RINGHIERI, Gaspare
– Figlio di Marco, nacque a Bologna verso il 1410; nulla si sa della madre. Il padre ebbe almeno altri due figli maschi, Baldassarre e Basilio, ricordati nel testamento di Gaspare. Dalla stessa fonte risulta anche che Ringheri ebbe dalla moglie, Lucrezia, due figli: Lattanzio e Innocenzo. Un terzo figlio sarebbe nato pochi mesi dopo la morte di Ringhieri; da un’altra donna, di cui si ignora il nome, ebbe un figlio naturale, Giambattista, anch’egli ricordato nel testamento.
L’archivio familiare offre testimonianze interessanti sulle sue attività economiche: nel dicembre del 1454, ad esempio, portò a termine un’importante operazione immobiliare, acquistando vari appezzamenti di terra nei pressi di Castel San Pietro; forse non erano stati del tutto limpidi i guadagni investiti in quell’acquisto, dato che nel testamento, dettato tre anni più tardi, una cifra non trascurabile fu destinata al pagamento dei «male ablata», frutti di probabili attività usurarie (Archivio di Stato di Bologna, Famiglia Ringhieri, b. 2, n. 35).
La sua carriera accademica iniziò a un’età piuttosto precoce e fu ricca di soddisfazioni, anche se non priva di ostacoli, almeno nella sua prima fase. Già nel 1432 teneva ripetizioni nei giorni festivi per gli altri studenti di diritto civile e nell’agosto del 1434 fu presentato, dai maestri Nicolò Raimondi e Nicolò Lapi, all’esame per il dottorato e giudicato all’unanimità degno della promozione. L’11 ottobre dello stesso anno ricevette quindi, nella cattedrale di S. Pietro, le insegne dottorali «in utroque iure» (Liber secretus, 1421-1450, a cura di A. Sorbelli, 1942, p. 134). Di lì a poco, tuttavia, le sue aspirazioni a entrare nel collegio dei dottori di diritto civile, per quanto appoggiate dalle autorità politiche, subirono una cocente delusione. Il priore del collegio, Nicolò Lapi, cui quella richiesta era stata avanzata nella riunione del 3 ottobre 1437, denunciò infatti pesanti ingerenze da parte del governatore pontificio Daniele Scotti: contro le prerogative tradizionali del corpo accademico quest’ultimo aveva voluto presenziare alla riunione del collegio e di fronte alla decisione dei dottori, che giudicavano Ringhieri non adeguato a quel ruolo, aveva inveito inurbaniter contro di loro. I maestri mantennero salde le loro posizioni, rifiutando l’aggregazione a Ringhieri e difendendo in quell’occasione l’autonomia dello Studio.
Il commento del priore del collegio è inequivocabile: «non fecerunt alliquid quod fuisset contra constitutiones nostras, et bene. Deo gratias!» (pp. 156 s.). La situazione si ripropose identica qualche mese più tardi. Nel gennaio 1438, Ringhieri rinnovava la sua richiesta al collegio di diritto civile, appoggiato dal governatore Scotti, dall’arcivescovo di Firenze e addirittura da papa Eugenio IV, in quel periodo presente a Bologna, che in una bolla allegata alla domanda lo dichiarava degno del titolo di dottore collegiato. Anche in questo caso l’opposizione dei maestri dello Studio fu unanime e di fronte a questo atteggiamento le stesse autorità dichiararono di non voler violare le prerogative del collegio (p. 161). Le aspirazioni di Ringhieri furono finalmente coronate dal successo nell’ottobre del 1442, quando con nove voti favorevoli e sei contrari fu accolto come membro del collegio di diritto civile. La sua attività didattica era però iniziata già da qualche anno: il primo incarico, per la lettura serale del Digesto Nuovo, risale al 1437-38; da quell’anno il suo insegnamento proseguì ininterrotto per un ventennio, muovendosi fra le tre parti del Digesto e il Codice, fino al 1446 nelle lezioni serali e dal 1447 nel più prestigioso orario mattutino (I Rotuli, a cura di U. Dallari, Bologna 1888, pp. 11-45).
Dopo il 1442, con l’aggregazione al collegio, iniziarono anche per Ringhieri gli impegni consueti dei dottori collegiati: commissioni di esame e cerimonie accademiche. Dal 1444 all’anno di morte sono circa una trentina i candidati che Ringhieri presentò felicemente all’esame di dottorato e fra i suoi allievi alcuni ebbero a loro volta brillanti carriere scientifiche e didattiche, fra tutti Alessandro Tartagni, presentato all’esame nel 1445 e da tutta la commissione «mirabiliter commendatus et approbatissimus, nemine discrepante» (Liber secretus, 1421-1450, p. 227). Oltre agli incarichi didattici, il ruolo di dottore collegiato prevedeva numerosi impegni, cui Ringhieri non si sottrasse: nel maggio-giugno del 1448, e una seconda volta due anni più tardi, ricoprì l’incarico di priore del collegio; nell’aprile del 1451 costituì, con altri due dottori collegiati, una commissione incaricata di esaminare il problema della struttura dei documenti notarili, il cui formulario andava adattato alle nuove esigenze, ed emise in proposito un argomentato consilium. Nel luglio del 1457, infine, a pochi mesi dalla morte, ricoprendo l’incarico di tesoriere della Camera di Bologna curava il pagamento per le missioni diplomatiche dei suoi colleghi dottori (Liber secretus, 1451-1500, a cura di C. Piana, Milano 1984, p. 40).
Numerosi incarichi di rilievo Ringhieri svolse anche, in quegli anni, nella vita politica cittadina, muovendosi con una certa abilità fra i contrapposti poteri dei legati pontifici e della famiglia Bentivoglio. Già nel 1435, ad esempio, fu eletto fra gli Anziani, per il quartiere di Porta Piera, a giudizio del Ghirardacci grazie all’appoggio del podestà Baldassarre da Offida, «uomo scellerato ed iniquo» e stretto collaboratore del legato Daniele Scotti (Ghirardacci, p. 43). Al ruolo di Anziano fu chiamato ancora dieci anni dopo, nell’agosto del 1445, mentre l’anno successivo la sua carriera politica registrò il successo più rilevante, con l’elezione fra i Sedici Riformatori, presieduti da Sante Bentivoglio.
Negli anni Quaranta fu anche protagonista di alcune importanti missioni diplomatiche per conto dei Bentivoglio. Nell’aprile 1441, con una delegazione di cui facevano parte anche Carlo Ghisilieri e Nicolò Sanuti, Ringhieri si recò a Milano, per prelevare e accompagnare a Bologna Donnina Visconti, figlia di Lancillotto e promessa sposa di Annibale Bentivoglio. Nel gennaio 1445 e di nuovo nel giugno 1446, sempre con il Ghisilieri, fu inviato in ambasciata a Venezia, dove chiese ed ottenne aiuti militari ed informazioni circa l’imminente scoppio della guerra con Milano. Le missioni successive lo portarono invece ripetutamente a Roma: nell’aprile 1447, con Nicolò Sanuti, Melchiorre Malvezzi e Ludovico Bentivoglio, il Ringhieri si recò a rendere omaggio al nuovo pontefice Nicolò V, che accolse amabilmente gli ambasciatori bolognesi, manifestando però la sua intenzione di ottenere il pieno dominio sulla città. Informato di ciò, il Senato incaricò la delegazione di trattenersi ulteriormente a Roma per trattare la delicata questione con la diplomazia pontificia. Rientrato a Bologna nel mese di luglio, per riferire dei progetti papali, Ringhieri tornò nuovamente a Roma nell’agosto successivo e fu dunque fra i protagonisti della trattativa coronata, il 24 agosto 1447, dalle disposizioni note come “Capitoli di Nicolò V”, che definirono per tutta l’età moderna le condizioni dei rapporti fra la città e la sovranità pontificia (C. Ghirardacci, Historia di Bologna, a cura di A. Sorbelli, Bologna 1933, p. 122).
A Roma Ringhieri tornò altre quattro volte, in missione diplomatica, fra il 1450 e il 1456. Morì di peste, nella sua tenuta nei pressi di Ozzano, dove si era ritirato per sfuggire al contagio, certamente prima del 2 febbraio 1458, quando il Collegio di diritto civile si riunì presentando un posto vacante a seguito della sua morte (Liber secretus, 1451-1500, p. 53).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Famiglia Ringhieri, b. 2, n. 29: Testamento di Ringhieri, 4 settembre 1457; n. 35: Compravendita, 4 dicembre 1454; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, VII, Bologna 1789, pp. 192-194; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori della famosa Università di Bologna, Bologna 1848, pp. 264 s.; I Rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese, a cura di U. Dallari, I, Bologna 1888, ad nomen; C. Ghirardacci, Historia di Bologna. Parte terza, a cura di A. Sorbelli, I, Bologna 1933, passim; Il “Liber secretus iuris Caesarei” dell’Università di Bologna, 1421-1450, a cura di A. Sorbelli, Bologna 1942, passim; Il “Liber secretus iuris Caesarei” dell’Università di Bologna, 1451-1500, a cura di C. Piana, Milano 1984, ad indicem.