GASPAREda Pesaro
Sono ignoti la data e il luogo di nascita di questo pittore e miniatore, il cui nome compare per la prima volta in un atto notarile redatto a Palermo il 13 nov. 1413. L'appellativo "da Pesaro", documentato nella Sicilia occidentale fin dall'ottavo decennio del Trecento e trasmesso anche ai figli di G., non si riferisce alla città natale dell'artista, bensì alla lontana ascendenza marchigiana della famiglia (Bresc Bautier, 1974 e 1979, al quale si rimanda ove non diversamente indicato). È noto che G. sposò nel 1415 Lucrezia - nata dal nobile giurista Benedetto di Bonoamico - che morì nel 1422 lasciandogli una figlia.
L'attività pittorica di G. è testimoniata da un buon numero di documenti, ma nessuna delle opere ivi menzionate si è conservata. È probabile che l'artista abbia dato inizio alla propria attività frequentando la bottega palermitana del senese Niccolò di Magio, insieme con il quale si impegnò a dipingere, nell'aprile del 1418, un gonfalone ligneo, realizzato dal carpentiere Lemmo de Savina. Il 28 apr. 1421 fu incaricato, ormai in qualità di artista indipendente, di dipingere un gonfalone per la cattedrale di Agrigento, che gli venne saldato nell'aprile del 1422 (Di Marzo). In questo stesso anno G. compare come erede, insieme con il mercante palermitano Pietro d'Augusta, del patrimonio dell'orefice veronese Paolo Antonio di Iacopo.
Da vari atti notarili risalenti al terzo decennio del secolo è comprovata la continuità dei rapporti personali dell'artista con Niccolò di Magio, nonché la conoscenza del sivigliano Giaimo Sánchez, pittori tra i più affermati dell'ambiente palermitano.
Dall'aprile del 1428 al maggio del 1429 G. risulta essere impegnato a dipingere un'Annunciazione e un Giudizio finale sui due lati di un gonfalone ligneo per la Confraternita dell'Annunciata di Castronovo, sul modello di un gonfalone allora conservato nella locale chiesa di S. Demetrio. Nel mese di luglio venne pagato per un'icona da porre sull'altar maggiore della chiesa di S. Eulalia nella loggia dei Catalani di Palermo.
G. ricevette commissioni ufficiali da parte della corte aragonese almeno a partire dal 1430, quando eseguì per la flotta reale in partenza per Malta un vessillo raffigurante la Crocifissione. Nel gennaio del 1432 gli fu richiesto un gonfalone da parte della Confraternita di S. Domenica di Cammarata.
Dall'amministrazione regia fu pagato dal settembre di quell'anno fino al 31 ag. 1436 per l'arme del duca di Milano da lui effigiata nella loggia dei Genovesi di Palermo. Con una lettera del 4 marzo 1438 Alfonso d'Aragona richiese espressamente l'invio a Gaeta di G. affinché illustrasse alcuni libri, dichiarando di apprezzare grandemente la sua opera.
G. sposò in seconde nozze, in data ignota, una vedova già madre del futuro notaio Gaspare Calandra, da cui presumibilmente ebbe cinque figli.
Di essi Nicola Matteo entrò nel convento domenicano di S. Cita a Palermo nel gennaio del 1442; Guglielmo, documentato dal 1442 al 1488 e divenuto pittore dopo un apprendistato presso la bottega paterna, ebbe tre figli maschi, Gilberto, Vincenzo e Gaspare. Anche il più giovane figlio di G., Benedetto, che fece testamento nel 1483, è in alcuni documenti qualificato come pittore (Di Marzo; Bresc Bautier, 1974 e 1979). In un registro fiscale redatto tra il 1442 e il 1444 G. risulta residente nel quartiere palermitano del Cassaro; e l'importo del contributo che fu tenuto a versare rivela l'agiatezza della sua condizione economica (Giuffrida).
L'attività di G. successiva al quarto decennio del secolo continuò a essere caratterizzata da un costante susseguirsi di commissioni: nel 1442 si impegnò a dipingere un'icona per la Confraternita di S. Giovanni Battista di Trapani; ma due anni più tardi non aveva ancora avuto modo di dar inizio all'impresa, e il pittore trapanese Giovanni Panicula, che si era prestato come garante, fu costretto a restituire l'anticipo versato (Trasselli). Il 3 ott. 1443 gli fu richiesta un'icona per l'altare maggiore di S. Maria degli Angeli di Baida. Nel luglio del 1446 si prestò come garante, insieme con l'argentiere Pietro di Spagna, della commissione del coro ligneo di S. Domenico a Palermo al carpentiere Nicola de Nuchio.
Sulla base dei comprovati rapporti dell'artista con Alfonso d'Aragona e con diversi esponenti della comunità catalana di Palermo, è stato ipotizzato che G. possa essere l'autore del celebre Trionfo della Morte oggi nella Galleria regionale della Sicilia, affrescato su diretto interessamento del sovrano nel palermitano palazzo Sclafani poco dopo il 1446, e denotante forti influenze della pittura catalana congiunte a motivi di origine franco-borgognona (Valentiner; Bresc Bautier, 1979).
Su incarico del catalano Ximen Trombecta G. accettò il 21 apr. 1447 di decorare le due facciate dell'arco di accesso della cappella della Madonna di Monserrato in S. Domenico a Palermo. Il pittore era tenuto a completare una composizione preesistente lasciata incompiuta e ad aggiungere "de albo et nigro di rilevu in quantu a la pintura" un Padre Eterno e un'Annunciazione (Bresc Bautier, 1979, p. 253). Nel dicembre di quell'anno G. si impegnò a dipingere un gonfalone per la Confraternita dell'Annunciata di Agrigento con l'immagine della Vergine annunciata, attenendosi a un disegno da lui stesso presentato in precedenza (Di Marzo). Nel marzo del 1449 stimò il trittico realizzato da Matteo Ponczu e Pietro de Lanarocto per la chiesa di S. Spirito a Palermo. Due anni più tardi venne pagato per gli sportelli del tabernacolo del Sacramento nella cattedrale di Monreale e per diciotto dipinti rappresentanti la consacrazione della chiesa (Millunzi).
Reca la data 1453 il trittico con la Madonna che allatta il Bambino tra i ss. Giovanni Battista e Michele Arcangelo già nella chiesa di S. Maria della Misericordia a Termini Imerese e oggi nel locale Museo civico, attribuito a G. e alla sua bottega in virtù delle rilevabili influenze della pittura catalana legate a motivi tardogotici, già ritenuti di derivazione marchigiana ma più verosimilmente desunti dal contesto locale (Di Marzo; Venturi; Van Marle; Longhi; Bottari; Andaloro).
Risale al marzo del 1457 la prima notizia relativa alla collaborazione di G. con il figlio Guglielmo, quando i due artisti, in piena pariteticità di ruolo, si impegnarono a eseguire un gonfalone per la Confraternita di S. Leoluca di Corleone; non avendo ancora assolto l'incarico entro la scadenza pattuita, stilarono un secondo contratto il 19 maggio del 1460. In questo stesso giorno G. acquistava dal carpentiere Francesco di Rinaldo un gonfalone in pioppo e un'icona composta da tre scomparti. I due pittori avevano intanto accettato il 1° dic. 1458 di dipingere un gonfalone per la Confraternita di S. Biagio di Cammarata, raffigurante su un lato S. Biagio tra due angeli e la Trinità sul lato opposto (Meli, 1953).
G. morì poco prima dell'agosto del 1461, quando venne redatto a Palermo l'inventario dei suoi cospicui beni a seguito del testamento da lui recentemente stilato (Di Marzo).
Fonti e Bibl.: G. Di Marzo, La pittura in Palermo nel Rinascimento. Storia e documenti, Palermo 1899, pp. 60-68, 361-367; G. Millunzi, Il Tesoro, la biblioteca e il tabulario della chiesa di S. Maria Nuova in Monreale, in Arch. stor. siciliano, XXVIII (1903), pp. 300 s.; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, VII, 4, Milano 1915, pp. 170-174, 190; R. Van Marle, The development of the Italian schools of painting, VIII, The Hague 1927, pp. 478-480; F. Meli, Problemi di pittura siciliana nel Quattrocento, Palermo 1931, pp. 39 s.; W.R. Valentiner, Le maître du Triomphe de la Mort a Palerme, in Gazette des beaux-arts, XVIII (1937), pp. 32-34; C. Trasselli, Sull'arte in Trapani nel Quattrocento, Trapani 1948, pp. 12 s.; L. Guerry, Le thème du "Triomphe de la Mort" dans la peinture italienne, Paris 1950, pp. 154 s.; R. Longhi, Frammento siciliano, in Paragone, IV (1953), 47, pp. 15 s.; F. Meli, La mostra di Antonello a Messina, in Arte cristiana, XLI (1953), pp. 176, 178; S. Bottari, La pittura del Quattrocento in Sicilia, Messina-Firenze 1954, pp. 23-27; M.G. Paolini, Il Trionfo della Morte di Palermo e la cultura internazionale, in Rivista dell'Istituto nazionale di archeologia e storia dell'arte, XX-XXI (1963), pp. 351 s.; A. Giuffrida, "Lu Quarteri di Lu Cassaru". Note sul quartiere del Cassaro a Palermo nella prima metà del secolo XV, in Mélanges de l'École Française de Rome. Moyen Âge-Temps modernes, LXXXIII (1971), pp. 447, 469; G. Bautier Bresc, Guglielmo Pesaro (1430-1487). Le peintre de la croix de Cefalù et du Polyptyque de Corleone?, ibid., LXXXVI (1974), pp. 214-216, 226, 236; M. Andaloro, in X Mostra di opere d'arte restaurate, Palermo 1977, pp. 44-52; M.C. Di Natale, Tommaso de Vigilia, Palermo 1977, I, pp. 11 s.; II, pp. 7-9, 17 s.; G. Bresc Bautier, Artistes, patriciens et confréries. Production et consommation de l'oeuvre d'art à Palerme et en Sicilie occidentale (1348-1460), Rome 1979, pp. 84-97, 156 s., 253; P. Santucci, La produzione figurativa in Sicilia dalla fine del XII secolo alla metà del XV, in Storia della Sicilia, V, Napoli 1981, pp. 207-209; F. Campagna Cicala, La pittura in Sicilia nel Quattrocento, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, II, Milano 1987, pp. 479, 632 s.; P. Santucci, La pittura del Quattrocento, Torino 1992, pp. 145 s.; M.C. Di Natale, in M. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani. Pittura, II, Palermo 1993, pp. 406 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 228.