gelato
In funzione aggettivale, il termine ricorre una volta nelle Rime e sei nella Commedia. Il significato proprio più usuale di " ghiacciato ", " congelato ", è presente in If XXXII 72 vid'io mille visi cagnazzi / fatti per freddo; onde mi vien riprezzo, / e verrà sempre, de' gelati guazzi, ove il poeta " intende gli stagni di questo mondo, e vuol dire che gli venisse ribrezzo di essi, perché gli richiamavano alla mente quanto egli vide laggiù nell'inferno " (Scartazzini), e XXXIV 75 discese poscia [Virgilio] / tra 'l folto pelo e le gelate croste, nel passo che allude alle " lastre di ghiaccio " che nel più profondo dell'Inferno circondano Lucifero.
In Pd XXVII 67 il sintagma vapor gelati che fiocca / in giuso l'aere nostro designa " gli fiocchi della neve " (Anonimo) a cui sono paragonati gli spiriti dei beati che lentamente discendono verso il poeta. Al gelo della morte si fa riferimento in Pg V 124 a proposito di Bonconte, il cui corpo... gelato in su la foce / trovò l'Archian, mentre invece gli altri esempi della Commedia portano la connotazione fisica di g. a un'espressione sensibilmente esteriorizzata di disagio o di paura. Così in If XXXIV 22 Com'io divenni allor gelato e fioco, / nol dimandar, lettor, ch'i' non lo scrivo, e Pg VIII 42 stretto m'accostai, / tutto gelato, a le fidate spalle, ove è il poeta stesso che appare " irrigidito " dal timore " però che per la paura manca il caldo naturale, et pertanto divengono le membra gelate ché il sangue è sceso verso il cuore " (Anonimo). Un contesto sottilmente figurato si evidenzia in Rime CI 8 questa nova donna / si sta gelata come neve a l'ombra, in cui nel linguaggio aspro delle ‛ petrose ' si cerca un parallelo tra la ‛ freddezza ' dell'amata e il ‛ gelo ' della neve.