Gozzi, Gasparo
Letterato veneziano (1713-1786), fra i principali esponenti dell'Accademia dei Granelleschi. Compose il sommario in terzine per ogni singolo canto della Commedia nell'edizione Zatta (1757). Ma la sua notorietà nel campo degli studi danteschi è legata al Giudizio degli antichi poeti sopra la moderna censura di D. attribuita ingiustamente a Virgilio, la cosiddetta Difesa di D. (1758) contro le Lettere virgiliane del Bettinelli.
Nell'opuscolo che esprime la reazione dei Granelleschi alle accuse bettinelliane, l'anonimo Parere o sia lettera scritta da un amico del Friuli ad un amico di Venezia sopra il poemetto intitolato Le Raccolte, pur esso del 1758, gli argomenti a favore di D. appartengono in genere al settore della retorica, con interessanti rilievi intorno alla " istoria della lingua " e all'assennata imitazione degli antichi. Il G. allarga di molto i confini della sua indagine e mira a cogliere tutti gli aspetti della personalità e dell'arte dantesche, nel presupposto che le censure del Bettinelli erano nate da una visione unilaterale e frammentaria dell'autore, del secolo in cui visse e della sua produzione.
Nella prima parte della Difesa, articolata in una prefazione, tre lettere del Doni allo Zatta (quattro con la Dichiarazione de' rami), un dialogo tra Virgilio e il Doni e una conversazione tra Giovenale, Aristofane, Virgilio, Doni e altri poeti, il G. mette in luce, soprattutto, la passione morale di D., " quella veemente continua collera, e quell'invincibile odio contro il vizio, e quel grande, insuperabile affetto alla virtù, che per tutto ardono e risplendono ", in essa collocando la forza unitaria della Commedia, la quale, lungi dall'apparirgli cosa slegata, insignificante, vacua e stanca, come al Bettinelli, è per lui una Danteide, ricca di emozioni, pitture, ammaestramenti, " idoli e pensieri piuttosto divini che umani ", vestiti tuttavia di corpo e quasi tangibili per evidenza e concretezza. Ma queste virtù sostanziali, la funzionalità artistica del plurilinguismo, i pregi dello stile e dell'espressione richiedono, per essere intesi e adeguatamente valutati, una conoscenza di tipo storico, una guida " che ti trasporti ai tempi del poeta ".
Qui il nodo della polemica. Lo scrittore ha buon gioco nello smontare il metodo del Bettinelli, affidato alla facezia, all'ironia, a impressioni fugaci, a sondaggi isolati, a un troppo pedante ricorso al ‛ verosimile ' che non sa tenere nel giusto conto la volontà allegorizzante del poeta, nonché la funzione suggestiva delle immagini ricavate dai testi biblici, in particolare da quelli profetici. A tal criterio il G. oppone la necessità d'immergere la Commedia nell'ambiente storico del primo Trecento, nei costumi, nel linguaggio, nel clima letterario di quell'età, di studiarla col contributo delle opere minori, dalla Vita Nuova al Convivio, cioè della " filosofia " tutta di Dante.
Successivamente Trifone Gabriele tratta il " discernimento " dell'arte dantesca, partendo da un ritratto morale del Fiorentino, dal suo amore della gloria, dalla sua tendenza alla grandezza, dal suo alto senso del proprio valore e della propria missione, e scorgendo la proiezione artistica di un simile impianto psicologico nel gusto della totalità, del sublime, donde l'isolamento austero del pensatore e del poeta. La tessitura tematica del poema, ispirata a codeste amplissime misure, si organizza poi in mirabile unità e semplicità, con perfetta convenienza delle parti allo scopo finale.
Aristofane, infine, difende il buon gusto di D. con l'allusiva favola di Orfeo: l'intento civilizzatore del mitico poeta greco, attuatosi con l'aiuto di Minerva e Venere in un'invenzione naturalissima, rispondente alle inclinazioni e al carattere del cuore umano, rivive nel programma dantesco di dar ordine e salvezza ai nuovi Traci, ai barbari suoi contemporanei, con una poesia vigorosa e nello stesso tempo tanto sublime da innalzarsi a esemplare unico: " Ma non si mescoli Dante con l'altre cose; ch'egli dee stare da sé solo, come principe e padre di tutti gli altri ".
Il limite dell'opera dipende in certo modo dagl'ideali conservatori dei Granelleschi, e, in un più ampio giro culturale, dalla fiducia mai incrinata dell'umanesimo arcadico nel principio d'imitazione; conferma Virgilio: " intendo... far sì che l'imitazione de' buoni poeti italiani non vada a monte ". D'altra parte l'autore dichiara di procedere senza una precisa direttiva o norma scientifica, lasciandosi guidare da un certo suo " lume naturale " e scrivendo " cosette leste ", come gli vengono alla penna, per non gravare il lettore. Sotto questo profilo la Difesa, pur garbata e a tratti incisiva, non regge al paragone con la provocatoria, ma serrata, intelligente, innovatrice critica del Bettinelli. Con tutto ciò sarebbe ingeneroso confondere il G. con gli altri difensori settecenteschi di D., superficiali e manierati. Caratteri distintivi della scrittura gozziana sono all'opposto un calore, una fermezza di convinzione, un impeto di fede nei valori della nobile tradizione e nel padre della letteratura italiana (con appena un'ombra di enfasi) che indubbiamente rispondono a una natura generosa, a un'intima educazione spirituale, ma interpretano nello stesso tempo il gusto di una larga fascia intellettuale, se è vero che il successo della Difesa fu vivo e immediato. Passando dalla saggistica alla pungente e acuta attività di giornalista, il G. non trascurò D., frequentemente citandolo all'inizio dei suoi articoli, e facendolo oggetto d'impegnativi assaggi critici. Ricordiamo almeno le osservazioni sulla vivacità figurativa dell'inferno e del Purgatorio (Osservatore, 22 aprile 1761), il dialogo tra Caronte e Mercurio sulla presunzione dei letterati (Osservatore, 26 agosto 1761) ove campeggia un denso ritratto del poeta, lo straordinario dialogo tra Aristofane e Mantegna (Osservatore, 10 aprile 1762) che vuoi considerare il poema " secondo l'intenzione della pittura " e contiene notevolissimi appunti sulla potenza fantastica e sul gagliardo linguaggio pittorico e plastico di D., il dialogo infine di Aristofane e Petrarca in cui si confrontano tra loro Petrarca e D., l'uno e l'altro egregi pittori, il primo notevole per la " dilicatezza " del tratto, il secondo " per li... colpi arditi e fieri ".
Bibl. - La Difesa di D. fu pubblicata a Venezia presso lo Zatta (1758); da ricordare le edizioni di A. Galassini (Modena 1893), e di A. Serena (Verona 1895); l'operetta si può ora leggere in Letterati memorialisti e viaggiatori del Settecento, a c. di E. Bonora, Milano-Napoli 1951, 22-91, e in G.G., Scritti scelti, a c. di N. Mangini, Torino 1960, 211-260; la più recente edizione de L'osservatore veneto è quella di N. Raffaelli (Milano 1965); si tenga presente anche l'ottava delle Lettere inglesi del Bettinelli (nell'edizione a c. di V.E. Alfieri, Bari 1930) che è una risposta alla Difesa di D.; il Parere o sia lettera di un amico del Friuli ad un amico di Venezia sopra il poemetto intitolato Le Raccolte con la risposta dell'amico di Venezia all'amico del Friuli apparve a Venezia nel 1758.
Sul G. critico di D.: A. Torre, Le Lettere virgiliane e la Difesa di D., in " Giorn. d. " IV (1896) 145-160; G. Zacchetti, La fama di D. in Italia nel sec. XVIII, Roma 1900; F. Sarappa, La critica di D. nel sec. XVIII, Nola 1901; M. Barbi, La fama di D. nel Settecento, in Problemi I 455-472; C. Calcaterra, La questione estetica delle " Lettere virgiliane ", in " Archiv. Stor. Prov. Parmensi " XXXIV (1935); M. Fubini, Arcadia e Illuminismo, in Dal Muratori al Baretti, Bari 19544, 327-328; A. Vallone, La polemica Bettinelli-Gozzi, in La critica dantesca nel Settecento, Firenze 1961, 35-45; C. Prencipe Di Donna, G. G. accademico granellesco, Napoli 1969, 23-39.