gastrolinguistico
(gastro-linguistico), agg. (iron.) Relativo al linguaggio che denomina o descrive le preparazioni e i prodotti enogastronomici.
• Le tendenze gastro-linguistiche dominanti sono due. La prima è uno sfoggio maniacale, e non richiesto, di tutti gli ingredienti del piatto: «la scaloppa di vitella su letto di scarola di campo con ristretto di marsala, scaglie di cedro e sale di Cervia», specie se fiancheggia altre venti pietanze ugualmente verbose, sfinisce l’avventore, anche quello meglio disposto, prima ancora di essere ordinata. [...] La seconda tendenza è ottenere stupore, uno stupore appunto barocco («è del poeta il fin la meraviglia») che muta l’avventore nello spettatore attonito di uno sfoggio di bravura. (Michele Serra, Repubblica, 19 febbraio 2011, p. 37, R2) • La Valtellina già deve farsi perdonare l’impiego per la Bresaola a indicazione geografica protetta dello zebù congelato che arriva dal Brasile, ma come farebbe poi per i suoi famosi pizzoccheri? Le celebri tagliatellone di pasta sono fatte con materia prima che viene dall’Olanda, visto che di quel grano in provincia di Sondrio se ne coltiva solo un ettaro, ma come fare, comunque, visto che la farina per i pizzoccheri è chiamata «di grano saraceno»?! L’ultra nazionalismo gastrolinguistico poi, potrebbe impedirci di usare termini non autoctoni come menu, bistrot, gratin, sauté, roast beef, vol-au-vent, crêpe, krapfen. (Edoardo Raspelli, Corriere della sera, 2 aprile 2012, p. 17).
- Composto dal confisso gastro- aggiunto all’agg. linguistico.