CANETOLI, Gaspare
Figlio di Matteo, cambiatore, e molto probabilmente di Vermiglia Bentivoglio, nacque dopo il1382, anno del matrimonio dei genitori; vari indizi lo fanno ritenere fratello minore di Battista e Baldassarre, e più vicino, per età, a Galeotto.
La prima notizia che lo riguarda risale al 1416: la rivolta del 5 gennaio 1416 vide unite, nel cacciare il governo della Chiesa da Bologna, le principali famiglie, soprattutto i Canetoli e i Bentivoglio, e il padre del C. fu uno dei protagonisti della sommossa e delle successive trattative con Braccio di Montone, condottiero dell'esercito pontificio. Gli accordi conclusi il 12gennaio successivo prevedevano che il giovane C. fosse dato in ostaggio a Braccio, a garanzia dell'esecuzione dei patti. Le fonti non ci dicono se il C. sia ritornato in città dopo i tre mesi stabiliti dall'accordo, né si hanno altre notizie di lui nelle cronache fino al 1428. Molto probabilmente in questi dodici anni si dedicò, forse fuori dall'ambito cittadino, al mestiere delle armi, dato che più tardi lo troviamo come capitano al soldo dei Veneziani.
La sua prima comparsa in campo politico avvenne nel luglio 1428, quando la sua famiglia era a capo di un'altra rivolta contro la Chiesa. Instauratosi il nuovo regime, il C. ebbe modo di distinguersi nella difesa di Bologna contro le truppe pontificie, rimanendo anche ferito (luglio 1430). In seguito a trattative di pace svoltesi nell'aprile 1431, il papa inviò a Bologna, quale governatore, Giovanni Bosco, assai gradito nella città: al suo solenne ingresso il C. portò il gonfalone della Chiesa. Il mese dopo condusse una brillante operazione militare contro Antonio Bentivoglio, che aveva tentato con altri fuorusciti di occupare il castello di San Giovanni in Persiceto.
Il C. passò al servizio dei Veneziani molto probabilmente quando il nuovo governatore di Bologna, Fantino Dandolo, prese possesso della città e diede inizio a un periodo di contrastata collaborazione col fratello del C., Battista, capoparte dei Caneschi (settembre 1431-gennaio 1433). Si ha notizia infatti di stretti rapporti fra il Dandolo e la Serenissima, e non è da escludere l'ipotesi che Battista abbia convinto il fratello ad arruolarsi nell'esercito veneziano per osservare la situazione nella vicina Repubblica. È certo, comunque sia, che il C. era capitano di un contingente veneziano allorché, nel marzo 1434, venne richiamato dal fratello a Bologna, poco prima cioè del colpo di mano attuato dai Canetoli contro il governatore pontificio nel maggio dello stesso anno.
Il C. rispose all'appello e ingaggiò battaglia attorno a San Giovanni in Persiceto contro il Gattamelata alla testa dell'esercito veneziano. Quest'ultimo ebbe la meglio e il C. fu fatto prigioniero: ma a Bologna i Canetoli arrestarono per ritorsione l'ambasciatore veneziano Paolo Tron. Da questo momento il C. divenne oggetto di scambio nelle trattative che intercorsero tra i Bolognesi, ancora guidati dai Canetoli e spalleggiati dalle truppe viscontee, e il papa, alleato coi Veneziani. Quando il C. fu trasferito prigioniero a Venezia, invece di essere liberato secondo quanto stabilivano i capitoli di pace già concordati, ci fu una ripresa delle ostilità (agosto 1434), ed egli passò dalle carceri veneziane a quelle fiorentine, per ordine del papa (6 apr. 1435). Dalla prigione fu forse liberato quando, nel settembre, fu conclusa la pace fra Bologna e la Chiesa: ma non poté rientrare a Bologna, in quanto i Canetoli abbandonarono la città per timore di rappresaglie da parte del nuovo governatore pontificio, Daniele Scotti, male intenzionato nei confronti di chi aveva così a lungo resistito agli eserciti del papa. Da Firenze forse il C. si rifugiò, come il fratello Galeotto, a Siena, e poi probabilmente a Milano, dove si trovava Battista.
Nulla sappiamo di lui fino agli anni del ritorno di Annibale Bentivoglio a Bologna, il quale diede inizio a una politica di riconciliazione con le famiglie bolognesi più in vista. Rientrarono così da Milano Battista e Galeotto (gennaio 1439); al C. venne addirittura promessa in moglie dal Bentivoglio la sorella Costanza. Ma la collaborazione durò poco e alla fine del 1440 il C. venne di nuovo confinato a Firenze. Un anno dopo i beni della sua famiglia vennero donati dal Piccinino, governatore di Bologna per conto dei Visconti, al Bentivoglio, che con lui divideva il potere nella città; più tardi, il 22 marzo 1442, il C. venne perfino condannato a morte. Quando però nel giugno 1443 il Bentivoglio, dopo essere egli stesso stato in esilio, riprese il controllo su Bologna e impostò, da una posizione di forza, la collaborazione con gli ex avversari, il C. fu il primo della sua famiglia a essere richiamato. Tornò il 22 giugno 1443, e si mise subito al servizio del nuovo regime, presidiando, in luglio, Corticella, minacciata dall'esercito visconteo. Conclusa la pace col Visconti, anche i fratelli furono richiamati in patria ed ebbero cariche di un certo rilievo. Ma l'assassinio del Bentivoglio ad opera del cugino del C., Baldassarre, provocò una durissima reazione dei Bentivoglieschi contro i Canetoli, che furono confinati o uccisi (24 giugno 1445): anche il C. fu colpito dal bando.
Nel luglio del 1447, esiliato, cercò invano di occupare con 60 uomini il castello di Cento, caposaldo bolognese; nel giugno 1451 il C. fu l'animatore, assieme a Galeotto e a Ludovico, pure banditi, di un tentativo, operato con una certa dovizia di mezzi e di uomini (circa 4.000) e con l'aiuto di Alberto Pio, signore di Carpi, di rovesciare il governo bentivogliesco, assalendo la città di Bologna. I Canetoli furono ancora una volta sconfitti e il C. trovò rifugio forse a Firenze, dove, stando al Ghirardacci, morì, non si sa in quale anno.
Fonti e Bibl.: G. Marescotti de' Calvi, Cronica come Anniballe Bentivogli fupreso et menato de pregione et poi morto et vendicato, a cura di F. Zambrini-F. Guidicini, Bologna 1875, p. 31; Corpus chronicorum Bononiensium, III-IV, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XVIII, 1, a cura di A. Sorbelli, ad Indicem;Hyeronimi de Bursellis Cronica gestorum ac factorum memorabilium civitatis Bononie, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXIII, 2, a cura di A. Sorbelli, pp. 80, 86, 88; C. Ghirardacci, Hist. di Bologna, III, ibid., XXXIII, 1, a cura di A. Sorbelli, ad Indicem;C.Albicini, Di Galeazzo Marescotti de' Calvi da Bologna e della sua cronaca, in Arch. stor. ital., s. 3, XV (1872), p. 237; M. Longhi, NiccolòPiccinino a Bologna, in Atti e mem. della R. Dep. di storia patria per le provv. di Romagna, s. 3, XXIV (1906), p. 163; XXV (1907), pp. 121, 137; F. Cognasso, Il ducato visconteo da Gian Galeazzo a Filippo Maria, in Storia di Milano, VI, Milano 1955, pp. 308 s.; F. Bocchi, Ilpatrimonio bentivolesco alla metà del '400, Bologna 1970, pp. 26-29.