SPONTINI, Gaspare Luigi Pacifico
SPONTINI, Gaspare Luigi Pacifico. – Nacque il 14 novembre 1774 a Maiolati (oggi Maiolati Spontini), nella vallata dell’Esino, presso Ancona, secondogenito di Giovanni Battista (calzolaio e piccolo proprietario terriero) e di Teresa Guadagnini.
L’educazione di base fu affidata a uno zio paterno, don Giuseppe, nella prospettiva di avviare il fanciullo ai sacri voti come i tre fratelli Antonio (il primogenito), Nicola (in religione Anselmo) e Venanzo, nonché la sorella Clorinda. Le inclinazioni e il carattere inquieto del ragazzo non assecondarono però le aspirazioni paterne. I primi apprendimenti musicali nella vicina Jesi consistettero in una modica pratica organistica (con l’organaro Luigi Crudeli e con Giuseppe Menghini) e nei rudimenti di contrappunto sotto la guida di maestri locali (Vincenzo Ciuffolotti, Nicolò Bonanni); al teatro del Leone il ragazzo poté forse assistere a opere di Domenico Cimarosa, Giovanni Paisiello, Antonio Salieri. Grazie a finanziatori jesini e ai buoni uffici di Ciuffolotti, ‘napoletano’ per formazione, il 1° gennaio 1793 fu ammesso al conservatorio della Pietà dei Turchini, sotto la guida di Nicola Sala e Giacomo Tritto. L’ipotesi di un apprendistato con Cimarosa, richiamata nel frontespizio del libretto dell’esordio parigino (La philosophe par feinte, 1804) e segnalata da dizionari ottocenteschi, resta tale e va intesa più come contrassegno di appartenenza alla tradizione partenopea che come attestazione di un rapporto didattico continuativo.
Senza aver conseguito il titolo di ‘maestrino’, il 28 ottobre 1795 abbandonò la Pietà per motivi disciplinari; prese dimora a Roma, dove esordì con la farsetta Li puntigli delle donne (teatro della Pallacorda, Carnevale 1796). Nel quinquennio a seguire la sua fama si andò estendendo, sia nel genere buffo (Venezia, Roma, Napoli, Palermo), sia occasionalmente nel serio (Teseo riconosciuto, dramma di Cosimo Giotti da Plutarco, Firenze, teatro della Palla a corda, 1798). Alcune arie staccate sopravvissute furono destinate a opere altrui, ma di recente sono state ritrovate in Belgio le partiture di tre opere comiche di quegli anni già date per perse. Si segnala anche la festa teatrale Gli Elisi delusi (libretto di Michelangelo Monti), per la nascita del figlio del principe ereditario Francesco di Borbone e di Maria Clementina d’Asburgo-Lorena (Palermo, teatro di S. Cecilia, 28 agosto 1800), frutto di un soggiorno siciliano dai contorni incerti (è ben difficile che il compositore sia stato al seguito del fuggiasco Ferdinando IV, come vorrebbero antiche biografie).
Nel tardo 1803, via Marsiglia, raggiunse Parigi, non senza una scorta di commendatizie acquisite da esponenti del mondo finanziario quali i banchieri Jacques-Rose de Récamier e Jean-Joseph-Alexandre Barillon, reggente della Banca di Francia. A Parigi i contatti mondani si intensificarono; Spontini frequentò gli Érard, costruttori di strumenti musicali, il musicografo François-Joseph Fétis, il ciambellano di Napoleone Bonaparte, conte Auguste-Laurent de Rémusat, la cui consorte Élisabeth Gravier de Vergennes, musicista dilettante, era dama di palazzo di Joséphine de Beauharnais. Quest’ultima, che forse lo aveva già conosciuto a Venezia nei giorni di Campoformio (1797), favorì l’ingresso di Spontini nell’ambiente teatrale e forse nella massonica Loge de l’Âge d’or. Il rimaneggiamento di una sua commedia per musica napoletana del 1799, La finta filosofa, fu accolto nel febbraio del 1804 dal théâtre-Italien; nel maggio seguì all’Opéra-Comique il primo titolo francese, La Petite maison (libretto di Michel Dieulafoy e Nicolas Gersin), dall’esito sfortunato, e il 27 novembre nella stessa sede Milton (testo di Étienne de Jouy, su un fait historique ispirato alla vita dell’eponimo poeta inglese): fu la consacrazione parigina di Spontini e la prima sua opera di rilievo internazionale; giunse a Vienna nel 1805 e a Berlino nel 1806 nella traduzione di Georg Friedrich Treitschke.
Il rapporto con Joséphine venne rafforzato dalla nomina a «compositeur particulier de la chambre de S.M. l’Impératrice», che fruttò lavori di circostanza. Nel luglio del 1805 l’augusto appoggio valse la sollecitazione all’Académie impériale de musique (alias l’Opéra) affinché allestisse un’opera nuova di Spontini; fu La Vestale, tragédie lyrique su testo di Jouy, che per via di ripetuti rinvii dovette attendere la ‘prima’ fino il 15 dicembre 1807, scavalcata in extremis dal napoleonico e celebrativo Triomphe de Trajan di Joseph-Alphonse Esménard, musica di Jean-François Le Sueur e Louis-Luc Loiseau de Persuis (23 ottobre 1807): la ragion di Stato sopravanzò dunque i favori dell’imperatrice; si hanno tuttavia notizie incerte di un’esecuzione di brani della Vestale al cospetto di Napoleone (Tuileries, febbraio del 1807?) e dell’approvazione espressa dal sovrano. Il soggetto della Vestale congiunge spunti classici desunti da Johann Joachim Winckelmann a temi illuministici già sfruttati dal teatro rivoluzionario, quali la costrizione ai voti e il conflitto fra diritto naturale e vincoli sacerdotali. Smarcato dall’autorità imperiale, il capolavoro spontiniano entrò in pianta stabile nel repertorio dell’Opéra a onta dei mutamenti di scenario politico, raggiungendo il 4 gennaio 1830 la duecentesima recita. Oltre la rilevante circolazione nordeuropea (a partire da Vienna nel 1810, Berlino e Praga nel 1811, Pietroburgo nel 1812), cospicua fu la fortuna italiana dell’opera, inaugurata a Napoli (teatro di S. Carlo, 8 settembre 1811) con Isabel Colbran nel ruolo eponimo: la traccia lasciata dall’opera spontiniana nella memoria degli spettatori fu tale che nel 1840 Salvadore Cammarano e Saverio Mercadante ne ricalcarono il soggetto in una nuova e non meno fortunata Vestale.
La Vestale inaugurò anche la proficua cooperazione con Caroline Branchu, cantante creola di origini haitiane, favorita di Napoleone, formatasi nel repertorio della tragédie lyrique e dal 1801 membro dell’Opéra. A lei Spontini affidò subito la parte di Amazily nel Fernand Cortez ou La conquête du Mexique (Opéra, 28 novembre 1809, libretto di Jouy ed Esménard), tragédie lyrique che più direttamente manifesta il programma politico napoleonico, e che l’imperatore s’impegnò a sostenere. L’allestimento si contraddistinse per la ricostruzione di monumenti, vascelli, armi dell’epoca della conquista spagnola. Con ingenti cambiamenti, l’opera fu ripresa il 28 maggio 1817, dunque a Restaurazione avvenuta, in una seconda, duratura versione. L’opera ebbe grande fortuna nei Paesi tedeschi (a Dresda e Vienna nel 1812, a Praga nel 1813 con la direzione di Carl Maria von Weber, a Berlino nel 1814, e nel 1818 la seconda versione); nel 1820 fu data a Pietroburgo, e nello stesso anno a Napoli la diresse Gioachino Rossini.
Nel 1810 Spontini consolidò la propria posizione nel ruolo di direttore del teatro dedicato all’opera italiana, denominato in questi anni théâtre de l’impératrice. Un tentativo di reclutamento per conto di Carolina Bonaparte, regina consorte di Napoli, non ebbe seguito (da una lettera di Charles de Longchamps, sovrintendente dei teatri sotto Gioacchino Murat, datata 7 giugno 1810). Il 3 agosto 1811 Spontini sposò la ventunenne Marie-Catherine-Céleste Érard, figlia di Jean-Baptiste e nipote di Sébastien, il fondatore della manifattura di pianoforti; l’evento fu festeggiato anche a Maiolati con regalie a poveri e zitelle. In quel periodo poté conoscere l’Eroica di Ludwig van Beethoven, diretta da François Habeneck, e cimentarsi nell’allestimento del Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart (12 ottobre 1811, con il tenore Nicola Tacchinardi nel ruolo eponimo).
Seguì un rovescio di fortuna: nel 1812 fu rimosso dalle sue funzioni per intervento di Rémusat forse a causa di un dissidio sorto con Duval (Alexandre-Vincent Pineux), drammaturgo e librettista, direttore del teatro Louvois. Il théâtre de l’impératrice fu affidato a Ferdinando Paer, i cui già difficili rapporti con Spontini si inasprirono. Le susseguenti difficoltà economiche indussero la separazione patrimoniale dei due coniugi (6 luglio 1813). Il 16 aprile 1814, dieci giorni dopo la prima, effimera ascesa al trono di Luigi XVIII, Spontini rivolse al sovrano una supplica per un nuovo incarico; gli venne accordato uno stipendio annuo, ma poche furono nel quinquennio seguente le composizioni di rilievo (il 23 agosto 1814 andò in scena all’Opéra Pélage ou Le roi de la paix, testo di Jouy). Al 22 ottobre 1817 risale la ripresa delle Danaïdes di Antonio Salieri (1784), su incarico di Persuis, direttore dell’Académie, e per iniziativa di Spontini, che volle anche darne notizia all’autore. All’opera aggiunse un baccanale dedicato a Federico Guglielmo III di Prussia, suo zelante ammiratore e sostenitore, che lo insignì del titolo di maestro di cappella onorario e gli commissionò un adattamento del brano per banda militare. Il 29 novembre 1817, mentre andava maturando il trasferimento a Berlino, dove fu poi assunto come successore di Vincenzo Righini (deceduto cinque anni prima), Spontini fu naturalizzato francese; seguì il 29 maggio 1818 la nomina a cavaliere della Legion d’onore. Il contratto con la corte prussiana fu stilato nell’agosto del 1819, durante la composizione di Olimpie, ultima fatica parigina, varata il 22 dicembre all’Opéra (libretto di Dieulafoy e Charles Brifaut, da Voltaire), direttore Rodolphe Kreutzer. Il successo dell’opera fu turbato dall’assassinio dell’erede al trono, Carlo Ferdinando di Borbone-Francia duca di Berry, il 14 febbraio 1820 all’uscita dal teatro, che comportò la sospensione delle recite; fu poi più apprezzata a Berlino, tradotta e ritoccata da Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (1821).
Sin dall’arrivo nella capitale prussiana in qualità di Generalmusikdirektor e Generalintendant der Kapelle (28 maggio 1820) Spontini dovette fronteggiare gli intrighi di corte e l’ostilità del conte Carl von Brühl. Allievo di Johann Wolfgang von Goethe, Johann Gottfried Herder e Christoph Martin Wieland, naturalista, militare, attore e poi Generalintendant der Schauspiele, strenuo sostenitore della musica tedesca, costui si era dichiarato a sfavore dell’assunzione di Spontini fin dal 1815, quando essa iniziò a profilarsi: eccepiva sul soverchio costo delle opere, l’ignoranza della lingua tedesca, le scarse capacità in materia di direzione di orchestra, di cui aveva notizie ricavate a suo dire da ambienti vicini all’Opéra. Il conte si scontrò però con l’indifferenza del sovrano, ricavandone più di un’umiliazione e la limitazione dei poteri. All’avversione di Brühl si aggiunse quella del giovane critico Ludwig Rellstab sulla Vossische Zeitung, espressione della classe liberale esterofoba. Il compositore seppe tuttavia posizionarsi nel nuovo scenario, dapprima con una ripresa del Cortez (Teatro Reale, 28 giugno 1820; altre versioni, variamente ritoccate, seguirono nel 1824 e nel 1832), poi, il 3 agosto, con i festeggiamenti per il genetliaco del sovrano, in cui impiegò banda militare, orchestra d’archi e coro. La ripresa di Olimpie (14 maggio 1821) fu acclamata in modo unanime; la apprezzò anche Weber, del quale di lì a poco andò in scena la ‘prima’ del Freischütz (18 giugno), propiziata dal conte Brühl in chiave antispontiniana e recepita da parte del mondo musicale come una controffensiva alla musica ‘napoleonica’ di cui Spontini era ritenuto l’esponente supremo tanto dai fautori quanto dai detrattori. Nel 1824 si giunse a un contenzioso a mezzo stampa, con strascichi legali, fra Spontini e Brühl anche riguardo alla Euryanthe di Weber (Vienna, 1823), che il conte volle imporre a ogni costo.
Spontini aveva peraltro incontrato Weber a Dresda durante il primo dei congedi previsti dal contratto, nel 1821. Risale allo stesso anno l’aggregazione al patriziato jesino (22 luglio 1821); successivi congedi lo condussero di nuovo in Italia, a Parigi, in Inghilterra, e la produzione di opere d’ampio respiro si diradò viepiù. Spontini, che pure non s’impadronì mai del tedesco parlato e scritto, nei primi anni berlinesi produsse due opere tedesche su testo di Karl Alexander Herklots: Nurmahal oder Das Rosenfest von Kaschmir, dramma lirico con balletto, tratto dal Lalla-Rookh di Thomas Moore, 27 maggio 1822 (era stato anticipato come Lalla Rûkh, «ein Festspiel mit Gesang und Tanz», il 27 gennaio 1821 per la visita del granduca di Russia, Nicola); e Alcidor, opera fiabesca con balletto su un soggetto di Emmanuel Théaulon dalle Mille e una notte, 23 maggio 1825. Quanto ad Agnes von Hohenstaufen, una große historisch-romantische Oper (libretto di Ernst Raupach) incentrata sull’imperatore Enrico VI di Svevia in lotta contro i guelfi di Enrico Leone, fu approntata sull’arco di un decennio, dall’esecuzione del solo primo atto (28 maggio 1827) alla ‘prima’ ufficiale (12 giugno 1829) alla rielaborazione finale (6 dicembre 1837, sempre al Teatro Reale): dispiega ben sei parti principali e un’orchestrazione grandiosa, con 26 strumenti a fiato, copiose percussioni, arpa, e una banda in scena di più di 30 elementi. Altre opere restarono allo stadio di progetto: tra di esse, Les Athéniennes, destinata ad essere tradotta in tedesco e annunciata nelle gazzette, pare non essersi avvicinata al compimento. Se ne conserva il libretto manoscritto di Jouy con annotazioni del compositore (Jesi, Biblioteca Planettiana, Mus. mss. 17 e 18); a riprova della serietà dell’intento, il compositore ne aveva recapitato il libretto a Goethe, che il 14 gennaio 1832 ne parlò in termini lusinghieri a Carl Friedrich Zelter e il 20 febbraio inviò al musicista il proprio giudizio (in Goethes Werke, XLII, 2, Weimar 1907, pp. 95-105). Il progetto dell’opera era in cantiere da anni: basti dire che il libretto compare sul leggio del pianoforte nel fastoso ritratto a figura intera dipinto da Louis Hersent nel 1826 (una copia, donata dal compositore, è nella Pinacoteca civica di Jesi; l’originale è stato segnalato nel castello di Bourbilly, nella Côte-d’Or). Crebbe invece l’attività gestionale, espressa nell’istituzione di scuole musicali, e quella direttoriale. Spontini si cimentò nella concertazione di brani di Georg Friedrich Händel, Franz Joseph Haydn, Ludwig van Beethoven, ancora del Don Giovanni e persino del Freischütz, in memoria dell’autore defunto e a beneficio della famiglia (6 novembre 1826); numerose furono le iniziative umanitarie a sostegno di popolazioni colpite da epidemie o calamità naturali, o per i membri bisognosi del coro e dell’orchestra reale, in collaborazione con astri del momento quali Angelica Catalani e Niccolò Paganini.
In quegli anni perdurarono i contenziosi con il mondo musicale berlinese, e ne sorsero di nuovi. Rellstab fu processato per diffamazione ma persistette nella campagna denigratoria. Brühl abbandonò l’incarico nell’autunno del 1828; il successore conte Friedrich Wilhelm von Redern, nel proposito di regolamentare l’assetto del Teatro Reale, non fu più tenero nei confronti di Spontini. In altri contesti le sue attività presero orientamenti fino ad allora imprevedibili. Contribuì a un editto emanato il 27 novembre 1838 dal vescovo di Jesi, il cardinale Pietro Ostini, contro gli abusi della musica teatrale in chiesa, che il compositore alacremente divulgò; in una lettera del 17 aprile 1839 (Paris, Bibliothèque nationale de France, Département de la Musique, NLA-281) ne pattuì con Berlioz la traduzione in francese per il Journal des débats. Approntò poi un proprio Rapporto intorno alla Riforma della musica sacra, presentato alla Pontificia Congregazione e all’Accademia di Santa Cecilia (1839; Roma, Accademia nazionale di Santa Cecilia, Archivio storico preunitario, Appendice, A-Ms-730), ch’egli ebbe cura di riproporre per molti anni ancora ma che Giuseppe Baini, direttore della Sistina, ritenne sconveniente, determinandone l’affossamento. Nel 1839 si candidò alla Académie des Beaux-Arts di Parigi, lasciando profilare un clamoroso ritorno; l’anno successivo si oppose alla ripresa di propri lavori all’Opéra se non a patto d’esservi direttamente coinvolto.
La morte di Federico Guglielmo III (7 giugno 1840) compromise la sua posizione. Il 26 novembre il conte Redern siglò una severa relazione per il nuovo sovrano, Federico Guglielmo IV, sull’operato di Spontini e prospettò per la successione un ventaglio di nomi di musicisti prussiani. Nella replica di Spontini al re (20 gennaio 1841) si colsero gli estremi di lesa maestà, il che gli valse un ammonimento; la conseguente denuncia da parte di Redern comportò una condanna a nove mesi di prigione con sospensione della pena. Le intemperanze del pubblico contro Spontini quando ricomparve in teatro indussero il re a concedergli un ultimo congedo, cui seguirono le dimissioni, accolte il 25 agosto 1841. La carica vacante venne assegnata a Jakob Meyerbeer.
Dopo un breve soggiorno a Parigi per impegni accademici, nel 1842-43 si divise fra Italia e Germania, dove gli screzi con la Corona infine si ricomposero e nuove onorificenze andarono ad aggiungersi alle molte già conseguite. Nel novembre del 1844, in occasione di una ripresa della Vestale a Dresda, conobbe Wilhelm Richard Wagner, che immortalò l’incontro nelle sue Erinnerungen an Spontini (1851; trad. it. in Wagner in Italia, Torino 1982, pp. 437-448). Il 21 gennaio 1845 i possedimenti in località Sant’Andrea, per lascito paterno, vennero trasformati in contea, e Gregorio XVI gli conferì il titolo di conte. Nel settembre del 1850 aveva fatto ritorno a Jesi e poi a Maiolati.
Morì a Maiolati il 24 gennaio 1851. Il feretro venne destinato alla chiesa di S. Giovanni Battista presso l’attuale casa di riposo intitolata al compositore; il cuore fu consegnato alla vedova perché lo tumulasse a Parigi. Non avevano avuto figli; Céleste gli sopravvisse 27 anni.
Spontini produsse romanze e arie italiane e francesi per voce e pianoforte, musiche corali vuoi da chiesa vuoi per cerimonie civili o cortesi, alcune musiche orchestrali e bandistiche; ma fu essenzialmente un compositore teatrale. Il suo contributo più insigne alla storia della musica e del melodramma risiede nelle quattro grandi opere – La Vestale, Fernand Cortez, Olimpie, Agnes von Hohenstaufen –, emblemi sonori e spettacolari del gusto neoclassico nelle sue molteplici giunture con la carica imperiale, entro uno scenario politico in rapida evoluzione, da Napoleone alla Restaurazione borbonica alla Prussia confederata. La Vestale in particolare, concepita all’apogeo del potere napoleonico, finì per rappresentare un formidabile trait d’union – nella evidente continuità dei paradigmi poetici e drammaturgici – fra la tragédie lyrique di impianto gluckiano, contraddistinta da una spiccata vocazione per il mito con i suoi contenuti sovrastorici, genere identitario dell’ancien régime destinato in primis all’aristocrazia che affollava i palchi dell’Académie royale de musique, e il grand opéra di Rossini, Daniel Auber e Meyerbeer, che colloca invece le vicende e i conflitti individuali in un orizzonte storico riconoscibile, appellandosi innanzitutto a un pubblico borghese. Intrisa di ideali illuministici nel rapporto fra individuo, spiritualità e ragion di Stato, congeniale all’immaginario imperiale nel suo pathos oratorio magniloquente, La Vestale incontrò durevolmente il gusto dei pubblici ottocenteschi, persistendo, nelle dinamiche familiari e sociali dell’Europa coeva, l’asservimento femminile al patriarcato e la costrizione ai voti religiosi. Quanto alle architetture drammatiche concepite da Spontini, furono descritte in questi termini dal letterato assai versato in musica che collaborò con lui a Berlino: «Ogni atto dell’Olimpia costituisce un grande blocco musicale in sé concluso, e questi blocchi nella loro necessaria concatenazione danno vita all’intero edificio, che per impianto e struttura può essere definito a pieno titolo colossale» (E.T.A. Hoffmann..., 1999, p. 194).
Fonti e Bibl.: Annunciato dalla Fondazione Pergolesi-Spontini di Jesi, il Catalogo tematico delle opere di Spontini è da venire. Un contributo parziale è in E. Morelli, La musica vocale da camera di Gaspare Spontini. Catalogo tematico, Lucca 2013. La lista più recente delle fonti musicali è in M. Brzoska, S., G.L.P., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart: Personenteil, XV, Kassel 2006, pp. 1227-1238, da integrare almeno con il fondo Carl Robert della Biblioteca comunale Planettiana di Jesi e con il ritrovamento (2016) di quattro partiture nella biblioteca del castello d’Ursel a Hingene (Belgio): I quadri parlanti, commedia per musica, Palermo, teatro di S. Cecilia, 1800; Il geloso audace, dramma giocoso, Roma, teatro Valle, autunno del 1801; Le metamorfosi di Pasquale, farsa, Venezia, teatro di S. Moisè, Carnevale 1802; L’eccelsa gara, cantata, Parigi, Théâtre-Italien, febbraio del 1806.
Le più rilevanti fonti a stampa epistolari e documentarie sono registrate in modo succinto in P. Fragapane, S., Firenze 1983, ove si dà conto anche della bibliografia anteriore. Fra i successivi contributi: Atti del terzo Congresso internazionale di studi spontiniani, ... 1983, Maiolati Spontini 1985; A. Bricchi, S. e la riforma della musica di chiesa, Maiolati Spontini 1986; M. Jahrmärker - J. Maehder - A. Mungen, G. S., in Pipers Enzyklopädie des Musiktheaters, V, Monaco-Zurigo 1994, pp. 767-787, VI, 1997, pp. 1-5; W.M. Wagner, Carl Maria von Weber und die deutsche Nationaloper, Mainz 1994, ad ind.; S. Pederson, A.B. Marx, Berlin concert life, and German national identity, in 19th-century music, XVIII (1994-1995), pp. 87-107; A. Mungen, Richard Wagners “grauenvolle Sympathie” für S., in Die Musikforschung, XLVIII (1995), pp. 270-282; E.T.A. Hoffmann e il teatro musicale. Recensioni 1808-1821, a cura di M. Tosti Croce, Città di Castello 1999, pp. 151 s., 164, 178-212; A. Gerhard, S., G., in The New Grove dictionary of music and musicians, XXIV, London-New York 2001, pp. 212-219; J. Martin, E.T.A. Hoffmanns deutsche Übersetzung von Gasparo Spontinis Oper “Olimpia”, in Archiv für Musikwissenschaft, LIX (2002), pp. 186-209; A. Mungen, Par delà les frontières: S. et l’opéra italien, in Ostinato rigore. Revue internationale d’études musicales, XIX (2002), pp. 193-203; S. Steiner, Aus der Vorgeschichte der Grand Opéra. Giacomo Meyerbeers “Les Huguenots” und die deutsche patriotische Musik der Napoleonischen Befreiungskriege, in Schweizer Jahrbuch für Musikwissenschaft, n.s., XXIII (2003), pp. 157-190; E. Biggi Parodi, “Les Danaïdes” di Salieri diretta da G. S. (Parigi, 1817), in Musicorum, n. 3, Tours 2004, pp. 263-296; G. Castellani, Intrigues politiques et rivalités artistiques: le Théâtre Italien de Paris entre Empire et Restauration, in Revue de musicologie, XC (2004), pp. 231-252; D. Chaillou, Napoléon et l’Opéra: la politique sur la scène (1810-1815), Paris 2004, ad ind.; K. Pietschmann, Ein Kaisermord? Montezuma auf der Opernbühne, in Schweizer Jahrbuch für Musikwissenschaft, n.s., XXVIII-XXIX (2008-2009), pp. 29-54; E. Bartlitz, “Unrichtigkeit” oder “Ungenauigkeit”? Der Streit um Webers Berliner Euryanthe-Honorar im Kontext der Auseinandersetzungen zwischen Brühl und S., in Weberiana: Mitteilungen der Internationalen Carl-Maria-von-Weber-Gesellschaft, XXI (2011), pp. 7-36; A. Gerhard, Neben der “S.’schen Richtung” auch die Bellini’sche: Zur eklektizistischen Vielfalt von Wagners Rienzi, in Wagnerspectrum, XI, 2 (2015), pp. 71-84; S. und die Oper im Zeitalter Napoleons, a cura di D. Altenburg et al., Sinzig 2015; A. Chegai, Vergini e vestali. Poligenesi e intersezioni di un soggetto operistico franco-latino (Spontini, “La Vestale”, Parigi 1807), in Atti e memorie dell’Arcadia, V (2016), pp. 327-358.