genere
Dal lat. genus, affine a gignere «generare» e alle voci gr. γένος «genere, stirpe», γένεσις «origine», γίγνομαι «nascere». Nel linguaggio filosofico, giuridico e di altre discipline, si intende per g. una nozione che comprende in sé più specie o rappresenta ciò che è comune a più specie. Il termine γένος fu usato da Platone, come il termine εἶδος, per designare l’«idea»: il primo infatti riflette l’aspetto per cui essa è la «stirpe», la «famiglia» (per es., il gatto rispetto ai singoli gatti), il secondo riflette l’aspetto per cui essa è la «figura», la «forma», il «tipo». Più tardi, il termine εἶδος (anche attraverso il concetto dell’ἄτομον εἶδος, la species individua, cioè l’idea che non poteva più suddividersi in idee più particolari: da cui, fra l’altro, il concetto d’«individuo») venne sempre più presentandosi come implicante un’estensione minore a paragone del γένος. E di qui, allora, la superiorità estensiva del g. a paragone della specie (cioè dei due termini latini, genus e species, che letteralmente traducevano i due corrispondenti greci), poi consacrata dalle classificazioni naturalistiche. È detto g. prossimo (corrispondente al latino genus proximum, nella terminologia della logica scolastica) il concetto che è di estensione immediatamente superiore a quella del concetto da definire, e del quale appunto definitio fit per genus proximum et differentiam specificam («la definizione si esegue aggiungendo al g. prossimo l’ulteriore nota differenziale che lo specifica»).