ĞEBEL ARŪDA
Nome di un'altura a picco sulla riva destra dell'Eufrate, sede di un insediamento di età protostorica (periodo di Uruk tardo, tra il 3200 e il 2900 a.C. circa). Gli scavi, condotti da una missione olandese sotto la direzione di G. van Driel negli anni '70 e '80, hanno rilevato dall'insieme dei dati ambientali e geologici come il sito non fosse confacente a un sistematico sfruttamento agricolo, mentre mancano chiari indizi di un ruolo primario nella regione per gli scambi commerciali.
La presenza di un monumentale complesso di culto e la sua collocazione proprio sulla sommità dello sperone rendono invece assai verosimile l'ipotesi che G. A. abbia occupato un posto primario nell'ambito del culto nell'area del medio Eufrate.
Il complesso di due templi monumentali attesta almeno due fasi di costruzione e d'uso. La prima è identificabile con il c.d. Tempio Rosso, dal colore dell'argilla dei mattoni; questo è un edificio' di m 13 (N-S) x 12 (E-O), completato da una corte e da un ampio recinto sacro, il témenos, anch'essi eretti con i tipici piccoli mattoni di argilla cruda seccati al sole, i Riemchen, che caratterizzano l'edilizia monumentale dell'età protostorica in Mesopotamia. Allo stesso periodo sembra appartenere anche l'edificio definito «primo edificio inferiore», presso l'angolo NO del témenos, costituito da un ampio ambiente rettangolare con un'unica entrata sul lato lungo e un grande focolare circolare, di certo connesso alle attività cultuali, quali forse la preparazione e la cottura di cibo e di offerte per la divinità.
La seconda fase, di poco più recente, si arricchisce di un altro tempio, a scapito del «primo edificio inferiore», tipologicamente e planimetricamente assai simile al primo, tranne che per il lungo vano trasversale su uno dei lati brevi, definito «Tempio Grigio» per la colorazione dell'argilla impiegata per la costruzione. A questa fase si ricollega un «secondo edificio inferiore», forse sostitutivo del precedente, collocato a Ν del «Tempio Grigio», e anch'esso costituito da un unico ambiente rettangolare provvisto di un forno oblungo disposto di fronte all'ingresso.
La pianta dei due templi, tripartita, con asse longitudinale e più ingressi sui lati lunghi, ripropone con significativa precisione l'impianto e lo sviluppo planimetrico dei grandi santuari protostorici del Sud della Mesopotamia, da Eridu a Uruk, e ripete la tipica articolazione a contrafforti lungo le mura esterne. Entrambi i santuari si elevano su un'ampia piattaforma, costituita da uno zoccolo in mattoni di 25 cm, ad analogia dei templi della Mesopotamia protostorica, dove la monumentalità e l'isolamento dell'edificio venivano accentuati dalla posizione sopraelevata rispetto al tessuto urbano circostante.
All'interno del vano maggiore, al quale si accedeva con percorso ortogonale direttamente dall'ingresso del tempio, erano podi e altari collocati al centro e sul lato breve; nel «Tempio Rosso» vi erano anche installazioni di forma antropomorfa estremamente schematizzata. Queste ultime ricorrono peraltro spesso nei numerosi edifici laici, portati alla luce in un settore del sito, a più tenue declivio, a O dei complessi maggiori di culto.
La funzione sicuramente secolare del complesso degli edifici circostanti la zona di culto e la loro destinazione prevalentemente domestica indicano un insediamento sistematico e stabile, sviluppatosi secondo un preciso impianto progettuale; si conservano significativi settori dei quartieri di abitazione dell’élite religiosa che presiedeva e gestiva l'attività templare. La qualità dell'esecuzione, la cura dei particolari tecnico-costruttivi, come, p.es., i numerosi collettori e le canalizzazioni per la raccolta e il drenaggio dell'acqua, testimoniano l'elevato livello sociale, economico e culturale già raggiunto alla fine del IV millennio a.C. nell'area nord-siriana. La complessità della struttura sociale e l'articolazione dell'apparato amministrativo cui spettava la gestione e il controllo degli affari economici, commerciali e di scambio accentrati nel tempio, sono attestati da alcune tavolette con impronte di sigilli cilindrici relative a una fase arcaica di registrazione contabile precedente l'invenzione della scrittura. I sigilli e le impronte sono stati talvolta ritrovati ammassati in un unico ambiente.
Gli scavi più recenti sul sito hanno indicato che a Ν del complesso dei templi era il limite dell'insediamento, segnato da un grosso muro di terrazzamento, mentre verso E si estende ancora un'ampia area occupata da strutture di abitazione e da servizi (strade e soprattutto forni da pane e per ceramica). Ancora non completamente scavata è infine la zona ove si ergeva un piccolo santuario, con un vano rettangolare centrale, provvisto di un altare sulla parete Ν e contenente all'interno piccole offerte di conchiglie e di grani per collane, e due ambienti annessi sul lato E, preceduti da una corte.
Le caratteristiche artistiche e architettoniche del centro di Ğ. Α., come quelle di Ḥabūba Kabira (v.) e Tell Kannas (v.), mostrano relazioni così serrate con i grandi siti della cultura sumerica della Mesopotamia da avvalorare l'ipotesi, quasi unanimemente condivisa, di nuclei originari provenienti dal paese di Sumer e impiantatisi lungo il corso dell'Eufrate, in località particolarmente favorevoli all'insediamento umano, per ragioni ambientali o strategiche. La floridezza e la rapida estinzione di tali siti sarebbero dunque dovute al carattere stesso di «colonie» della prima espansione sumerica fuori dell'area propriamente mesopotamica.
Bibl.: G. van Driel, C. van Driel-Murray, Jebel Aruda 1977-78, in Akkadica, XII, 1979, pp. 2-28; G. van Driel, The Uruk Settlement on Jebel Aruda: A Preliminary Report, in J.-C. Margueron (ed.), Le Moyen Euphrate, zone de contacts et d'échanges. Actes du Colloque de Strasbourg 1977, Leida 1980, pp. 75-93; J. Kalsbeek, La céramique de série du Djebel 'Aruda, in Akkadica, XX, 1980, pp. 1-11; id., Tablets from Jebel Aruda, in G. van Driel e altri (ed.), Zikir Sumim. Assyriological Studies Presented to F. R. Kraus in the Occasion of His Seventieth Birthday, Leida 1982, pp. 12-25; G. van Driel, Ğabal Arūda, in AfO, XXVIII, 1981-82, pp. 245-246; G. van Driel, C. van Driel-Murray, Jebel Aruda, The 1982 Season of Excavation, Interim Report, in Akkadica, XXXIII, 1983, pp. 1-26; G. van Driel, Seals and Sealings from Jebel Aruda 1974-78, ibid., pp. 34-62; id., Gabal Aruda 1982, in AfO, XXXI, 1984, pp. 134-137.