FOSSATI, Gaspare
Nacque a Morcote, in Canton Ticino, il 7 ott. 1809 da Ambrogio Marcellino e Virginia Rippa. La sua famiglia contava personalità di rilievo nel campo dell'architettura, della pittura e dell'incisione e aveva addentellati con l'ambiente colto e raffinato di Venezia, dove avevano lavorato il nonno del F., Carlo Giuseppe, il padre e il fratello di questo, Giorgio Domenico e Domenico. Il padre del F., imprenditore edile, avviò il figlio agli studi, portandolo dapprima con sé a Venezia, dove il giovane frequentò le scuole elementari e il ginnasio, per poi iscriverlo, nel 1822, all'Accademia di belle arti di Milano.
Conclusi brillantemente gli studi a Brera (nel 1827 vinse il concorso di prima classe di architettura), il F. completò l'iter formativo con un soggiorno di studio a Roma (1827-1832). Su questo periodo giovanile restano ancora parecchie zone d'ombra. Dai registri parrocchiali risulta che egli si era stabilito in via delle Quattro Fontane, nel rione Trevi, quartiere di artisti e antiquari, con i quali il F. strinse una fitta rete di scambi e di conoscenze. Sfruttando la sua abilità grafica, documentata anche dai numerosi schizzi dei dintorni di Roma e di Napoli, conservati, in parte su fogli sciolti in parte su taccuini di viaggio, all'Archivio cantonale di Bellinzona, si dedicò alla veduta, ritraendo in litografia numerosi monumenti e scorci della Roma imperiale. Di questa produzione vedutistica si conoscono trentanove stampe, pubblicate tra il 1828 e il 1832 dalla famosa litografia romana Dall'Armi.
Durante il soggiorno romano il F. si interessò pure d'archeologia. In questo settore gli fece da maestro l'architetto luganese Pietro Bianchi, direttore degli scavi di Ercolano, Paestum e Pompei. Nel 1830 intraprese un viaggio in Campania con il Bianchi, che gli affidò lo scavo del tempio italico a Paestum, puntualmente annotato nel suo taccuino di viaggio di Bellinzona e su alcuni fogli sparsi conservati, senza numero d'inventario, presso il gabinetto delle stampe dell'Archivio storico del Comune di Lugano.
Dopo un breve rientro a Morcote, all'inizio del 1833 il F. partì alla volta di Pietroburgo. Grazie al consistente bagaglio di esperienze e alla fitta rete di appoggi e di conoscenze, riuscì ben presto a introdursi presso le famiglie della nobiltà russa e della corte imperiale. L'acculturazione nell'accademia milanese e l'esperienza del lungo soggiorno di studio a Roma gli conferirono un notevole grado di autorevolezza, tanto che nel 1836 l'Accademia imperiale di belle arti gli assegnò il titolo di "architetto ufficiale della Corte". Nello stesso anno sposò Giuseppina, figlia dell'architetto luganese Francesco Rusca, che a Pietroburgo godeva già di una discreta fama. Il matrimonio intensificò le collaborazioni con il Rusca e con il figlio di questo Alessandro, compagno di studi del F. a Milano e a Roma.
A Pietroburgo il F. realizzò diversi progetti per edifici pubblici e privati, oltre che per alcune chiese, documentati dai suoi numerosi disegni (Pedrini Stanga, 1992, pp. 86-92, figg. 1-19). Nelle opere di committenza pubblica, tra le quali un catafalco ideato in collaborazione con F. Rusca per le esequie dell'imperatore Francesco I d'Austria (1835), il F. si attenne a quel rigore razionale suggeritogli dagli esempi dell'antichità classica lungamente studiati a Brera, osservati a Roma e filtrati dai trattati cinquecenteschi. Invece nei progetti di edifici privati, in particolar modo case di campagna e padiglioni da giardino, l'architetto si distanziò da questo rigido neoclassicismo accademico per sperimentare nuove forme eclettiche, legate soprattutto al medievalismo di matrice anglosassone.
All'inizio del 1837 si trasferì a Costantinopoli per costruire, su incarico dello zar Nicola I, la nuova sede dell'ambasciata russa che fu edificata tra il 1838 e il 1848. Per questo e per i successivi lavori il F. si valse della collaborazione del fratello minore Giuseppe, chiamato nel 1839, oltre che di A. Rusca. L'opera attirò l'attenzione dell'opinione pubblica e della committenza turca: il F. ricevette ben presto numerosi incarichi e si stabilì perciò a Costantinopoli con la moglie. Per oltre vent'anni la città sul Bosforo divenne il suo campo d'azione privilegiato, caratterizzato dalle imprese più rilevanti, che gli conferirono fama internazionale. Nel decennio in cui fu portato avanti l'importante cantiere per l'ambasciata russa, l'attività del F. a Costantinopoli si fece febbrile. A questo periodo risalgono anche due altri ambiziosi progetti commissionatigli dal governo turco: l'università, edificata intorno al 1845-47 nei pressi di S. Sofia e distrutta da un incendio nel 1933, e la Nuova Scuola imperiale, eretta sulla piazza dell'At-Meidam (il vecchio ippodromo). Accanto alle grandi imprese pubbliche, realizzò numerosi progetti per dignitari turchi e per ambasciatori stranieri (Pedrini Stanga, 1992, pp. 93-102, figg. 20-51).
Anche nelle opere eseguite in terra ottomana, come già avvenuto in Russia, il F. oscillò tra tendenze e stili diversi. Negli edifici privati e nei progetti di modesta entità adottò tradizioni e codici linguistici del territorio che lo ospitava, intrecciando motivi di matrice occidentale e orientale. Nei complessi più rappresentativi, come l'ambasciata russa, l'università, la Nuova Scuola imperiale, oppure nei diversi progetti di teatri da costruirsi a Costantinopoli (Heinrich, 1989), il F. si attenne invece al repertorio classicista, filtrato dall'inoppugnabile insegnamento manierista, rispondendo alle esigenze di simbolismo ideale e di magniloquenza della committenza e, in particolar modo, agli interessi occidentalisti del sultano ‛Abd ul-Megīd.
Benché assorbito da questa frenetica attività architettonica, il F. non smise di disegnare e di dipingere monumenti, paesaggi e persone. Il disegno e lo studio dell'ambiente furono per l'architetto un mezzo importante per captare la realtà e riuscire a calarsi in un mondo tanto diverso dal suo al fine di potervi inserire armonicamente le proprie costruzioni.
Con l'albo pittorico intitolato Ayi Sofia - as recently restored by order of h.m. the sultan Abdul Medjid, edito a Londra nel 1852 e ristampato a cura di U. Peschlow (Die Hagia Sophia: nach dem Tafelwerk von 1852, Dortmund 1980), il F. intendeva illustrare in una grande pubblicazione a diffusione internazionale gli interventi di restauro della basilica intrapresi assieme con il fratello Giuseppe, che, nel maggio del 1847, aveva ricevuto la commissione dal sultano. I lavori furono portati a termine nel giro di soli due anni e inaugurati con una grandiosa cerimonia il 13 luglio 1849. Oltre agli interventi di consolidamento delle strutture murarie, di epurazione dell'edificio dalle costruzioni superflue aggiunte in varie epoche e di pulizia del rivestimento marmoreo, il F. dedicò particolare attenzione al restauro dei mosaici, come è testimoniato anche dai numerosi disegni che ci sono pervenuti.
Dopo un ventennio di intensa attività in Oriente, giunto all'apice della carriera, sommerso da cariche onorifiche e da riconoscimenti internazionali, nel 1858 il F. fece ritorno in patria per trascorrere la sua vita tra Milano e Morcote.
I contatti con l'Oriente non furono però completamente interrotti. In Turchia, come pure in Russia, il F. fece sovente ritorno per amministrare i propri beni o per realizzare ancora qualche progetto. Nella sua terra natale lasciò invece pochissime tracce: la propria dimora (1865) sul lungolago, ora totalmente trasformata e adibita ad albergo; la cappella di famiglia, costruita nel 1869 accanto all'ingresso del cimitero di Morcote, in cotto con paramento a vista, decorata da archi e da capitelli moreschi.
Il F. morì a Morcote il 5 sett. del 1883, senza lasciare discendenza.
Fonti e Bibl.: La maggioranza dei disegni, dei dipinti e delle carte d'archivio del F. si trovano nel Fondo Fossati, presso l'Archivo cantonale di Bellinzona. Si veda inoltre: Rilievi storico artistici sull'architettura bizantina dal IV al XV e fino al XIX secolo ovvero Notizie intorno alle scoperte fatte in S. Sofia a Costantinopoli dagli architetti Giuseppe e Gaspare Fossati, a cura di G. Fossati, Milano 1890; A. Caimi, Delle arti del disegno e degli artisti delle provincie di Lombardia dal 1777 al 1862, Milano 1862, p. 122; M. Lessona, Volere è potere, Firenze 1869, pp. 371-374; L. Malvezzi, Le glorie dell'arte lombarda, Milano 1882, p. 293; G. Mongeri, G. F., in La Perseveranza (Milano), 20 sett. 1883; E. Motta, I Fossati. Una famiglia d'artisti, in Boll. stor. della Svizzera ital., V (1883), pp. 221-225, 248, 283; M. Caffi, Di alcuni architetti e scultori della Svizzera ital., in Arch. stor. lombardo, XII (1885), p. 85; XIII (1886), pp. 889 s.; G. Merzario, I maestri comacini, II, Milano 1893, pp. 585-590; G. Bianchi, Gli artisti ticinesi, Lugano 1900, pp. 77-79; C. Brun, Schweiz. Künstler-Lexikon, Frauenfeld 1905, pp. 475 s.; Dictionn. historique et biograph. de la Suisse, III, Neuchâtel 1926, p. 156; L. Ozzola, La litografia ital.dal 1805 al 1870, Roma 1923, pp. 7, 21; F. Chiesa, L'opera dei nostri artisti fuori dal Ticino, Lugano 1928, p. 37; M. Guidi, Diz. degli artisti ticinesi, Roma 1932, p. 133; I. Cappa, Milano e i fratelli Fossati, in La Sera (Milano), 5 ott. 1934; U. Donati, Breve storia di artisti ticinesi, Bellinzona 1936, p. 146; Id., Vedute di Roma di due artisti ticinesi dell'800, in L'Urbe, IV (1939), p. 40; Id., Artisti nostri a Napoli e Le vedute di Roma di G. F., in Vagabondaggi, Bellinzona 1939, pp. 69-71, 292-295; Id., in Pionieri svizzeri della scienza, Zurigo 1939, pp. 220 s.; T. Lacchia, I mosaici di S. Sofia e l'opera dei fratelli Fossati, in Riv. stor. ticinese, V (1939), pp. 3-7; U. Donati, Il tempio della pace a Paestum nei disegni di G. F., in Arch. stor. per la Calabria e la Lucania, X (1940), 3, pp. 243-249; Id., Artisti ticinesi a Roma, Bellinzona 1942, pp. 642-647; T. Whittemore, The mosaics of Haghia Sophia at Istanbul. The imperial portraits of the South Gallery, Boston 1942; L'opera del genio ital. all'estero, E. Lo Gatto, Gli artisti ital. in Russia, III, Roma 1943, pp. 131, 182 s., 217; T. Lacchia, I Fossati architetti del sultano di Turchia, Roma 1943; W. Emerson - R.L. Van Nice, Hagia Sophia: the collapse of the first dome, in Archaeology, IV (1951), pp. 94-103; Id., Hagia Sophia: construction of the second dome and its later repairs, ibid., pp. 162-171; T. Isella, Arte a Morcote, Bellinzona 1957, pp. 43 s., 62 s.; U. Donati, Vedute di Roma di G. F. 1809-1883, Lugano 1958; U. Vogt-Göknil, G. F. Ein Tessiner als Hofarchitekt des türkischen Sultans, in Du (Zürich), XIX (1959), giugno, pp. 48-55; R.L. Van Nice, The structure of St. Sophia, in The ArchitecturalForum, CXX (1963), pp. 131-139; A. Crivelli, Artisti ticinesi in Russia, Locarno 1966, pp. 30, 65, 80; V. Chiesa, Due lettere degli architetti Fossati, in L'Educatore della Svizzera italiana (Bellinzona), marzo 1968, pp. 8-10; Commendatizia per l'architetto G. F., in Boll. stor. della Svizzera ital., LXXXI (1969), pp. 190 s.; C. Palumbo Fossati, I Fossati di Morcote, Bellinzona 1970, pp. 139-149; Istanbul Ansiklopedisi, XI, 1972, pp. 5818-5823; C. Palumbo-Fossati, Il viaggio in Campania di un architetto svizzero dell'Ottocento, in Capys, VIII (1974), pp. 119-135; A. Soldini, Ticinesi in Levante, in Scuola ticinese, LXXXVI (1980), pp. 84-86; S. Palumbo-Fossati, Notizie su artisti, uomini di cultura ed artigiani di Morcote e di Vico Morcote, Basilea 1984; Paestum. La fortuna di Paestum e la memoria moderna del dorico 1750-1830, Firenze 1986, p. 55; G. Heinrich, Die Fossati-Entwürfe zu Theaterbauten: Materialen zur Architekturgeschichte Istanbuls im 19. Jahrhundert, München 1989; L. Pedrini Stanga, G. F. 1809-1883 (catal., Rancate), Lugano 1992 (con bibl.); Id., Un architetto pittore: G. F. di Morcote, in L'Almanacco 1993, XII, Bellinzona 1993, pp. 105-109; P. Girardelli, Istambul e l'Italia 1837-1908, tesi di dottorato, Università degli studi di Napoli Federico II, triennio 1991-94, pp. 32-46 passim, 55-81; V. Pini, G. F.… collezionista di arte qajar, in Florilegium. Scritti di storia dell'arte in onore di C. Bertelli, Milano 1995, pp. 190-193; L. Pedrini, Il viaggio in Italia dell'architetto G. F., Locarno 1997; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, p. 239.