TAGLIACOZZI, Gaspare
– Nacque a Bologna alla fine di febbraio del 1545 da Giovanni Andrea, ‘filatogliere’ (un lavoratore di alto livello nel settore dell’industria serica), e da Elisabetta Quaiarini.
La famiglia di Tagliacozzi non era di origine nobiliare, ma contava nell’albero genealogico alcuni giuristi, e si collocava piuttosto in alto all’interno del ceto degli artigiani: sia Giovanni Andrea sia Elisabetta possedevano terre fuori città e beni immobili in città, e avevano rapporti sociali con famiglie aristocratiche e potenti come i Ghisilieri, i Pepoli e i Bonfiglio (un membro di questi ultimi sposò Anna, sorella di Gaspare).
Intorno all’età di quindici anni Tagliacozzi iniziò a studiare grammatica latina e filosofia, probabilmente in una scuola di grammatica, prima di immatricolarsi come studente di medicina all’Università di Bologna. Si laureò in medicina nel 1570 ed ebbe come insegnanti personaggi del calibro di Girolamo Cardano in medicina teorica, Ulisse Aldrovandi in materia medica e storia naturale, e Giulio Cesare Aranzi in anatomia e chirurgia. Dal 1567 al 1570, servì come assistente all’ospedale di S. Maria della morte, contiguo alla sede dell’università e investito, seppur ufficiosamente, di una funzione protoclinica.
Nella formazione di un professore di chirurgia e anatomia – ruolo che Tagliacozzi occupò per molti anni – l’esperienza presso l’ospedale aveva una funzione decisiva. Lo studente assistente era scelto tra i più meritevoli, e gli veniva assegnato un modesto stipendio. Accompagnava il medico e il chirurgo dell’ospedale nelle visite quotidiane ai malati, e allo stesso tempo dirigeva il lavoro degli infermieri e dei barbieri. Supervisionava la preparazione dei farmaci da parte degli speziali e si occupava di piccole operazioni chirurgiche come la flebotomia. Infine, era investito di importanti responsabilità diagnostiche, dal momento che ispezionava i malati che chiedevano di essere ammessi all’ospedale e aveva il compito di selezionarli e smistarli. In questo contesto ospedaliero un chirurgo universitario come Tagliacozzi ebbe la possibilità di osservare le malattie, aprire qualche cadavere, curare le ferite e forse anche sperimentare con gli innesti di pelle.
Nell’anno stesso della sua laurea, il 1570, uno dei maestri di Tagliacozzi, Aranzi, ricevette l’incarico di ricoprire la cattedra di anatomia, ruolo prestigioso perché riconosceva la dignità della dissezione pubblica alla quale partecipavano sia gli studenti sia le autorità cittadine e il pubblico. A partire dallo stesso anno, Tagliacozzi divenne assistente anatomista di Aranzi e lettore di chirurgia, un posto che tenne fino al 1590, anno in cui passò alla cattedra di medicina teorica (pur conservando l’incarico di anatomista), che mantenne fino alla sua morte. Nei primi sei anni di carriera Tagliacozzi svolse la sua attività con una ricca clientela privata e collaborò con Ulisse Aldrovandi nelle attività di dissezione di animali nel museo e nel giardino del naturalista.
Nel 1574 sposò Giulia Carnali, una ragazza non aristocratica ma di buona famiglia provvista di una ricca dote.
Nel 1576 Tagliacozzi ottenne la laurea in filosofia, prerequisito per tentare di essere ammesso nel Collegio dei medici. Nel novembre di quell’anno, dopo la consueta verifica della cittadinanza, venne aggregato al Collegio. La sua posizione a Bologna divenne assai solida: Tagliacozzi diventò un personaggio pubblico. Nel 1578 fu eletto ‘tribuno della plebe’ per la prima volta, un incarico della durata di quattro mesi di tradizione comunale, mantenuto per bilanciare il potere dell’aristocrazia che si riuniva nel Senato, la cui funzione principale era quella di concorrere alla regolazione dei prezzi delle derrate.
A partire dal 1580, anno in cui curò una ferita al braccio del conte Paolo Emilio Boschetti, governatore di Brescello in territorio estense, divenne sempre più famoso presso la clientela nobiliare che affollava Bologna e le corti dell’Italia centrosettentrionale. Sempre nel 1580 prese i primi contatti con la corte di Firenze, tramite la famiglia Castelli di Bologna. Nei primi anni Ottanta iniziò a essere riconosciuto come esperto di ferite al volto: nel 1583 curò una cortigiana che era stata sfigurata da un amante, e nel 1584 fu chiamato a Modena per un altro caso di sfregio. Mentre il suo salario di professore veniva regolarmente aumentato e i suoi acquisti di terre fuori città crescevano, scrisse la prima versione del metodo di ricostruzione delle parti mutilate del volto, soprattutto di nasi, tramite innesto di pelle in una lettera a Girolamo Mercuriale, allora professore di medicina a Padova ed esperto di malattie della pelle e rapporti tra bellezza e medicina. Mercuriale pubblicò la lunga lettera di Tagliacozzi nella seconda edizione del suo De decoratione, edito a Francoforte nel 1587.
Negli anni Novanta Tagliacozzi consacrò la sua fama. Diventato professore di medicina teorica, e ricevuto il sostegno pubblico di un’autorità come Mercuriale, ebbe in cura anche due pazienti davvero eccellenti. Nel 1594 fu infatti mandato a Vienna da Ferdinando I de’ Medici per curare una ferita di arma da fuoco ricevuta dal nipote del granduca, Virgino Orsini, inviato presso l’imperatore Rodolfo al fine di fornire aiuto nella guerra contro l’impero ottomano. L’impresa fu un successo. Ma il rapporto più intimo e duraturo con un principe Tagliacozzi lo stabilì con Vincenzo Gonzaga, duca di Mantova, a partire dal 1596. Inizialmente chiamato per un consulto, Tagliacozzi prese a occuparsi degli aspetti medico-cosmetici della vita del duca, a partire da una deformazione del naso per cui preparò personalmente un unguento speciale. Non è chiaro di cosa esattamente soffrisse Vincenzo Gonzaga, se di sifilide o qualche altra malattia della pelle, ma è indubbio che il principe mantovano vedeva in Tagliacozzi il medico perfetto per curare sia l’interno sia l’esterno del suo corpo. Nel 1597, dieci anni dopo la lettera a Mercuriale, Tagliacozzi pubblicò a Venezia presso Gaspare Bindoni la sua monografia in due volumi sulla chirurgia ricorstruttiva del volto, De curtorum chirurgia per insitionem.
Il De curtorum chirurgia è stato con insistenza definito il libro fondatore della chirurgia plastica. Si tratta di un libro complesso, splendidamente illustrato, che mescola diversi generi, dal commentario scolastico al trattato di fisionomia, dal manuale pratico di chirurgia alle divagazioni di storia naturale, e che – insolitamente per l’epoca – si concentra su una singola pratica chirurgica. L’operazione descritta consisteva nel tagliare un lembo di pelle dalla parte interna superiore del braccio del paziente, innestarlo sulla parte mutilata o scarnificata del volto, cucire insieme le parti e lasciare il paziente, inguainato in un’apposita camiciola con cappuccio, con braccio e volto connessi per tre settimane. Al termine della saldatura, quando la nuova pelle era sufficientemente nutrita e l’innesto aveva ‘preso’, il chirurgo doveva suturare le parti e tenerle ferme con apposite maschere di metallo per un periodo che arrivava anche fino ai dodici mesi.
Morì a Bologna il 7 novembre 1599 e fu sepolto nella chiesa di S. Giovanni Battista (oggi non più esistente).
Aveva avuto quattro figlie, Calidonia (che entrò nel convento di S. Pietro Martire), Valeria, Lucrezia e Anna, e tre figli, Giovanni Andrea, che divenne a sua volta medico collegiato a Bologna, Antonio e Ippolito (che morì in giovanissima età).
Martha Teach Gnudi e Jerome Pierce Webster hanno trovato indizi dell’esistenza di un misterioso processo inquisitoriale postumo aperto nel 1600, basato su non meglio identificate voci che accusavano Tagliacozzi di pratiche magiche. Dell’accaduto non è stata trovata alcuna traccia, e si ritiene che fu un episodio breve e di scarsa importanza.
Sostenere che Tagliacozzi sia stato il padre della chirurgia plastica è certamente semplicistico; dopo tutto, informazioni sull’operazione e singoli casi circolavano in Europa a partire dall’inizio del XV secolo, dalla Sicilia (dove vissero i chirurghi Branca che praticavano il metodo), da Tropea (la città dei fratelli Vianeo, che resero celebre il metodo nella prima metà del XVI secolo) al Portogallo e alla Germania. Tagliacozzi ebbe l’idea di riunire tutte le informazioni disponibili e inserirle in un trattato medico erudito. È indubbio che diversi fattori contribuirono al successo dell’opera: il fatto che Bologna e Padova erano sedi di una tradizione chirurgica accademica che risaliva al XIII secolo; la particolare delicatezza delle mutilazioni del volto da un punto di vista antropologico (il taglio del naso era associato alla punizione dell’adulterio femminile e del tradimento politico); la fortuna in ambiente padovano e bolognese dei trattati che riprendevano gli scritti galenici sui rapporti tra medicina e bellezza; l’esplosione della cosmetica e delle soluzioni medico-estetiche contenute nei libri dei segreti e praticata regolarmente dai barbieri-chirurghi; le esigenze specifiche della clientela nobiliare (quasi tutti i pazienti i cui casi si possono ricostruire avevano ricevuto le loro multilazioni in guerra o in duello); infine, il grandissimo interesse di Tagliacozzi per le pratiche botaniche e di giardinaggio legate all’innesto e al perfezionamento degli alberi da frutta. In ogni caso, il De curtorum si inserisce in quel vasto movimento di smottamento dei confini tra il naturale e l’artificiale che fu parte integrante della rivoluzione scientifica.
Fonti e Bibl.: A.M.E. Corradi, Dell’antica autoplastica italiana, in Memorie del Regio Istituto Lombardo di scienze e lettere, classe di scienze matematiche e naturali, s. 3, XIII (1877), pp. 225–273; M. Teach Gnudi - J.P. Webster, The life and times of G. T., surgeon of Bologna 1545-1599, New York 1950; G. Ferrari, Public anatomy lessons and the carnival. The anatomy theatre of Bologna, in Past & Present, 1986, vol. 117, pp. 50-106; F. Rombolà, La chirurgia plastica in Calabria nei secoli XV e XVI. I fratelli Vianeo, Cosenza 1997; S. Marinozzi, The Vianeo and G. T., in Medicina nei secoli, 1999, vol. 11, pp. 603-610; M. Gadebusch Bondio, Medizinische ästhetik: kosmetik und plastische chirurgie zwischen Antike und früher Neuzeit, München 2005, pp. 84-181; P. Santoni - Rugiu - P.J. Sykes, History of plastic surgery, Berlin-New York 2007, pp. 167-212; R. Gurunluoglu - A. Gurunluoglu, Giulio Cesare Arantius (1530-1589). A surgeon and anatomist: his role in nasal reconstruction and influence on G. T., in Annals of plastic surgery, LX (2008), 6, pp. 717-722; P. Savoia, Cosmesi e chirurgia. Bellezza, dolore e medicina nell’Italia moderna, Milano 2017.