generazione copia e incolla
loc. s.le f. inv. (iron.) I giovani cresciuti con la facilità offerta dagli strumenti informatici di cercare e assemblare elementi per la costruzione di un testo scritto.
• Tempi duri, in America, per la «generazione copia e incolla». Quando arrivano nelle università, gli studenti vengono catechizzati, in primo luogo, sulle tecniche da seguire per redigere un lavoro accademico «corretto». E se vengono sorpresi a copiare saggi e tesi, le sanzioni, un tempo assai blande, sono ormai pesanti: sospensioni, nei casi più gravi espulsioni e, a volte, perfino la revoca della laurea. (Massimo Gaggi, Corriere della sera, 23 gennaio 2007, p. 24, Cronache) • Non un elogio, sia chiaro, ma una verità che sta lì: copiare è un’arte antica e non solo a scuola. È una maniera pittorica, nel commercio e nell’industria un business florido. Certo, l’era dell’informazione la rinnova, la esalta, la insinua spesso senza lasciare impronte. A venti giorni dalla maturità 2007, la generazione «copia e incolla» rispolvera strategie e ne propone di nuove. (Alessandra Retico, Repubblica, 31 maggio 2007, p. 35, Cronaca) • C’è persino chi plagia a fin di bene, per accrescere la propria autorità morale. È vero, nella società postmoderna tutto è già stato scritto e visto, tutto è già citazione nel momento stesso in cui appare. Il procedimento principale diventa così la combinazione di nuove figure, l’assemblaggio dell’esistente. Si parla persino di una generazione «copia e incolla». Alla fine, però, vale sempre la regola dello sceneggiatore Wilson Mizner: «Quando rubi da un autore è plagio, quando rubi da tanti è ricerca». (Aldo Grasso, Corriere della sera, 29 settembre 2013, p. 1, Prima pagina).
- Già attestato nella Repubblica dell’8 marzo 2002, p. 41, Cultura (Simonetta Fiori).