COLOSIMO, Gaspare
Nacque a Colosimi (Cosenza) l'8 apr. 1859 da Pietro Paolo e da Artemisia Colosimo, appartenenti, entrambi, ad una cospicua famiglia della borghesia agraria della provincia calabrese. Mortogli il padre quando era ancora in tenera età, si trasferì a Napoli, dove venne educato dallo zio paterno Domenico, allora consigliere della Corte di cassazione. Alla morte dello zio, il giovane entrò nel collegio "Vittorio Emanuele" ed ebbe come maestri P. Turiello, V. Padula e l'abate G. Petroni, insigne latinista e grecista.
Durante gli anni giovanili professò idee repubblicane avanzate, tale da attirare l'attenzione della polizia che lo sottopose a sorveglianza come individuo pericoloso alle istituzioni. Era molto ben visto nell'ambiente della Sinistra napoletana che aveva in G. Bovio il suo principale esponente. Maturato, ben presto, il distacco dal gruppo repubblicano e accettato il famoso principio del Crispi "la Repubblica ci divide, la Monarchia ci unisce", il C. si appoggiò, politicamente, prima al duca di Sandonato, uno dei più potenti uomini politici napoletani, e poi, una volta eletto deputato, al "carro" giolittiano, divenendo, così, un intimo collaboratore dello statista piemontese.
La sua carriera politica fu preceduta da un'intensa attività giornalistica, spiegata attraverso la collaborazione a numerosi periodici, dalla Lombardia di Milano al Fascio della democrazia di Roma, dal Secolo di Milano alla Lanterna di Napoli, un periodico d'ispirazione repubblicana, da lui fondato, nel 1882, a ricordo dell'omonimo giornale del francese H. Rochofort, protagonista della Comune di Parigi e al quale il C., almeno nei primi anni, ispirò tutta la sua azione. Il giornale, tuttavia, non incontrò il favore del pubblico, per cui fu costretto, dopo pochi numeri, a cessare le pubblicazioni.
Accanto al giornalismo, il C. dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza, conscio delle possibilità che gli si potevano offrire per la sua carriera politica, iniziò un lungo tirocinio di avvocato, che lo fece entrare nel mondo forense napoletano e prendere parte a numerosi ed importanti processi del tempo, primo fra tutti quello Summonte-Casale (1900).
Eletto nel 1889 consigliere provinciale nel mandamento di Casoria e nel 1891 al Consiglio, comunale di Napoli, il C. nel 1892 si presentò candidato alla Camera dei deputati nel collegio di Serrastretta in Calabria, dove venne eletto senza competitori.
La sua attività parlamentare, durata ininterrottamente fino al 1924, iniziò nelle file del radicalismo, ma il peso politico sempre crescente che Giolitti incominciava ad esercitare nella vita del paese e la costante trasformistica della classe dirigente meridionale lo convinsero ad inserirsi nel gioco delle maggioranze parlamentari. Non molto intensa ed impegnata fu la sua partecipazione ai lavori della Camera, limitando i suoi interventi alle discussioni sui bilanci dei diversi ministeri o ad iniziative legislative di carattere locale, riguardanti la Calabria e il Napoletano.
Entrato nella cerchia degli amici di Giolitti, per il tramite, certamente, dell'on. P. Rosano, cognato del C., egli ne divenne un valido mediatore presso la classe dirigente calabrese e napoletana. Tuttavia, pur rimanendo fedele, sostanzialmente, alla politica giolittiana, della quale si fece interprete, in modo particolare, per i metodi di pressione, adottati nel suo collegio durante le competizioni elettorali, il C. non disdegnò di entrare in altre formazioni governative e fu proprio con altri uomini politici che occupò cariche importanti. Nel 1916, infatti, dopo brevi incarichi come sottosegretario all'Agricoltura col Pelloux nel 1898, alla Giustizia con Giolitti nel 1906, alle Colonie, sempre con Giolitti, nel 1912, e dopo una fugace comparsa come ministro delle Poste (24 novembre 1913-21 marzo 1914) nello stesso ministero, il C. (il cui neutralismo fu comunque dubbio e apparve esser frutto più della amicizia con il Giolitti che di una vera e propria personale convinzione) accettò, sicuro di non offendere la suscettibilità politica del suo protettore, che ne venne informato a cose avvenute, l'incarico, a titolo personale, di ministro delle Colonie, nel governo di unità nazionale, presieduto dal Boselli.
Allo scoppio della guerra, la situazione ereditata in Africa era molto pesante e andava facendosi, per diversi motivi, sempre più grave. Un rovescio coloniale in Libia, fomentato dalla Porta schierata a fianco degli Imperi centrali, aveva fatto perdere all'Italia, impegnata nella guerra, numerose posizioni riducendo il territorio occupato a poche località per lo più nelle zone costiere.
"Il partito turcofilo nel Misuratino, aiutato materialmente e moralmente dai turco-tedeschi, ha il sopravvento; e gli arabi senussiti nel Gebel hanno battuto il partito berbero con noi simpatizzante. I nostri pochi amici dell'interno sono ormai sgomenti e paralizzati e diventeranno ribelli per forza e noi vediamo intorno a Tripoli, ad Homs, a Zuara sorgere un'organizzazione dei ribelli che ci soffoca, e che con lo sbarco di Soliman El Baruni, antico agitatore del Gebel, riceverà nuovo impulso", scriveva il C. (Roma, Arch. centr. dello Stato, Carte Boselli, b.1, fasc. 13: lettera a Boselli del 31 ott. 1916), che si fece sostenitore di una linea politica espansionistica, mirante a conservare, il territorio occupato e a sfruttare le colonie chiedendo alla madrepatria il meno possibile per darle il più possibile.
Nelle sue Memorie autobiografiche lo stesso C. redigeva questo bilancio dell'attività del suo ministero durante la guerra: "In Tripolitania nel 1916 per non far peggiorare la situazione, si mantennero intatte le forze di occupazione esistenti dando ad esse maggiore efficienza con aumento di strumenti e materiali bellici e opponendosi ad una seconda perentoria azione di Cadorna, che chiedeva l'invio immediato al fronte di battaglioni di Tripolitania, opposizione vinta dopo un consiglio di guerra (1917) al quale presero parte il presidente Boselli, Sonnino, Bissolati, i ministri della Guerra e della Marina, Colosimo e Cadorna, il quale si contentò di una parte dei quadri. In Cirenaica nel giugno 1916 la nostra occupazione di fatto comprendeva una fascia costiera ..., ma in Cirenaica ci troviamo di fronte ad una forte e compatta organizzazione: la Senussia, confraternita musulmana, con veste religiosa e politica ... . Bisognava giovarsi della confraternita come strumento di governo e di penetrazione tenendo presente che la Senussia per le sue tradizioni interessava grandemente anche l'Inghilterra e la Francia. Il C. fissò le basi di una comune azione in rapporto alla Senussia con l'Inghilterra, ed autorizzato dal ministro degli Esteri trattò direttamente con l'ambasciatore inglese col quale addivenne ad un accordo (luglio 1916) cui aderì la Francia (marzo 1917), accordo che lasciò liberi i movimenti politici dell'Italia nel settore cirenaico e gli consentì d'iniziare una politica di buone relazioni con la Senussia che come pegno preliminare ci portò nel marzo 1917 alla liberazione di tutti i nostri prigionieri della Cirenaica. Durante quattro anni di guerra, fino a Vittorio Veneto, mercé il modus vivendi con la Senussia non un colpo di fucile fu sparato in Cirenaica che operò in tranquillità e benessere. In Eritrea e Somalia furono impartite istruzioni ai due governatori di far buona guardia ai confini e non immischiarsi nelle questioni interne dell'Etiopia e mantenersi neutrali nei conflitti interni dell'Abissinia" (Arch. di Stato di Catanzaro, Fondo Colosimo, b. 11, fasc. 14: Memorie autobiografiche manoscritte 1859-1924).
Riconfermato nel ministero Orlando dopo la caduta del governo Boselli, in seguito alla rotta di Caporetto, il C. continuò nella sua politica, dotando le colonie di alcune infrastrutture necessarie ed elargendo, sull'esempio di quelli concessi dalla Francia all'Algeria, gli statuti libici. Il provvedimento, oggetto di molte critiche, con la concessione del Parlamento alla Tripolitania, poi esteso alla Cirenaica, poneva su un nuovo piano i rapporti italo-arabi, che avviavano quelle popolazioni verso la forma del protettorato.
Durante la permanenza di Orlando a Parigi, impegnato nelle trattative di pace, il C., vicepresidente del Consiglio dopo la malattia dell'on. Villa, resse il governo in un momento difficile per la vita del paese, esasperato dall'andamento negativo delle trattative di pace a Parigi, da una crisi economica aggravata dalle difficoltà di riconversione dell'industria bellica in industria di pace, dal nascente movimento fascista: per cui si assisteva, piuttosto, ad una crisi che coinvolgeva l'intero sistema liberale.
L'inattività, peraltro, del governo guidato dal C., il quale dovette fronteggiare un tentativo, appena ventilato, di un colpo di Stato organizzato dal generale Giardino, insieme col fallimento della missione parigina, portò alla caduta del governo Orlando. Il C., che nel periodo della sua vicepresidenza si era fatto, tra l'altro, latore presso il re, d'accordo col presidente Orlando, di una bozza di trattative con la S. Sede per risolvere i rapporti tra Stato e Chiesa, concluse praticamente la sua carriera politica, in quanto non venne inserito in nessun'altra formazione governativa, nemmeno nell'ultimo governo Giolitti; con questo mantenne, però, continui rapporti, nel sollecitarlo ad assumere le redini del governo dopo Facta.
Eletto deputato, per l'ultima volta, nel 1921 nelle file dell'Unione nazionale democratica, nel 1924 non riuscì a farsi inserire nel "listone", per cui decise di ritirarsi a vita privata. Il suo ritiro venne diversamente interpretato, come protesta da parte di alcuni, come prudenza da parte di altri. Certo è che, dopo aver fatto parte della Commissione per la delega dei pieni poteri a Mussolini, il 18 sett. 1924 venne nominato senatore del Regno per la terza categoria. Durante il fascismo il C. si accinse alla stesura delle sue memorie, ma, nonostante l'aiuto "condizionante" del ministero dell'Africa Italiana, non riuscì a realizzare il progetto di pubblicarle.
Il C. morì a Napoli il 7 sett. 1944.
Tra le sue opere si ricordano: In memoria di G. Nicotera. Commemorazione fatta nella sala del Circolo calabrese di Napoli, Napoli 1894; Discorso pronunciato in Torino in nome del governo inaugurando i Congressi degli agricoltori italiani, ibid. 1898; Discorso sull'agricoltura e l'avvenire del Mezzogiorno pronunziato a Catanzaro in nome del governo, ibid. 1899; Inaugurandosi una lapide in memoria di G. Nicotera. Discorso pronunziato nel 9 sett. 1901 in Sambiase, ibid. 1901; Questioni meridionali, Roma 1902; Nel cinquantenario della Rivoluzione calabrese. Commemorazione della giornata del 30 ag. 1860 tenuta in Soveria Mannelli, Napoli 1910; Discorso commemorativo di Gregorio Faraò tenuto a Maida (Catanzaro), ibid. 1912; Relazione sul bilancio di Grazia, Giustizia e Culti per l'anno finanziario 1911-12, Roma 1912; Interessi coloniali, Milano 1918; Le nostre colonie, la guerra e il dopoguerra. Un'intervista della Tribuna con S. E. Colosimo, ministro delle Colonie, Roma 1918; La politica di collaborazione indigena nelle nostre colonie, ibid. 1918; Relazione al Parlamento sulla situazione politica economica ed amministrativa delle Colonie italiane presentata alla Camera dei deputati il 23 febbr. 1915 ed al Senato del Regno il 28 febbr. 1915, ibid. 1918.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Carte Boselli, b. 1, fasc. 13; Carte V. E. Orlando, Corrispondenza, b. 3, fasc. Colosimo; Arch. di Stato di Catanzaro, Fondo Colosimo. Sul Fondo Colosimo, si vedano: C. Gasbarri, La politica africana dell'Italia nelle carte di C., in Africa, XXVIII (1973), 3, pp. 439-60; P. Pastorelli, Le carte C., in Storia e politica, XV (1976), 2, pp. 363-78. Per gli anni giovanili cfr.: M. Colosimo, Art. giov. di G. C. (1877-1909), Napoli, 1960; Cenni sulla vita di G. C., Napoli s.d. (la sola parte delle mem. pubblicata). Per il radicalismo del C.: L. Dalle Nogare-S. Merli, L'Italia radicale. Carteggi di F. Cavallotti: 1867-1898, Milano 1959, p. 219; Istituto G. G. Feltrinelli, Fondo Cavallotti, lettera del C., 4 dic. 1889. Per i rapporti con Giolitti cfr. Dalle carte di G. Giolitti, Quarant'anni di politica ital., I-III, Milano 1962, ad Indices. Per la sua attività governativa cfr.: M. Colosimo, Opera tratta dagli scritti di G. C. (1916-1919), Pompei 1959; R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, Torino 1965, ad Ind.; Id., Mussolini il fascista, I, ibid. 1966, ad Ind.; G. De Rosa, Il partito popol. ital., Bari 1969, ad Indicem; A. Monticone, Nitti e la grande guerra (1914-1918), Milano 1961, ad Indicem; P. Alatri, Nitti D'Annunzio e la questione adriatica (1919-1920), Milano, 1959, ad Indicem; A. Repaci, La Marcia su Roma, I-II, Roma 1963, ad Indices; S. Sonnino, Diario 1916-1922, a cura di P. Pastorelli, Bari 1972, ad Indicem; F. Margiotta Broglio, Italia e S. Sede dalla grande guerra alla Conciliazione, Bari 1966, ad Indicem; M. Fatica, Origini del fascismo e del comunismo a Napoli (1911-1915), Firenze 1911, ad Indicem; R. Colapietra, Leonida Bissolati, Milano 1958, ad Indicem; E. Santarelli, Storia del fascismo, I, Roma 1967, ad Indicem; 1919-1925. Dopoguerra e fascismo. Politica e stampa in Italia, a cura di B. Vigezzi, Bari 1965, ad Indicem. Inoltre si vedano: R. Ciasca, Storia coloniale dell'Italia contemporanea, Milano 1940, ad Indicem; O. Malagodi, Conversazioni della guerra 1914-1919, Milano-Napoli 1960, ad Ind.; V. E. Orlando, Memorie, a cura di R. Mosca, Milano 1960, ad Ind.; F. Martini, Diario 1914-1918, a cura di G. De Rosa, Verona 1966, ad Ind. Per un quadro della sua attività parlamentare cfr.: l'Indice generale degli Atti del Parlamento italiano, Camera dei deputati, Discussioni, legislature XVIII-XXVI, ad Indices; e gli Atti del Senato, legislature XXVII-XXX, ad Indices; altre notizie si trovano in F. Spezzano, La lotta politica in Calabria (1861-1925), Manduria 1968, pp. 68, 78, 88, 115 s., 179; P. Borzomati, Aspetti religiosi e storia del movim. cattolico in Calabria (1860-1919), Roma 1967, ad Indicem; A. Guarasci, Politica e società in Calabria dal Risorgimento alla Repubblica. Il collegio di Rogliano, Chiaravalle Centrale 1974, ad Indicem; J. Lattari Giugni, I parlamentari della Calabria dal 1861 al 1967, Roma 1967, pp. 245 s.; A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1845 al 1922, I, Milano 1940, pp. 274 s. Inoltre cfr. V. Bonfigli-C. Pompei, I 535 di Montecitorio, Roma 1921, p. 89; I 508 deputati al Parlamento per la XXIII legislatura, Milano 1910, p. 435; L. Aliquò Lenzi-F. Aliquò Taverriti, Gli scrittori calabresi, Reggio Calabria 1955, pp. 190 s.; G. Sprovieri, I parlamentari calabresi, in Almanacco calabrese, Roma 1951, pp. 119-25. Per gli incarichi governativi: M. Missori, Governi, alte cariche dello Stato e prefetti del Regno d'Italia, Roma 1197, ad Indicem.