GATTESCHI, Gattesco
Nacque a Castel San Niccolò, nel Casentino, nel 1854 o 1855 da Dionigi e Rosa Minucci. Visse gli anni dell'infanzia e della fanciullezza nell'alta valle dell'Arno, "tra la campagna", già attento osservatore della vita domestica e quotidiana e di quelle figure umane tipiche di un ceto sociale che aspirava a superare le sue caratteristiche piccolo borghesi senza però abdicare a una sana moralità e a una sua concretezza e solidità del vivere. Avendo mostrato spiccate doti per lo studio, fu mandato dalla famiglia a Firenze per completare le superiori e lì iniziò a coltivare le proprie inclinazioni ed aspirazioni volgendosi all'attività di autore drammatico, di giornalista e di novelliere. Ancora molto giovane fondò in collaborazione con G. Biagi ed E. Fattori la rivista letteraria Il Parini (1874-75) e da questa esperienza trasse la spinta a collaborare ad altre riviste e giornali, come il Fieramosca di Catania, il Giornalino della domenica di Firenze e L'Arte drammatica di Milano. Stabilitosi a Firenze poco più che ventenne, il G. ebbe come maestro e ispiratore, specialmente per la sua opera drammaturgica, T. Gherardi del Testa, conosciuto a Livorno all'età di diciotto anni e più tardi ricordato, con l'entusiasmo di un discepolo, in Gherardi del Testa. Conferenza (Firenze 1882).
Tra molte difficoltà, il G. riuscì a far rappresentare le sue commedie migliori, ma la sua fama non varcò sostanzialmente i confini regionali nonostante le varie conoscenze che col tempo si formò nel mondo del teatro arrivando a frequentare, ad esempio, attori come T. Salvini (del quale avrebbe pubblicato un commosso necrologio: Nuova Antologia, 16 genn. 1916, pp. 249-255), E. Novelli, E. Rossi e cantanti come G. Bellincioni e R. Stagno. Fu amico di giornalisti, letterati e commediografi come C. Antona Traversi, celebre autore del dramma verista Le Rozeno (1891). Nell'ultimo decennio dell'Ottocento progettò e realizzò, insieme con altri colleghi giornalisti, pubblicisti e letterati, la costituzione dell'Associazione della stampa toscana, ricoprendo la funzione di consigliere. Portò sempre molta attenzione all'attività dei giovani teatranti della Toscana, convinto che dalle compagnie filodrammatiche potessero provenire nuovi impulsi e nuove personalità utili a corroborare il sistema teatrale ufficialmente riconosciuto; fu socio onorario di una filodrammatica di Livorno molto attiva, la Società dei Nascenti. Fu arguto e piacevole conferenziere, come si deduce dalla conferenza Il fiasco (Milano 1894), nella quale, fra il serio e il faceto, e con un forte accento autobiografico, trattava delle angustie, delle difficoltà e delle poche soddisfazioni riservate ai drammaturghi viventi suoi contemporanei.
La città di Firenze offrì, al suo sguardo e al suo udito attenti e curiosi, i modelli viventi di quei caratteri che abitano il mondo delle sue commedie; non è quindi semplice aneddotica quella che riferisce della sua assidua frequentazione dei giardini fiorentini come quello di Santo Spirito, dove passeggiavano le "sanfrianine", giovani mamme che vivevano nel quartiere di San Frediano.
La formazione letteraria del G. risentì di un tardo carduccianesimo ma fu anche legata a un vivace e allegro realismo di matrice veristica e di ambito regionalistico toscano, tra bozzettismo alla Fucini e gusto per i sani e buoni sentimenti alla Collodi, anche se il suo vigore inventivo non raggiunse mai la semplicità sapienziale, favolistica e pedagogica di Pinocchio, né la capacità di sintesi dell'apologo. Le sue furono commedie di ambiente - in genere piccolo borghese - e di caratteri, tra le quali spiccano Il contraccambio, in versi martelliani (Firenze 1875), La posta in casa (Milano 1876). Il topo dello speziale (ibid. 1878) e Falso in scrittura (ibid. 1880); pregevole vi risultava la sua capacità di intessere i dialoghi, facilitato dalla lingua toscana che gli si offriva come strumento linguistico utile per superare la distanza fra letterarietà e lingua parlata. Ciononostante anche il teatro del G. rimase chiuso in un ambito locale, ed egli scontò quella mancanza di una vera tradizione il cui vuoto non fu riempito nemmeno tramite l'impulso dato da Firenze capitale e dalle nuove iniziative culturali che vi si svolsero, anche nel contesto dell'attività teatrale; sul versante specificatamente drammaturgico solo il suo maestro, T. Gherardi del Testa, ed E. Novelli riuscirono molto parzialmente a liberarsi di quell'angustia ispirativa che vedeva ancora come modello a cui rifarsi gli "scherzi comici" tenuti a battesimo dal Giraud fiorentino; d'altra parte il G. tentò, virando i suoi soggetti verso la vita quotidiana di una piccola borghesia festiva e assieme arguta, di andar oltre "la satira amabile degli ambienti più retrivi della società italiana (aristocratici, codini, ecc.), svolta secondo la moralità dei goldoniani ottocenteschi" (S. Ferrone, Introduzione a Il teatro italiano, V, La commedia e il dramma borghese dell'Ottocento, I, Torino 1979, p. XXXIX).
Il G. morì a Firenze il 26 apr. 1918.
Di un certo interesse è la "leggenda medievale casentinese" La torre dei diavoli (Firenze 1881), omaggio del G. alla sua terra d'origine che, al di là della sua impostazione documentaristica, presenta alcuni accenti tipici di un certo gusto veristico per le antiche radici antropologiche ed etniche di un determinato ambiente storico e geografico. Va ricordato infine che la sua produzione toccò anche il melodramma (Pasqua d'azzimi, musica di A. Sauvage, Firenze 1898), la poesia (Plebe, ibid. 1884), il racconto (Peccati veniali, ibid. 1886); pubblicò inoltre, in collaborazione con G. Magherini Graziani, Impressioni e ricordi, Città di Castello 1885.
Fonti e Bibl.: La bibliografia critica sul G. è, allo stato attuale, pressoché inesistente. Si vedano, comunque T. Rovito, Letterati e giornalisti ital. contemporanei, Napoli 1922, p. 186; G. Casati, Diz. degli scrittori d'Italia, III, Napoli 1934, p. 46; Enc. Italiana, XVI, p. 449.