Vedi GEBELEIN dell'anno: 1960 - 1994
GEΒELEIΝ (v. vol. III, p. 798)
La località, il cui nome egiziano era Inr.ti («i due scogli», greco Pathiris, mentre la forma araba Gebelein indica «le due montagne», è situata 29 km a S di Tebe, sulla riva O del Nilo. Sede di culto della dea Ḥatḥor, è composta da due colline di cui la meridionale, lunga, stretta e a strapiombo sul Nilo, ospitava il tempio della dea, in età tarda circondato da una fortezza in mattoni crudi. Sulle pendici O e nella pianura a Ν si estendeva la città antica (in parte ora coperta dall'attuale abitato). Nella parete a strapiombo sul Nilo si apre una grotta artificiale di forma a Τ (vestibolo e sacrario), dedicata alla dea Ḥatḥor.
La collina settentrionale, più ampia e frastagliata, era la sede della necropoli, tuttora solo in parte investigata. Il sito, già noto agli autori della Description de l'Égypte, fu esplorato solo a partire dal 1884, dopo che scavi clandestini ne avevano evidenziato l'importanza. Reperti delle prime esplorazioni sono ora conservati al Cairo, a Berlino e a Lione. Il Museo Egizio di Torino, allora diretto da Ernesto Schiaparelli, vi iniziò i lavori nel 19io e li proseguì negli anni 1911, 1914 e 1920. Il successore Giulio Farina vi lavorò negli anni 1930, 1935 e 1937.
Gli scavi nell'area del tempio, sulla cima della collina S, portarono alla luce, inglobati nella costruzione di un possente muro di fortificazione in mattoni crudi su cui appaiono i cartigli del sommo sacerdote Men-kheper-ra figlio di Pinodjem, i resti del Tempio di Ḥatḥor, tra cui una stele regale pertinente alla II-III dinastia e stilisticamente affine ai rilievi di Djoser da Heliopolis, numerosi frammenti di rilievi murali datati al faraone Nebhepetra Mentuḥotep della XI dinastia, un deposito di fondazione di Thutmosis III, stele e frammenti di stele del Nuovo Regno, per lo più dedicate a Ḥatḥor.
Dall'area della città provengono circa quattrocento òstraka demotici e greci che riferiscono della vita di una guarnigione di mercenari ivi stanziata tra il 150 e l’88 a.C. I testi sono analoghi ad altri su papiro apparsi sul mercato antiquario e ora dispersi in varie raccolte. Altri testi greci e copti, scritti su pelli e datati tra la fine del V e gli inizi del VI sec. d.C., danno notizia di una presenza di Blemmi attestati a G. o nell'isola che la fronteggia.
La necropoli si estendeva lungo le pendici orientali della montagna settentrionale e nella pianura a Ν e ha fornito materiali dalla preistoria alla fine del Medio Regno. Curiosamente mancano tracce di sepolture posteriori, se si escludono alcuni scheletri pertinenti a seppellimenti secondari, di età probabilmente tolemaica, all'interno di una tomba della fine della XII dinastia. I rinvenimenti furono di importanza straordinaria: un'eccezionale tela dipinta di età preistorica, con rappresentazioni di barche e di danze funebri; tombe preistoriche con vasellame a bocca nera; una serie di papiri di carattere amministrativo datati alla fine della IV dinastia che presentano notevoli affinità con altri, lievemente più tardi, rinvenuti presso la piramide di Neferirkara ad Abu Sir; una sepoltura intatta della V dinastia contenente tre deposizioni accompagnate da un ricco corredo; una tomba con corredo della fine della VI dinastia; un'altra (ora ricostruita in museo) della X dinastia con caratteristiche stilistiche uniche, appartenente a un personaggio - Ini - che fu nomarca e per il quale è ipotizzabile un'origine nubiana. Alla XI dinastia appartiene invece la tomba a portico di un certo Iti, capo dell'esercito e tesoriere, che ha restituito una serie di pitture con scene rituali (nella cappella) e di vita quotidiana (sui pilastri del portico). Tali pitture sono un documento di straordinario interesse per il sovrapporsi agli stilemi classici di vivaci elementi di rottura caratteristici di un ambiente provinciale. La fine della XII dinastia è rappresentata da iscrizioni appartenenti ai Testi dei Sarcofagi, quanto resta del ricco corredo di Iqer, devastato dai ladri e dalle tèrmiti. Stele di mercenari nubiani datate al Primo e al Secondo Periodo Intermedio, riconoscibili dallo stile rozzamente vigoroso e ricco di novità tipologiche, nonché oggetti pertinenti alle culture «Gruppo C» e «Pan-Graves», rinvenuti nella zona e apparsi sul mercato antiquario intorno all'inizio del secolo, sono ora conservati in vari musei, tra cui quello di Torino.
L'interesse precipuo di tali reperti, provenienti da un ambiente provinciale all'estremo Sud dell'Egitto, è dato dal costante dualismo di una cultura che presenta contemporaneamente caratteristiche strettamente legate alle produzioni dell'ambiente connesso con la capitale e altre invece di tipo più provinciale, talora addirittura con influssi nubiani.
Bibl.: S. Curto, Gebelein: prospettive di ricerca, in Mélanges Gamal Eddin Mukhtar, Il Cairo 1985, pp. 168-175; A. M. Donadoni Roveri, Gebelein, in Beyond the Pyramids. Egyptian Regional Art from the Museo Egizio - Turin, Atlanta 1990, pp. 23-29 (con bibl. prec.).