GEBIZONE
Monaco benedettino, era già abate del monastero dei Ss. Alessio e Bonifacio sull'Aventino, in Roma, il 10 ott. 1072, quando in tale veste sottoscrisse un documento in favore del suo monastero. Con ogni probabilità è da identificare con l'omonimo vescovo di Cesena che appare sul finire del sec. XI e forse anche con il Gebizone che fu priore dell'eremo di S. Giovanni "inter ambas Paras" presso Bagno di Romagna sull'Appennino tosco-romagnolo.
È da ritenere del tutto inattendibile la notizia secondo cui G. sarebbe appartenuto alla nobile famiglia milanese e poi cesenate degli Ottardi. Tale notizia, già presente nell'inedita biografia di Gebizone priore di S. Giovanni composta dal vescovo di Cesena, G.B. Braschi (1656-1736), fu ripetuta, a partire dalle Memorie storiche del Cardella, nelle opere di eruditi locali, insieme con l'altrettanto falsa identificazione di G. con il contemporaneo monaco cassinese s. Gebizone di Colonia. Spesso è stata messa in relazione con G. l'annotazione che appare nel Necrologio di Fonte Avellana: "Die ultima junii obiit Gebiosius episcopus, nostrae congregationis monachus". Anche se dalla documentazione non emerge che egli sia stato priore di quell'eremo, non è da escludere che là G. si sia fatto monaco e che l'obituario avellanita gli si riferisca.
Il 2 genn. 1075 G. fu incaricato da papa Gregorio VII di compiere, insieme con l'abate di S. Saba, Mauro, una legazione nelle diocesi di Gubbio e di Montefeltro nella Marca Fermana, che erano rimaste senza vescovo, per la morte dei rispettivi presuli. Doveva sovrintendere alla scelta di due nuovi presuli tra gli ecclesiastici di ognuna delle due diocesi o - nel caso in cui non si fosse reperito alcun clericus degno di tale ufficio - di trovare "aliunde" i due nominativi da trasmettere a Roma senza alcun indugio. La missione fu compiuta con estrema sollecitudine: nella sede eugubina il nuovo vescovo, Ugo (II), è già testimoniato in data 22 apr. 1075. Il 13 gennaio dello stesso anno il pontefice aveva dato incarico a G. e a Mauro di recarsi anche a Pesaro con il compito di restituire all'allora vescovo, con ogni probabilità un Domenico, i beni di quella diocesi illecitamente alienati dal predecessore di quest'ultimo, Michele, deposto da Alessandro II nel sinodo lateranense del maggio 1063, appunto perché "res ecclesiae sibi commisse multimodis dilapidaverit" (Jaffé - Loewenfeld). Infine, con la lettera del 16 genn. 1075, G. e Mauro furono incaricati da Gregorio VII di portare a Ranieri II, figlio di Uguccio conte e marchese di Spoleto-Camerino, l'ingiunzione a presentarsi a Roma per rispondere e fare atto di pentimento per le sue azioni nefande: l'assassinio del fratello, la simulazione di una penitenza e il tentativo di contrarre nuove nozze. Una più importante e delicata missione attendeva G. di lì a poco. Nei primi giorni di ottobre del 1076 una legazione papale, composta da G. e da Falcuino vescovo di Fossombrone, giunse a Salona in Dalmazia, dove nella basilica di S. Pietro convocò e presiedette un concilio, i cui atti ci sono giunti inseriti nella Collectio canonum di Deusdedit.
Nel corso di esso il bano croato Demetrio Zvonimir, dal precedente anno "dux Chroatie Dalmatieque", per conto della Sede apostolica ricevette dalle mani del legato la corona e le altre insegne regali - il vessillo, la spada e lo scettro - venendo così investito del Regno di Dalmazia e Croazia. In cambio Demetrio si riconobbe tributario della Chiesa romana con il giuramento di fedeltà a s. Pietro e ai suoi successori impegnandosi al versamento di un censo annuale di 200 bisanti; donò inoltre al pontefice romano, perché vi risiedessero i legati della S. Sede, il monastero di S. Gregorio, detto Urana, con il suo tesoro.
Difficile delineare le successive vicende della vita di G.: esse interferiscono infatti con quelle di numerose personalità a lui contemporanee che portarono il suo stesso nome e che appaiono menzionate dalle fonti coeve. Ci si limiterà pertanto a dare qui una rapida sintesi delle identificazioni proposte dalla critica storica. Si chiama Gebizone il destinatario di due lettere di s. Pier Damiani: la 116 e la 176 dell'epistolario del santo. Nella prima, da attribuirsi a epoca posteriore al 1064, che è indirizzata agli abati Gebizone, Tebaldo (anch'egli di difficile identificazione) e Giovanni di Lodi, il futuro biografo del santo, il Damiani corregge un errore nel calcolo della festa della concezione di s. Giovanni Battista e prega gli stessi abati di rivedere e, eventualmente, emendare in proposito i suoi opuscoli. Nella seconda, di incerta datazione, il Damiani rimprovera con veemenza un monaco, di nome Gebizone, perché questi, adducendo ragioni di umiltà, ha rinunciato al priorato di un eremo per farsi però poi abate di un monastero. Sulla base del loro contesto, non risulta possibile identificare con precisione il Gebizone o i Gebizone destinatari delle due missive. Secondo il Lucchesi, in entrambe le lettere si tratterebbe dell'abate dei Ss. Alessio e Bonifacio, perché i sermoni damianei n. 20, "in festivitate sancti Bonifacii martyris" e n. 28 "sermo sancti Alexii confessoris" - che furono composti appunto per il chiostro sull'Aventino - testimoniano tra il Damiani e quel monastero la medesima stretta relazione che le epistole certificano tra lo stesso Damiani e Gebizone. Per quanto riguarda l'ipotesi di identificare G. con il Gebizone che fu priore dell'eremo di S. Giovanni "inter ambas Paras", un eremo avellanita nell'Apennino tosco-emiliano, la notizia certa è data dal contenuto di una carta del 1125 in cui Pietro, vescovo di Montefeltro, loda e conferma il privilegio con il quale "beate memorie Gregorius [VII] Apostolice Sedis auctoritate domno Gebizoni abbati prefatam eremum statuit" (Mittarelli - Costadoni, Appendix, col. 310). La presenza in quell'eremo di un priore - e vescovo - di nome Gebizone è testimoniata da altre carte, datate rispettivamente 1083 (Pasqui: "episcopus et heremi inter ambas pares prepositus"), 1090 (Reg. Camal., n. 557: "episcopus vocabulo Sancti Iohannes qui est [e]remo edificato inter Ambe Pare") e 1097 (ibid., n. 597: "episcopus, qui est rector de sancto Iohannes"). Si è pertanto identificato il destinatario delle due citate lettere di s. Pier Damiani, proprio con il primo abate di S. Giovanni "inter ambas Paras" (Dressler). Nella letteratura storica si è potuto ritenere che quest'eremo fosse da identificare con quello di Ocri, di cui si conosce solamente l'attribuzione da parte di Leone IX a Pier Damiani. Il Mittarelli e il Costadoni collegarono la fondazione di Ocri - identificata appunto con quella di S. Giovanni - con l'abate Gebizone destinatario dell'epistola damianea 176; pensarono che egli, dopo il rimprovero di s. Pier Damiani, avesse ripreso il governo di Fonte Avellana (l'eremo prima disdegnato) e per suo impulso avesse costruito un altro eremo tra le due sorgenti del Para e ne fosse, in seguito, divenuto priore. Più recentemente il Dolcini (1976) ha confermato l'identificazione di Ocri con S. Giovanni precisandone la localizzazione geografica con altri più saldi fondamenti. Poiché le parole della lettera 176 non specificano di quale eremo Gebizone si fosse rifiutato di divenire priore e dovendosi escludere - come si è visto - che un Gebizone sia mai divenuto priore di Fonte Avellana, nulla vieta di pensare che Pier Damiani facesse riferimento proprio a S. Giovanni "inter ambas Paras" e che Gebizone, dopo il severo richiamo, avesse acconsentito a mettersene a capo.
Il Mittarelli e il Costadoni avanzarono anche un'altra ipotesi per spiegare il preciso riferimento a un "monasterium S. Laurentii" contenuto nella lettera damianea n. 176: il destinatario di quest'ultima, Gebizone, sarebbe un eremita avellanita divenuto abate di S. Lorenzo in Campo presso Fano o di un altro non specificato S. Lorenzo presso Cesena e successivamente vescovo di Cesena e cardinale. Secondo il Micci, tuttavia, la fondazione di S. Lorenzo di Fano, che nella lettera di Pier Damiani è detta essersi verificata "nuper", risale invece a molto tempo prima. Inoltre è certamente falso che Gregorio VII nel 1084 avrebbe fatto del vescovo di Cesena, Gebizone, un cardinale prete.
Si è anche congetturato (Schwartz, Dolcini) che G. (ricordato come abate dei Ss. Alessio e Bonifacio nel 1072, 1075, 1076), il Gebizone priore nel 1083, 1090, 1097 di S. Giovanni "inter ambas Paras" e quindi anche il Gebizone destinatario delle lettere damianee siano la stessa persona e che questi sia inoltre da identificare con l'omonimo vescovo di Cesena, già tale allora almeno dal 1083, perché a questa data egli appare in veste di vescovo oltre che di priore di S. Giovanni "inter ambas Paras".
Il collegamento almeno tra il presule cesenate e l'abate dei Ss. Alessio e Bonifacio si fonda su un'indicazione apposta al titolo del canone di Deusdedit relativo al sinodo spalatino del 1076: dopo le parole "scilicet a Gebizone tunc monasterii sanctorum Bonifatii et Alexii abbate", tre excerpta della collezione canonica attribuibili al sec. XII, aggiungono "nunc vero Cesenate episcopo". Giustamente il Glanvell ha espunto il sintagma spurio (non così il Lanzoni, che si è visto costretto a limitare l'episcopato di Gebizone agli anni di pontificato di Vittore II, dedicatario della collezione) e lo ha relegato in apparato; ma con ciò la notizia non perde validità, poiché basta considerarla proveniente da informate fonti ecclesiastiche recenziori (Dolcini).
Secondo lo Schwartz, se il vescovo di Cesena Gebizone fu sostenitore di Gregorio VII contro l'antipapa Clemente III, dovette allontanarsi dalla sua città, almeno quando dai documenti è attestata la presenza dell'antipapa Clemente III in Cesena: il 13 giugno 1092, per confermare alcuni possessi ai canonici di Reggio Emilia, e il 22 sett. 1097, per ricevere il giuramento di fedeltà di Ugolino, figlio di Guido conte di Imola. Tuttavia, sempre secondo lo Schwartz, è più probabile che Gebizone sia passato all'obbedienza dell'antipapa ottenendone in premio la nomina a vescovo di Cesena. Un indizio, per quanto molto tenue, di questa ipotesi si è voluto vedere in una lettera inviata dal vescovo di Cervia Angelo - un prelato certamente schierato con Clemente III - a un Gebizone "confratri et coepiscopo", per chiedergli aiuto contro "quidam clerici et aliorum ordinum sacerdotes" che volevano la sua deposizione.
Nel caso il Necrologio dell'Avellana si riferisca a G. abate dei Ss. Alessio e Bonifacio, la morte di quest'ultimo avvenne il 30 giugno di un anno non precisato. Se G. è da identificare nel suo omonimo vescovo di Cesena, la sua scomparsa deve essere anteriore al 1106 quando in quella sede appare già attivo un nuovo presule, Ugo.
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