SGHEMMA, Gaspare (Gasparo). – Nacque a Palermo intorno al 1590. Non si hanno notizie sulla sua vita fino al momento in cui affrontò e superò la prova di ammissione al collegio S. Bonaventura di Roma nel 1612, oltre al fatto di essere entrato nell’Ordine francescano conventuale all’età di 15 anni e di aver compiuto gli studi filosofici in Sicilia (non si sa in quale Studium)
tra il 1608 e il 1611.
Concluso a Roma nel 1615 il corso di studi in teologia presso il collegio di eccellenza dei minori conventuali, gli venne subito affidata la cattedra dello Studio palermitano, dove insegnò due anni. Il 6 giugno 1617 il ministro generale Giacomo Montanari da Bagnacavallo, che ebbe una importanza capitale sia nella riforma dell’Ordine, sia nella vita di Sghemma, lo nominò maestro reggente dello Studio di Catania e lettore pubblico presso l’Università della stessa città, dove insegnò teologia fino al 1620 e dove ebbe tra i suoi allievi Bonaventura Belluto, uno dei grandi teologi scotisti del Seicento. Nell’agosto del 1617 lo nominò anche visitatore degli Studi esistenti nella provincia di Sicilia. La sua fama di teologo crebbe velocemente, e ciò convinse Montanari ad affidare a Sghemma, il 5 giugno 1620, una cattedra più prestigiosa, quella del collegio di S. Lorenzo di Napoli. Nell’agosto del 1623 il ministro generale Michele Misserotti lo nominò visitatore generale della provincia francescana di Sant'Angelo in Puglia e contemporaneamente visitatore generale di tutti gli Studi esistenti nella provincia di Napoli. Alla fine del 1623 arrivò anche la nomina, avvenuta nel corso del capitolo provinciale tenutosi a Catania, a ministro provinciale e, poco dopo, a commissario generale per la stessa provincia. Il successore di Misserotti, Felice Franceschini, riconfermò Sghemma nei suoi incarichi, ma presto i rapporti tra i due si deteriorarono, al punto che il 31 maggio 1624 il neoeletto ministro generale procedette alla nomina di Giovanni Battista Berardicelli da Larino a rettore dei seminari e riformatore dei conventi della provincia di Sicilia. Lo scoppio della peste, che sarebbe durata a fasi alterne per un anno mietendo moltissime vittime, fece tuttavia in modo che Berardicelli non arrivasse mai in Sicilia. Sghemma riuscì ad aprire un noviziato a Catania e a far celebrare le tre prescritte congregazioni capitolari (a Enna a ottobre del 1624, a Chiaramonte nell’ottobre del 1625 e di nuovo a Enna nel settembre del 1626).
Tra il settembre e il dicembre 1626 si ammalò e dovette per tale ragione assentarsi dalla Sicilia. Nel gennaio del 1627 Franceschini nominò commissario generale in Sicilia, probabilmente su ordine del cardinal Pier Maria Borghese, Bonaventura Arezzo, che a maggio dello stesso anno divenne ministro provinciale. Per la prima volta da diversi anni Sghemma fu quindi libero da incarichi di governo e poté dedicarsi allo studio, all’insegnamento e alla predicazione. Nell’anno accademico 1627-28 lo ritroviamo ad Assisi come reggente, mentre a partire dal novembre 1628 fu nominato reggente dello Studio di prima classe di Palermo e professore di teologia del ginnasio di prima classe della stessa città. Come da tradizione, era ai reggenti dello Studio locale che spettava di predicare dai più importanti pulpiti della città. Le sue prediche catanesi videro la luce in due raccolte a stampa, presso Giovanni Rossi, nel 1628, mentre quelle palermitane nella raccolta pubblicata per i tipi di Alfonso dell’Isola nel 1630. Il 15 aprile 1632 divenne visitatore generale dei ginnasi di Sicilia e successivamente passò di nuovo a Catania per occupare la cattedra universitaria di filosofia. Nel 1634 predicò la quaresima a Roma, probabilmente su invito del ministro generale Berardicelli, il quale colse l’occasione per nominarlo guardiano del convento di S. Francesco di Palermo (direttamente dipendente dal generale), incarico che svolse per un anno.
Fu a partire dalla metà degli anni Trenta che Sghemma si dedicò alla stesura e alla pubblicazione delle sue principali opere di argomento filosofico e soprattutto teologico. Formatosi nel clima culturale favorito dal ministro generale Montanari, che nel campo della teologia si era tradotto in un forte recupero della dottrina di Giovanni Duns Scoto, Sghemma aveva avuto modo di approfondire talune questioni già durante il suo soggiorno napoletano del 1620. Nel 1635 diede alle stampe una rilettura in chiave scotista degli Octo libri phisicorum di Aristotele, le Scoticarum digressionum cum commentariis ad octo libros Phisicorum Aristotilis Stagiritae pars prior, seguita dopo poco dalla seconda parte. Quest’opera non ebbe particolare fortuna come testo a uso degli studenti in quanto fu ritenuta di non facile lettura a causa dello stile conciso e della grande quantità di abbreviazioni. È del 1638 il primo approfondimento scotista in campo teologico, il Manuale Scoticum iuxta quatuor libros Sententiarum, che sarebbe poi continuato con il De Deo uno et trino Scotica opuscula, pubblicato a Palermo nel 1645 e dedicato al cardinale e grande teologo gesuita Juan De Lugo.
Quest’ultimo trattato si suddivide in 27 titoli, di cui 13 trattano dell’essenza divina, della sua natura e dei suoi attributi, mentre i restanti 14 affrontano il problema della Trinità; nel secondo volume, apparso nel 1651, Sghemma affronta le questioni della scienza e della volontà di Dio, appoggiando apertamente la tanto contestata dottrina della Scientia media, concepita dal gesuita Luis de Molina nel tardo Cinquecento e oggetto di duri attacchi da parte dei domenicani e, successivamente, dei giansenisti. Le dediche sia del primo volume, a De Lugo, sia del secondo, al generale dei gesuiti Francesco Piccolomini, sono d’altronde significative sotto questa prospettiva. Nel terzo volume, del 1652, affronta le questioni della visione beatifica e del lume di gloria, nonché del merito di Cristo in riferimento al privilegio della Immacolata Concezione di Maria, dottrina che avrebbe sostenuto pubblicamente e con grande vigore in un’epoca di polemiche molto aspre con i domenicani e di grandi pressioni sul Papato, esercitate soprattutto dalla monarchia spagnola, affinché si giungesse alla definizione dogmatica. Per quanto riguarda le discussioni dottrinali sull’Immacolata, era stato proprio Scoto a distinguere tra peccato originale e debitum peccati, ossia l’universale necessità, derivante dalla natura umana, di contrarre il peccato originale, fissando il concetto di redenzione preservativa: Maria non è sottratta alla legge universale della redenzione, ma vi beneficia in modo più sublime, conforme alla sua sublime dignità (la maternità divina). Successivamente, accanto a coloro che negarono che la Vergine potesse essere stata toccata da qualsivoglia debitum peccati, i teologi 'debitisti' si suddivisero a loro volta tra i sostenitori di un debitum proximum di Maria (la Vergine avrebbe potuto contrarre il peccato originale ma Dio ha sospeso nel suo caso l’applicazione della legge) e i sostenitori di un suo debitum remotum (Maria avrebbe potuto essere inclusa nei disegni peccaminosi di Adamo ma Dio l’ha esentata da questi disegni e quindi dalla contrazione del peccato originale). Con il terzo volume del De Deo uno et trino Sghemma chiarisce la propria posizione apertamente antidebitista. Sulla questione generale dell’Immacolata offrì un contributo certamente originale nella misura in cui utilizzò un modello di spiegazione differente da Scoto per giungere però alle sue stesse conclusioni. Partendo dalla considerazione che sia gli angeli sia gli uomini sono stati predestinati da Dio alla gloria prima ancora della previsione della colpa, ma certamente dopo Cristo e Maria, egli sostenne che il concepimento immacolato di Maria è effetto della predestinazione assoluta di Cristo, che non è conseguenza della caduta di Adamo, ma ci sarebbe stata anche se l’uomo non avesse peccato. E anche se si volesse concedere ai tomisti che la predestinazione di Cristo, e quindi l’incarnazione, sia avvenuta quale rimedio al peccato, Maria fu comunque preservata dal peccato originale in forza della redenzione di Cristo, come vera Madre del Salvatore. In pratica, la Vergine è immacolata in tutti e due i casi, sia che si prenda la via della predestinazione, sia che si prenda quella di una speciale e particolarissima redenzione.
Nell’ultima parte della sua vita collaborò fattivamente sia con l’Inquisizione di Sicilia, sia con la diocesi di Palermo. Qualificatore nel 1644, censore nel 1645 e consultore nel 1651, anno in cui fu nominato teologo della diocesi, l’anno successivo divenne esaminatore sinodale della stessa. Ricevette inoltre diversi incarichi di revisione di opere di confratelli. Nel 1645 gli fu affidato il compito di presiedere il capitolo provinciale della provincia di Calabria, mentre nel 1651 fu nominato commissario generale del convento dell’Annunziata di Palermo. In quello stesso convento si spense il 24 luglio 1657.
Opere. Prediche sopra molti misteri di Christo e della Vergine, Catania 1628; Prediche sopra molti misteri della Passione di Nostro Signore re, Catania 1628; Delle prediche sopra gli Evangeli correnti nelle feste e Domeniche dell’anno. Dal giorno dell’Assonta Maria vergine e Domenica decima della Pentecoste, coll’Avvento di Nostro Signore et altre straordinarie fatte in Palermo nella chiesa di S. Francesco, Palermo 1630; Scoticarum digressionum cum commentariis ad octo libros Phisicorum Aristotilis Stagiritae pars prior, circa rerum principia, causas, exemplaria, instrumenta, fortunam, casum, fatum, Panormi 1635; Manuale Scoticum iuxta quatuor libros Sententiarum dicatum Antonio Geloso, Vicario Generali Panormi, Panormi 1638; Prediche delle elettione del Ministro Provinciale e delle Stimmate del P. S. Francesco, fatte d’ordine del Reverendissimo Padre Generale de’ Minori Conventuali, Palermo 1639; Sermoni del SS.mo Sacramento e dell’Immacolata Concettione di Maria Vergine, con la corona del suo purissimo Stellario, Palermo 1643; De Deo uno et trino Scotica opuscula quo ad essentialia et notionalia ad intra, Panormi 1645; In Organum logicum Aristotelis Stagiritae Enchiridion Scoticum, dicatum P. Generali Michelangelo Catalani, Panormi 1648; Scoticum opusculum de scientia et voluntate Dei in ordinem ad ultimum finem, Panormi 1651; De Deo uno et trino Scotica opuscula quoad Dei visionem, lumen gloriae, fruitionem, beatitudinem, praescientiam, praedestinationem, ubi obiter meritum Christi et Immaculatae Virginis conceptio, praeelectio, praeordinatio, Panormi 1652; Introduttorio morale sopra i sacri Evangelii delle feste nella S. Quaresima con sabbati applicati alla Concettione della Vergine, fatte nella Chiesa de Santi Apostoli di Roma, Palermo 1655.
Fonti e Bibl.: F. Cagliola, Almae siciliensis Provinciae Ordinis Minorum Conventualium S. Francisci manifestationes novissimae, sex explorationibus complexae, Venetiis 1644, pp. 33-42; G. Franchini, Bibliosofia e memorie letterarie di scrittori francescani ch’hanno scritto dopo il 1585, Modena 1693, pp. 278-280; A. Mongitore, Biblioteca sicula sive de scriptoribus siculis, I, Palermo 1707, p. 253; D. Ciccarelli, Fratris Ignatii Como lilyboetani Ordinis Minorum Conventualium Dissertatio Theologica in Vindiciis certitudinis Immaculata Conceptionis Sancta Maria Virginis adversus Antonii Lampridi animadversiones in opusculo de Superstitione vitanda, Panormi 1743, pp. 1165 s.; J.H. Sbaraglia, Supplementum et castigatio ad Scriptores trium Ordinum Sancti Francisci a Waddingo aliisque descriptos, Romae 1806, pp. 300 s.; V. Di Giovanni, Storia della Filosofia in Sicilia da’ tempi antichi al secolo XIX, I, Palermo 1873, pp. 144 s.; G.M. Mira, Bibliografia siciliana, ovvero gran dizionario bibliografico delle opere edite e inedite, antiche e moderne di autori siciliani o di argomento siciliano, stampate in Sicilia e fuori, II, Palermo 1881, p. 364; D. de Caylus, Merveilleux épanouissement de l’école scotiste au XVIIe siècle, Paris 1910, p. 56; D. Sparacio, Dal giardino Serafico. G. S. da Palermo, in L’Immacolata, XIV (1916), p. 53; D. Scaramuzzi, Il pensiero di Giovanni Duns Scoto nel Mezzogiorno d’Italia, Roma 1927, pp. 44-46; D. Sparacio, Frammenti bibliografici di scrittori ed autori minori conventuali dagli ultimi anni del Seicento al 1930, Assisi 1931, p. 53; N. Papini, Lectores pubblici Ordinis Fratrum Minorum Conventualium, in Miscellanea francescana, 1932 vol. 32, p. 76; F.A. Benoffi, Memorie minoritiche dal 1560 al 1776, ibid., 1933, vol. 33, pp. 357 s.; L. Macali, La dottrina dell’Immacolata nei grandi scotisti OFMConv dei secoli XVI-XIX, in Virgo Immaculata, VII (1957), 2, pp. 60-63; S. Doimi, I predicatori OFMConv nei secoli XVI-XIX, ibid., pp. 295-335; F. Costa, Il Padre Bonaventura Belluto O.F.M.Conv. (1603-1676). Il Religioso, lo scotista, lo scrittore, Roma 1976, pp. 14-178; C. Dollo, Modelli scientifici e filosofici nella Sicilia spagnola, Napoli 1984, p. 80; F. Rotolo, La vicenda culturale nel convento di S. Francesco di Palermo, La biblioteca francescana di Palermo, a cura di D. Ciccarelli, Palermo 1995, pp. 65-78; S. Burgio, Filosofia e Controriforma in Sicilia nel secondo Seicento, in Archivio storico per la Sicilia orientale, 1996, vol. 92, n. 1-3, pp. 109-181, in partic. p. 144; F.S. Fiasconaro, Il pensiero immacolista di Ignazio Como OFMConv († 1774) nella controversia con L. A. Muratori sul “voto sanguinario”, Palermo 2004, pp. 52-55; I. Agostini, L’infinità di Dio. Il dibattito da Suárez a Caterus (1597-1641), Roma 2008, pp. 231, 292, 362.