SAULI, Gaspare. –
Nacque a Genova il 18 gennaio 1765, secondogenito di Francesco Maria e di Emilia Imperiale Lercari, le cui famiglie erano tra le poche titolate al governo della Repubblica oligarchica. Studiò prima presso gli scolopi per portarsi poi a Ferrara, dove completò la propria formazione.
Tornato a Genova, fu iniziato alla massoneria e sulle prime i suoi interessi furono soprattutto letterari: nel 1788 dette alle stampe, assieme a Giorgio Viani e a Gaspare Mollo, il Socrate, un’operetta satirica anonima, parodia dello stile di Vittorio Alfieri, cui era ufficialmente attribuita. Fu inoltre membro dell’Accademia linguistica e compose versi, nel 1789, in onore del doge Raffaele De Ferrari, nonché in ricordo del fratello primogenito Francesco, prematuramente scomparso.
Allo scoppio della Rivoluzione francese, la sua scelta fu subito netta a favore del nuovo ordine, tuttavia, solo la nascita di una Repubblica democratica – convincendolo della inadeguatezza di quella genovese – lo spinse all’azione politica. Nel 1793, passò a Nizza e vi conobbe i convenzionali in missione, Augustin Robespierre e Jean-François Ricord; andò al loro seguito a Tolone, dove fu testimone dell’assedio alla città in possesso degli inglesi che rivelò il genio militare di Napoleone Bonaparte. Da qui si portò poi nella Franca Contea, dove a Vesoul tenne nella locale società patriottica un discorso dal forte accento democratico. Di lì a breve guardò con entusiasmo alla decisione di parte francese di invadere il porto piemontese in terra ligure di Oneglia e nei primi mesi del 1794 passò al giovane Robespierre molteplici informazioni al riguardo. L’attacco ebbe luogo nel mese di marzo e nella mente di Sauli doveva preludere a un’avanzata su Genova, dove era a conoscenza di una congiura per rovesciare il governo oligarchico.
Per questo motivo, in parallelo all’occupazione di Oneglia, tornò in Liguria, sostando a Sanremo e a Porto Maurizio. Qui venne però arrestato e tradotto nel carcere di Genova sotto l’accusa di aver preso parte al complotto nel frattempo appena fallito. La detenzione non fu di breve durata, perché ancora nel mese di agosto una petizione di esuli genovesi al Comitato di salute pubblica, reclamando l’intervento in armi dei francesi, denunciava l’illegittimità del suo arresto. Anche per questo motivo le autorità genovesi finirono per scarcerarlo, imponendogli, non di meno, di abbandonare prontamente la città.
Raggiunse Milano, da dove si portò però subito in Francia, unendosi ai circoli degli emigrati a Parigi. Lì si entusiasmò alla notizia della campagna di Bonaparte e agli inizi del giugno 1796, quando già i francesi erano a Milano, fu tra i firmatari di una petizione al Direttorio di Parigi per chiedere che ai patrioti italiani fosse lasciata piena libertà di scegliere il loro destino politico. Questo non gli impedì di continuare a plaudire alle imprese di Bonaparte in Italia: in ottobre inviò un memoriale ancora al Direttorio, perché in occasione delle trattative di pace non rinunciasse alla posizione di vantaggio sullo scacchiere italiano.
Di lì a breve tornò in Italia e scelse Milano, ormai luogo d’incontro di tutti i patrioti italiani, per riannodare le fila di un tentativo insurrezionale contro l’oligarchia genovese. Lì, nei primi mesi del 1797, dette alle stampe una traduzione della Religieuse di Denis Diderot, dove, nella nota al lettore, combatteva in pari misura il purismo linguistico e la coercizione di un mondo sociale che riteneva ormai intollerabile.
I tentativi per un colpo di mano a Genova erano a buon punto quando i promotori vennero a loro volta sorpresi dall’insurrezione del 22 maggio 1797 che pose fine al governo oligarchico. Sauli si affrettò a fare ritorno in città, dove dette alle stampe un opuscolo nel quale indicava la propria linea politica di lotta sì ai controrivoluzionari, ma anche ai patrioti dell’ultima ora – non di rado i più estremisti – per ricordare le benemerenze di chi, tale era il suo caso, da anni si batteva per la democratizzazione della politica ligure. Nominato commissario nel Ponente, con l’incarico di rinnovare le amministrazioni locali e nominare i giudici di pace, si comportò con fermezza, suscitando resistenze diverse, perché vi fu chi lo accusò di terrorismo e chi lo denunciò invece come un aristocratico. Nel frattempo, assieme a Gaetano Giovanni Marré avviò la pubblicazione di un giornale, Il difensore della libertà, che uscì dal luglio del 1797 fino al gennaio del 1798 e si connotò per un’intensa campagna a favore di una sola repubblica italiana in tutta la penisola. Il foglio divenne il punto d’incontro del gruppo favorevole all’unione con la Repubblica Cisalpina e per questo motivo, all’indomani delle elezioni seguite all’entrata in esercizio della nuova costituzione, quella linea politica uscita sconfitta, venne costretto alla chiusura.
Nei mesi successivi la sua distanza dal nuovo esecutivo gli costò non poco e nel mese di agosto del 1798 fu costretto dalle autorità francesi a lasciare Genova. Sembra che trovasse rifugio a Firenze, ma di lui si perdono le tracce e non è dato sapere quando rientrò a Genova e se vi fosse in occasione dell’assedio messo nel 1799 alla città da parte delle truppe austriache.
Nell’estate del 1800, dopo l’effimero ingresso asburgico a Genova e il pronto ritorno di Bonaparte a seguito del trionfo di Marengo, venne però recuperato alla politica. Sin dal mese di luglio del 1800 divenne componente della Municipalità per passare poi, nella seconda metà del 1801, alla Consulta legislativa incaricata di redigere una nuova costituzione.
L’anno successivo andò a Parigi, dove divenne segretario di legazione. Nel frattempo le sue posizioni riguardo al ruolo della Francia si erano ammorbidite e nulla obiettò all’annessione della Liguria all’impero, tanto da accettare, nel 1805, la nomina nel Consiglio generale del dipartimento di Genova. Da lì, negli anni successivi, altri incarichi di governo, quali l’inclusione nel Consiglio municipale e la nomina, ormai nel 1808, ad aggiunto nell’ufficio di sindacatura di Genova. L’adesione all’ordine napoleonico era ormai completa, testimoniata dal suo grazioso regalo a Napoleone, nel 1812, di un quadro di Domenico Fiasella, detto il Sarzana.
Non a torto nel 1814, al momento della Restaurazione, indicato tra i principali responsabili della rivoluzione del 1797, venne escluso da ogni incarico. Visse così nella penombra sino al 1828, quando tornò a interessarsi alla vita amministrativa locale ricoprendo alcuni minori incarichi di governo.
Morì a Genova il 10 marzo 1841. Aveva sposato Anna Maggiolo; il suo figlio secondogenito, Francesco Maria, fu deputato di Levanto al Parlamento subalpino, diplomatico e senatore del Regno.
Opere. Socrate di Vittorio Alfieri da Asti. Tragedia una, Londra [Firenze] 1788; Componimenti poetici in onore di Raffaele De Ferrari doge di Genova, Genova 1789; Gaspare Sauli ai suoi concittadini, Genova 1797; Libertà, virtù, eguaglianza. Distinzioni necessarie, Genova s.d. [1797]; Melodramma patriottico per solennizzare la rigenerazione della Libertà, Genova 1797.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Fondo Testi, bb. 240, 273; Parigi, Archives Nationales, AF/IV, cart. 1316.
P. Nurra, Genova durante la rivoluzione francese. La cospirazione antioligarchica, in Giornale storico e letterario della Liguria, n.s., III (1927), pp. 333-352; V. Vitale, Un giornale della Repubblica Ligure: il Redattore Italiano e le sue vicende, in Atti della Società ligure di storia patria, LXI (1933), pp. 14-79; R. Boudard, Robespierre jeune et Gaspard Sauli, de Gênes, in Annales historiques de la Révolution Française, XXXIII (1961), pp. 509-512; G. Assereto, La Repubblica ligure. Lotte politiche e problemi finanziari, 1797-1799, Torino 1975, ad nomen; A. Ronco, Storia della Repubblica ligure, Genova 1988, ad nomen; A. Garini Musto, Un ‘nobile giacobino’: G. S. patrizio genovese, in Idee e parole nel giacobinismo italiano, a cura di E. Pii, Firenze 1990, pp. 65-85.