CONTARINI, Gaspare
Cardinale, nato nel 1483 a Venezia, morto il 24 agosto 1542 a Bologna, cominciò col rendere inestimabili servigi alla propria patria sia nelle questioni di carattere interno, quale quella di regolamentazione del debito pubblico (1518), sia nella diplomazia quale ambasciatore presso Carlo V (1521-1528) e presso la Curia romana (1527), coraggiosamente difendendo, anche a prezzo di mortificazioni personali, gl'interessi patrî. La sua elezione a cardinale, voluta da Paolo III, essendo il C. seguace convinto, col Caraffa, col Giberti, col Cortese, di una sana corrente riformatrice, assumeva un particolare significato in un momento estremamente delicato per la chiesa romana. Paolo III era fermamente deciso a dar corso alla riforma interna. Per ispirazione del C. nel 1536 era convocata, sotto la sua presidenza, una commissione preparatoria del concilio, incaricata di studiare le basi della riforma. Il Sadoleto nel memorabile discorso inaugurale ne tracciava il programma e il C., la cui influenza in Curia si faceva già sentire, lo concretava praticamente esponendone i risultati, dopo laboriose discussioni, nel lucido parere, che affrontava coraggiosamente gli abusi della potestà pontificia e sosteneva l'opportunità di frenarli senza menomazione di autorità e dignità; la riforma morale del clero, il regolamento della collazione o della rinunzia dei benefici; la correzione degli ordini monastici; la vigilanza sulle scuole e sui libri; la concessione di dispense e grazie da parte della Curia, ecc. Il parere, presentato nel concistoro del 9 marzo 1537, riscosse plausi, non senza interessate riserve, che occultamente ne paralizzavano l'immediata efficacia, mentre per il rinvio dell'apertura del concilio, che doveva aver luogo in aprile, il partito riformatore orientò il Papa ad una riforma pratica e d'immediata attuazione. Una nuova commissione fu perciò istituita sotto la presidenza del C., per lo studio di una riforma concreta e immediata (Caraffa, Simonetta, Ghinucci, ecc.) degl'istituti ecclesiastici, cominciando dalla Dataria. Ma per una serie di difficoltà, per la resistenza d'interessi personali lesi, per la discordia del C. con altri riformatori, il progetto della riforma della Dataria arenò: quello della Penitenzieria, cui personalmente il C. si restrinse, avanzò con maggiore speditezza, ma non tanto da giungere a una sollecita conclusione. Designato da Paolo III, su consiglio del cardinal Farnese, plenipotenziario pontificio per la Dieta dei principi cattolici, indetta da Carlo V per il 23 maggio 1540 a Spira, con lo scopo di concretare un progetto di accordo coi Luterani, il C. non poté per cause molteplici parteciparvi. La Dieta si tenne invece ad Hagenau, con la partecipazione del nunzio Morone, e rimandò le sue decisioni a una nuova dieta, che si sarebbe dovuta tenere a Worms il 28 ottobre. Allorché i lavori della Dieta di Worms, trasferita a Ratisbona nel gennaio 1541, sembrarono prendere una piega decisiva, la Curia si decise a far partire il C., da tutti ritenuto l'uomo della situazione, capace di affrontare e risolvere i gravi problemi, che erano in discussione. E in verità l'azione del C. a Ratisbona fu improntata ad uno spirito di accomodamento su tutti i punti sui quali la divergenza dottrinale lasciasse adito, con l'adozione di una studiata formula conciliativa, a concessioni che non offendessero la sostanza dei principî cattolici, dagli articoli sullo stato originale dell'uomo, sul libero arbitrio, sulla causa del peccato e sul peccato originale a quello sulla giustificazione. Ma quando venne in discussione la dottrina dei sacramenti nello spirito retto e squisitamente sensibile del C., l'intransigenza morale del teologo prese il sopravvento su qualunque opportunismo politico di conciliazione e tutto fallì. L'imperatore firmò senza preavviso un nuovo recesso. Il C. non raccolse la riconoscenza dei Luterani, non soddisfece lo spirito dei cattolici tedeschi, non quello di Ferdinando e di Carlo, sollevò dubbî e censure nei circoli della Curia romana, soprattutto nei riguardi della dottrina della giustificazione, da lui autorevolmente difesa. Il fallimento della missione germanica aveva indebolito l'autorità del C. in Curia: Paolo III non sconfessò la sua opera: tuttavia l'assegnazione alla legazione di Bologna (gennaio 1542) lo allontanava dagli affari. Pur tra le cure del nuovo ministero, negli ultimi mesi di vita il C. continuò a difendere la teoria sulla giustificazione da lui proposta a Ratisbona.
Bibl.: L. Beccadelli, Monumenti di varia letteratura, Bologna 1797-1804; Dittrich, Regesten und Briefe des Kard. G. Contarini (1483-1542), Braunsberg 1881; id., Kard. Contarini. Eine Monographie, Braunsberg 1885; id., Nuntiaturberichte G. Morones vom deut. Königshof, Paderborn 1892; id., Duo docum. card. Cont. laud. praedicant., Braunsberg 1888; Pellegrini, in Archivio veneto, XXXIII (1887), p. 35 segg.; Friedensburg, in Quellen und Forsch. des preuss. Instit., II, p. 161 seg.; Solmi, in Nuovo arch. veneto, VII (1904); Biadego, Lettere di M. A. Flaminio al card. Contarini, Venezia 1906; Capasso, La politica di Paolo III e l'Italia, I, Camerino 1901; id., Paolo III, Messina 1918; I; Pastor, Storia dei papi, trad. Mercati, Roma 1927, V, p. 97 segg.