Genere
Il concetto di genere è stato introdotto nel territorio delle scienze sociali a partire dal 1975 (Rubin 1975). Con tale concetto viene richiamata l'attenzione sull'importanza della dimensione sessuata della realtà sociale e, puntando lo sguardo sul genere femminile come su quello maschile, si intende mettere in luce le relazioni asimmetriche e mutevoli tra i due. Il termine, coniato nell'area anglosassone (gender) e tradotto in lingua italiana con genere, attualmente viene accettato e usato, sia pure con reticenza, da studiose e studiosi di diverse discipline.
Negli ultimi vent'anni, sia in America sia in Europa, questo concetto ha ispirato ricerche, corretto impostazioni teoriche ed empiriche disegnate in precedenza solo per il genere maschile (o per l'uomo, soggetto universale e neutro), suggerito un diverso orientamento secondo il quale impostare in modo nuovo determinate procedure di ricerca tipiche delle scienze umane e sociali (per es., nello studio del mercato del lavoro o della stratificazione sociale). Le ricerche sul g. hanno, inoltre, incoraggiato la formazione di terreni specifici d'indagine con denominazioni diverse: i women's studies, i men's studies, i gay o queer studies.
La vivacità con la quale ha reagito la ricerca sul campo è pari alla vivacità con cui il dibattito teorico si è sviluppato nutrendosi di esperienze disciplinari diverse e di ipotesi anche antagonistiche. Ma non si è trattato soltanto di una mancanza di accordo lessicale e terminologico. Le varie discipline, con i loro strumenti concettuali e i loro procedimenti di analisi, hanno influenzato profondamente gli sviluppi e le linee tematiche dell'area qui trattata. Filosofia, storia, antropologia, psicoanalisi, critica letteraria, sociologia (quest'ultima spesso denominata scienze sociali) si sono impegnate lungo direttrici diverse utilizzando approcci e strumenti ben distinti.
Esistono numerose teorie del g., ma risulta essenziale evidenziare la demarcazione fondamentale tra le teorie nelle quali tale concetto ritorna in maniera costante, benché sottoposto a continua ridefinizione (specialmente nelle scienze sociali non solo di area anglosassone), e la teoria della differenza sessuale, nella quale il corpo e la 'irriducibile' distinzione ontologica tra i sessi si oppongono alla nozione di genere. Indubbiamente, alla base di questa riflessione forte e ricca di intuizioni, che costituisce il 'pensiero della differenza sessuale', si percepisce la spinta del ragionamento filosofico e di quello psicoanalitico, con radici in due paesi contigui, Francia e Italia, e in due gruppi di studiose, quello delle filosofe di Diotima, dell'università di Verona, e quello riunito intorno alla francese L. Irigaray. Sull'altro versante, nel quale fioriscono ricerche e riflessioni in molteplici aree, lavorano soprattutto le scienziate sociali, fra le quali si segnalano, nei diversi paesi, L. Nicholson, J. Lewis, L. Alcoff, C. Saraceno, S. Gherardi, B. Beccalli, F. Bimbi, N. Fraser.
A partire dalla fine degli anni Ottanta e nel corso degli anni Novanta, tuttavia, la rigidità della contrapposizione tra g. e differenza sessuale ha perduto molta della sua durezza. In parte per merito del lavoro di riflessione e mediazione della storica J.W. Scott, in parte per lo sforzo di affinamento e di approfondimento intorno alle categorie utilizzate promosso da parte di studiose di diversa appartenenza professionale, come R. Braidotti, Th. De Lauretis, D. Haraway. I progressi compiuti dagli studi contemporanei non sono semplicemente il frutto di una riflessione teorica, ma il risultato di una serie di modificazioni sociali verificatesi nei vari contesti locali e nelle società che può riassumersi nell'espressione "autocritica del femminismo occidentale rispetto al proprio etnocentrismo" (Braidotti 1995), e quindi rispetto ai modi di vita, alle esistenze, ai valori di gruppi e popolazioni femminili e maschili, non bianche, non occidentali, non appartenenti alle stesse religioni e alle stesse tradizioni etniche.
Si è detto che i women's studies e i gender studies si trovano attualmente su un crinale difficile. J.W. Scott nel tracciare il bilancio di tale situazione evidenzia lo stato di acuta agitazione, come quando all'orizzonte si profilano imprevisti, rischi e pericoli. Le critiche e i moti di insofferenza intorno e all'interno dei gender studies provengono in larga parte dalle critiche sempre più frequenti e serrate alla cosiddetta politica dell'identità (identity politics), che ha assorbito fino al recente passato una grossa fetta dell'attenzione pubblica e accademica, e occupato ampio spazio nell'editoria. Si richiede un freno alla proliferazione degli studi sulle 'differenze' e alle sue, sia pure indirette, conseguenze: per es., le azioni positive a favore dei gruppi discriminati hanno incontrato un'impopolarità manifesta e crescente; sono state attaccate, ridimensionate e abolite sia che si trattasse di misure a favore del g. femminile (il quale non costituisce un 'gruppo', per la precisione, ma la metà dell'umanità), o a favore di minoranze di colore, di immigrati o di subculture discriminate. Nel frattempo sta montando una nuova ondata di radicalismo individualistico, polemico contro ogni intervento o politica indirizzata ai 'gruppi' e non ai singoli individui. Si è perduto, secondo la Scott, quel senso di padronanza e di sicurezza che avevano fornito i gender studies. Alla fine del secondo millennio non si può più parlare un linguaggio teleologico, mirato a miglioramenti concreti e permanenti. Non si cercano politicamente più delle 'garanzie' nuove, piuttosto si fanno i conti con le nuove condizioni, si cercano strategie adeguate per organizzare gli assetti prevalenti nella società in modo che tengano conto dei generi (e del genere femminile in particolare).
Tuttavia l'orizzonte intellettuale e l'arco degli interventi operativi che mantengono al loro centro il g. si sono piuttosto arricchiti e ramificati che ripiegati su se stessi. A questo riguardo tre temi hanno animato i dibattiti tuttora in corso. In primo luogo la questione dei diritti di cittadinanza, dell'origine storica, delle qualità universalistiche e del significato che viene loro attribuito da parte del genere femminile. La question de la parité (o mouvement de la parité, come viene chiamata in Francia dal 1993 in poi) è la punta avanzata di un confronto tra i generi e tra le rispettive risorse di potere, che va al di là della disputa su questo o quel diritto, ma mette alla prova una tradizione politica, una costruzione storica e il peso di una mentalità. La rappresentanza politica, il suo contenuto e la sua validità, la mobilitazione e la riorganizzazione che le richieste di parità tra i generi nella scena politica comportano sono diventati un nuovo luogo di elaborazione, di proposte, di conflitti e cambiamenti. Il secondo tema concerne il lavoro e le discussioni che si accumulano, insieme a nuove competenze, dietro la riforma e la revisione dello Stato sociale - in riferimento soprattutto all'Europa, ma non vanno trascurati i cambiamenti negli Stati Uniti -, e che riguardano le provvidenze, gli indirizzi e i riordinamenti, nonché l'importanza della dimensione di genere che tutti questi processi lavorativi possono riconoscere e includere. La fittizia separazione tra sfera pubblica e sfera privata può cadere, nel corso di questo processo, più visibilmente che in altre operazioni di ingegneria sociale: le politiche per la famiglia, ivi inclusa la definizione stessa di famiglia e dei diritti di chi la compone, le politiche per la sanità, per la difficile condizione del mercato del lavoro giovanile, per coloro che vivono al di sotto dello standard civile ed economico da noi convenuto, sono tutte articolazioni possibili, da costruire, che si radicano, originariamente, nella nuova ottica suggerita dalla categoria di g. direttamente o indirettamente. Infine, allo stato attuale è assai meno chiaro il bilancio delle novità introdotte dalle scoperte della biologia, con i progressi della genetica e della biotecnologia, attraverso la bioetica e la questione della procreazione assistita. Le indicazioni normative al presente sono assenti o non ben definite. È perlomeno necessario segnalare che in tale prospettiva i generi - o, in altre parole, entrambi i sessi - si trovano al centro di quest'area nuova e disordinata, ma portatrice di mutamenti non facilmente valutabili per l'intera società.
bibliografia
G. Rubin, The traffic in women. Notes on the political economy of sex, in Toward an anthropology of women, ed. R. Reiter, New York 1975.
L. Irigaray, Éthique de la différence sexuelle, Paris 1984 (trad. it. Milano 1985).
T. De Lauretis, Technologies of gender. Essays on theory, film and fiction, Basingstoke 1989.
L. Alcoff, Femminismo culturale e poststrutturalismo, in Memoria, 1989, 25.
Women and social policies in Europe. Work, family and the state, ed. J. Lewis, Aldershot-Brookfield (Vt.) 1993.
R. Braidotti, Nomadie subjects. Embodiment and sexual difference in contemporary feminist theory, New York 1994 (trad. it. Roma 1995).
Genere. La costruzione sociale del femminile e del maschile, a cura di S. Piccone Stella e C. Saraceno, Bologna 1996.
J.W. Scott, Only paradoxes to offer. French feminists and the rights of men, Cambridge (Mass.)-London 1996.
J.W. Scott, La querelle des femmes in the late twentieth century, in New left review, december 1997.
S. Gherardi, Il genere e le organizzazioni. Il simbolismo del femminile e del maschile nella vita organizzativa, Milano 1998.
C. Saraceno, Mutamenti della famiglia e politiche sociali in Italia, Bologna 1998.