GEA (gr. Γῆ; forma epica Γαῖα)
Dea degli antichi Greci, simboleggiante la terra, e, più precisamente, la terra-madre, la terra che concepisce e prolifica, in contrapposto al cielo che procrea (in senso maschile); nella mitologia (già in Esiodo), essa è perciò fatta madre di tutti gli dei e degli uomini, mentre più tardi (in Eschilo) si trova identificata con Temi (v.), madre delle Ore e principio di ogni ordine naturale ed etico. Il mito conosceva però Gea anche come genitrice di esseri ribelli e mostruosi, specialmente dei Titani e dei Giganti, che essa aveva aiutato nella loro rivolta contro le potenze celesti. Questa "madre di tutti" (πάντων μήτηρ, παμμήτειρα), benevola e benefica alle case e ai campi di chi la venera (Inni omerici XXX), veniva anche riguardata come una dea dei morti e dell'oltretomba e venerata come divinità ctonica: come infatti la terra tutto esprime dal suo seno, così esige che tutto nel suo seno ritorni.
Fra i culti di Gea, rivestì particolare importanza quello attico. Nell'Attica Gea fu venerata tanto come dea madre quanto come dea dei morti. Il mito faceva qui suo figlio Erittonio (v. eretteo ed erittonio, XIV, 208) progenitore della stirpe attica, che si riteneva, come quella degli Arcadi, autoctona. In Atene la si venerava poi a lato di Demetra, come protettrice dei fanciulli, di cui favoriva il crescere e lo svilupparsi; e, sotto tale aspetto, veniva invocata, come Demetra stessa (v.), con l'epiteto di κουροτρόϕος. E poiché il culto attico la conosceva anche come dea dei morti, così le era dedicato un giorno di festa, nel quale si commemoravano e si onoravano tutti i morti: la festa del quinto giorno di Boedromione (τὰ γενέσια), nella quale si offriva un sacrificio a Gea.
Ed essa fu anche riguardata come la più antica profetessa, perché ai vapori emananti dalle cavità delle rocce si attribuiva la facoltà d'ingenerare in chi li respirava l'estasi profetica. Nell'ulteriore elaborazione mitologica, troviamo Gea assimilata a Rea (v.) e considerata perciò come madre di Zeus, che essa aveva aiutato ad ascendere all'Olimpo, dove sedeva in trono al suo fianco. Conosciuta Gea, i Romani la identificarono alla loro dea Tellure (v.), alla quale attribuirono poi le stesse caratteristiche e gli stessi attributi mitici di Gea.
Iconografia. - L'arte antica usò rappresentare Gea nell'atto di uscir fuori dall'elemento che essa stessa personificava, dalla terra: così la vediamo ritratta in un rilievo, che la raffigura nell'atto di consegnare ad Atena il piccolo Erittonio, da lei generato, e nella Gigantomachia dell'ara pergamena. V'è ragione di credere che questa seconda rappresentazione fosse condotta su modello fidiaco. Più tardi, si amò invece rappresentarla reclinata a terra, circondata dai suoi figli, con la cornucopia in braccio e con a fianco una giovenca, simboleggiante l'agricoltura ch'essa protegge. La greca Gea è poi quasi sempre da riconoscere nelle rappresentazioni romane di Tellure, in conseguenza dell'avvenuta identificazione delle due divinità (per es., Gea ed Urano sulla corazza della statua di Augusto da Prima Porta; Gea ed Oceano su numerosissimi sarcofagi del sec. III).
Bibl.: L. Preller-C. Robert, Griech. Mythologie, 4ª ed., II, Berlino 1894, p. 634 segg.; S. Eitrem, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VII, col. 467 segg.; W. Dreissler, in Roscher, Lexicon der griech. und röm. Mythologie, I, col. 1566 segg.; O. Gruppe, Griech. Mythologie und Religionsgesch., Monaco 1906, p. 1062 e passim; A. Dieterich, Mytter Erde, 2ª ed., Lipsia 1913.