Genetica dello sviluppo
Lo sviluppo è quel complesso di eventi che portano alla formazione di un organismo adulto pluricellulare a partire da una singola cellula: la cellula-uovo fecondata o zigote. La genetica dello sviluppo è lo studio dei geni connessi con questo processo e del loro meccanismo d'azione. Nelle primissime fasi dello sviluppo il ruolo dei geni è predominante e la loro azione rappresenta una conditio sine qua non per il procedere degli avvenimenti. Con il passare del tempo e con l'aumentare del numero delle cellule che compongono il futuro organismo, accanto all'azione dei geni diviene sempre più importante l'influenza dell'ambiente che circonda ogni singola cellula o anche l'intero organismo. Le cellule, in altre parole, si parlano e si scambiano segnali che ne modulano e ne condizionano l'espressione genica. Alcuni di tali segnali sono anche suscitati e modellati dalle situazioni dell'ambiente nel quale l'organismo in questione si sviluppa. Questa intensa attività di comunicazione regola il processo di differenziamento cellulare, che dall'unica cellula iniziale, lo zigote, porta all'organismo adulto. Le cellule che nascono dalle prime divisioni sono infatti equivalenti dal punto di vista delle loro potenzialità: ognuna di esse può dare origine a qualsiasi tessuto dell'organismo e perfino all'organismo intero. Le divisioni successive vedono invece una sempre maggiore specializzazione delle cellule che pian piano riducono le proprie potenzialità.
Lo sviluppo non è però legato solo alla formazione di tessuti con caratteristiche peculiari, ma anche alla creazione di una specifica organizzazione tridimensionale che viene definita nell'ontogenesi. Il processo che rende possibile il raggiungimento di una precisa disposizione spaziale delle diverse parti dell'organismo è stato al centro dello studio dello sviluppo sin dall'inizio del Novecento. Ancora oggi, comprendereil meccanismo di base della creazione di simmetrie e dipolarità (individuando, per es., un davanti e un dietro nel-l'organismo) rappresenta una delle sfide più stimolanti per le scienze biologiche, che deve prendere in considerazione sia i meccanismi epigenetici che influenzano lo sviluppo, sia l'azione dei geni. È quest'ultima che costituisce, direttamente o indirettamente, il filo conduttore dello sviluppo, lo studio del quale non può quindi assolutamente prescindere dalla genetica. Storicamente è poi successo che lo studio di alcune famiglie geniche abbia aperto la via alla comprensione di alcuni aspetti fondamentali dello sviluppo degli animali e delle piante. Una delle conseguenze più interessanti delle ricerche condotte in tale ambito è stata la constatazione che queste famiglie geniche sono incredibilmente conservate, cioè strutturalmente simili, in tutti gli organismi studia-ti. Ciò rappresenta quindi una delle più importanti dimostrazioni della discendenza comune degli organismi: questi geni, che hanno un ruolo chiave nel controllo della forma biologica, sono infatti stati osservati e studiati sia tra gli Insetti sia tra i Mammiferi.
Dopo qualche ora dalla costituzione, lo comincia a dividersi per dar luogo a due cellule, queste a quattro, poi a otto, poi a sedici e così via fino ad arrivare alle migliaia e migliaia di cellule di cui è costituito l'organismo adulto delle varie specie. Le prime tre o quattro divisioni cellulari generano cellule indistinguibili tra loro e identiche sotto ogni punto di vista. Da ciascuna di queste può nascere un organismo completo. Per questa loro proprietà sono chiamate , perché non c'è tessuto o struttura biologica a cui non possano dare origine. Nelle cellule nate attraverso le successive divisioni si comincerà in breve tempo a manifestare un certo grado di disomogeneità che andrà sempre più aumentando, cosicché gruppi diversi di cellule mostreranno un'identità sempre più spiccata. I gruppi di cellule che hanno acquisito una certa specificità, e si sono quindi parzialmente differenziate, perdono la loro totipotenza e via via che si specializzano riducono progressivamente la loro potenzialità, cioè la capacità di dar luogo a una moltitudine di tessuti diversi. Esiste cioè una correlazione inversa fra il grado di differenziazione di una cellula e la sua potenzialità. Con il passar del tempo, l'embrione acquisirà tutti i caratteri del futuro individuo e differirà da questo solo per le dimensioni e per il grado di maturazione di alcune sue parti. A questo punto i giochi sono fatti: le decisioni fondamentali sono già state prese e si entra in una fase di maturazione e di crescita.
Nella specie umana questo stadio viene raggiunto già alla fine della terza settimana di gestazione, dopo poco più di quindici giorni dall'impianto dell'embrione nell'utero materno; nel topo al decimo giorno di gestazione, dopo solo quattro-cinque giorni dall'impianto; nel ranocchio più studiato, Xenopus laevis, dopo circa ventiquattro ore. Ma che cosa è successo fino a questo momento? Il problema dello sviluppo è costituito dalla necessità di comprendere da dove vengono e come sono gestite le istruzioni per arrivare in breve tempo alla definizione di un organismo complesso, composto di migliaia di miliardi di cellule appartenenti a qualche centinaio di tipi di tessuto diversi, essendo il punto di partenza una singola cellula. Ogni cellula di un embrione che si sta sviluppando ha bisogno di almeno due tipi diversi di informazione: un'informazione istologica, o differenziativa, che specifichi a che tipo di tessuto deve dar luogo, e un', che specifichi a quale parte del corpo dovrà alla fine appartenere. Il primo aspetto, quello studiato da più tempo e con maggior dettaglio, si correla direttamente a quell'insieme di eventi che porta alla generazione di tanti tessuti diversi a partire da un'iniziale uniformità e che è chiamato 'differenziamento cellulare'.
La maggior parte dei fenomeni connessi con il differenziamento cellulare si può ricondurre a un paio di principî di carattere generale. Il primo principio, o principio dell' differenziale, ci dice che il differenziamento delle cellule di un organismo durante lo sviluppo è dovuto essenzialmente a un fenomeno di espressione genica differenziale di gruppi di geni: in un certo tessuto sono accesi alcuni geni, in un altro altri. È bene chiarire che questo è uno schema di spiegazione, non una spiegazione completa, e occorrerà molto lavoro per rifinirne i dettagli. Esiste poi un secondo principio, o principio della progressività della determinazione cellulare e tessutale, secondo il quale l'identità di un certo numero di gruppi di cellule avviati verso un comune destino embriologico viene raggiunta progressivamente nel tempo, con il passare delle generazioni cellulari. Di generazione in generazione, le cellule di un certo tipo accentuano sempre più la loro caratterizzazione, che viene comunque raggiunta per passi e che permette di distinguere più o meno chiaramente alcune linee di discendenza cellulare e di disegnare una sorta di albero genealogico specifico per le cellule dei vari tipi: quelle che si avviano a formare globuli bianchi, quelle che si avviano a formare le cellule del fegato, quelle che si avviano a formare il muscolo scheletrico e così via.
Questa progressiva determinazione implica una serie di accensioni e spegnimenti differenziali di gruppi di geni. Parallelamente a questo processo di differenziamento si ha una progressiva riduzione della potenzialità delle cellule delle varie discendenze. Le cellule che hanno l'identità di precursori delle cellule del sangue potranno dare luogo a globuli rossi, a globuli bianchi o a piastrine, ma in genere non a cellule di fegato. Qualche generazione cellulare dopo, alcune di queste cellule potranno dar luogo a globuli bianchi di vari tipi, ma non più a globuli rossi o a piastrine e qualche tempo dopo saranno in grado di produrre un solo tipo di globuli bianchi. Se il differenziamento delle singole linee cellulari è l'effetto di un'espressione differenziale di gruppi di geni, la sua realizzazione progressiva può essere pensata come un'opera di progressivo 'condizionamento' del genoma presente nei cromosomi dei nuclei delle varie cellule.
Possiamo pensare questo condizionamento come un programma di modificazione del grado di esprimibilità dei vari geni. L'esprimibilità di un gene è una condizione necessaria ma non sufficiente perché questo possa essere effettivamente espresso. Saranno poi segnali specifici a causare l'effettiva espressione di questo o quel gene che si presenta come esprimibile. Con il procedere del differenziamento, certi gruppi di geni sono sempre più difficilmente esprimibili, mentre altri hanno, per così dire, una esprimibilità garantita. Il grado di esprimibilità dei vari gruppi di geni, e quindi lo stato di condizionamento del patrimonio genetico di ogni singola cellula, è registrato nel suo nucleo e viene continuamente confermato dai segnali che quello riceve dalla cellula che lo ospita e che sono riconducibili a loro volta ai segnali che la cellula stessa riceve, dal suo interno o dall'esterno, in quella particolare fase dello sviluppo, come per il resto della sua vita.
La nascita della pecora Dolly e degli altri animali consimili ci ha peraltro recentemente mostrato che le alterazioni nucleari associate al procedere dello sviluppo sono solo alterazioni funzionali, dotate di un certo livello di reversibilità e che le cellule possono in alcune particolari condizioni essere almeno parzialmente riprogrammate. Queste recenti scoperte ci hanno indicato che la comprensione sempre più approfondita del ruolo dei prodotti di alcuni geni nel controllo dello sviluppo potrebbe portare ad applicazioni pratiche che erano inimmaginabili fino a qualche anno fa. Sappiamo d'altra parte che non tutti i geni operano nello stesso modo e in particolare che esistono che hanno il ruolo di controllare l'espressione di molti altri geni. Lo studio dello sviluppo e del differenziamento è reso un po' più facile dall'esistenza di geni regolatori e di geni regolatori dei regolatori. Non è necessario infatti, almeno in prima istanza, sapere tutto di tutti i geni, ma ci si può limitare a comprendere il funzionamento di un certo numero di geni regolatori.
Attualmente si ritiene che il problema dello sviluppo embrionale non si identifichi completamente con quello del differenziamento cellulare e si esaurisca con esso. Ogni cellula dell'embrione in via di sviluppo necessita di un'informazione di tipo differenziativo, cioè istologico, ma anche di un'informazione posizionale. L'informazione del primo tipo serve a indirizzare la cellula verso il suo destino di cellula nervosa o di cellula muscolare o di cellula del fegato. Quella del secondo tipo, invece, guida la cellula verso un determinato distretto corporeo. Se il destino istologico di una cellula è quello di diventare una cellula muscolare, dovrà anche sapere se si tratterà del muscolo del braccio o di quello della gamba e più in dettaglio del polpaccio o della coscia. Il processo di diffusione e di utilizzazione della prima prende il nome di 'determinazione istologica', mentre si parla di 'specificazione posizionale' per la concertazione e la distribuzione della seconda. Molte delle conoscenze acquisite negli ultimi quindici anni riguardano proprio l'informazione posizionale. Ciò che si è imparato concerne in particolare il controllo genetico dell'informazione posizionale e quindi della forma biologica.
Non è necessario spendere molte parole per chiarire l'importanza dell'informazione posizionale nell'embrione e nell'organismo in generale. Un corpo che contenesse tutti i tessuti normalmente presenti in un organismo adulto, ma disposti senza ordine spaziale, non sarebbe un organismo e non sarebbe probabilmente neppure vivente. Esistono in primo luogo i problemi inerenti l'organizzazione spaziale locale, necessaria per spiegare la cosiddetta , che possiamo tradurre come generazione di forme, corrispondente alla formazione di strutture biologiche complesse come una mano, un'ala, una penna, un tubulo renale, l'occhio composto di una mosca o il disegno sull'ala di una farfalla, sempre perfetto e sempre lo stesso di generazione in generazione. Al di sopra di tale organizzazione locale c'è poi il problema della specificazione regionale, intendendo con ciò la strutturazione di intere parti del corpo, composte di vari organi contenenti diversi tipi di tessuti disposti ordinatamente. La specificazione posizionale trascende spesso la discendenza cellulare e opera su più cellule e su più linee di discendenza cellulare in una volta. Possiamo a questo punto enunciare un terzo principio della biologia dello sviluppo o principio della specificazione posizionale: parallelamente alla determinazione del destino istologico di una cellula o di un gruppo di cellule si ha anche la loro specificazione posizionale. Questa specificazione non è ristretta a una particolare linea cellulare ma riguarda più linee di discendenza allo stesso tempo.
Al di sopra di tutto ciò esiste il problema dell'organizzazione spaziale generale del corpo: la testa deve stare al suo posto e così il torace e gli arti, e l'arto superiore deve essere distinto da quello inferiore e posizionato con precisione. Un animale superiore adulto possiede quella che si chiama generalmente simmetria bilaterale, articolata su un certo numero di assi fondamentali: quello antero-posteriore, detto anche cefalo-caudale o rostro-caudale, quello dorso-ventrale e quello destra-sinistra. Se poi ha alcune strutture appendicolari come ali, antenne, palpi, gambe o braccia, queste possiederanno anche una polarità prossimo-distale. Molto di ciò che si è imparato riguarda proprio l'origine, il mantenimento e l'utilizzazione di tali polarità. D'altra parte, ogni animale superiore deriva da una cellula-uovo, che è caratterizzata da una simmetria radiale, o cilindrica, e talvolta quasi sferica. Uno dei compiti dei fenomeni che hanno luogo nelle primissime fasi dello sviluppo embrionale è proprio quello di trasformare un oggetto di tale forma in un sistema ordinato di strutture assiali e trasversali che caratterizzano un organismo a simmetria bilaterale.
Si tratta di un tipico fenomeno di rottura di simmetria. Nel passare da una simmetria radiale a una bilaterale si perdono infatti alcuni elementi di simmetria. Prima non si sa, per esempio, distinguere il davanti dal dietro, mentre dopo sì. E lo stesso vale per la parte ventrale e quella dorsale del futuro organismo. Questo fenomeno è particolarmente evidente nei Mammiferi, che sono caratterizzati da una cellula-uovo quasi perfettamente sferica. Possiamo quindi anche dire che le prime fasi dello sviluppo embrionale sono accompagnate da un susseguirsi di rotture di simmetria: lungo l'asse testa-coda, quello dorso-ventrale e quello destra-sinistra. È interessante considerare come gli eventi che determinano la prima rottura di simmetria lungo l'asse testa-coda siano diversi da specie a specie. Nella drosofila (Drosophila melanogaster), il moscerino della frutta, il cui studio ha notevolmente contribuito alla comprensione dei meccanismi genetici, la prima asimmetria dipende da come è orientata la cellula-uovo in via di sviluppo nell'ovario della madre; negli Anfibi, da dove esattamente è entrato lo spermatozoo che ha fecondato l'uovo; nel pollo, dal fatto se l'uovo abbia ruotato in un verso oppure nell'altro durante la discesa lungo l'ovidotto, invece nei Mammiferi il motivo dell'asimmetria non è stato ancora chiarito. Quello che conta quindi non è il primo evento all'origine dell'asimmetria, ma come questa viene gestita successivamente. Se un animale avrà la testa a destra o a sinistra non ha in fin dei conti alcuna importanza, l'essenziale è che abbia la testa da una parte e la coda dall'altra e che tutto il suo corpo sia organizzato di conseguenza secondo un piano preciso. Non deve avere insomma due teste o due parti ventrali. Per questo motivo, anche se il primo evento è lasciato al caso, tutti i processi successivi sono rigidamente determinati da un insieme di circuiti genici. La determinazione degli assi fondamentali del corpo non è ovviamente tutto. Questi assi devono essere fissati una volta per tutte e lungo di essi l'organismo in via di formazione deve essere suddiviso in un certo numero di regioni che possiedano una loro specifica identità. Questo fenomeno generale prende il nome di 'regionalizzazione' e precede l' vera e propria. Per controllare l'insieme di tali processi è necessaria l'azione di migliaia di geni. Fortunatamente, i geni non sono tutti della stessa importanza.
Ci sono geni che dettano istruzioni di carattere generale e geni che, operando sulla base di tali istruzioni, si occupano della definizione dei dettagli. Comprendere la natura e la funzione dei geni del primo tipo, che possiamo chiamare 'geni regolatori' di alto livello gerarchico, fornisce molte più informazioni che non definire il ruolo specifico di quelli del secondo tipo, che possiamo chiamare 'esecutori'. Negli ultimi quindici anni si è registrato un notevole progresso nella conoscenza di un certo numero di famiglie di geni regolatori di alto livello.
Si è appreso per esempio che esistono una decina di geni che decidono dove deve trovarsi la testa, dove devono andare le spalle, dove deve stare il petto, dove l'addome, dove le braccia e dove le gambe. Questi dieci geni, chiamati HOX o della famiglia HOX, giacciono allineati l'uno accanto all'altro in una regione specifica di uno dei nostri cromosomi. L'ordine nel quale si susseguono non è casuale ma corrisponde all'ordine delle regioni del corpo che ognuno di loro controlla: il gene localizzato all'estrema destra controlla la testa, il secondo il collo, il terzo le spalle, fino all'ultimo a sinistra che controlla la parte più estrema del tronco. A questa corrispondenza, detta anche , fra la posizione dei vari geni sul cromosoma e la localizzazione lungo il corpo delle regioni che questi controllano fa riscontro un'altra colinearità, questa volta temporale.
Durante lo sviluppo embrionale il primo gene a destra si mette in azione per primo, il secondo lo segue dopo qualche ora, poi si attiva il terzo e così via, finché, dopo diversi giorni, si attiva anche l'ultimo a sinistra, quello che controlla le regioni posteriori del corpo. In una regione specifica del nucleo delle nostre cellule si trova quindi una famiglia di dieci geni, che nel loro complesso costituiscono una microrappresentazione molecolare del succedersi delle parti principali del nostro corpo, una sorta di homunculus assopito lungo il cromosoma. Al momento opportuno questi geni entrano in azione, uno dopo l'altro. Il loro succedersi lineare sul cromosoma si risolve in una progressione temporale della loro attivazione e quindi del loro intervento, per ritrasformarsi poi nel succedersi lineare delle varie parti del corpo, dalla testa alla coda. L'entrata in azione di questi geni è rigidamente programmata, ma ovviamente non sorge dal nulla, né opera nel vuoto. Esistono altre famiglie di geni e altre catene di eventi con cui l'operato degli omeogeni si deve confrontare e concertare. L'organismo si sviluppa come risultato di un gran numero di componenti, in parte genetiche in parte di derivazione ambientale, che costituiscono un'unica rete, se non un continuum. Siamo noi che, nel tentativo di comprendere la situazione e di descriverla al meglio, ci sforziamo di suddividere tale continuum in processi e meccanismi distinti.
Nel quadro della specificazione dell'informazione posizionale lungo l'asse maggiore del corpo, gli omeogeni si trovano a specificare anche il succedersi delle varie regioni del sistema nervoso centrale, dal cervello all'estremità caudale del midollo spinale. È questo indubbiamente uno degli aspetti più interessanti dell'azione di questi geni. Per esempio, alla base della testa si trova una regione spinale da cui partono i nervi cranici e dove è localizzata tutta una serie di centrali di controllo delle funzioni vegetative, quali la respirazione o il mantenimento della pressione sanguigna. Nella fase embrionale questa regione prende il nome di romboencefalo e si presenta suddivisa in otto regioni prospettiche, chiamate rombomeri. Ciascuna di tali regioni è scandita dall'espressione di un gene della famiglia HOX. Se uno di questi non compie il suo dovere a causa di una mutazione si può avere un arresto precoce della respirazione, una paralisi facciale o problemi di deglutizione, associati per esempio alla disfunzione del timo o della tiroide. È interessante notare a questo proposito che di tutte le parti del nostro corpo, quelle più conservate durante l'evoluzione degli animali, quelle che mostrano una più spiccata somiglianza con le corrispondenti regioni degli Insetti e dei vermi, sono proprio quelle corrispondenti al romboencefalo e alla regione circostante. Questa è anche detta 'area branchiale' perché è qui che i Pesci e gli embrioni di tutti i Vertebrati hanno le branchie. Tale regione è l'unica genuinamente segmentata del nostro sistema nervoso centrale e la sua segmentazione è regolata dai geni HOX che sono strettamente imparentati ai cosiddetti del moscerino della frutta, la drosofila.
In effetti è dallo studio di questo moscerino che è cominciata tutta questa storia. L'analisi di generazioni e generazioni di questi piccoli insetti ha portato, negli anni Sessanta del Novecento, all'individuazione di un complesso genico ricco di una decina di geni il cui ruolo apparve subito tra i più affascinanti. In un moscerino che porta un'alterazione in uno di questi geni, un paio di ali si trasformano in un paio di gambe o un occhio in un abbozzo di ala. Quelle che si trasformano non sono in realtà strutture biologiche singole, ma strutture appartenenti a un dato segmento corporeo si trasformano, più o meno perfettamente, in quelle appartenenti a un altro segmento corporeo, in genere contiguo, cioè immediatamente anteriore o immediatamente posteriore. Un dato segmento acquista così l'identità di un altro segmento simile a esso: il simile cioè si trasforma nel simile. Per questo motivo un fenomeno del genere è stato chiamato omeosi, dall'aggettivo greco omòios che significa simile, e una trasformazione del genere è stata chiamata omeotica. L'analisi genetica mostra che una trasformazione omeotica corrisponde a un'alterazione, cioè a una mutazione, in un gene specifico, che è detto perciò omeotico. Si è visto che una decina di tali geni si trovano l'uno accanto all'altro su uno dei cromosomi del moscerino. Uno controlla l'identità della regione della testa che porta le antennine, un altro quella della regione toracica che porta le ali, un altro ancora quella della regione più caudale dell'addome e così via.
I geni omeotici, che specificano l'identità dei vari segmenti corporei della drosofila, rappresentano la terza e ultima categoria di geni regolatori di alto livello gerarchico che controllano lo sviluppo embrionale di questo insetto e la sua articolazione lungo l'asse corporeo principale, quello antero-posteriore o cefalo-caudale. Anni di ricerca genetica hanno infatti chiarito che la specificazione delle varie strutture lungo questo asse richiede l'intervento di tre grandi categorie di geni regolatori, che agiscono in successione. La prima categoria è quella dei cosiddetti 'geni materni'. Questi geni, una trentina, agiscono nel corpo della madre e controllano che nella cellula-uovo che darà poi luogo al moscerino vengano incluse le molecole biologiche giuste per specificare, fin dall'inizio, dove sarà la sua parte anteriore e dove la sua parte posteriore (oltre che il futuro dorso e il futuro ventre). Se questi geni hanno agito in maniera appropriata, l'embrione derivante dalla fecondazione della cellula-uovo in questione avrà una sua corretta polarità antero-posteriore.
A questo punto entrano in azione i geni della seconda categoria, chiamati 'geni della segmentazione'. Il loro operato consisterà nel suddividere l'embrione in una quindicina di segmenti corporei che daranno poi luogo ad altrettante regioni del corpo della drosofila, dalla proboscide all'estremità posteriore dell'addome. Tali segmenti devono essere ovviamente nel numero giusto e nell'ordine giusto. Questi segmenti sono ancora potenziali perché se si guarda l'embrione a questo stadio non si osserva assolutamente nessuna differenza fra le cellule appartenenti a un futuro segmento piuttosto che a un altro, ma esse già sanno a quale segmento appartengono perché in talune di esse sono accesi certi geni della segmentazione e in altre altri. Le differenze macroscopiche fra i vari segmenti si evidenzieranno poco dopo, con l'entrata in funzione di altri geni fra cui spiccano quelli omeotici, che rappresentano appunto la terza categoria. Oltre a tutto ciò, sarà necessario l'intervento di altri geni regolatori, appartenenti ad altre famiglie geniche, che forniscano l'informazione necessaria per stabilire le altre polarità, innanzitutto quella dorso-ventrale e poi quelle prossimo-distali delle varie appendici corporee: zampe, ali, antenne e proboscide labiale.
Altri geni sovrintendono da parte loro all'instaurazione e al corretto sviluppo della polarità dorso-ventrale che si realizza negli stessi tempi della determinazione di quella antero-posteriore. In prima approssimazione si può dire che il controllo genetico delle due polarità fondamentali opera in maniera relativamente indipendente e può essere studiato in capitoli diversi. Una caratteristica dei geni della polarità dorso-ventrale è che ogni loro alterazione comporta uno spostamento complessivo dell'equilibrio del piano corporeo verso un'identità dorsale o verso un'identità ventrale. Sembra che lo stato fondamentale delle cellule dell'embrione di drosofila sia lo stato dorsale e che per determinare la corretta polarità dorso-ventrale sia sufficiente l'intervento di un solo principio, un principio ventralizzante, rappresentato dal prodotto del gene materno dorsal, già presente nella cellula-uovo dove è distribuito secondo un preciso gradiente: più abbondante e attivo nella futura regione ventrale e meno nella futura regione dorsale. Sulla base della distribuzione della proteina prodotta da dorsal si attiveranno, a fecondazione avvenuta, altri geni ad azione ventralizzante oppure dorsalizzante che stabiliranno i dettagli della polarità dorso-ventrale dell'embrione e quindi del futuro insetto.
L'individuazione, prima genetica e poi molecolare, delle varie categorie di geni ha aperto la strada all'esplorazione di un mondo nuovo e insospettato. Prima della scoperta dei geni omeotici e di quelli delle altre due categorie non ci si provava neppure a pensare a come tutto ciò potesse accadere. Nei Mammiferi all'estremità anteriore del sistema nervoso centrale si trova il cervello vero e proprio. Anche questo si può considerare suddiviso in un certo numero di regioni anatomiche e funzionali, una delle quali è rappresentata dalla corteccia cerebrale, la sede della memoria, del ragionamento e del pensiero astratto. Tra i compiti dei geni regolatori c'è anche quello di delimitare abbastanza presto la regione dove si verrà a trovare il cervello, per distinguerla da quella dove sarà il midollo spinale.
All'interno della regione dove si svilupperà il cervello altri geni, anch'essi omeogeni anche se diversi da quelli della famiglia HOX, metteranno dei confini per segnalare dove sarà il cervello posteriore, detto mesencefalo, quello medio, detto diencefalo e quello anteriore, detto prosencefalo, dal quale si svilupperà poi la corteccia cerebrale, che nell'essere umano adulto è così sviluppata che finisce per avvolgere tutto il resto del cervello. Tra questi geni occorre ricordare quelli delle famiglie OTX e EMX. I primi servono a specificare la regione del cervello vero e proprio e a tenerla distinta da quelle posteriori, dove agiscono, per esempio, i geni HOX. I secondi delimitano la regione della futura corteccia cerebrale. Fra questi ultimi, il gene EMX2 controlla direttamente il numero delle cellule nervose che formeranno la corteccia cerebrale, la loro organizzazione in sei strati cellulari sovrapposti, nonché la suddivisione della corteccia stessa nelle sue diverse aree funzionali.
Se tutta questa fase di progettazione, dalla prima formazione degli assi corporei alla regionalizzazione del corpo lungo ciascuno di questi assi, si è svolta secondo il programma prestabilito, ci saranno poi altri geni che completeranno l'opera e realizzeranno l'individuo. Non basta ovviamente aver deciso dove deve trovarsi una mano e, all'interno di questa, una specifica unghia. Occorre realizzare e rifinire queste diverse strutture ed è al livello dell'azione di questi geni, che abbiamo chiamato genericamente esecutori, che prendono corpo le differenze fra una specie e un'altra, per esempio fra un moscerino, un pollo e un uomo. Il piano corporeo generale e l'insieme delle famiglie geniche che lo controllano sono gli stessi in tutti gli animali superiori. Esiste per esempio un gene, PAX6, che specifica la formazione dell'occhio in tutto il regno animale, così come OTX segnala la posizione della futura testa. Ma se in una certa posizione si forma una zampetta di mosca, una zampa di pollo o una mano di uomo, ciò viene determinato dall'operato di infinite schiere di geni esecutori che sono specifici per ciascuna specie. Comprendere il funzionamento dei geni che controllano lo sviluppo e la suddivisione del corpo, dalla testa ai piedi, è un po' come andare alle origini della stessa forma vivente.
Resta ancora da chiarire l'origine della leggera ma sensibile asimmetria destra-sinistra presente nel corpo di tutti gli organismi a simmetria bilaterale, un argomento che è stato affrontato solo molto di recente. Esiste almeno un gene, chiamato sonic hedgehog, il cui prodotto è molto più abbondante nella regione sinistra dell'embrione di pollo fin dalla sua prima formazione. Se si altera artificialmente l'attività di questo gene, che si comporta evidentemente da regolatore di un gran numero di altri geni, fra i quali figura nodal, gene essenziale per il processo di , si osserva un effettivo spostamento degli organi interni e può comparire il fenomeno dei cosiddetti 'gemelli siamesi'.
La prima causa dell'attivazione asimmetrica di tutti questi geni sembra risiedere in un fatto meccanico, o meglio biomeccanico. Le cellule del nodo di Hensen possiedono un certo numero di ciglia che ruotano vorticosamente in un dato senso indirizzando così verso sinistra le molecole di una sostanza che avrebbe di per sé una distribuzione simmetrica. Tutto il processo che conduce all'asimmetria degli organi interni sembra prendere origine quindi dal fatto che questa sostanza viene accumulata più da una parte del nodo che dall'altra. Una volta dettata l'asimmetria, parte una serie di processi morfogenetici che indirizzano una sequenza di eventi a cascata. Se le ciglia non ci sono, o ruotano poco e male, questa accumulazione asimmetrica non ha luogo e l'individuo che nasce avrà il 50% di probabilità di avere il cuore a sinistra e il 50% di averlo a destra. Lo studio dei geni che mettono in atto il piano generativo dei geni regolatori fondamentali richiederà molto tempo e molti esperimenti ancora, ma attualmente si è abbastanza sicuri di aver individuato almeno il nucleo centrale del controllo genetico della forma biologica.
Boncinelli 1998: Boncinelli, Edoardo, I nostri geni, Torino, Einaudi, 1998.
Boncinelli 2001: Boncinelli, Edoardo, Biologia dello sviluppo, Roma, Carocci, 2001.
Gilbert 2005: Gilbert, Scott F., Biologia dello sviluppo, Bologna, Zanichelli, 2005 (ed. orig.: Developmental biology, 7. ed., Sunderland, Mass., Sinauer, 2003).