DE ALBERTIS (Alberti, de Alberti), Gasparo
Incerta ne è la data di nascita, da collocarsi intorno al 1480; più sicura è la città d'origine, Padova, per la specificazione "da Padova" che accompagna il suo nome in tutti gli atti ufficiali. Si può comunque risalire alla data di nascita attraverso un suo ritratto conservato presso la Galleria Carrara in Bergamo, opera di Giuseppe Belli, che lo ritrae in espressionè non molto serena intorno all'età di sessant'anni (il dipinto è datato settembre 1548). Ordinato sacerdote, la prima notizia ufficiale di lui come cantore nella basilica di S. Maria Maggiore a Bergamo si ha il 6 nov. 1508, ma egli esercitava il canto in basilica già dal 1502, se in un documento del 26 apr. 1552 si ricorda che il D. "... per annos quinquaginta in componcndo infinitos cantus operam vacavit" (Scotti, p. 60).
Il 10 dic. 1524, in un atto che lo definisce molto capace tad sustinendum chorum et deditum studiis et compositionibus artis musicae" (ibid.), gli vengono conferiti, presso la basilica, nuovi importanti incarichi, tra cui l'insegnamenu; del canto polifonico a quattro chierici e la composizione di due libri di musica polifonica di cui uno di mottetti e l'altro di messe. Per questo, ma anche in ragione della sua povertà che non gli permetteva di attendere serenamente allo studio, venne decretato un aumento di stipendio di 20 lire imperiali e gli si donarono in più 3 brente di vino di Communuovo e 4 some di frumento. Ciò che non sappiamo è se per quel periodo la sua carica ufficiale fosse quella di terzo maestro o di sostegno dell'allora vicemaestro Francesco Valentino; è invece certo che il 7 febbr. 1536 al D. venne di nuovo aumentato il salario in quanto nominato direttore della scuola e maestro di cappella in sostituzione del maestro Dominichino. Dei trentotto maestri della basilica ricordati dallo Scotti (allegato j), il D. occupava pertanto il secondo posto in ordine cronologico.
Il 12 marzo dello stesso 1536, il D. era presente con un coro di ventidue cantori presso il monastero di S. Leonardo, sempre a Bergamo, per festeggiare l'ingresso, in qualità di frate, di Pietro Aaron, il quale riferiva che in quell'occasione, sotto la direzione del D. furono eseguiti i vespri "a chori spezzati" (cfr. K. Jeppesen, Eine musiktheoretische Korrespondenz des frühen Cinquecento, in Acta musicologica, XIII [1941], p. 38). Il 27 marzo, inspiegabilmente, il Consorzio della basilica decise di revocare l'aumento di stipendio che era stato concesso al D. solo un mese e mezzo prima; si dovrà attendere il 23 febbr. 1541 per registrare un nuovo aumento che portava il compenso a 200 lire imperiali annue, in considerazione che "plures libros cantus composuerit et alia multa fecerit pro honore dictae ecclesiae" (Scotti, p. 62). Due mesi dopo, l'11 apr. 1541, il Magnifico Consorzio decretò la costituzione di una scuola di canto fermo e figurato per dodici allievi cantori non necessariamente religiosi: quest'ultimo particolare si può dedurre dal documento di apertura della scuola, datato 5 maggio 1541, ove si annota che i dodici furono accuratamente scelti "ex multis propositis". La direzione della scuola, che non era un convitto, fu affidata al D., il quale, tra gli altri compiti, avrebbe dovuto riferire ogni due mesi.
Il 4 ag. 1550 il D. venne collocato a riposo con una delibera che non ne chiariva le ragioni, probabilmente imputabili alla sua avanzata età o a motivi di contenimento economico (Terminazione del Magnifico Consorzio, alla data, in Scotti, p. 62). Gli si ordinò anche abbastanza bruscamente di restituire al sagrestano della basilica i libri di canto da lui composti, che erano proprietà dei Magnifico Consorzio. Il D. si rifiutò con ostinazione di obbedire, nonostante i ripetuti ammonimenti, verosimilmente inasprendo i rapporti con i superiori. Ma i rapidi e forse capricciosi mutamenti nel deliberare dovevano evidentemente essere una delle caratteristiche del Magnifico Consorzio, che il 26 apr. 1552 decise di riassumere il D. in qualità di maestro del coro, nella speranza di restituire alla basilica l'antico splendore offuscatosi nel precedente periodo di crisi "per criteri di eccessivo risparmio" (Scotti, p. 64). Due anni dopo, il 10 apr. 1554, il D. venne di nuovo esonerato dall'incarico, ma questa volta definitivamente.
Morì certamente a Bergamo tra il1560 e il 1565; lo si deduce da due documenti (cit. in Jeppesen, Aforgotten Master ..., p. 314), con i quali il capitolo nel 1560 gli concedeva un sussidio straordinario motivato dalla sua molto avanzata età e dalla vita ritirata che era, costretto a condurre, e nel 1565 ordinava che i libri del D. (da questo dunque mai restituiti) fossero trasferiti al nuovo maestro dei coro Pietro Ponzio (Poncio) da Parma, con l'obbligo di inventariarli.
Quasi certamente tra i libri tanto contesi vi erano anche i tre manoscritti tuttora conservati nell'Archivio musicale della basilica di S. Maria Maggiore a Bergamo, riscoperti nel 1938 dal musicologo danese K. Jeppesen, primo e fino ad ora unico studioso dell'opera del De Albertis. Il ritrovamento riguarda i codici 1207, 1208 e 1209 dell'armadio D, rispettivamente di, 117, 135 e 134 fogli contenenti quasi esclusivamente musiche del D., in partic.: 21 salmi di cui sette per doppio coro a 4 voci (con le parti di uno o dell'altro coro non -sempre complete) e i restanti per coro a 4 voci; 15 lamentazioni, tutte a 4 voci, quattro delle quali attribuite al D. dallo Jeppesen nonostante nel manoscritto risultino anonime; 14 cantici, tra cui 7 Magnificat di cui due per doppio coro; 12 mottetti (un numero relativamente piccolo) di cui solo uno a 6 voci, i restanti 9. 4; 5 mottetti "post passionem", uno a 5 voci e quattro a 4 voci, di cui due anonimi nel manoscritto ma appartenenti quasi sicuramente al.D.; una litania a 4 Voci; 2 messe a 4 voci (la prima, "de Beata Virgine", è costruita su temi della relativa messa gregoriana; la secorda, "de Sancto Roccho", databile intorno al dicembre 1524 e basata sul tema di un mottetto sconosciuto. ha il carattere della messa votiva, in quanto dedicata al santo invocato come protettore e liberatore dalla peste che in quell'epoca si era abbattuta su Bergamo in forma particolarmente violenta).
Nei manoscritti citati si trovano anche 3 Vox Christi e 3 Turbae per tre "passioni" diverse, di cui due furono composte sul testo di s. Giovanni (rispettivamente per doppio coro, a 4 e a 6 voci), e una sul testo di s. Matteo (per doppio coro a 4 voci; l'indicazione "S. Marco" dell'Enc. Rizzoli-Ricordi [s. v.] è evidente refuso).
L'importanza di questi brani è enorme in quanto, secondo lo Jeppesen, essi costituirebbero la più antica testimonianza di questo genere musicale da parte di un compositore italiano. Una delle caratteristiche peculiari delle "passioni" del D. sta nel fatto che sono concepite per doppio coro, ove l'alternanza dei due gruppi, che mai cantano simultaneamente, serve a caratterizzare gli interventi. Le parole di Cristo, ad es., sono cantate sempre dallo stesso gruppo a 4 voci maschili, con l'indicazione "a voce mutata", e si trovano tutte nel ms. 1208 D, mentre le altre parti (Turbae) sono nel ms. 1207 D; in tale isolamento, la figura del Redentore e le sue parole acquistano indubbiamente una grande incisivita. La polifonia in senso stretto, ovvero il libero fluire contrappuntistico delle parti, non compare spesso in queste "passioni"; prevale piuttosto l'andamento isoritinico ad accordi e, sebbene i due lavori sul testo di Giovanni siano più ricchi armonicamente di quello sul testo di Matteo, non si può negare la presenza di una certa globale monotonia dal punto di vista armonico. Tra l'altro, come fa notare lo jeppesen, delle 64 brevi sezioni che costituiscono la Passione secondo Matteo, ben 51 iniziano con la triade maggiore di ao, ma d'altro canto proprio questa uguaglianza favorisce il contrasto a sorpresa con le rare differenti situazioni armoniche, che sottolineano quindi efficacemente momenti o parole chiave del testo. Le tre composizioni risultano comunque sempre ben caratterizzate dallo "strumento" coro, che il D. dimostra di conoscere assai bene; spesso è particolare l'uso delle dissonanze, ove la nota in questione risulta essere dissonante con le parti centrali ma consonante col basso; non mancano effetti particolari, come accordi vuoti, senza la terza, per rendere l'immagine del popolo, che grida con cieca brutalità.
In vita il D. vide pubblicato Il primo volume di Messe (Venezia, H. Scott, 1549), con la data Bergamo 16 maggio 1548, che allo stato attuale delle conoscenze risulta essere la più antica edizione di messe composte da un unico autore italiano. Il volume contiene: la messa Quaeramus cum pastoribus a 4 voci, su materiale tematico del famoso mottetto di J. Mouton; le messe Italia mia, su testo della nota canzone del Petrarca, e Dormend' un giorno a Baia, costruite rispettivamente su due dei più celebri madrigali di Ph. Verdelot. La dedica è rivolta a Giovanni Hieronimo Albano "Dottore e Cavagliero" nobile di Bergamo; nel terzo Agnus Dei della messa Italia mia, il tenore, sulle note del cantus firmus, indirizza a lui la frase: "Nulle Albane tuum delebunt secula nomen sed tibi magnanimo fama perhennis erit". Lo Jeppesen sottolinea che per la successiva pubblicazione di un volume di messe d'un unico autore italiano, si dovrà attendere il 1554 con il primo libro di messe del Palestrina, ma nonostante ciò presso i più importanti musicologi è introvabile un qualsiasi riferimento all'opera dei De Albertis. Dal canto suo lo studioso danese afferma che il materiale in nostro possesso è sufficiente per considerare il D., insieme a C. Festa, come la maggiore personalità musicale italiana del periodo immediatamente anteriore al Palestrina.
In edizione modema sono state pubblicate del D.: 3 messe, 3 mottetti, 1 passio e alcune lamentazioni, in Italia sacra musica, I-III, a cura di K. Jeppesen, København 1962.
Bibl.: C. Scotti, Il Pio Ist. mus. Donizetti in Bergamo, Bergamo 1901, pp. 60 ss., 64, all. I e J; G. D'Alessi; Precursor of A. Willaert in the Practice of Corospezzato, in Journal of the American Musicological Society, V (1952), pp. 191 s.; K. Jeppesen, A forgotten master of the early Mth Century: G. D., in Musical Quartely, XLIV (1958), 3, pp. 311-28; V. Ravizza, Frühe Doppelchorigkeit in Bergamo, in Die Musikforschung, XXV (1972), pp. 128 ss., 133-40; A. Carver, The Psalms of Willaert and his North Italian Contemporaries, in Acta Musicologica, XLVII (1975), p. 272; C. Schmidl, Diz. univ. dei mus., Suppl., p. 242; La Musica. Diz., I, p. 492; La Musica Enc. stor., III, p. 562; Enc. della Musica Ricordi: II, p. 251; Diz. enc. della musica e dei musicisti. Il lessico, III, p. 559; Idem, Le biografie, s. v.