfare le esigenze di distribuzione allorché l'ubicazione o la variabilità delle utenze non giustifica la realizzazione di linee fisse.
c) Rievaporazione. - La fase conclusiva del trattamento per liquefazione è rappresentata dalla rievaporazione e immissione del g. alla normale distribuzione continua. I vaporizzatori sono sostanzialmente grandi scambiatori di calore in cui il fluido caldo è costituito da fumi di combustione, da vapore d'acqua o anche da acqua comune a temperatura ambiente. Quest'ultima rappresenta senz'altro il mezzo più economico e la sua utilizzazione dipende soltanto dalla disponibilità in grandi portate in modo che il raffreddamento subìto non faccia insorgere pericoli di congelamento. Proprio per evitare questo rischio si usano spesso circuiti indiretti con propano come fluido intermedio. Talvolta la rievaporazione del GNL può essere sfruttata come sorgente di freddo per sopperire alle necessità di lavorazioni criogeniche industriali, per la conservazione di derrate, ecc.
La marcia degl'impianti di rievaporazione viene generalmente condotta in modo da ottenere in uscita il g. naturale a una temperatura intorno a 0 °C e a una pressione di qualche decina di atm, condizioni queste che permettono di avviare il g. alle linee di distribuzione senza necessità di ulteriori compressioni o trattamenti.
Bibl.: ENI, Enciclopedia del petrolio e del gas naturale, Roma 1969; W.L. Lom, Liquefied natural gas, Londra 1974.
Utilizzazioni. - I campi d'impiego del g. naturale, nei quali questa eccellente fonte primaria d'energia assicura cospicui vantaggi tecnici ed economici, sono odiernamente i seguenti in ordine di estensione dei consumi: lavorazioni e tecnologie industriali, in particolare nei settori siderurgico, delle ceramiche, della vetreria e in molti altri usi termici; il riscaldamento di ambienti; gli usi domestici di cucina e lavanderia; le tecnologie chimiche; la produzione di energia termoelettrica; gl'impianti con turbomotori a g.; la trazione.
Le caratteristiche fisiche, chimiche e termiche variano considerevolmente a seconda della provenienza giacimentologica; la tab. 1 ne indica i valori per le principali fonti attuali. Le impurità sono essenzialmente l'anidride carbonica, l'azoto, e l'idrogeno solforato; quest'ultimo, se presente in percentuali superiori a 5,5 ÷ 7 g/m3 deve venire rimosso, mentre l'anidride carbonica e l'azoto non vengono di norma rimossi. Il rapporto idrogeno/carbonio è dell'ordine di 1/3; il g. naturale è, quindi, un combustibile molto idrogenato. La temperatura di accensione del metano è 645 °C; in pratica, per un volume di metano in 9,55 volumi di aria comburente, la temperatura di accensione è di 650 °C e il più elevato limite d'infiammabilità per la miscela è raggiunto per una percentuale volumetrica uguale a 30; il campo colnpreso fra 4,5 e 12,8 è quello della detonabilità del metano. Nel campo di valori fra 9,5 e 30 il metano brucia regolarmente con fiamma leggermente luminosa. La tonalità termica dei fumi da combustione di g. naturale varia da 2930 a 3180 kJ/Nm3 (da 700 a 760 kcal/Nm3) a seconda della composizione centesimale del g. e dell'eccesso d'aria comburente impiegato nel processo di combustione. Nella tab. 2 sono indicate le caratteristiche di combustione per alcuni g. naturali e quelle dell'olio residuale.
In Italia, i consumi di g. naturale sono stati percentualmente così distribuiti nel 1974: nelle industrie 53,0%; per riscaldamenti urbani 19,0%, per usi domestici 11,4%; per usi chimici 11,3%; per produzione termoelettrica 2,4%; per impianti con turbomotori a g. 1,8%; per trazione 1,1%. Vi sono settori d'impiego caratterizzati da una sfavorevole modulazione (riscaldamento urbano), settori a discreta modulazione (tecnologie industriali) e settori aventi consumi quasi uniformi nel tempo (usi chimici). Nell'anno 1975 il g. naturale ha contribuito per circa il 15% alla copertura del fabbisogno energetico italiano. Nel 1985 dovrebbe coprire il 18% del fabbisogno italiano di energia primaria.
Mediante contratti di fornitura interrompibili, le aziende distributrici cercano di rendere abbastanza regolari le erogazioni di g. naturale alle utenze servite. Inoltre gl'incentivi di tariffazione (tariffe binomie a termini fissi piuttosto elevati) concorrono a favorire una regolarità dei consumi. Altri mezzi adoperati sono l'adozione di unità di punta, l'impiego di aria propanata, e i serbatoi di deposito e di accumulo di g. naturale allo stato liquefatto oppure gassoso sotto pressione.
Utilizzazione nelle lavorazioni industriali. - La porzione maggiore (oltre il 50%) del consumo di g. naturale avviene in generatori di vapore degli stabilimenti industriali e nei forni delle industrie siderurgiche, ceramiche, vetrarie, dei cementi e delle calci, dei laterizi e di vari altri prodotti delle tecnologie industriali. L'impiego del g. naturale vi ha consentito una riduzione dei costi d'installazione e inerenti minori oneri d'investimento finanziario e anche un risparmio nelle spese di esercizio, particolarmente per quanto concerne le spese di manutenzione; nelle lavorazioni tecnologiche, esso rende possibili più precise regolazioni della combustione e delle temperature nei processi tecnologici, migliori cotture dei materiali e l'ottenimento di prodotti di caratteristiche superiori, con notevole riduzione degli scarti di lavorazione.
Per quanto concerne la generazione di vapor d'acqua, è possibile impiegarvi minori eccessi d'aria per la combustione completa, ridurre le perdite termiche del generatore di vapore, migliorandone il rendimento di alcuni punti. Molto importante è l'adozione di bruciatori del g. naturale alimentati con g. e aria leggermente compressi e preriscaldati.
L'aria, preventivamente riscaldata, viene immessa mediante organi di distribuzione cilindrici oppure conici, regolabili d'apertura e tali da impartire alla corrente un moto elicoidale; il g. naturale viene introdotto nel bruciatore in vari modi, ma sempre in maniera da acquisirvi la desiderata turbolenza; precisamente al centro, in forma di getto a superficie conica o di più getti divergenti, oppure nella zona periferica in forma di più getti convergenti, uniformemente distribuiti sulla superficie di una cavità toroidale o con sistemi misti. Operando sui registri dell'aria, si può modificare l'intensità della turbolenza e agire sulla rapidità della miscelazione aria/g., variando, a seconda delle esigenze d'esercizio, grandezza, forma e luminosità della fiamma e ottenendo una grande elasticità di funzionamento con gl'inerenti benefici di rendimento termico. In presenza di fiamme stabilizzate, un'estinzione può avvenire soltanto se le quantità di aria e di g. immesse in camera di combustione variano di tanto da portarsi al di fuori dei limiti d'infiammabilità, oppure se le velocità dei due fluidi in miscelazione non si mantengono nei limiti prescritti, o anche se la depressione in camera di combustione non risponde ai requisiti d'impianto. I bruciatori di g. naturale vengono pertanto corredati di dispositivi di controllo della fiamma (fiamma pilota addizionale, automatismi d'interruzione dell'alimentazione del g. in condizioni d'emergenza o d'interruzione della corrente elettrica, e altri). La rimessa in funzione avviene solo manualmente e dopo avere ventilato e spurgato tutto il percorso dei prodotti della combustione sino al camino.
L'utilizzazione del g. naturale nei forni dell'industria siderurgica apporta i seguenti benefici: grande elasticità di funzionamento con inerenti migliorie per le varie operazioni metallurgiche; eliminazione dei trasporti interni di combustibile con inerenti economie di spazio e di mano d'opera; assenza di scorie e ceneri, ridotte dispersioni di calore, maggiore pulizia; assenza di prodotti solforosi nei fumi e possibilità di abbassarne la temperatura d'uscita senza rischio di corrosioni ed erosione nelle porzioni fredde degl'impianti; possibilità accresciute di regolazione automatica in tutta la gamma delle temperature richieste e per creare nei forni le volute atmosfere di trattamento. I risultati conseguiti sono stati notevoli sia nei forni di fabbricazione dell'acciaio, sia nei forni di riscaldo dei lingotti, dei tubi, dei profilati, ecc. e nei forni e impianti vari adibiti ai diversi trattamenti termici, ai processi di normalizzazione, ricottura e altri, per la produzione di atmosfere controllate a g. parzialmente combusti, a g. aventi un elevato tenore d'azoto e di atmosfere endotermiche nei vari tipi di riscaldamento a irraggiamento a elevate temperature; inoltre, pei diversi trattamenti termici alla fiamma, per tempere superficiali e per l'ossitaglio dei metalli con speciali cannelli di taglio.
Con aria non preriscaldata la temperatura teorica della fiamma del g. naturale è di circa 1920 °C; con aria riscaldata, i valori sono quelli indicati dal diagramma in fig. 4. In media, praticamente, per ogni 250 °C di aumento nel preriscaldamento dell'aria, l'aumento di temperatura della fiamma è di 75 °C. Sia la temperatura dell'aria, sia quella dei fumi hanno cospicua influenza sul valore del rendimento termico ottenibile (fig. 5). Il consumo medio specifico (per kg di acciaio) di calore è dell'ordine dei 5425 kJ.
Attualmente, nelle acciaierie italiane, è divenuta prassi corrente l'utilizzazione del g. naturale negli altiforni e con un aumento crescente per l'arricchimento di ossigeno nell'aria soffiata sino al 24%. La temperatura dell'aria arricchita con ossigeno è dell'ordine dei 1300 °C, l'umidità di 20 g/m3, la pressione del g. naturale nella bocca d'immissione uguale a 3,5 bar ass. Il consumo di g. naturale per t di ghisa è dell'ordine dei 30 m3.
Anche nei forni a cubilotto l'impiego combinato di g. naturale con coke ha dato buoni risultati; a Leyden nei Paesi Bassi, nella proporzione di 50% di g. del Mar del Nord e di 50% di coke. La spesa di combustibile si è ridotta alla metà e l'esercizio dell'impianto è divenuto molto più favorevole; la qualità della ghisa prodotta è considerevolmente migliorata e l'usura dei refrattari del cubilotto si è molto ridotta.
L'utilizzazione del g. naturale nelle tecnologie ceramiche e vetrarie è vantaggiosa perché dà luogo a produzioni vetrarie di migliore qualità, specialmente nei settori dell'ottica e delle vetrerie artistiche in dipendenza della purezza del g. e della costanza di valore pel suo potere calorifico utile; semplifica la condotta e la manutenzione dei f0rni e riduce le spese di esercizio.
Il bilancio termico dei forni vetrari di fusione è relativamente mediocre a causa di diverse circostanze, quali l'elevata temperatura richiesta per le operazioni di fusione e di affinaggio (che sono operazioni relativamente lente), la bassa conducibilità termica del vetro, la ventilazione delle pareti del bacino fusorio, l'isolamento termico, in generale imperfetto, del forno, l'essere la superficie di riscaldamento soltanto una frazione della superficie complessiva del bacino del forno, sicché una quota parte del vetro contenutavi non prende parte che in minima misura al processo termofluidodinamico nel quale sono distinguibili tre fasi: la fusione della mescolanza di silicati (di sodio, di calcio, di magnesio e altri) e di borati, formanti la composizione vetraria, l'affinaggio del vetro fuso e il raffreddamento del vetro affinato sino alla temperatura più adatta per una determinata lavorazione tecnologica. Nella fase dell'affinaggio, emergono i vantaggi di fine regolabilità, peculiare del g. naturale rispetto a tutti gli altri combustibili e che assicura la produzione di vetri molto omogenei e di qualità pregiate. Mentre nei forni a crogiuolo le tre fasi della fusione, dell'affinaggio e del raffreddamento avvengono nel tempo, in quelli a bacino esse avvengono nello spazio. Occorre assicurare la costanza di regime termico per le varie porzioni dei forni a bacino e questo requisito può essere bene assolto dal g. naturale soltanto se il forno è ideato e progettato specificamente per l'impiego di questo combustibile e non nei casi di adattamento (più o meno empirico) di forni originariamente progettati per altro combustibile; il corpo di fiamma nella combustione di g. naturale ha forma e sviluppo differenti da quelli della combustione di olio combustibile, come raffigurato nelle figg. 6 A e 6 B. È indispensabile assicurare un efficace coordinamento fra i bruciatori del g. e il laboratorio del forno e con riferimento alle apparecchiature di adduzione; gli accorgimenti tecnici debbono variare da categoria a categoria di forno e a seconda delle modalità tecnologiche di produzione e lavorazione dei diversi manufatti vetrari (lavorazioni a soffio, vetri tirati con macchine semiatomatiche o automatiche). I bruciatori debbono assicurare l'intima miscelazione fra il g. e l'aria, una velocità di accensione sufficientemente elevata, temperature superiori a quella di accensione nella zona del forno nella quale si svolge il processo di combustione e una fine regolazione pel dosaggio aria/g., in guisa da mantenere una buona stabilità della fiamma a tutti i regimi del forno. I bruciatori affermatisi sono della categoria ad aria soffiata. Per la fabbricazione di lastre di vetro piane non si lasciano le fiamme investire direttamente il bagno di vetro fuso, mentre lo si lascia investire nella produzione di vetri cavi. L'iniezione di piccoli quantitativi di propano nel g. naturale ha dato buoni risultati pratici contro eventuali distacchi di fiamma; quest'iniezione stabilizza le singole, piccole fiammelle di gas dei bruciatori multipli, impiegati nei forni di ricottura del vetro, per conseguirvi radiazioni di calore più efficaci.
Nei forni d'ideazione odierna il dosaggio aria/g. viene automatizzato come ha luogo per tutte le altre regolazioni (pressione, atmosfera, e altre) rendendolo dipendente dalla misurazione della portata di g. addotta al forno.
L'impiego del g. naturale nella fabbricazione dei cementi e delle calci ha consentito di ottenere cospicui vantaggi rispetto ai combustibili precedentemente adoperati: carboni e oli combustibili. I forni da cemento, in special modo quelli rotativi, sono dei grandi consumatori di combustibile e richiedono l'uso di bruciatori di tipo speciale, montati all'estremità d'un lungo tubo a doppia parete, per consentirne un'energica refrigerazione, su un carrello mobile per gli spostamenti in direzione longitudinale, richiesti per poter distruggere, nell'esercizio del forno, gli anelli di clinker che tendono a formarvisi nella zona di cottura, ingrossandosi progressivamente sino a minacciare l'ostruzione della sezione di flusso.
I forni rotativi metanizzati in Italia raggiungono potenzialità sino e oltre le 800 t/giorno di clinker e consumano mediamente 10 Nm3 di g. naturale per quintale di clinker; la temperatura dei fumi viene abbassata sin verso gli 80 °C alla base del camino; la temperatura del clinker è dell'ordine dei 50 °C; i consumi specifici di calore dell'ordine dei 4000 kJ per kg di clinker prodotto.
Per quanto attiene all'utilizzazione del g. naturale nelle fornaci di produzione della calce bianca, che sono, in generale, forni verticali a tino, è risultato vantaggioso ridurre il valore del potere calorifico, miscelando il g. naturale con g. inerti oppure con aria, o anche coi fumi prodotti nella stessa fornace, che sono formati in prevalenza da azoto e da anidride carbonica; per es., miscelando il 25% di g. naturale con il 75% di fumi si abbassa il potere calorifico a circa 1900 kcal/Nm3 (7940 kJ/Nm3) e la temperatura media di combustione a valori dell'ordine dei 1200 °C. Vi s'impiega un bruciatore centrale a candela, rivolto verso l'alto alla base del forno, dal quale si eroga non meno del 30% della miscela predetta e numerosi bruciatori periferici disposti su file sfalsate ad altezze dai 6,5 ai 7,5 m rispetto alla base, che erogano la rimanente porzione di miscela g. naturale/fumi. Si tratta, in generale, di forni aventi un'altezza dell'ordine dei 20 e più m e una potenzialità di 60 o più t/giorno di calce viva.
Il g. naturale è stato ed è impiegato anche nell'industria dei laterizi, in fornaci Hoffmann a pianta anulare-ovale, costruite in muratura di mattoni e aventi da 20 a 24 camere operative di cottura, ciascuna delle quali può contenere 14.000 mattoni pieni del peso medio di 3 kg; tenuto conto dei forati ogni camera può contenere sino a 33 t di laterizio. Vi sono state, inizialmente, alcune difficoltà per la trasformazione dalla combustione a carbone a quella con g. naturale, superate in progresso di tempo con l'ideazione di speciali tipi di bruciatori pendenti del tipo a candela; il consumo unitario di g. è dell'ordine dei 4,8 Nm3 e quello di calore di 1740 kJ per kg di cotto. Inoltre, nelle fornaci per la cottura di laterizi speciali, di argille soffiate, di pomici e di svariati prodotti sintetici, quali la vermiculite ed altri prodotti similari.
Una categoria particolare di forni è quella che brucia il g. naturale entro pareti refrattarie microporose; il processo di combustione viene localizzato in prossimità della parete dei pannelli di refrattario microporoso rivolta verso l'interno del forno. Viene prevalentemente utilizzato il calore radiante della combustione del g. naturale per compiere operazioni di riscaldamento o di trattamento termico su materiali metallici, su prodotti vetrari o ceramici e altri.
In molti stabilimenti industriali il g. naturale, in alternativa all'olio combustibile o al carbone polverizzato, viene adoperato in generatori di vapore alimentanti turbomotori a vapore a recupero termico parziale o totale per generarvi sia energia elettrica e sia energia termica in forma di vapor d'acqua, richiesta per le lavorazioni e i diversi processi tecnologici di stabilimento. I generatori di vapore dimensionati per la combustione di idrocarburi (g. naturale/olio combustibile) richiedono un minor volume di camera di combustione rispetto all'impiego di carboni, minori sezioni pei condotti del fumo e consentono più basse temperature dei fumi alla base del camino, quindi, minori costi d'installazione, migliori rendimenti termici e minori spese d'esercizio e di manutenzione. Questi vantaggi sono ottenibili anche nel settore degl'impianti centralizzati pel riscaldamento e pel condizionamento degli ambienti, sia quelli industriali, sia quelli urbani.
Utilizzazione nel riscaldamento degli ambienti e usi domestici. - Nell'anno 1974 si è avuto, in Italia, un consumo di g. naturale di 5,8 miliardi di Nm3 (il 30,4% del totale distribuito) e di essi circa il 63% per riscaldamenti urbani e il 37% circa per cucina, lavanderia e usi domestici vari. L'incremento di consumo per utente pel riscaldamento di ambienti è stato dell'ordine del 10% rispetto all'anno precedente, di fronte a una riduzione del 7% nel consumo di prodotti petroliferi per uso riscaldamento.
Nella situazione congiunturale odierna s'impone una più attenta e razionale utilizzazione del g. naturale in questo settore, evitando inutili sprechi di combustibile e di calore, ai quali non corrisponde migliore qualità del servizio. Valgono all'uopo alcune indicazioni per il risparmio di g.: una messa punto annuale dell'impianto di combustione (caldaia, condotti del fumo, tiraggio); l'installazione e il controllo periodico del regolare funzionamento dei termostati negli ambienti da riscaldare (da fissare sui 20 °C, ogni grado di temperatura in più costando un maggiore, superfluo consumo di g. dell'ordine del 7%); l'isolamento termico efficace dei sottotetti e delle altre superfici disperdenti calore degli edifici, non strettamente necessarie; evitare di mettere a ridosso dei corpi scaldanti divani, poltrone, mobiletti e tendaggi; interrompere o ridurre al minimo il riscaldamento nei periodi di assenze dai locali riscaldati e aprire le finestre soltanto per il tempo necessario al ricambio giornaliero d'aria negli ambienti. Negl'impianti di riscaldamento spesso si constatano situazioni causanti sprechi di combustibile e di calore, dipendenti da molteplici circostanze, quali l'imperfetta combustione, un eccessivo eccesso d'aria comburente, una temperatura troppo alta dei fumi al camino, un surdimensionamento delle caldaie da riscaldamento, un cattivo stato di manutenzione e di pulizia dell'impianto, la mancanza dei controlli termostatici e le eccessive dispersioni di calore.
Per rimanere nei limiti di stabilità delle fiamme, i bruciatori domestici trasformati all'uso del g. naturale debbono venire modificati nell'aereazione primaria, tenendo presente che il g. naturale ha, fra i vari g., il più basso flusso termico unitario (0,2 kJ/(sec•cm2) rispetto a 0,56 kJ/(sec•cm2) pel g. di città) e una bassa velocità di accensione e di propagazione della fiamma (circa 60 cm/sec).
Il g. naturale distribuito per usi domestici viene odorizzato per motivi di sicurezza; gli odorizzanti debbono avere una buona stabilità chimica e un odore caratteristico, non essere tossici né irritanti. I più adoperati sono i mercaptani.
Utilizzazione nelle tecnologie chimiche. - Gl'impieghi per tecnologie chimiche sono svariati e i prodotti petrolchimici che possono ottenersi dal g. naturale sono numerosissimi; il metano e gli oli greggi sono odiernamente per circa l'80% la fonte produttiva dei prodotti chimici organici. Il g. naturale viene, inoltre, adoperato in operazioni di combustione sommersa per il riscaldamento di soluzioni chimiche acquose, di lavaggio e decapaggio di componenti metallici prima di avviarli a trattamenti tecnologici con riscaldamento dei bagni e in varie altre tecnologie chimiche speciali.
Utilizzazione nella produzione di energia termoelettrica. - L'impiego del g. naturale nella generazione di elettricità è alquanto aumentato nel corso degli ultimi anni; nell'anno 1975 il consumo di g. naturale nelle centrali termoelettriche dell'ENEL è stato di 1,33 miliardi di m3, nell'anno 1976 di 2,80 miliardi di m3. Il g. naturale si presta molto bene a una fine regolazione del processo di combustione e alla completa automazione dei generatori di vapore ed è caratterizzato da estrema pulizia di esercizio, dovuta all'assenza di residui nei prodotti della combustione (ceneri, fuliggini, scorie). Assicura migliori rendimenti termici e riduce considerevolmente le spese di manutenzione degl'impianti; inoltre consente di scendere con la temperatura dei fumi alla base del camino sin verso i 100 °C e persino, in alcuni impianti, sotto il punto di rugiada dei fumi ricuperando il calore di condensazione del vapor d'acqua, che nella combustione del g. naturale può raggiungere i 2,2 kg per kg di g. naturale bruciato (circa 2 m3 per Nm3 di gas).
Per la copertura di carichi di punta e per servizi d'integrazione o di emergenza gl'impianti di generazione di elettricità più adatti e di più pronto intervento sono quelli con turbomotori a g. e il g. naturale è il combustibile migliore per il loro più efficiente funzionamento, in quanto consente le temperature più elevate per il g. all'ingresso del turbomotore e, dipendentemente, rendimenti termici più elevati, rispetto all'uso di combustibili liquidi. Nelle regioni insulari gl'impianti turbogas assolvono anche a servizi elettrici di maggiore durata. I più impiegati in Italia sono impianti della categoria monoalbero, funzionanti secondo un ciclo aperto, a singola fase di compressione e di espansione e vengono corredati di un riduttore di velocità interposto fra il turbomotore e l'alternatore. Si tratta, prevalentemente, di sezioni da 90 MW di concezione modulare, atte a entrare in servizio appena ne viene ultimata l'installazione, semplificata al massimo grado. Affiancando più sezioni modulari, in impianti richiedenti maggiori potenzialità, sono raggiungibili potenze elettriche dell'ordine dei 270 ÷ 300 MW.
Per esigenze d'esercizio e pluralità d'impiego, questi impianti vengono, in generale, progettati ed eseguiti per l'impiego alternativo sia del g. naturale e sia di oli combustibili, sicché vengono corredati dei dispositivi di alimentazione e di accensione per entrambe le categorie di combustibili, e degli accorgimenti tecnici per lo spurgo delle tubazioni da liquido nel funzionamento a g. e la preaccensione della candela d'accensione prima del passaggio al funzionamento con olio combustibile; il cambio dall'impiego di g. a quello di olio (cherosene o gasolio oppure oli residuali) può, quindi, avvenire rapidamente nell'esercizio. L'accensione avviene per mezzo di una torcia, che viene accesa mediante una candela elettrica ad alta tensione. L'assenza di ceneri, fuliggine e scorie carboniose nella combustione con g. naturale permette di funzionare con temperature del g. all'ingresso nel turbomotore più elevate di quelle consentibili coi combustibili liquidi delle diverse categorie, coi quali si manifestano anche, in misura più o meno notevole, formazioni di ossidi metallici e di composti erodenti e corrodenti le superfici metalliche della macchina. Per consentire elevati regimi termici di funzionamento, l'aria refrigerante viene estratta in più punti intermedi e allo scarico del turbocompressore dell'aria, refrigerata in uno scambiatore di calore e poscia avviata in cavità radiali ricavate nel palettaggio girante del primo stadio o elemento del turbomotore.
Nel campo dei motori alternativi a combustione interna, il g. naturale ha trovato largo impiego in gruppi motocompressori alternativi a stantuffo per centrali di compressione e ricompressione del g. di piccola e di media potenza e anche in gruppi elettrogeni aventi potenze dell'ordine dei 2÷ 3 MW, che hanno spesso motori dual fuel, capaci di funzionare sia con g. naturale e sia con oli combustibili, secondo un ciclo operativo Diesel e nel funzionamento a g. con una piccola iniezione di olio Diesel (circa il 5%) per ovviare alla bassa velocità d'accensione del g. naturale. I consumi specifici di calore di questi motori sono dell'ordine 2400 ÷ 2700 kJ/(MW sec) (2060 ÷ 2320 kcal/kWh) a seconda dell'entità dei recuperi termici dai g. di scarico e dall'acqua di refrigerazione.
Utilizzazione nella trazione su strada. - Nel campo dei motori automobilistici l'impiego del g. naturale, in dipendenza del forte aumento di prezzo intervenuto per la benzina, è notevolmente aumentato in Italia nel corso del biennio 1973-75, passando da 129 milioni di Nm3 nell'anno 1973 a un consumo di oltre il doppio nell'anno 1975.
Bibl.: M. Medici, Les utilisations du gaz naturel, Parigi 1959; J. Cerca-Sté, R. Sennace, Les applications industrielles du gaz naturel, ivi 1960; E.A. Lehman, NG odorization control, in Proceedings AGA-Congress, New York 1962; M. Medici, L'utilisation du gaz naturel dans les fours de l'industrie des silicates, in Verres et réfractaires, n. 7 (1965); id., Le pompe, Milano 1967; C. Bucalo, R. Plant, Jet gas turbines for peaking applications, in Atti del Congresso ATI, Trieste 1970; C. Brett Harrison, Mid-range gas turbine plants, in Combustion (1971), n. 22-27; M. Medici, La combustione del gas naturale nei forni vetrari, in Rivista della Stazione sperimentale del vetro, vol. II (1972), n. 4; Autori vari, Gas injection into the blast-furnace with and without oxygen enrichment of the blast, in Symposium on blast-furnace injection, in Wollongong, febbr. 1972; M. Medici, The natural gas industry. A review of world resources and industrial applications, Butterworths Newness, Londra 1974 e Tokyo 1976; id., Gas naturale - Utilizzazioni, in Enciclopedia del petrolio e del gas naturale, vol. V. Roma 1965, pp. 959-1008; F. Salimbeni, Odorizzazione del gas naturale, in Enciclopedia del petrolio e del gas naturale, vol. VIII, ivi 1971, pp. 477-86. Indicazioni statistiche: ONU, World energy supplies; ONU, Monthly bulletin of statistics; Istituti statistici della Comunità europea; Istituto Centrale di statistica, Roma; (Nazioni Unite)-Gas statistics for Europe; B.P. (British Petroleum), Statistical review of world oil industry.
Risorse, produzione, consumi. - Malgrado l'intenso impiego del g. naturale, le riserve mondiali conosciute sono aumentate tra il 1961 e il 1974 da 20.000 a 70.000 miliardi di m3 (tab. 3). Ma nel paese che aveva le maggiori riserve conosciute alla fine del 1965 e che è il maggiore utilizzatore, gli SUA, vi è stato un calo nelle riserve accertate, da 9750 nel 1970 a 8300 miliardi di m3 nel 1974. Al primo posto si trovano ora (1974) i paesi dell'Europa orientale, URSS, Cina con 23.550 miliardi di m3, al secondo posto il Medio Oriente con 20.300 miliardi di m3. Un balzo è stato fatto dall'Europa occidentale le cui riserve, da 420 miliardi di m3 nel 1961, sono salite a 4620 miliardi di m3 nel 1975 per la scoperta dei giacimenti olandesi (2000 miliardi di m3) e nel Mar del Nord, di cui hanno beneficiato il Regno Unito (1140 miliardi di m3) e la Norvegia (650 miliardi di m3). Alla fine del 1973 le riserve italiane erano di 165 miliardi di m3. Ma nel 1974 è stato scoperto il giacimento di petrolio e g. naturale di Malossa, Casirate d'Adda (Bg) nel quale il contenuto di g. è valutato a 50 miliardi di m3.
La produzione di g. naturale è salita nel mondo da 470 miliardi di m3 nel 1960 a 1439 miliardi di m3 nel 1975. Al primo posto si trovano sempre gli SUA la cui produzione è passata da 377 miliardi di m3 nel 1960 a 638 miliardi di m3 nel 1975; segue a distanza l'URSS, che però ha visto un aumento più rapido della produzione, da 45 miliardi di m3 nel 1960 a oltre 285 miliardi di m3 nel 1975. Il terzo posto è ora occupato dai Paesi Bassi, la cui produzione di appena 346 milioni di m3 nel 1960 è passata a 90 miliardi di m3 nel 1975. In Europa occidentale, il secondo paese produttore, è ora il Regno Unito, la cui produzione, pressoché nulla nel 1960, è stata nel 1975 di 32 miliardi di m3, segue la Rep. Fed. di Germania, da 917 milioni di m3 nel 1960 a 20 miliardi di m3 nel 1975; e l'Italia, da 6 miliardi di m3 nel 1960 a 15 miliardi di m3 nel 1975.
Sia i Paesi Bassi sia l'URSS sono collegate per gasdotto con i principali paesi europei. In Italia si è iniziata nel 1974 l'importazione di g. naturale sia dai Paesi Bassi sia dall'URSS, e ciascuno di questi paesi esporterà in Italia fino a 6 miliardi di m3/anno. È progettato un gasdotto sottomarino tra l'Algeria e l'Italia, che avrà una capacità di trasporto di 11 miliardi di m3/anno.
Con metaniere l'Algeria già esporta ogni anno 1 miliardo di m3 nel Regno Unito, 3,4 miliardi di m3 in Francia e 0,4 miliardi di m3 negli SUA; la Libia invia già ogni anno 3 miliardi di m3 in Italia e 1,1 miliardi di m3 in Spagna. Il Giappone importa ogni anno 1,4 miliardi di m3 dall'Alaska e 5,5 miliardi di m3 da Brunei. In tutto nel 1973 sono stati trasportati con metaniere 16,3 miliardi di m3. Ma sono in corso di realizzazione contratti per 63,2 miliardi di m3/anno e in progetto contratti per 107,4 miliardi di m3/anno per lo più verso gli SUA dall'Alaska, Algeria, Indonesia, Nigeria, Trinidad, URSS e Venezuela. Nella tab. 4 sono riportati i consumi di g. naturale nel mondo e nei principali paesi consumatori.
Gas naturale Sintetico. - Da quando si è constatata una diminuzione delle riserve di g. naturale negli SUA, e una, meno accentuata, di greggio, ci si preoccupa di trovare dei surrogati del g. naturale. La soluzione più promettente è quella di gassificare il carbone con ossigeno e vapor d'acqua, e poi sintetizzare il metano da idrogeno e ossidi di carbonio con catalizzatori a base di nichel. Il processo è a più stadi: gassificazione del carbone, conversione del CO in CO2, lavaggio per togliere H2S, purificazione del gas con ZnO per desolforare completamente, sintesi del metano, eliminazione della CO2.
Un'altra proposta è d'importare, anziché g. naturale liquefatto, metanolo ottenuto da g. naturale in paesi che ne sono ricchi, e invertire la reazione di sintesi del metanolo sui luoghi di utilizzazione, ottenendo g. di sintesi (idrogeno e ossido di carbonio), da trasformare in metano.
Bibl.: ENI, Energia ed idrocarburi. Sommario statistico, 1955-1975; Gas, XXIV, n. 12 (dic. 1974); Hydrocarbon Processing (Gas processing, apr. 1974); Pétrole 1975: Hydrocarbon Processing (marzo 1977), p. 115.