GENIO
Il G. è una figura centrale e peculiare della religione romana, Certamente non derivata dall'ambiente greco. Si possono forse rintracciare determinati lineamenti sino allo stato etrusco (F. Altheim). Dall'etimologia della parola, che si è trasformata dalla radice dell'aoristo gen in gignere, si rileva come significato vero e proprio del termine "generatore" (dell'uomo). Come nomen agentis il G. non ha significato iterativo, ma effettivo. Perciò gli è consacrato soprattutto il giorno di nascita dell'uomo; il G. è presente, però, non soltanto in quell'unico momento, bensì per tutta la durata della vita. Il G. è il dio della natura umana, che per ciascuno è anche apportatore di morte (Hor., Epist., ii, 2, 188). Oltre alla genesi e alla discendenza dell'uomo, di cui il G. prende cura, la sua influenza si estende anche alla procreazione, dato che ci si può rivolgere a lui come alla "personificazione divina della forza generativa che agisce nell'uomo e provvede alla perpetuazione della famiglia" (G. Wissowa). Il G. è soprattutto spirito tutelare e vitale dell'uomo romano e l'accompagna dal giorno della nascita fino all'ora della morte. La donna romana per lo più possiede, invece, una Giunone particolare, soltanto ad essa associata. Il G. è un dio, e precisamente un dio tutelare dell'uomo romano. Da ciò deriva l'importanza del G. del pater familias per tutta la famiglia, dove egli riceve il suo culto particolare come genius familiaris accanto ai Lari (v.). Da questo culto familiare del G. si sviluppa di conseguenza il culto del G. dell'imperatore (Genius Augusti), che ebbe particolare venerazione. Non soltanto nell'ambito dell'unione familiare il G. ebbe valore come influente nume tutelare; ma egli sorveglia e accompagna la vita di tutto il popolo romano come Genius Populi Romani. Inoltre può divenire nume tutelare di organizzazioni di diverso genere come singole legioni, una colonia, un municipio ecc., poiché egli infatti viene rappresentato come dio della vitale evoluzione personale nel tempo.
Non solo le istituzioni, ma anche le opere edilizie e le località hanno una loro vita nel tempo e debbono consolidare e custodire il loro successo o la loro tranquillità, la loro solennità e purezza. In tal modo nella religione romana si giunge a dare non minore rilievo al genius loci con tutte le sue varietà come il genius theatri, il genius scholae, il genius macelli, ecc. Di conseguenza per il G. della città di Roma non viene determinato il sesso, come si poteva leggere sullo scudo capitolino: genio urbis Romae sive mas sive femina (Serv., ad Aen., ii, 351). Inoltre, in una visione generale della situazione non bisogna dimenticare che gli stessi dèi hanno un Genio. Non si può dire quanto sia antica questa idea. La forte umanizzazione degli dèi, che si palesa nel G. quale accompagnatore del dio, risale però in ogni caso ancora ad età repubblicana: iscrizione dedicatoria a Giove Libero ed al suo G., a Furfo, del 58 a. C. (C. I. L., ix, 3513). Anche le divinità femminili potevano di conseguenza avere un G., come ad esempio il G. della Vittoria, il G. di Giunone Sospita, ecc. Da ciò diviene chiaro che la mascolinità del G. non è necessariamente originaria.
Raffigurazioni del Genio. - a) Genius loci e Genius familiaris in aspetto di serpente. Dato che il G. come apportatore e datore di vita viene immaginato come un essere animato, tipologicamente ciò si esprime nella figura di serpente che egli presenta come genius loci e come genius familiaris specialmente su dipinti parietali delle città vesuviane. Un dipinto di Ercolano, per esempio, mostra un serpente con la scritta genius huius loci montis, mentre si avvolge intorno ad un altare rotondo per divorare l'offerta postavi sopra. Da sinistra avanza verso l'altare un ragazzo nudo, il quale tiene nella mano destra un ramo e porta alla bocca l'indice steso della sinistra. Il fiore di loto sui capelli conduce a riconoscere nel ragazzo Arpocrate (v.), ma in ogni caso non si riferisce a lui l'iscrizione che indica nel serpente il g. del luogo montuoso, come conferma il confronto con i celebri versi di Virgilio (Aen., v, 84 ss.).
Oltre alla rappresentazione del serpente come genius loci, sui dipinti pompeiani spesso il genius familiaris, rappresentato per lo più come togato accanto ai due Lari, viene sostituito da un grande serpente posto tra i Lari. Il G. del pater familias può dunque anche apparire in figura di serpente. Si possono perciò anche riconoscere i Genii di Augusto e Livia nei serpenti sul coronamento di volute dell'altare della gens Augusta a Cartagine.
Nell'aspetto di serpente il G. si scorge nella sua più antica forma, che si può paragonare al greco ἀγαϑὸς δαίμων e Servio (ad Georg., iii, 417) dice esplicitamente "i Romani chiamano genii i serpenti denominati: ἀγαϑοδαίμονες".
Il rilievo del teatro di Capua con l'iscrizione genius theatri, che appartiene ancora all'epoca repubblicana, mostra la duplicazione delle forme di figurazione sia come gigantesca figura di serpente, sia come un giovane vestito, con cornucopia nella sinistra e con patera nella destra. Inoltre ci sono altre rappresentazioni del G. in figura umana insieme al serpente, (si vedano gli esempi raccolti da E. Rink). Dal concetto della natura serpiforme del G. si sviluppa assai presto, persino ancora prima delle più antiche rappresentazioni a forma di serpente, la sua figura umana. Le forme più antiche di questa figurazione si debbono cogliere nel Genius Populi Romani ed appartengono ancora al II sec. a. C. (v. oltre).
b) Genius familiaris; Augusti; loci in figura umana con la toga. La forma di serpente nella rappresentazione del genius familiaris viene sostituita all'inizio dell'epoca di Augusto dal G. in forma umana del pater familias. Nelle figurazioni assume sempre l'aspetto di un romano con la toga tirata sulla nuca, il quale per lo più è rappresentato con la patera nella mano destra e con la cornucopia nella sinistra. Insieme ai Lan è riprodotto così anche su immagini parietali di Pompei, che il più delle volte mostrano ancora altri serpenti cui si aggiungono in parte anche iscrizioni.
Inoltre al genius familiaris con la toga possono essere aggiunte altre figure come camilli, il suonatore di flauto e Giunone. Anche gli attributi del G. possono mutare: ad esempio il G. nel larario nella Casa dei Vettii porta un'acerra anziché una cornucopia. Di conseguenza anche sul grande rilievo sepolcrale di Ostia, che mostra un vecchio togato, ma sbarbato, che sta libando, tenendo nella sinistra un'acerra, si dovrà pure riconoscere il G. del defunto. Il genius familiaris rappresentato togato e in aspetto giovanile può anche assumere i lineamenti di un ritratto. Attesta l'affinità del G. con il ritratto anche la nota erma con ritratto del banchiere L. Cecilio Giocondo con l'iscrizione genio l nostri felix l., la quale significa che il liberto Felice ha dedicato questa erma al G. del suo padrone. In base a questo reperto è lecito, e si deve, riconoscere proprio come rappresentazioni del G. del pater familias tutte le statue romane togate con cornucopia nella sinistra, la patera sacrificale nella destra e la toga tirata sopra la testa, e, se si tratta di un imperatore, come rappresentazioni del Genius Augusti.
Il culto del genius Augusti ha origine dal culto del G. familiare. Anche esso si presenta in toga e i suoi attributi sono la cornucopia, la cassetta d'incenso o il ramo nella sinistra e la patera nella destra. La venerazione pubblica del G. dell'imperatore è stata promossa da Augusto stesso, il quale in occasione del ristabilimento del servizio dei Lari Compitali fece collocare tra di essi l'immagine del suo G. (Ovid., Fast., v, 145; C. I. L., vi, 445-54; 30957-30962: collegia Larum et imaginis Augusti). Il nuovo ordinamento dovrebbe essere divenuto definitivo al più tardi nel 7 a. C. (Rink, op. cit., p. 24). Già sin dal 29 a. C. il genius Augusti doveva essere onorato con una libazione in tutti i banchetti pubblici e privati. Così si comprende perché il genius Augusti viene rappresentato su molti monumenti, soprattutto altari e rilievi, del periodo romano-imperiale. Dell'ultima raccolta dei pezzi da considerare (Scott Ryberg) si menzionano qui soltanto i monumenti più importanti: altare di Augusto in Vaticano, Belvedere; piccolo rilievo della Cancelleria con il vicomagister; altare del 7 a. C. in Vaticano, Sala delle Muse n. 516. Il genius Caesaris si trova su un altare del primo periodo imperiale a Napoli, con toga, cornucopia, patera e dietro un toro. Contengono rappresentazioni di sacrifici per il culto del genius Augusti e per i Lari un altare nel Palazzo dei Conservatori e l'altare del tempio di Vespasiano a Pompei, nonché l'altare di Manlio al Laterano. Al culto del genius Augusti spetta inoltre il rilievo di età Claudia a Ravenna. La venerazione del G. imperiale si diffonde anche nelle province. Da ricordare la colonna di Giove a Magonza. Sui dipinti di Pompei si trova anche il culto del genius Augusti, contraddistinto tra i Lari come togato con la cornucopia e patera del sacrificio. Nella plastica a tutto tondo si debbono citare soprattutto quali sicuri e importanti esempi del genius Augusti: la colossale statua togata nella Rotonda del Vaticano con la cornucopia e la patera, esattamente restaurata nella mano destra; la statua da Pozzuoli (Napoli) con toga e cornucopia, in cui è spezzata la mano destra con la patera, ma che si può riconoscere con certezza dall'atteggiamento del braccio. All'epoca di Nerone si era però già giunti a rappresentare il G. dell' imperatore non più nella forma di togato, ma, sotto l'influsso dell'immagine del genius Populi Romani, come-giovanetto con mantello (v. oltre). Il culto del genius Augusti ha un ruolo importante per il sorgere del culto imperiale, il quale, probabilmente, senza di questo non avrebbe mai preso piede nel territorio italico.
Anche il genius loci viene rappresentato in casi eccezionali come togato e con una patera nella mano destra. È nota la statuetta di bronzo di Almazarro, presso Murcia, nella Hispania Tarraconensis con l'iscrizione (C. I. L., ii, 35 25) genio loci ficariensi sacrum albanus dispens [ator], la cui consacrazione si può riferire all'isola Ficaria nel golfo di Cagliari (Plin., Nat. hist., iii, 7, 84). Su un dipinto della via dell'Abbondanza a Pompei il genius coloniae viene ritratto accanto alla Fortuna con la toga la cornucopia e la patera, come ha riconosciuto lo Spinazzola.
Oltre al genius loci una volta è raffigurato togato anche il g. di una unità dell'esercito (g. della centuria, nel museo della Saalburg). Egli ha la toga sul capo, cinto da una corona murale.
c) Genius Augusti, loci e di associazioni, rappresentato come giovinetto con mantello. All'epoca di Nerone avviene, in base alla testimonianza delle immagini monetali, il passaggio della rappresentazione del genius Augusti come togato serio e solenne al giovanetto nudo, che spesso si drappeggia con un mantello (Rink, op. cit., 25 e ss. ne ha raccolto i tipi). Di solito esso porta come attributi la patera nella destra e la cornucopia nella sinistra. Sulle monete del tardo III e del IV sec. d. C. i G. dell'imperatore acquistano nuovi attributi: ad esempio, la Vittoria, la testa del dio del Sole e quella di Serapide. L'importanza del Sole per gli imperatori romani è del resto evidente sin da Aureliano. Sembra che la rappresentazione del G. degli imperatori come un giovanetto con il mantello sia resa possibile ricorrendo al genius Populi Romani rappresentato nel periodo preaugusteo come giovanetto con il mantello. L'immagine del genius Populi Romani da allora ha sempre più improntato quella del genio dell'imperatore. Tra le rappresentazioni a tutto tondo si possono citare secondo il Rink (op. cit., p. 26): statua del G. di un imperatore a Berlino (R. Kekule, Beschreibung der Skulpturen, n. 167); il G. di Tito sull'arco di Tito, rappresentato in rilievo sulla chiave dell'arco dal lato del Foro ed una statua a Napoli che non può aver avuto una testa di Augusto o di Tiberio. Anche la rappresentazione del genius loci come giovanetto con mantello si accosta al vecchio tipo del genius Populi Romani. Qui si possono indicare il genius theatri del rilievo del periodo tardo repubblicano a Capua, che porta un himàtion greco e ricorda lontanamente le statue ellenistiche con mantello; inoltre il genius domus su un altare di Thibilis del 164 d. C. Come G. locale bisogna intendere anche la statua di marmo a Firenze (Museo Archeologico), che raffigura un G. con cornucopia e con mantello, mentre intorno al basamento in forma di altare si attorciglia un serpente. Intorno al collo il G. porta un torques. Inoltre una statuetta in marmo a Londra che porta collari ed un largo braccialetto. Inoltre c'è una serie di rappresentazioni provinciali di G. quali divinità protettrici di singole città che il Rink ha raccolto (op. cit., p. 28 e ss.). Qui può essere rappresentata come ornamento della testa del G. una ghirlanda oppure una corona murale. Tra le divinità protettrici delle città si trovano anche G. rappresentati seduti (Rink, op. cit., tav. 2, 1). Le rappresentazioni del G. di associazioni private e militari sono state trovate per lo più nelle province romane e sono trattate ampiamente dal Rink (op. cit., p. 32 e ss.). Molti G. delle associazioni militari portano la corona murale, e come ornamenti del capo si trovano anche la ghirlanda e l'anello con la rosetta. La rappresentazione comune del G. con altre divinità è frequente nelle province (Rink, op. cit., p. 38 e ss.). Il genio come divinità protettrice di tutto l'esercito (genius exercitus) appare sulle monete dall'epoca di Traiano Decio (249-51 d. C.), per la prima volta per l'esercito illirico, poi soprattutto dal 260-285 d. C. e dal 305-323 per tutto l'esercito. Ad esso vengono per lo più aggiunte come particolare attributo le insegne militari (Rink, op. cit., p. 37).
d) Genius Populi Romani. L'esistenza del G. del Popolo Romano è già sicura alla line del III sec. a. C. da una notizia in Livio (xxi, 62, 9). Possiede un santuario, confermato sicuramente da Dione Cassio (xlvii, 2, 3 e l 8, 2), al Foro Romano in vicinanza del tempio della Concordia, almeno sin dal periodo tardo repubblicano. Il Rink ha riconosciuto come più antica rappresentazione del Genius Populi Romani una figura di giovanetto assai danneggiata, che porta un mantello nella parte inferiore del corpo e tiene nella sinistra la cornucopia e si trova nel gruppo di terracotta del frontone di Luni a Firenze (Museo Archeologico). La comune interpretazione di questa figura di giovanetto come G. di Luni o di Giove, è confutata con buoni argomenti dal Rink (op. cit., p. 52). La costruzione del frontone, che si attiene completamente alla tradizione ellenistica, sembra risalire al II sec. a. C. Nello stesso tipo il Genius Populi Romani appare su denarî di P. Cornelio Lentulo, figlio di Marcello, anteriori al 91 a. C., sui quali egli incorona la dea Roma che sta in piedi. Questa più antica forma di rappresentazione non rinnega la sua origine dall'arte ellenistica.
Accertato dalla scritta G. P. R. appare il busto del barbuto Genius Populi Romani, incoronato con diadema dinanzi ad uno scettro nel fondo dell'immagine su monete di Cn. Cornelio Lentulo Marcellino, tra l'81 e il 72 a. C. Egualmente verso il 72 a. C. il Genius Populi Romani, viene rappresentato come dio barbuto in trono sulla sedia curule con lo scettro e la cornucopia, incoronato da una Vittoria. L'oscillazione delle rappresentazioni del G. nel periodo più antico tra il tipo barbuto e quello giovanile mostra che l'idea dell'immagine del Genius Populi Romani non è ancora fissata definitivamente. Nell'epoca imperiale il tipo del G. barbuto è riservato soprattutto al G. del Senato. Sotto Augusto il Genius Populi Romani è rappresentato con la toga e con la patera nella destra; tale immagine è completamente sotto l'influsso del genius Augusti ed è dominata da esso. Sull'Ara Pacis di Augusto è da notarsi il frammento di una testa giovanile, accanto alla quale si trova la fine di una cornucopia. Sin dal Sieveking questo frammento viene attribuito all'accompagnatore di Enea ed in esso è riconosciuta la testa di Acate. Il Rink vuole però riconoscervi la testa del Genius Populi Romani, il che è assai probabile, dato che la cornucopia è soprattutto attributo del G. e l'appartenenza della testa alla lastra di Enea non è sicura. Si potrebbe pensare che anche qui il G. fosse rappresentato con la toga. Oltre a questa probabile raffigurazione, è particolarmente importante la rappresentazione del Genius Populi Romani sul rilievo interno sinistro dell'arco di Tito, dove fu già riconosciuto dal Petersen nella figura di un giovanetto con mantello, posto dinanzi al carro. Sui rilievi flavî della Cancelleria esso appare due volte in punti importanti. Nel fregio A è rappresentato come giovanetto, con il mantello nella parte inferiore del corpo e con la cornucopia nella sinistra; la destra era certamente sollevata per il saluto. Sul fregio B è egualmente raffigurato come giovanetto con mantello e cornucopia. Qui però appoggia il piede sinistro su un basamento a forma di altare e tiene lo scettro nella destra alzata. Egualmente come giovinetto con mantello il Genius Populi Romani è rappresentato sull'arco di Traiano a Benevento. Nelle monete dell'epoca imperiale la rappresentazione del Genius Populi Romani è soppiantata, sotto Augusto, dalla forma togata del G. Augusti. Ma dal 68 d. C. compare di nuovo come tipo dominante il G. giovanile con il mantello. Nel successivo III sec. è documentata la fusione della persona dell' imperatore con il G. del Popolo Romano mediante la testa dell' imperatore nimbata e accompagnata da iscrizioni che definiscono lui stesso quale Genius Populi Romani.
e) Il G. del Senato. Il G. del Senato viene rappresentato, senza eccezioni, barbuto. Le rappresentazioni più antiche del busto barbuto del G. del Senato si trovano su monete delle province senatorie che ultimamente sono state raccolte dal Forni. Su importanti rilievi storici appare barbuto, vestito come i senatori con scettro, sempre senza la cornucopia. F. Magi lo ha riconosciuto sui rilievi flavî della Cancelleria e compare inoltre, sin dall'epoca flavio-traianea sui seguenti monumenti importanti: sull'arco di Tito, sull'arco di Traiano a Benevento, sulla base Antonino Pio nella Villa Doria-Pamphili, sul rilievo con l'adventus di Adriano nel Palazzo dei Conservatori, sui rilievi antoniniani dell'arco di Costantino e sul sarcofago di Acilia nel Museo delle Terme. La sua importanza è molto inferiore a quella del Genius Populi Romani; si ha l'impressione che sia una voluta creazione del Senato da contrapporre al Genius Augusti e degli imperatori e al Genius Populi Romani.
La figurazione del G. nelle sue diverse espressioni dal II sec. a. C. è compito dell'arte figurativa romana. Non esiste un tipo creato ex novo. Nelle diverse forme in cui compare si rispecchiano tanto i modelli ellenistici quanto il tipo delle statue romane togate, e nella figura del serpente si manifesta la sua originaria essenza ammistica che non può essere ricondotta senza sforzo ad un tipo determinato. Effettivamente, essa è caratterizzata solo dagli attributi, al cui primo posto sta la cornucopia nella sinistra e la patera da libazioni nella destra. Senza di esse non può essere riconosciuto. Nell'antichità la sua figura non appare mai alata, come avviene nelle rappresentazioni moderne di genii (v. nike).
Monumenti considerati. - Genius loci e Genius familiaris in aspetto di serpenti; G. loci in dipinti su pareti da Ercolano, Napoli Museo Naz., Inv. 8848: S. Reinach, Rép. Peint., p. 68, 8; E. Rink, Die bildlichen Darstellungen des römischen Genius, Giessen 1933, p. 9; G. Q. Giglioli, in Enc. It., xvi, ill. p. 527, s. v. - Il G. theatri in un rilievo di Capua come serpente e come giovanetto: H. Gummerus, in Jahrbuch, xxviii, 1913, p. 97, fig. 17; E. Rink, op. cit., p. 12. - G. familiaris fra i Lari come serpente su dipinti pompeiani: E. Rink, op. cit., p. 10 e ss.; G. Boyce, Corpus of the Lararia in Pompei, in Mem. Am. Acad., xiv, 1937, n. 174, tav. 21, 2, n. 335, tav. 23, 2; id., in Am. Journ. Arch., 46, 1942, p. 13 ss.; M. Della Corte, Pompei, I nuovi scavi dell'Anfiteatro, fig. 17; V. Spinazzola, Pompei alla luce degli scavi nuovi di Via dell'Abbondanza, Roma 1953, vol. i, p. 169, fig. 210. Il G. di Augusto e Livia come G. familiaris nei serpenti dell'ara della Gens Augusta a Cartagine: M. Rostovzeff, in Röm. Mitt., xxxviii-xxxix, 1923-24, p. 290, tav. 2 in alto. Genius familiaris; Augusti; loci in figura umana togata con la patera nella destra e la cornucopia nella sinistra: il G. familiaris insieme ai Lari è riprodotto su immagini parietali di Pompei: G. Boyce, op. cit., nn. 1, 31, 45, 68, 79, 99, 119, 167, 211, 217, 219, 224, 247, 253, 261, 267, 310, 313, 321, 357, 385; V. Spinazzola, op. cit., vol. i, p. 364, fig. 412. Il G. familiaris con altre figure come camilli, il suonatore di flauto e Giunone: G. Boyce, op. cit., nn. 271, 362, 438, 454. Il G. familiaris con attributi diversi come un'acerra, nel larario della Casa dei Vettii: G. Boyce, op. cit., n. 211, tav. 30, 2; in un rilievo sepolcrale di Ostia: Not. Scavi 1913, p. 81, fig. 9. Il G. familiaris in aspetto giovanile e come ritratto: G. Boyce, op. cit., nn. 211, 219, 271, 309, 310. Erma di L. Cecilio Giocondo, Napoli, Museo Naz.: A. Hekler, Bildnisk. der Griech. und Röm., Stoccarda 1912, tav. 200. G. Augusti, raccolta completa dei monumenti di I. Scott Ryberg, in Mem. Am. Acad., xxii, 1950; altare di Augusto, Musei Vaticani: I. Scott Ryberg, op. cit., p. 57, tav. 15, fig. 28 b. Rilievo della Cancelleria con i vicomagistri: I. Scott Ryberg, op. cit., p. 57, tav. 24, fig. 37 c. Altare del 7 a. C. Musei Vaticani, Sala delle Muse, n. 516 a: G. Lippold, Vat. Kat., iii, p. 63 ss., tav. 31. - G. Caesaris su un altare a Napoli: I. Scott Ryberg, op. cit., p. 62 ss., fig. 33 d. Rilievi con rappresentazioni di culto del G. Augusti: ara del Palazzo dei Conservatori: H. S. Jones, Cat. Conservatori, Oxford 1926, tav. 26; I. Scott Ryberg, op. cit., p. 59, tav. 16, fig. 30; altare del tempio di Vespasiano a Pompei: I. Scott Ryberg, op. cit., p. 84 ss., tavv. 25-26, fig. 38; altare di Manlio al Laterano: I. Scott Ryberg, op. cit., p. 84 ss., tavv. 25-26, fig. 39; rilievo di età claudia a Ravenna: I. Scott Ryberg, op. cit., p. 90 ss., tav. 27, fig. 41; G. Hafner, in Röm. Mitt., lxii, 1955, p. 160 ss.; colonna di Giove a Magonza: E. Rink, op. cit., p. 19 e ss. Monete con i G. di Augusto, di Cesare e dell'imperatore raccolte in E. Rink, op. cit., p. 27. Dipinti pompeiani: V. Spinazzola, op. cit., vol. i, p. 174, fig. 214. Rappresentazioni plastiche del G. Augusti: statua dei Musei Vaticani: G. Lippold, Vat. Kat., iii, 1, p. 146, n. 555, tavv. 40, 42, 45; statua da Pozzuoli, Napoli, Museo Naz.: V. Spinazzola, op. cit., vol. i, p. 184, figg. 219-220. G. loci: rilievo con G. barbato Caeli Montis: H. S. Jones, Cat. Conservatori, scala sup. ii 2, tav. 112; come togato, statuetta di bronzo del G. loci ficariensis: S. Reinach, Rép. Stat., ii, p. 504, 5; E. Rink, op. cit., p. 23. G. coloniae su dipinto di Pompei: V. Spinazzola, op. cit., p. 195 e ss., fig. 228. Statuetta del G. della centuria nel museo di Saalburg, come togato: C. I. L., xiii, 7448; E. Espérandieu, Germanie Romaine, n. 160; E. Rink, op. cit., p. 33, n. 1. Genius Augusti, loci e di associazioni, rappresentato come giovinetto con mantello: G. Augusti come giovinetto identificato come Genius Populi Romani: statua del G. di un imperatore a Berlino: E. Rink, op. cit., p. 26, n. 1; G. di Tito sulla chiave dell'arco di Tito: E. Strong, Scultura romana, Firenze 1926, p. 106, tav. 20; E. Rink, op. cit., p. 26, n. 3; statua del G. di un imperatore a Napoli: Guida Ruesch, p. 244, n. 1004; E. Rink, op. cit., p. 26, n. 4; il G. theatri del rilievo di Capua (v. sopra); G. Domus su un altare di Thibilis: R. Cagnat, in Mélanges Nicole, 1905, p. 43 ss., tavv. 1-2; come G. loci è da interpretare la statua di Firenze, Museo Arch.: L. A. Milani, Il Museo Arch. di Firenze, p. 328, n. 179, tav. 159; E. Rink:, op. cit., p. 12, n. 6, 51; statuetta marmorea a Londra con collari e braccialetto: S. Reinach, Rép. Stat., v, p. 20, 4; E. Rink, op. cit., p. 51, n. 3. Rappresentazioni provinciali di G. di singole città: E. Rink:, op. cit., p. 28 ss., tav. 2, 1. Rappresentazioni provinciali del G. di associazioni militari e G. exercitus: E. Rink:, op. cit., p. 37 e ss. Genius Populi Romani: monete, in generale: A. Blanchet, in Comptes Rendus Ac. Inscr. Bell.-Lettres, 1943, p. 333 ss. Figura di giovinetto nel frontone di terracotta da Luni, Firenze, Museo Arch.: L. A. Milani, op. cit., p. 249, tav. 100; L. Banti, Luni, p. 46, tav. 24; E. Rink, op. cit., p. 52, n. 1. Denari di P. Cornelio Lentulo Marcello: E. A. Sydenham, The Coinage of the Roman Republic, Londra 1955, p. 86, nn. 604-6o6, tav. 19. Denarî di Cn. Lentulo Marcellino con G. Populi Romani barbuto: E. A. Sydenham, op. cit., p. 130, n. 791, tav. 22; E. Rink:, op. cit., p. 44. Aurei dello stesso con G. Populi Romani barbuto e in trono incoronato dalla Vittoria: E. A. Sydenham, op. cit., p. 122, n. 252, tav. 21; E. Rink:, op. cit., p. 43 ss. (gli altri pezzi citati dal Sydenham non sono rappresentazioni del Genio). Rappresentazioni augustee del G. Populi Romani come togato, influenzate dalle rappresentazioni del G. Augusti: H. Cohen, Monn. Emp., i, p. 345, n. 384; E. Rink, op. cit., pp. 44, 46, n. 8. Rilievo della Ara Pacis con testa giovanile e cornucopia, frammentario: J. Sieveking, in Röm. Mitt., xxxii, 1917, p. 93, nota 10; E. Rink, op. cit., p. 53, n. 3; G. Moretti, Ara Pacis Augustae, Roma 1948, tavv. 15 e 20. Rappresentazione del G. Populi Romani come giovinetto con mantello nel rilievo dell'arco di Tito: Brunn-Bruckmann, Denkmäler, tav. 497; E. Strong, op. cit., p. 106, ill. 72; E. Rink, op. cit., p. 53, n. 4; F. Magi, I rilievi Flavi del Palazzo della Cancelleria, Roma 1945, p. 77 ss., fig. 75 (M. Bieber, in Am. Journ. Arch., 49, 1945, p. 25 ss., pensa che la figura rappresenti Honos); il G. Ropuli Romani è rappresentato due volte come giovanetto con mantello e cornucopia nei rilievi della Cancelleria: F. Magi, op. cit., p. 76 ss., tavv. 1, 3, 5, 8, 15-2, 16-2, 22; il G. Populi Romani è rappresentato dal III sec. d. C. con la testa nimbata dell'imperatore: E. Rink, op. cit., pp. 44-47. Rappresentazioni del Genius Senatus: il Genius Senatus insieme al Genius Populi Romani sull'arco di Tito v. sopra; sull'arco di Traiano a Benevento: E. Petersen, in Röm. Mitt., vii, 1892, p. 255 ss.; E. Rink, op. cit., p, 53, n. 6; F. Magi, op. cit., p. 79; C. Pietrangeli, L'arco di Traiano a Benevento, s. d., tavv. 16, 24. Il Genius Senatus rappresentato sulla base antonina della Villa Doria-Pamphili: F. Magi, op. cit., p. 80, fig. 62; nel rilievo antonino del Museo dei Conservatori con adventus di Adriano: H. S. Jones, op. cit., p. 29 ss., n. 12, tav. 12; e sui rilievi antonini dell'arco di Costantino: S. Jones, in Ann. Brit. Sch. at Rome, iii, 1906, p. 265, tav. 24, 4; F. Magi, op. cit., p. 80; sul sarcofago di Acilia, Roma, Museo Naz.: R. Bianchi Bandinelli, in Boll. d'Arte, xxxix, 1954, p. 203 ss., figg. 1, 4, 5, 7.
Bibl.: W. F. Otto, in Pauly-Wissowa, VII, 1912, c. 1155 ss., s. v. Genius; Birt, in Roscher, I, c. 1613 ss.; G. Wissowa, Religion und Kult der Römer, Monaco 1912, p. 175; F. Altheim, Griechische Götter im alten Rom, Giessen 1930, p. 47 ss.; E. Rink, Die bildlichen Darstellungen des römischen Genius, Dissert., Giessen 1933; G. Boyce, Corpus of the Lararia in Pompeii, in Memoires Am. Acad., XIV, 1937; F. Magi, I rilievi flavi del Palazzo della Cancelleria, Roma 1945, p. 76 ss.; K. Kerényi, Die antike Religion2, 1952, soprattutto p. 195 ss.; G. Forni, in Mem. Ac. Lincei, V, 1953, pp. i; I. Scott Ryberg, Rites of the State Religion in Roman Art, in Mem. Am. Acad., XXII, 1955.