GEENNA (gr. γέεννα)
Denominazione nel Nuovo Testamento, insieme con altri nomi, della sede dei supplizî eterni (v. inferno); onde si dice che nella geenna si va dopo un giudizio di condanna (Matt., XXIII, 33), vi si è gettati (Matt., V, 29; XVIII, 9; Marc., IX, 45 Luc., XII, 5), vi si è perduti (Matt., X. 28), e per giunta "nel fuoco", sicché si parla di geenna del fuoco (Matt., V, 22; XVIII, 9; Marc., IX, 47 εἰς τὴν γέεξξαν, εἰς τὸ πῦρ τὸ ἄσβεστον). Nella lettera di Giacomo (v.) paragonati i danni della lingua a un fuoco che divora una selva, a significare l'origine di tanta iniquità nella perversione diabolica, si dice che essa viene attizzata dalla geenna (Giac., III, 6).
Notevole che la letteratura giudaica extrabiblica usa tal nome per la dimora dei dannati, come p. es. il IV Esdra (v.) e l'Ascensione di Isaia (v.), che amano far vedere vicini il luogo dei giusti e la geenna; così IV Esdra, II, 29: manus meae tegent te, ne filii tui Gehennam videant; VII, 36 (nel frammento mancante nel cod. Sangermanese, da cui dipende l'edizione annessa alla Volgata) et apparebit lacus tormenti, et contra illum erit locus requietionis et clibanus gehennae ostendetur; parimenti nel Talmūd babilonese, come nei trattati Ḥagiga, 1ª; ‛Erubim, 19ª.
Tale appellativo, di cui non paiono meravigliarsi gli uditori nel Vangelo, doveva essere già in uso. Esso sembra preso metaforicamente da una località gerosolimitana: il cod. B della versione greca dei LXX (v. bibbia) legge appunto in Giosuè, XVIII, 16, Γαίεννα, a cui nel testo ebraico corrisponde ge' ben Hinnom "valle del figlio di Hinnom", dal nome di un ignoto proprietario. Tal valle segnava il limite fra le tribù di Beniamino e di Giuda (Gios., XV, 8; XVIII, 16). Si è d'accordo oggi che tal valle corrisponda a quella che cinge Gerusalemme dalla parte occidentale e meridionale, e che è detta Wādī er-Rabābeh, tra la Birket es-Suḷtān e la fonte Rogel, donde il suo nome caratteristico di Wādī en-Nār (valle del fuoco).
Nel Medioevo non si pensava molto a questa valle, ma all'altra a sud-est della città, cioè alla valle del torrente Cedron, ritenuta nella sua parte meridionale per la famosa valle di Giosafat, ove avrebbe luogo appunto il giudizio finale.
Tal valle poi, per essere diventata sede del culto di Moloc, che importava la pratica di far passare per le fiamme i bambini, fu dal re Giosia segnata d'anatema (II [IV] Re, XXIII, 10; II Cronache, XXIII, 6; Gerem., XXII, 25); fu quindi adibita a scarico dei rifiuti della città, ciò che importava l'uso del fuoco, come elementare provvedimento di igiene. Da questi due fatti insieme, l'essere esecrata e continuamente ardente, si poté facilmente desumere la metafora per indicare la dimora dei reprobi. Che si spiegasse così da taluni l'appellativo del Nuovo Testamento è attestato da Eusebio di Cesarea (v.), Onomasticon in Ios., XVIII, 16 e nella versione di S. Girolamo: Geennom, quod interpretatur vallis Ennom: et ab hac quidam putant appellatam Geennam.
Bibl.: L. Atzberger, Die christl. Eschatol. in den Stadien ihrer Offenbarung, Friburgo in B. 1890, p. 185 segg.; J. Keulers, Die eschatol. Lehre des vierten Esrabuches, in Bibl. Stud., XX, ii-iii, Friburgo in B. 1922, p. 192 segg.; G. Dalman, Jerusalem u. sein Gelände, Gütersloh 1930, pp. 159 segg., 199 segg.; M. J. Langrange, Le Judaïsme avant Jésus-Christ, Parigi 1931, pp. 343-361.