GATTO (dal lat. cattus [Palladio] di origine celtica; lat. scient. Felis; fr. chat; sp. gato; ted. Katze; ingl. cat)
Nome volgare applicabile all'intera famiglia dei Felini (v.). Come il micio sono gatti p. es. anche il leone, la pantera, il servalo, la lince, il ghepardo. Alla presente voce trattiamo le principali specie o gruppi di specie, nel nome volgare dei quali il termine "gatto" non è eliminabile.
1. Gatto viverrino (Felis viverrina Bennet), di statura sensibilmente maggiore di quella del micio, con coda piuttoso corta, muso allungato, pelo relativamente ruvido, grigio brunastro, macchiettato. Predilige le località paludose, nutrendosi anche di pesci e crostacei, nell'India settentrionale-occidentale, Ceylon, India ulteriore e Formosa.
2. Gatto del Bengala (forma tipica Felis bengalensis Kerr.). Statura minore di quella del micio, forme snelle, colorazione grigia giallastra o fulvastra con distinta macchiettatura nerastra. Si conoscono 10 sottospecie (1930) nell'India, India ulteriore, Cina e Siberia merid., Sonda, Filippine e Formosa.
3. Gatto ornato (Felis ornata Gray). Di colore giallino grigiastro desertico macchiettato; 3 forme abitatrici delle località aride dell'India sett.-occid., Persia orient. e Mesopotamia, Turkestan.
4. Gatto del Teminck (Felis temmincki Vigors) maggiore del viverrino, fulvo unicolore; vive con 3 forme nell'Himālaya, Yün-nan e Birmania.
5. Gatto dorato (Felis aurata Temminck) assai grande, o fulvo o grigio, rappresentato da 2 0 3 forme ancora poco sicuramente definite nell'Africa equatoriale dalla Sierra Leone all'Ituri.
6. Gatti selvatici più vicini al micio sono: il gatto delle Pampas (Felis payeros L.) grigio con macchiatura longitudinale; 2 forme nel Brasile meridionale, Argentina, Chile, Patagonia. Il gatto della steppa o Manul (Felis manul Pallas) con le orecchie basse e larghe, grigio, striato trasversalmente; 3 forme nelle località rocciose dell'Asia centrale fino all'Amur. Il gatto piedi-neri (Felis nigripes Temminck) piccolo, grigio, macchiettato; 2 forme nella Beciuania nell'Africa meridionale. Il gatto codone (Felis caudata Gray) grigio intensamente macchiettato di nero; 5 forme nei monti della Transcaspia ed Afghānistān. Il gatto selvatico (Felis silvestris Schreber) di statura lievemente maggiore del micio, robusto, con coda lungà ad apice ottuso, grigio più o meno brunastro, con striscia longitudinale vertebrale e macchiettatura trasversa; 6 forme (1930) nell'Europa centrale, Alpi, Abruzzo (Felis silvestris molisana, Altobello), Europa meridionale-orientale, Asia Minore. Il gatto ocreato (Felis ocreata Gmelin), di forme svelte, con orecchi alti, coda lunga e appuntita, grigiogiallastro con indistinta macchiettatura trasversale; rappresentata da almeno 10 forme (1930) nell'Italia centrale, Sardegna, Africa intera, Siria ed Arabia. Il gatto selvatico di Sardegna e il maremmano portano il nome di Felis ocreata sarda Lataste.
7. Il Gatto domestico o Micio discende secondo vedute recenti (Hilzheimer preceduto da Gaillard, Keller, Nehring) dalla sottospecie settentrionale-orientale del gatto ocreato (Felis ocreata maniculata Cretzschmar) e può portare il nome sottospecifico di Felis o creata catus Linneo (1758). Stanno a dimostrare tale discendenza i caratteri somatici, specialmente della coda e del piede posteriore e i caratteri dentali, nonché l'assenza di ossa di gatti tra gli avanzi umani preistorici europei. Alla fine del primo millennio d. C. la sua diffusione è quasi generale. Oggi si trovano gatti domestici ovunque il clima permette loro di vivere.
Il gatto può dirsi più legato all'abitazione dell'uomo che all'uomo stesso, di fronte al quale conserva una certa indipendenza da vero felino agile, equilibrato, dotato di sensi acuti, di sufficiente coraggio e di non comune scaltrezza. Non è peraltro raro il caso di gatti che si affezionano e ubbidiscono volentieri. In Germania si sta costituendo l'"Associazione degli amici del gatto", col programma di allevare razionalmente questo prezioso ausiliario della vita domestica, in modo da farne un animale affezionato, casalingo, che non rubi, rispetti gli uccelli e conduca una guerra di sterminio contro i topi e i ratti anche grossi e pericolosi. L'esempio merita imitazione. Si disciplini la riproduzione dei gatti mediante la radicale soppressione dei vagabondi, randagi, mendichi, mediante la castrazione e la scelta accurata dei riproduttori, per giungere alla stabilizzazione di tutte le migliori qualità psichiche e fisiche e alla costituzione di razze buone nel vero senso zootecnico.
Si enumerano generalmente una quindicina di razze: tigrata (di Cipro, di Siria), spagnola, d'Islanda, del Capo, del Gambia, certosina, siberiana (di Tobol′sk), persiana (di Khorāsān), del Caucaso, del Paraguay, d'Angora, cinese, siamese, malese, di Man (Cornovaglia). Due sole però meritano questo nome, e cioè: il gatto d'Angora, dal pelo lungo e sericeo, d'origine incerta, introdotto nel 1521 dall'Asia Minore in Italia, e il gatto siamese, dal pelo raso, di colore crema cenerino con testa, arti e coda nerastri. I gatti a coda rudimentale o anche anuri dell'Isola di Man nel Mar d'Irlanda, del Giappone, Siam, Birmania, Malacca e Sumatra sono soltanto affetti da una malformazione più o meno progredita e stabilizzata.
Il manto del gatto domestico può essere più o meno identico a quello del suo progenitore selvatico. Importantissimo è però il fatto che, accanto alla macchiatura trasversale si verifica anche la macchiatura longitudinale, catenata. Il manto può essere inoltre unicolore, bianco, nero, grigio argentato, azzurro, grigio cupo, gialliccio, rossastro, brunastro, oppure pezzato di bianco col colore del selvatico, oppure di bianco con rossastro e nero (quasi sempre femmine), oppure anche di rossastro e nerastro. La macchiatura può aver luogo su qualunque colore fondamentale, meno che sul bianco, e allora è in generale semplicemente concolore col colore fondamentale, ma più scura. Tanta dovizia dovrebbe ínvogliare a fissare, e qua e là già si fa, alcuni tipi particolarmente belli, per ritrarne pellicce che, data la perfezione delle conce, riescono di ottimo effetto.
Il gatto va in amore due volte all'anno, in febbraio e in giugno. Anche troppo noti sono gli sgradevoli concerti e le baruffe dei maschi tra di loro e con le femmine non ancora arrendevoli; giunto però il momento, l'accoppiamento si compie frequentissimo e in silenzio. La gatta porta 56 giorni e partorisce generalmente da 3 a 5 piccoli, che aprono gli occhi al nono giorno e sono allevati e istruiti con ogni cura dalla madre.
Patologia veterinaria. - Sono piuttosto facili nel gatto le malattie non infettive e non contagiose dei varî apparati, malattie che possono talvolta avere anche un substrato eziologico di natura infettiva, ma dove il microrganismo ha potuto intervenire solo in quanto ha trovato una causa efficiente che in qualche modo, e in primo tempo, gli ha procurato il terreno adatto per svolgere la sua azione patogena. Fra queste malattie che tuttavia si sogliono chiamare non infettive, vengono in ordine di frequenza e gravità quelle a carico dell'apparecchio gastro-intestinale. Sono generalmente gastriti ed enteriti che possono offrire un quadro molto vario tanto dal lato eziologico che da quello chico e anatomo-patologico. Vengono a notevole distanza le malattie dell'apparecchio respiratorio, specie del polmone e dei bronchi (abbastanza frequenti le forme di peribronchite con iperplasia ghiandolare adenomiforme del Ball e Boccolari-Segolini), le malattie parassitarie e non parassitarie della cute, dell'apparecchio genito-urinario (a carico della vescica specialmente), ecc.
Nell'ambito delle malattie infettive, il gatto rappresenta una delle poche specie di animali domestici, la quale abbia avuto il privilegio di essere preservata da molte delle malattie infettive e contagiose da cui invece sono afflitte le altre specie. Le poche malattie infettive a cui il gatto può andare soggetto, per quanto di scarso valore epidemiologico, rappresentano però nella quasi totalità un pericolo per l'uomo, perché a esso trasmissibili. Sono di più facile riscontro le infestazioni parassitarie dell'intestino (Taenia crassicollis, T.. echinococcus, Dipylidium caninum, Ascaris mystax ecc.), e della pelle (scabbia), e anche per queste ultime v'è il pericolo di contagio per l'uomo. La rabbia non è frequente nel gatto; quest'infezione merita attenzione perché si può calcolare che circa l'8-9% dei casi di rabbia umana provengano da morsicature di gatti rabidi, nei quali la malattia riveste quasi sempre il carattere di rabbia furiosa.
La tubercolosi è senza dubbio la malattia più diffusa per il gatto che vive in città. L'infezione è di solito sostenuta dal bacillo di Koch tipo umano, che trova quali sedi di predilezione la cute, della testa generalmente, e l'apparecchio respiratorio (polmone e pleura). Le forme di tubercolosi cutanea sono caratterizzate da estese lesioni ulcerative. Sono quindi lesioni di tubercolosi aperta, di particolare pericolo per l'uomo data la provenienza umana del bacillo.
È conosciuta nel gatto una speciale forma di setticemia emorragica sostenuta dal Bac. pneumoniae felis (Gärtner) o Bac. felisepticus (Boucek), caratterizzata da manifestazioni a carico dell'apparecchio respiratorio. Furono descritte nel gatto delle forme di faringite, con formazione di pseudomembrane, clinicamente simili alla faringite difterica dell'uomo e dalle quali fu talvolta isolato un bacillo identico sotto ogni punto di vista, a quello di Klebs-Loeffler della difterite umana.
Non frequenti, ma pericolose per l'uomo sono le dermatofizie, malattie contagiose della pelle sostenute da ifomiceti (erpete tonsurante, tigna favosa). La tigna favosa è la più diffusa, essa è sostenuta o dall'Achorion Quinckeanum, agente del favo del topo, o dall'Achorion Schönleinii, agente del favo dell'uomo. L'erpete tonsurante è sostenuta dal Microsporum canis (Bodin) o dal Microsporum felineum di Fose e Brascal; è estremamente contagiosa per l'uomo, intere famiglie possono contagiarsi.
La rogna sarcoptica rappresenta la malattia parassitaria della pelle più diffusa nel gatto. Il Sarcoptes minor che la sostiene, si trasmette facilmente all'uomo, specie dove le possibilità di contagi sono facilitate dalla molta domestichezza. La malattia s'inizia quasi sempre alla testa per poi diffondersi alle altre parti del corpo. Nelle forme avanzate, le desquamazioni epidermiche accumulantisi sulla pelle, dànno luogo a uno spesso strato simile a crusca. Il prurito è sempre intenso.
Storia, folklore, letteratura. - Nel gatto onduloso e morbido, dalla pupilla diaframmata, dallo sguardo inquietante, si ravvisarono in ogni tempo i caratteri dell'animale sacro o simbolico. Gli Egiziani lo importarono dall'Etiopia, lo chiamarono onomatopeicamente miu (monumenti della 5ª e della 6ª dinastia), più tardi emu e mau, e lo venerarono in varie forme.
Pare che esso fosse sacro alla dea B'aśtêje - (raffigurata dapprima come leonessa, più tardi in sembiante umano con testa di gatto), e che convenissero a Bubasti, per l'annuale festa della dea, vere folle di pellegrini, recanti, oltre a statuette di pietra o di metallo prezioso, i corpi imbalsamati dei loro gatti. Nel Libro dei Morti (cap. 17, ed. Naville) si ricorda come Rîe, il dio solare, sostenesse in sembiante di gatto una lotta contro il serpente tifonico ‛A'pôpe. Erodoto (II, 67) narra che in caso d'incendio la prima preoccupazione degli Egiziani era di salvare i gatti, e che quando un gatto moriva di morte naturale, gli abitanti della casa si radevano le sopracciglia in segno di lutto; ma tali racconti sono poco attendibili. Noto l'episodio narrato da Diodoro Siculo (I, 83), secondo cui il re Tolomeo, pur tenendo all'amicizia dei Romani, non avrebbe potuto sottrarre alla morte un cittadino romano che aveva ucciso un gatto. Molte statue, statuette e mummie di gatti sono pervenute dall'antico Egitto sino a noi. Sconosciuto agli Assiri, ai Babilonesi, agli Ebrei, il gatto domestico appare noto ai Cinesi sin da un'epoca assai lontana. Presso i popoli islamici fu sempre molto amato e protetto (al contrario del cane), e molti aneddoti e leggende parlano della simpatia di Maometto per i gatti. Anche nei testi indiani tradizionali il gatto è spesso menzionato.
I Greci e i Romani ci hanno lasciato scarsi monumenti che raffigurino il gatto che in genere è menzionato soltanto a proposito degli Egizî, o avendo presente il gatto selvatico (così p. es. Aristotele, Hist. animal., V, passim). I Romani importarono dall'Egitto il gatto domestico, e il nome catus (v. etimologia) compare solo nel sec. IV d. C. (Pallad., IX, 4); però già prima di allora la parola feles non designava più soltanto il gatto selvatico, ma anche quello domestico (cfr. Sen., Ep., 121; Aelian., Nat. anim., IV, 44). Pare che già nel sec. V a. C. si fosse tentato d'importare dei gatti domestici dall'Egitto in alcuni paesi dell'Italia meridionale (O. Keller).
Nel Medioevo il gatto fu spesso ritenuto animale diabolico, e come tale perseguitato e arso vivo. S. Domenico rappresentava il demonio sotto la forma di gatto; le streghe (di cui il gatto era compagno indivisibile) furono talora accusate di prenderne la forma. Le superstizioni relative al gatto sono poi innumerevoli, e diffuse presso tutti i popoli: ancor oggi presso i Siamesi e i Birmani esso è animale sacro; incontrare un gatto nero è presagio sfavorevole in varî paesi, segno di fortuna in altri. Il gatto è stato spesso animale sacrificale ed è tuttora connesso con cerimonie nuziali (p. es. in Polonia, in Transilvania, ecc.).
Nella letteratura e nell'arte di ogni tempo il gatto è stato motivo inesauribile di creazione: si possono ricordare, di sfuggita, gli scritti notissimi di Ronsard, Tasso, Hoffmann, Heine, Hugo, Baudelaire, Poe, Verlaine; e varî quadri fiamminghi e italiani del '500, quelli di G. Mind di Berna (il Raffaello dei gatti"), dell'italiano Brozzi, dei più noti animalisti cinesi e giapponesi.
V. tavv. LXXVII e LXXVIII.
Bibl.: Per la parte zoologica, v.: A. Ménegaux, Les Mammifères, I, Parigi 1903, pp. 259-275; L. Heck, in A. Brehm, Tierleben, XII (1915), pp. 111-28; R. I. Pocock, in Ann. Mag. Nat. Hist., XX, Londra 1917, p. 333; J. A. Allen, in Bull. Amer. Mus. Nat. Hist., XLVII (1925), pp. 273-278; Ward, in Journ. Bombay Nat. Hist. Soc., XXXI, i, pp. 4-6. - Per la parte storico-folkloristica, v.: F. Moncriff, Histoire des chats, Parigi 1732; M. Raton, Traité raisonné sur l'éducation du chat, Parigi 1828; J. Gay, Les chats, Parigi 1866; J. Champfleury, Les chats, Parigi 1868; M. Simpson, The book of the cat, Londra 1900; A. Repplier, The fireside Sphinx, New York 1901; A. Marks, The Cat in History, Legend and Art, Londra 1909; O. Keller, Die antike Tierwelt, I, Lipsia 1909; G. Rajberti, Il gatto, Milano 1923; J. Conan-Fallex, Le chat dans la littérature et dans l'art, Parigi 1926; D. Leloir, Le chat, Parigi 1930; P. Sackarndt, Katzen, Monaco 1930; C. Manetti, Il gatto, Catania 1931; M. Genevoix, Rrou, Parigi 1931; P. Eipper, Freundschaft mit Katzen, Berlino 1931.