NADI, Gaspare
– Nacque a Bologna il 2 novembre 1418 in via dei Pelacani (attuale via G. Petroni), nella parrocchia di S. Vitale, dal conciapelli Filippo di Domenico e da tale Chiara. Il padre morì prima del 1427, anno in cui Chiara si risposò con il calzolaio Giacomo Senzabarba.
A 15 anni andò a Faenza, al seguito del giurista Graziolo Accarisi. Ritornò a Bologna due anni dopo, ma il patrigno non aveva intenzione di provvedere al suo mantenimento, così dopo pochi mesi si trasferì in casa di Gaspare di Guido, dove, approfittando dell’istitutore privato che istruiva i ragazzi di casa, imparò a leggere e scrivere. Nel 1436 tentò il suo ingresso nel mondo del lavoro: prima come praticante per imparare l’arte della lana, poi apprendista barbiere, ma la madre non poteva pagare la sua formazione; infine trovò la sua strada nell’‘arte del muro’, alle dipendenze del capomastro Bartolomeo Negri. Il 16 maggio di quell’anno portò a compimento la sua prima opera, ricordata con orgoglio nel Diario: la campana grossa del palazzo del Comune, installata insieme con l’ingegnere Aristotele Fioravanti. In luglio cambiò impresa, entrando in quella di Cristoforo Zani, con cui partecipò ai lavori alla chiesa di S. Michele in Bosco. Nel 1440, per completare la sua formazione professionale si recò a Ferrara, presso Pietrobono Brasavola, capomastro ingegnere del marchese Niccolò III d’Este. In questo periodo partecipò alla costruzione dell’arca di S. Maria degli Angeli, che poi accolse le spoglie del marchese (la chiesa, che ospitava numerose sepolture estensi, è andata distrutta).
Ritornò a Bologna dopo due anni, per stabilirsi nella casa del patrigno, nella parrocchia di S. Mamolo. Nel 1444 sposò Catelina di Antonio di Bernardo, sarto fiorentino, e l’anno successivo si trasferì a Prato presso i suoceri, dove continuò a esercitare il suo mestiere. Nel 1450, mentre era in Toscana morì la madre, e nello stesso anno Nadi entrò nella compagnia dei muratori di Prato. Nel frattempo gli era nato il primogenito Filippo. Il soggiorno toscano lo vide implicato in un fatto di sangue: coinvolto in una zuffa, intervenne per vendicare una vilania arrecata al suocero.
Nel 1452 rientrò a Bologna e probabilmente in questo periodo cominciò la stesura del Diario. Nel 1456 entrò nella corporazione bolognese dei muratori, di cui fu massaro tre anni dopo e poi diverse volte, e una volta soltanto sindaco, cioè revisore. Di questi anni sono le nascite di altri figli, Gianfrancesco e Maria. Un numero impressionante di gravidanze (sei figli e sei aborti nel giro di tredici anni) causò la morte nel 1462 di Catelina, ricordata con affetto e commossa partecipazione da Nadi in una pagina giustamente citata in molti studi. Poco dopo, si risposò con una Francesca, che gli diede Bernardina e Girolamo, unico figlio a seguire le orme del padre, mentre nel 1467 morì di peste il primogenito Filippo, insieme con la nuova sposa. Ne prese il posto una seconda Caterina, che portò in famiglia i due figli avuti da un precedente matrimonio. Quest’ultimo rapporto fu molto burrascoso: nel 1480 Nadi registrò con sollievo il ricongiungimento dei figli acquisiti al padre naturale in Lombardia; meno contento fu quando anche la moglie li raggiunse: «zaschaduno se guardi da mugiere che abia fioli perché non starà mae in passe e questo dicho perché l’ho provado» (Diario, ed. 1886) p. 93). Negli ultimi anni, funestati dalla scomparsa anche di Girolamo, sembrò ricomporsi il rapporto con la moglie, che tornò a Bologna, sempre accompagnata dai figli di primo letto. Ma fu una tregua passeggera, perché Nadi addirittura si risolse a dormire in bottega insieme con i suoi dipendenti. Seguirono litigi con i figliastri e la vendita della casa di famiglia. Nel 1503 finì per trasferirsi dal genero Giovanni.
Al di fuori degli impegni di lavoro, sappiamo ben poco della sua vita pubblica: nel biennio 1456-58 fu nella confraternita di S. Domenico, quindi in quella di S. Girolamo. Nello stesso 1458 fu vicario a Piumazzo nel Modenese e dieci anni dopo a Sant’Agata Bolognese (al confine con Modena); un ulteriore vicariato gli venne assegnato per errore nel 1479, poiché il titolare, dato per morto, ricomparve a sorpresa. Nel 1500 fu ministrale della parrocchia dei Ss. Pietro e Marcellino. Al contrario, particolarmente ricche sono le informazioni sulla societas dei muratori e sui suoi rapporti con la collettività, come le notizie sulle modalità elettive della compagnia, sull’osteria che i membri frequentavano nel tempo libero, sul banco e la vigna in loro possesso; ancora, sui contatti con altre associazioni, come i fornaciai o la Compagnia dell’ospedale della Vita, sulle discussioni intorno all’ammontare della retribuzione concessa al massaro dell’arte. I tesorieri delle corporazioni cittadine avevano anche mansioni relative al mantenimento dell’ordine pubblico: nel 1459 Nadi registrò l’impegno dei massari dei collegi nel perseguire i ladri. Parimenti, il massaro deliberava in materia di arruolamento nei frangenti in cui la città si trovava in pericolo, come all’appressarsi di Cesare Borgia.
Il Diario affianca alle consuete tematiche familiari anche informazioni sulle condizioni di lavoro, gli infortuni, i committenti, i tempi di lavorazione, le corporazioni di mestiere. La sua scrittura ingenua è tuttavia in grado di produrre passi di forte tensione emotiva, come le già ricordate pagine dedicate alla morte dell’amata prima moglie e alle difficili vicende che seguirono al suo matrimonio con una vedova. Di particolare interesse infine la testimonianza sulle circostanze che gli consentirono di imparare a leggere e a scrivere. Nadi mescola su un mezzo secolo i ricordi familiari o professionali alla cronaca degli avvenimenti che riguardano la sua città o l’Italia, riprendendo nel Diario notizie tratte da molti libri di sua mano, ai quali rinvia designandoli come il suo libro, il suo giornale, il suo librazo, il suo libro B, eccetera. Tali libri erano probabilmente tenuti giorno per giorno, mentre il Diario compila a posteriori le note più importanti ai suoi occhi farcendole di ricordi personali. Al di là delle classi dirigenti, nel mondo degli artigiani gli archivi privati composti da libri legati alla vita professionale, ma che intrecciano le loro notizie con i dati salienti della vita privata, non sono rari. I libri più elaborati non sono autonomi, ma dipendono direttamente da una materia dispersa in un ventaglio di scritture. Negli ultimi dieci anni di vita di Nadi il Diario vira decisamente sul versante cronachistico: la narrazione si sposta via via più sulla città abbandonando il privato, in coincidenza con il rallentamento dell’attività edilizia dell’autore, anche se rimane inestricabile il nesso fra autobiografismo e professione.
La data di morte, 9 gennaio 1504, è data da un ignoto Tommaso di Gerardo Alessandrini, forse un collega, che annotò nel Diario anche la sepoltura nella chiesa di S. Vitale «con grande onore de la conpagnia di moraduri», quindi non presso la cappella di famiglia, in S. Giorgio in Poggiale (oggi via Nazario Sauro), ma nella parrocchia in cui Nadi era nato.
La conservazione e pubblicazione del Diario e insieme la pletora di false attribuzioni di opere sono dovute al «felice errore» (Cicchetti - Mordenti, 1985, p. 111) che fece scambiare Nadi per un architetto. Una capillare ricostruzione della sua attività si deve a Rolando Dondarini, a cui si può aggiungere la costruzione della biblioteca di S. Domenico, non ricordata da Nadi stesso, ma dal Giornale del 1466: «Nota che m.ro Guasparo di Nadi muradore à comenzado de lavorare et seguire lo hedificio de la libreria nostra adi XI de septembre» (Gozzadini, 1851, p. 113). Il Diario ebbe una relativa fortuna, testimoniata da diversi codici che ne conservano copia, in alcuni casi arricchiti da una cronologia della vita di Nadi e da un indice, opera del tardo cronista Domenico Maria Galeati. L'edizione moderna è a cura di C. Ricci e A. Bacchi della Lega (Diario bolognese, Bologna 1886).
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