GATTI, Gervasio, detto Sojaro
Nacque intorno al 1549-50 quasi certamente a Cremona, dove da tempo risiedeva la sua famiglia. Il padre, Giovan Pietro, era fratello del pittore Bernardino dal quale il G. ereditò il soprannome di Sojaro. Presso lo zio condusse il proprio apprendistato, documentato a partire dai lavori per la cupola di S. Maria della Steccata a Parma dove Bernardino fu attivo dal 1560 al 1572. Il G. si formò dunque a diretto contatto con le opere dei maestri parmensi, filtrando la lezione che lo zio aveva assimilato dalla "maniera" romano-padana.
Con poche eccezioni, il G. lavorò sempre a Cremona, dove realizzò anche la sua prima opera documentata. Il S. Sebastiano con un fanciullo devoto fu infatti eseguito per ornare un altare laterale della chiesa di S. Agata, costruito per volontà testamentaria di Raimondo Ripa. Firmata e datata 1574, la pala del G., "che par disegnata dall'antico" (Lanzi), deriva da un dipinto di ugual soggetto, conservato a Milano presso la Pinacoteca di Brera, realizzato da Dosso Dossi per un altare della chiesa cremonese dell'Annunziata. Nella pala in S. Agata emerge una sensibilità verso stilemi veneti che fu propria anche di altri artisti cremonesi, tra cui soprattutto Antonio Campi, come testimonia il suo S. Sebastiano del 1575, oggi nelle raccolte del Castello Sforzesco di Milano.
Il G. subì ancora l'influenza di Dosso nell'Annunciazione (Cremona, Museo civico) firmata nel 1580 per l'altare maggiore della chiesa di S. Maria in Betlem, parrocchia nella quale mantenne sempre la propria residenza. Questa pala rivela altre componenti che il G. aveva potuto assorbire nella sua città: modi pordenoniani si uniscono infatti ad ascendenze mantovane mediate dalle esperienze dello zio Bernardino, e sembrano accogliere suggerimenti dal moderno linguaggio di Antonio Campi.
Il 30 giugno 1582 il G. ricevette l'incarico di lavorare nella cappella di Girolamo Malesta in S. Francesco dove realizzò la decorazione a fresco, andata perduta, e la pala d'altare con la Visitazione entro l'ancona intagliata dal Vianino.
Conservata oggi nel duomo, e conclusa nel 1583, l'opera rivela una particolare destrezza del G. nel rendere i ritratti dei Malesta - previsti fin dal contratto (Rodeschini Galati, 1985, p. 223) - abilità per la quale egli fu non solo rinomato nella letteratura artistica cremonese, ma anche apprezzato dai suoi contemporanei (Ebani; Guazzoni), "avendo esso ritratto infiniti Signori, Principi, e Gentiluomini" (Antonio Campi, in Zaist, p. 243). Tra questi, i Farnese con i quali sono ben documentati rapporti almeno fino al 1613 (Rodeschini Galati, 1985, p. 223): stando agli inventari, nella residenza parmense di palazzo del Giardino, i Farnese possedevano cinque ritratti del G., fra cui quello di Ottavio Farnese, conservato nel municipio di Parma e databile alla fine del primo decennio del Seicento (Giusto).
Il 10 apr. 1587 il G. firmò il contratto con il priore del monastero di S. Sigismondo per il completamento della decorazione della cappella dedicata alla Vergine, avviata dallo zio Bernardino, e per realizzarvi i due dipinti laterali: nel Riposo durante la fuga in Egitto e nella Natività l'artista utilizzò quelle sperimentazioni luministiche desunte dal Correggio e adottate da Antonio Campi. Ancora in città eseguiva nello stesso anno l'Assunta per S. Maria del Campo, e, nel 1589, la Natività, commissionata dalla famiglia Fiameni per il proprio altare in S. Agostino.
Potrebbe risalire agli anni Novanta la documentata attività piacentina del G. che, però, continuò a risiedere a Cremona: nulla si sa delle tre pale esistenti ancora nel Settecento nella chiesa di S. Bernardo (Venturi, p. 825), una delle quali è ricordata dal G. in una lettera del settembre 1594 al governatore di Piacenza; sono invece note l'Incontro di s. Benedetto e s. Mauro, il Martirio di s. Lorenzo e il Martirio di s. Bartolomeo, realizzate per la chiesa di S. Sisto a Piacenza e oggi nella parrocchiale di Ottavello; sempre per S. Sisto il G. eseguì la Circoncisione (ubicazione ignota) che Sacchi nell'Ottocento vide nel coro di S. Giovanni in Canale.
Grazie ai successi ottenuti nel decennio precedente, il nuovo secolo si aprì per il pittore con un naturale incremento del numero e del prestigio delle commissioni. Per un altare laterale della chiesa cremonese di S. Pietro al Po, nel 1601 firmò e datò il Martirio di s. Cecilia, nel quale si è sempre individuato un autoritratto nei panni del soldato in primo piano. Nella stessa chiesa realizzò, più o meno contemporaneamente, il Martirio di s. Lucia che, carico di "sapide notazioni naturalistiche d'ispirazione fiamminga" derivate dalla pittura dei Campi, costituisce in effetti una sorta di pendant tipologico, liturgico e stilistico del Martirio di s. Cecilia (Voltini, p. 59).
Di datazione incerta, è il Battesimo di Paolina, pala dell'altar maggiore della chiesa dedicata ai Ss. Pietro e Marcellino. Il dipinto era certamente già concluso nel 1608 (Rodeschini Galati, 1990, p. 288) quando venne aperta al culto la chiesa, attigua al collegio del gesuiti e sorta per volontà del vescovo di Cremona Cesare Speciano, del quale il G. fece con ogni probabilità il Ritratto oggi nel palazzo vescovile.
Il 29 genn. 1607 il G. ricevette il prestigioso incarico di realizzare entro diciotto mesi il "quadro over ancona che si metterà nel choro" (Sacchi, p. 289) della chiesa di S. Agata. Come da contratto, l'anno successivo licenziò la S. Agata condotta dinanzi l'imperatore Diocleziano, "significativo esemplare dell'eclettismo dell'autore" (Voltini, p. 52). Sempre nel 1608 firmò l'Annunciazione, oggi in S. Vincenzo, ma proveniente, come la perduta Natività, da S. Giorgio. Intorno al 1610 si collocano la pala per S. Maria Maddalena, con l'Incontro tra s. Domenico e s. Francesco, e il Matrimonio mistico di S. Caterina del seminario vescovile.
Nel secondo decennio del Seicento si attesta un'attività del G. anche fuori della sua città. L'ultima sua opera documentata è il perduto Crocefisso con le Marie e s. Giovanni dipinto per l'oratorio del Ss. Crocefisso di Cremona dei chierici regolari teatini di S. Abbondio, presso il quale il G. figurava come confratello (Zaist, p. 247). È forse da connettere con questa committenza l'esecuzione del Ritratto del padre teatino Giovan Gaetano Persico che Zaist (p. 243) ricordava a Napoli, in S. Maria degli Angeli.
Il G. morì a Cremona, di peste, alla fine del mese di ottobre del 1630.
Dal suo testamento, rogato il 16 ag. 1621, si desume che nel 1619 aveva sposato in seconde nozze Paola Pedrini, dopo il matrimonio del 1580 con Perpetua de' Raspis (Grasselli, p. 132); che a Martire Alberti, suo allievo, lasciava "ejus studium artis picturae vulgo tutti li rilevi existentes in Domo habitationis praefati Testatoris"; e che in S. Maria in Betlem aveva fatto erigere un altare, dedicato a S. Giovanni Battista, dotato fin dal 1620 di una pala, perduta, con il Cristo in gloria e i ss. Giovanni Battista e Francesco, di un paliotto in legno con l'arme di famiglia e di un sepolcro, nel quale venne deposto alla sua morte. "Superstite et post se relicta" fu solo una figlia di sei anni, Perpetua, avuta dalla terza moglie Virginia de' Tauro. Come si evince dall'atto di tutela del 23 ott. 1630, stipulato a pochi giorni dalla morte del padre, Perpetua avrebbe ereditato i beni dell'artista elencati nell'inventario stilato nel marzo dell'anno successivo (Sacchi, pp. 296-299).
Fonti e Bibl.: G.B. Zaist, Notizie istoriche de' pittori… cremonesi, Cremona 1774, pp. 242-249; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia (1789), IV, Firenze 1834, p. 112; G. Grasselli, Abecedario pittorico, Milano 1827, pp. 132 s.; F. Sacchi, Notizie pittoriche cremonesi, Cremona 1872, pp. 129 s., 287-299; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, IX, 6, Milano 1933, pp. 825-833; M.C. Rodeschini Galati, G. G., in I Campi e la cultura artistica cremonese del Cinquecento (catal.), a cura di M. Gregori, Cremona 1985, pp. 223-228 (con bibl.); F. Voltini, in Vita religiosa a Cremona nel Cinquecento (catal.), a cura di M.L. Corsi - A. Foglia, Cremona 1985, pp. 35, 152; Id., La chiesa di S. Pietro in Cremona, Cremona 1985, pp. 33, 57-59; Id., Le chiese di S. Agata e di S. Margherita, Cremona 1985, pp. 29, 52; M.C. Rodeschini Galati, in Pittura a Cremona dal Romanico al Settecento, a cura di M. Gregori, Milano 1990, pp. 287-289; G. Rodella, La Visitazione di G. G., in Strenna dell'ADAFA, XXXI (1991), pp. 25-30; A. Ebani, Traccia per G. G. ritrattista, in Arte lombarda, CII-CIII (1992), pp. 40-42; V. Guazzoni, Ritratto di Giulia Caprioli Barbò, in Sofonisba Anguissola e le sue sorelle (catal.), a cura di M. Gregori, Milano 1994, p. 324; M. Giusto, Ritratto di Ottavio Farnese, in I Farnese. Arte e collezionismo (catal.), a cura di L. Fornari Schianchi - N. Spinosa, Milano 1995, pp. 279 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 252.