BROGLIO, Gaspare
Figlio di Angelo Broglio (Tartaglia da Lavello), il quale era stato adottato dal condottiero Cecchino da Broglia, nacque probabilmente nella prima metà del 1407 - forse nel maggio - a Siena, ove il padre si trovava al servizio della Repubblica dall'inizio dell'anno. Dopo iniziali studi umanistici il B. ricevette una seria istruzione nel mestiere delle armi, con il favore del cardinale Giovanni Vitelleschi, che era stato allievo del Tartaglia.
Il B. visse a Siena almeno fino al 1432: nella sua cronaca, infatti, ricorderà di avervi visto l'imperatore Sigismondo che appunto in quell'anno soggiornò nella città toscana. Nel 1440 era in Lombardia quando ricevette la notizia della morte improvvisa del Vitelleschi. Poco dopo entrò come capitano al servizio di Troilo da Rosano, un parente di Muzio Attendolo Sforza, la cui sincera pietà celebrerà più tardi nella sua cronaca. Caduto costui in prigionia nel 1443, il B. passò al servizio di Francesco Sforza, al seguito del quale partecipò all'assedio di Fano condotto dalle truppe pontificie. Nel corso dell'assedio si guadagnò le simpatie del signore di Rimini, Sigismondo Pandolfo Malatesta, che nello, stesso 1443 lo assunse al suoi stipendi. Da allora restò sempre a fianco di Sigismondo, servendolo non solo come capitano, ma anche come consigliere politico e ambasciatore: fu dunque vicino a Sigismondo negli anni dell'antagonismo con Roma e della crisi dello Stato malatestiano.
Per incarico di Sigismondo, il B. eseguì varie missioni diplomatiche presso la corte pontificia, le repubbliche di Venezia e di Siena e il Regno di Napoli. Nel 1446, con abile azione diplomatica svolta presso Eugenio IV e i cardinali Trevisan e Barbo, riuscì a impedire che Roma si accordasse con Francesco Sforza contro il Malatesta. Rientrato a Rimini, indusse Sigismondo ad accettare la tregua offerta dallo Sforza e sollecitata dal papa; e poiche l'accettazione della tregua tornò utile al suo signore, questi lo volle ricompensare nominandolo commissario del vicariato e del contado di Fano. Nello stesso anno cadde prigioniero di Astorre Manfredi, signore di Faenza, in guerra contro Sigismondo nel tentativo di espandere il proprio dominio a danno dei possedimenti malatestiani in Romagna. Riottenuta la libertà, fu inviato da Sigismondo alla difesa di Monteluro, assediata da Federico da Montefeltro: ma il suo intervento non poté impedire la caduta del castello in mano ai Feltreschi. Di nuovo alla corte pontificia nel 1450, venne richiamato nello stesso anno in patria da Sigismondo che gli affidò il governo di Pietrarubbia.
Nel 1451 in qualità di connestabile al comando di seicento fanti si recò, insieme con Giuliano da Fano, Giovanni Ongaro, Pietro Grosso da Novillara, Pietro Albanese ed il cancelliere malatestiano Cristofano dall'Isola, in Dalmazia per soccorrere militarmente i cittadini di Ragusa oppressi dal duca Stefano di Bosnia. Dopo lotte sanguinose concluse con un trattato di pace, il B. rientrò in Italia il 13 dic. 1451. Nel 1452 lasciò Rimini per entrare al soldo di Siena, con il proposito di servire così ancora meglio il suo signore. Mentre un tentativo di approccio tra Sigismondo e Alfonso d'Aragona, re di Napoli, intrapreso con la mediazione di Venezia, fallì nonostante un viaggio a Traietto dello stesso B., si riuscì invece a ottenere la nomina del Malatesta a capitano generale della Repubblica di Siena nella guerra contro il conte Aldobrandino Orsini, signore di Pitigliano (17 ott. 1454). Ma dopo il fallimento di questa campagna e la sostituzione di Sigismondo nella carica di capitano generale anche il B. abbandonò il servizio della Repubblica.
In seguito all'improvvisa scomparsa di re Alfonso (27 giugno 1458) e alla conseguente candidatura al trono di Napoli degli Angioini di Francia, il B. compi per incarico del suo signore numerose missioni diplomatiche al fine di indurre Giovanni Antonio del Balzo Orsini, principe di Taranto, cui era legato da vincoli di parentela, a sostenere il partito angioino e a rafforzare quindi l'opposizione interna a Ferrante d'Aragona, figlio naturale di Alfonso. Si trattava anche di impedire una campagna militare contro il Malatesta deposto e scomunicato da Pio II. La cordiale accoglienza tributata al B. e i soccorsi finanziari ricevuti per assoldare truppe non poterono impedire il crollo della potenza di Sigismondo. Quando alla fine del 1463 il principe di Taranto fu assassinato, il Malatesta si dovette arrendere: come capitano generale dei Veneziani si trasferì in Morea per combattere contro i Turchi e ritornò solo il 9 apr. 1466, come il B. raccontò nella sua cronaca. Mentre Sigismondo tentava di ottenere dal papa Paolo II la restituzione dei suoi domini, il B. fu incaricato di trattare insieme con Niccolò de' Benzi un favorevole accordo con Ferrante d'Aragona re di Napoli: ma non conseguì alcun risultato. La morte di Sigismondo sopraggiunta il 9 ott. 1468 (il B. lo pianse come "uno delli più notabili capitani che fusse stato per longo tempo nelle parti d'Italia") lo indusse a ritirarsi dalla vita politica, per dedicare tutto il suo tempo alla prosecuzione della cronaca che aveva cominciato a scrivere probabilmente già prima del 1443.
Dal matrimonio, contratto dopo l'ingresso al servizio del Malatesta, con Agnesina di Nicoluccio Bartoli Galvani da Rimini, nacquero due figlie. Una di esse, chiamata Sigismonda in onore del suo signore, sposò Giacomo Panzuti, cancelliere del figlio naturale di Sigismondo, Roberto de' Malatesta. Dato che il testo della cronaca s'interrompe con l'autunno del 1477, la data della sua morte fu ricondotta a questo torno di tempo, ma è sicuro che egli visse ancora almeno fino al 16 ottobre 1483, data di una sua donazione. Morì sicuramente a Rimini.
Scrisse una Cronaca universale detta anche Cronaca malatestiana, della quale l'autografo si conserva nel codice cartacco di 274 fogli della Biblioteca Civica Gambalunga di Rimini, ms. 77 (69, D III 48). Essa attesta una buona formazione culturale e una notevole capacità di osservatore politico. La narrazione, che non manca di una certa vivacità, interessa soprattutto per la storia di Rimini e della famiglia Malatesta nel XV sec., dato che l'autore aveva partecipato personalmente a molti degli avvenimenti narrati che in ogni caso aveva potuto seguire da vicino. Proprio per questo, però, la versione dei fatti proposta dal B. è da controllare sempre criticamente con le altre fonti coeve: gli interessi personali inducono infatti talvolta l'autore a deformare la realtà. Significativa in questo senso è l'avversione per i Colonna, la famiglia del papa Martino V, responsabile della morte del padre. Il B. si cimentò anche con la poesia volgare, come attestano le poesie inserite nel testo della cronaca, insieme con altre di Feo Belcari, Basinio da Parma e Roberto Orsi. In essa sono incluse anche alcuni estratti del Liber Augustalis di Benvenuto da Imola, oltre a due sonetti del senese Simone Serdini, detto il Saviozzo, che aveva servito il padre del B. come oratore e cancelliere.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Rimini, Atti di Bartolo di Sante (22 ag. 1453); Arch. di Stato di Siena, Fondo Concistoro, lett. ad a.; Arch. Segr. Vat., Diversa Camer., 13, f 87v; Reg. Vat. 354, ff. 131-133; Rimini, Bibl. Civ. Gambalunga: M. Zanotti, Collezione di Atti e documenti per la storia riminese, VI, 2, c. 201; Cronaca di anonimo veronese, a cura di G. Soranzo, in Monum. stor. pubbl. dalla R. Deputaz. di storia patria, s.3, Cronache e Diari, IV, Venezia 1915, pp. 56, 123; Estratti dalla Cronaca univ. di Broglia di Tartaglia da Lavello, in Rerum Ital. Script., 2 ediz., XV, 2, a cura di A. F. Massèra, pp. 183-192; Cronaca senese di T. Fecini, in Cronache senesi,ibid., XV, 6, a cura di A. Lisini e F. Iacometti, p. 866; C.Clementini, Racconto istorico della fondatione di Rimino e dell'origine,e vite de' Malatesti, II, Rimino 1627, passim;G. Garampi, Mem. eccles. appartenenti all'istoria e al culto della b. Chiara di Rimini, Roma 1755, pp. 4, 6, 30, 35, 131, 137, 358, 360; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1-763, pp. 2138 s.; F. G. Battaglini, Mem. stor. di Rimino e de' suoi signori, a cura di G. A. Zanetti, Bologna 1789, pp. 229, 250-252 e passim;A. Battaglini, Della corte letteraria di Sigismondo Pandolfo Malatesta, e F. G. Battaglini, Della vita e de' fatti di Sigismondo Pandolfo Malatesta.... in Basini Parmensis poetae opera praestantiora, II, 1, Arimini 1794, pp. 38, 83, 145-148; II, 2, ibid. 1794, pp. 357, 361, 363, 379, 381, 384, 433, 441, 454, 479; L. Tonini, Del riminese A. Gambalunga..., in Atti e mem. della R. Deputaz. di storia patria per le prov. diRomagna, VIII (1869), p. 17; Id., Storia civile e sacra riminese, IV, Rimini 1880, pp. 160, 209 249, 251, 325; V, ibid. 1882, ad Indicem;C. Yriarte, Un condottiere au XVe siècle..., Paris 1882, pp. 81, 130, 265, 296; C. Tonini, La coltura letteraria e scientifica in Rimini dal sec. XIV ai primordi del XIX, I, Rimini 1884, pp. 94-98, 121, 167 s.; G. Volpi, La vita e le rime di S. Serdini..., in Giorn. stor. della lett. ital., XV (1890), pp. 15-17, 34 s.; E. Nunziante, Iprimi anni di Ferdinando d'Aragona e l'mvasione di Giovanni d'Angiò, in Arch. stor. per le prov. napoletane, XVIII (1893), pp. 449 s.; G. Soranzo, Pio II e la politica italiana nella lotta contro i Malatesti 1457-1463, Padova 1911, passim; G.B. Picotti, La dieta di Mantova e la politica de' Veneziani, in Misc. di storia veneta, III, 4, Venezia 1912, p. 102; A. G. Mompherratos, Sigismoundos Pandolphos Malatestas..., Athenai 1914, pp. 2937, 49 s.; G. Soranzo, Sigismondo Pandolfo Malatesta in Morea, in Atti e mem. della R. Deputaz. di storia patria per le prov. di Romagna, s. 4, VIII (1918), pp. 211-280; B. Croce, Ricerche di antica lett. merid., in Arch. stor. per le prov. napoletane, n.s., XVII (1931), p. 27; G. Solimene, G. B. Tartaglia e l'importanza della sua cronaca inedita manoscritta del sec. XV, Napoli 1953 (vedi G. Isnardi, in Archivio stor. per la Calabria e la Lucania, XXII[1953], pp. 110 s.); L. von Pastor, Storia dei papi, I, Roma 1958, p. 134; II, ibid. 1961, pp. 260, 263, 729; Rep. fontium hist. Medii Aevi, II, p.587.