GEMMA
Il termine g. si riferisce, nell'Antichità e nelle epoche successive, alle pietre preziose di ogni tipo, di preferenza a quelle lavorate. In questo ambito vanno annoverate, per quanto riguarda il Medioevo, accanto alle pietre anche le paste vitree. Per lavorazione è da intendere la modellatura per levigamento, più tardi per molatura, di una forma in rilievo (cammeo) o incisa in profondità (intaglio); entrambe le forme sono propriamente definite nell'uso linguistico odierno come gemme.Fin dai tempi antichi furono preferite determinate pietre come, per intagli e cammei a uno strato, il diaspro, l'ametista, l'eliotropio, il topazio, più raramente il lapislazzuli o anche il cristallo di rocca; per rilievi a più strati vennero usate pietre a più colori, come sardonica, onice e agata. Il procedimento tecnico del taglio delle pietre restò quasi invariato dall'Antichità. Lo strumento da taglio (tecnica della ruota) veniva azionato per mezzo di un archetto e la levigatura era effettuata con uno smeriglio, per es. polvere di diamante. Per le paste vitree in rilievo, insieme alla molatura, venivano utilizzate tecniche di stampaggio. I cammei, con un carattere più o meno rappresentativo, ebbero un vario impiego, dalla decorazione di utensili, mobili, recipienti e simili fino all'abbigliamento dei sovrani. Gli intagli, termine corrente solo dal sec. 18°, poterono anche essere grandi g. di notevole rilevanza ornamentale, ma nella maggior parte dei casi vennero realizzati per i sigilli e hanno quindi piccolo formato e, di regola, un intaglio speculare. Gli intagli non speculari hanno spesso raffigurazioni di carattere magico. Datazione e provenienza delle g. sono nella gran parte dei casi difficilmente precisabili; per cercare di risolvere la questione vanno presi in esame il repertorio ornamentale, l'iconografia e lo stile.La funzione delle g. nel Medioevo si riallaccia strettamente all'Antichità; la produzione, caratteristica di quest'ultima, dei preziosi 'cammei di stato' diminuì a partire dall'epoca paleocristiana; i pezzi conservati del sec. 4° tuttavia mostrano il perdurare delle tradizioni iconografiche imperiali, cosicché è da presumere una loro origine nell'ambito della corte (per es. cammeo di Costantino, Treviri, Stadtbibl.; cammeo Rothschild, Parigi, BN, Cab. Méd.). Nei temi degli intagli si ravvisa più chiaramente il processo di cristianizzazione. Già nel sec. 2° Clemente Alessandrino (Paed., III, 59, 2ss.) raccomandava ai cristiani la scelta di motivi innocui per le loro pietre da sigillo; si conservano inoltre g. con raffigurazioni bibliche (Noè, Daniele, il Sacrificio di Isacco, l'Adorazione dei Magi). Grande diffusione ebbero le g. dette gnostiche con valenze magiche. I noti ammonimenti dei Padri della Chiesa contro il lusso delle pietre preziose (Gregorio Nazianzieno, Oratio VIII, 10; PG, XXXV, col. 800) non devono essere sopravvalutati.A partire dal sec. 4° la produzione di g. lavorate subì un forte calo; tuttavia, tra gli altri, grandi intagli con il motivo della Guardia alla Croce (Vienna, Kunsthistorisches Mus.), così come cristalli incisi (Parigi, BN, Cab. Méd.; Oberlin, Allen Memorial Art Mus.) e anche rari cammei a più strati con temi cristiani (Parigi, BN, Cab. Méd.; San Pietroburgo, Ermitage) testimoniano che la Chiesa aveva fatto proprie le antiche forme di rappresentanza. La testa di Cristo nella croce del mosaico absidale di S. Apollinare in Classe a Ravenna potrebbe persino essere interpretata come raffigurazione di un 'cammeo di stato' cristiano.In epoca mediobizantina l'arte dell'intaglio delle pietre conobbe una certa ripresa: ne sono testimonianza g. di alta qualità incise con soggetti cristiani, come una piccola icona in lapislazzuli (Parigi, Louvre). Solo pochi di questi oggetti sono databili con sicurezza, per es. il grande cammeo in serpentino realizzato per l'imperatore Niceforo III Botaniate (1078-1081; Londra, Vict. and Alb. Mus.). Per l'epoca successiva sono noti dall'ambito bizantino provinciale numerosi cammei in pasta vitrea, di cui spesso si ipotizza una produzione veneziana.Nel corso dell'Alto Medioevo fu particolarmente diffuso il reimpiego delle g. su anelli e fibule (Roma, Mus. dell'Alto Medioevo; Parigi, BN, Cab. Méd.; Bonn, Rheinisches Landesmus.), ma anche su preziosi oggetti liturgici. Di grande rilevanza è l'inserzione di cammei a più strati con teste di profilo sulla legatura della regina Teodolinda (600 ca.), con un evidente intento legittimistico nella raffigurazione di coppie di sovrani (Monza, Mus. del Duomo). Anche l'inserimento di una piccola testa di Medusa nel centro della fibula di Mölsheim (Darmstadt, Hessisches Landesmus.) potrebbe rispondere a particolari intenzioni iconografiche. Altre fibule come anche suppellettili cultuali dei secc. 7° e 8° includono imitazioni di antiche g.; è il caso per es. del reliquiario di Teuderigo (Saint-Maurice d'Agaune, Trésor de l'Abbaye de Saint-Maurice), del reliquiario a borsa di Cividale (Tesoro del Duomo), con sei cammei di vetro a due colori, e della Croce detta di Desiderio a Brescia (Civ. Mus. Cristiano), con duecentododici pietre, tra cui cinquantotto g. con diciannove imitazioni altomedievali in vetro. È da rilevare che il vetro veniva apprezzato come materiale per le g. già da Isidoro di Siviglia (Etym., XVI, 16) e ancora da Teofilo (Diversarum artium schedula, IV, 2).Da paste vitree a doppio strato sono costituite le Alsengemmen, intagli con figure incise in modo sommario (ca. novanta esemplari noti). Inserti decorativi in paste vitree si trovano anche nell'ambito artistico insulare, per es. sulla croce di Ruperto (Bischofshofen, Pfarrkirche; Salisburgo, Dommus.) e sul calice di Ardagh (Dublino, Nat. Mus. of Ireland).L'alta considerazione di cui godettero le g. in epoca medievale fu dovuta non tanto al loro repertorio figurativo quanto piuttosto in generale alla rarità, alla preziosità del materiale e a volte forse anche alla specificità della loro romanitas. In alcuni casi dovettero avere rilevanza le concezioni magico-apotropaiche tramandatesi attraverso testi di autori antichi e cristiani (Plinio il Vecchio, Nat. Hist., 37; Isidoro di Siviglia, Etym., XVI). Spesso già il luogo di reimpiego delle g. rivela una interpretatio christiana (fibula di Mölsheim; croce di Enrico, Berlino, Staatl. Mus., Pr. Kulturbesitz, Kunstgewerbemus.; legatura detta di s. Lebuino, Utrecht, Rijksmus. Het Catharijneconvent).Un capitolo di particolare rilevanza dell'arte dell'intaglio è costituito dai cristalli di rocca carolingi, che si riallacciano alla tradizione protobizantina. Questi lavori - che comprendono opere di alta qualità e grande valenza rappresentativa (Crocifissione da Saint-Denis e cristallo detto di Lotario con la storia di Susanna, Londra, British Mus.) - potevano anche essere posti su un fondo aureo assimilandosi così alle g. a più colori. Persino nella miniatura carolingia si incontrano pietre intagliate dipinte con diverse raffigurazioni, anche bibliche, in rapporto con il contesto iconografico (per es. l'Evangeliario di Soissons, Parigi, BN, lat. 8850, cc. 6v-7r).Nell'età degli Ottoni fu caratteristica la particolare predilezione per l'impiego delle g. come spolia, su calici, reliquiari, legature e altro. Soprattutto sulle c.d. croci gemmate - una tipologia che esordì in epoca paleocristiana e perdurò fino al Medioevo maturo - se ne trova raccolto un gran numero. Una particolare attenzione merita la croce di Lotario (Aquisgrana, Domschatzkammer), che reca al centro un 'cammeo di stato' dell'imperatore Augusto e un cristallo di rocca carolingio intagliato al posto dell'immagine del donatore. Sulla croce-reliquiario di Fritzlar (Domschatz und Mus. des St. Petri-Domes) tra trecentosessantaquattro g. si incontrano molte pietre intagliate, mentre nella croce di Bernoardo a Hildesheim (Diözesanmus. mit Domschatzkammer) dodici pietre su duecentotrenta sono antiche. Si è supposto che il grande cammeo con l'aquila di Vienna (Kunsthistorisches Mus.) fosse la g. centrale dell'ambone di Aquisgrana. Il reliquiario di s. Andrea di Treviri (Domschatz) era sormontato da un intaglio a tutto tondo che intendeva forse rappresentare i tres viri, mentre il reliquiario di s. Servazio di Quedlinburg (tesoro della collegiata di St. Servatius) venne ornato con un magnifico cammeo di Dioniso.In ambito profano il culmine è rappresentato dal lóros e dal maniákion del c.d. tesoro dell'imperatrice, del sec. 10°-11° (Berlino, Staatl. Mus., Pr. Kulturbesitz, Kunstgewerbemus); sul lóros si contano ca. quaranta pietre intagliate, mentre sul maniákion sono inseriti numerosi cammei antichi appositamente molati: ca. venti pietre si dispongono intorno a un grande cammeo con la Vittoria.Il vescovo Bernoardo di Hildesheim (993-1022), che era vicino alla regnante dinastia ottoniana, usava un sigillo con un'antica testa di Medusa. Forse si devono a lui anche le antiche g. poste sul calice che porta il suo nome (Hildesheim, Diözesanmus. mit Domschatzkammer). Molte g. dell'epoca ottoniana dovevano provenire dalla dote, o dall'eredità, della principessa bizantina Teofano (950-991), moglie dell'imperatore Ottone II (955-983). In effetti nell'ambito delle opere che si possono riferire alla sua cerchia si trova un numero sorprendente di grandi pietre intagliate antiche, tra cui per es., oltre a quelle già menzionate, la testina in lapislazzuli di Livia reimpiegata nella croce di suo nipote Erimanno di Colonia (Colonia, Erzbischöfliches Diözesanmus.). D'altro canto sono conservate pochissime pietre intagliate bizantine impiegate in opere d'arte ottoniana (altare portatile di Enrico II, Monaco, Schatzkammer der Residenz; legatura, Monaco, Bayer. Staatsbibl., Cim 58), il che dimostra l'importanza di Teofano per il possesso di g. in quell'epoca.Accanto alle pietre lavorate anche le g. non intagliate hanno svolto una importante funzione significante nell'Alto Medioevo, per es. come 'pietra sotto il trono di Dio' (altare d'oro, Milano, S. Ambrogio; corona dell'impero, Vienna, Schatzkammer).Per il Medioevo maturo sono ancora da menzionare alcuni cimeli con una spettacolare ricchezza di gemme. Nel reliquiario dei Magi a Colonia (Domschatzkammer; 1181-1230 ca.), secondo un calcolo del 1789, erano inserite duecentoventisei pietre, duecentoventitré delle quali antiche e comprendenti 'cammei di stato', come quello dell'imperatore Nerone incoronato dalla Vittoria, il noto intaglio con Marte e Venere, e il cammeo detto dei Tolomei ora a Vienna (Kunsthistorisches Mus.). Il reliquiario di s. Elisabetta a Marburgo (Elisabethkirche) conta ottocentoventiquattro g., mentre nel reliquiario praghese di s. Venceslao (perduto) erano inserite ca. cinquecento pietre, e la croce-reliquiario dell'imperatore Carlo IV (Praga, tesoro della cattedrale) era decorata da trecentotrentatré g., tra cui ca. trenta intagli. L'applicazione di determinate pietre in punti di particolare rilievo rende in molti casi palese che i committenti (e gli artisti) medievali si servivano delle g. con grande consapevolezza e spesso ne valutavano con chiarezza, insieme al valore e alla singolarità, anche il messaggio iconografico. Ciò è confermato anche dall'inserimento di nuove iscrizioni e dalle rilavorazioni.Già da tempo si considera come una questione critica essenziale quella relativa all'autonoma produzione medievale di g. soprattutto dal 12° al 14° secolo. Wentzel (1962b) ha potuto individuare all'inizio della produzione solo pochi cammei con pronunciate forme plastiche. Un convincente sviluppo artistico si mostra dapprima solo in Italia, dove, prescindendo dai cammei vitrei bizantineggianti, si registra, nel regno di Federico II, una rinascita dell'arte dell'intaglio delle pietre, probabilmente legata alla personalità dell'imperatore e a volte vicina alla coniazione monetale. Diversamente da quanto affermato da Giorgio Vasari (Wentzel, 1962b, p. 48), secondo il quale prima della metà del Quattrocento non vi sarebbe stato in Italia alcun intagliatore di pietre, si è potuto ricostruire, per il sec. 13°, un gruppo di g., cammei e intagli, che comprende alcuni esemplari appartenenti al genere dei 'cammei di stato'. Vi si incontrano temi iconografici sia legati al potere regale sia cristiani, ma in alcuni di questi ultimi va comunque considerato un sottinteso imperiale, come nel caso della raffigurazione di Sansone che lotta con il leone (Washington, Dumbarton Oaks Research Lib. and Coll.); come nella scultura di ambito federiciano, relativamente spesso ricorre il motivo dell'aquila, oltre a quello del leone. Al celebre cammeo-ritratto dell'imperatore (Praga, tesoro della cattedrale) si possono collegare altre g. con figurazioni di rappresentanza. Con sempre maggior convinzione la ricerca è giunta ad assegnare tale produzione a centri dell'Italia meridionale, ma non mancano peraltro riserve all'attribuzione indiscriminata dei materiali dell'epoca alla corte di Federico II. L'amore di questo sovrano per le g. e il suo interesse di collezionista sono in ogni caso indirettamente attestati dal contratto con cui nel 1253 suo figlio, il re Corrado IV, tramite l'agente di commercio Giuseppe de Brauduxio, dava in pegno al mercante genovese Jacopo Buxulus de Palma numerose pietre pregiate, tra cui centotrentatré cammei e cinquecentoquarantasette intagli (Byrne, 1935).Per l'epoca intorno al 1300 va ancora richiamata l'attenzione su un intaglio per l'imperatore Enrico VII (che raffigura il viaggio per mare del sovrano) che appartenne in seguito a Carlo IV e venne usato come sigillo fino al 1416 (Praga, tesoro della cattedrale), dove compare l'indicazione di un maestro Lienhart di Venezia, unica menzione per quanto riguarda gli intagliatori di pietre dell'epoca. Anche in Francia negli stessi anni si registra una ben evidente moda delle g., per la quale si conserva un materiale di notevole ricchezza.Alla produzione iniziale appartengono intagli definiti come g. a fascio di paglia per la tecnica a intagli paralleli, la cui origine è stata da alcuni studiosi presupposta negli stati crociati d'Oltremare (Wentzel, 1941, p. 83ss.). Inoltre si ha conoscenza a Parigi nel 1292 di sedici cristalliers, quattordici voirriers ('molatori di vetro') e tredici pierriers (Babelon, 1902). Di particolare predilezione godettero i ritratti e i sigilli intagliati à l'antique.All'epoca del re francese Carlo V (1364-1380) si ebbe una fioritura dell'intaglio, legata alla considerevole attività di collezionista del re stesso e dei suoi fratelli Jean de Berry e Luigi d'Angiò, che raccolsero non solo intagli antichi, ma anche lavori di epoche successive; a questo proposito va poi menzionato anche il duca di Borgogna Filippo l'Ardito (1363-1404). Alla produzione parigina connessa alla corte si devono importanti realizzazioni: fra queste un ruolo preminente fu occupato dal ricco corredo di g. del busto-reliquiario di s. Benedetto, dono del duca Jean de Berry all'abbazia di Saint-Denis, oggi noto solo grazie alle indicazioni di Nicolas-Claude Fabri de Peiresc (1580-1637) e a una riproduzione nell'opera di Dom Michel Félibien (Le Trésor de Saint-Denis, 1991, p. 66). Alcuni pregiati cammei provenienti da questo venerato oggetto - in parte g. antiche, in parte pastiches medievali - vennero trasferiti sulla Couronne de Charlemagne (Parigi, Louvre), eseguita per l'incoronazione imperiale di Napoleone I. Parallelamente alla fioritura dell'arte delle g. a Parigi, un gusto analogo si manifestò alla corte borgognona.La grande considerazione di cui godettero le g. - basata su valore materiale e ideologico, rarità, durevolezza, forza cromatica, dignità estetica e qualità magiche - ha fatto in modo che tali piccole opere d'arte divenissero, anche per il Medioevo, un fattore significativo la cui portata va ben al di là del campo dell'artigianato artistico. Importante per la storia dell'arte fu il loro ruolo nella trasmissione del patrimonio formale dell'Antichità. Tuttavia il 'carisma' insito nelle g. oltrepassò di molto i limiti di questo ambito determinando il loro impiego ai massimi livelli della sfera temporale, religiosa e profana: "Abita in esse persino una qualche segreta forza prodigiosa che qui potrebbe servire alla salvezza" (Wolfram von Eschenbach, Parzival, III, 90).
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