LUZIO (Di Luzio, Luzi, Lucio), Gennaro
Nacque a Napoli intorno al 1740. La biografia di questo cantante, specializzato nel repertorio comico, è ancora piuttosto lacunosa e la ricostruzione della sua carriera, che copre un arco di 35 anni, è possibile attraverso i libretti d'opera stampati in occasione delle rappresentazioni teatrali alle quali prese parte (Sartori).
Secondo tali fonti, il L. debuttò a Napoli nel 1765 al teatro dei Fiorentini nel ruolo di Ciommo in Il corsaro algerino di G. Astarita, iniziando così un percorso in costante ascesa sui palcoscenici partenopei. Il successo che ottenne sin dalle sue prime interpretazioni è strettamente collegato allo sviluppo e alla diffusione del teatro comico a opera dei più famosi maestri di scuola napoletana: nel 1766 il L. cantò nel ruolo di Don Mercurio in una commedia per musica di N. Piccinni, rappresentata sempre ai Fiorentini, dal titolo Fiammetta generosa e, solo un anno dopo, nello stesso teatro iniziò la sua lunga collaborazione come interprete buffo con G. Paisiello in Le 'mbroglie de le bajasse, nella parte di Don Paolone.
Da allora divenne costante la sua partecipazione alle prime rappresentazioni delle opere buffe proprio di Paisiello per i teatri napoletani, contribuendo in maniera determinante a decretarne il successo: ai Fiorentini fu, nel 1768, Nasturzio Papocchia in La finta maga per vendetta, nel 1769 Paolone in La serva fatta padrona; passato al teatro Nuovo, nel 1771 fu Don Saverio in I scherzi di Amore e di Fortuna, Don Pomponio in La somiglianza de' nomi; nel 1772, sempre al Nuovo, cantò il ruolo di Don Frasconio in La Dardane e in autunno interpretò il personaggio che lo consacrò al successo in maniera assoluta, Don Anchise Campanone in Gli amanti comici; nel 1773 fu Don Taddeo in Il tamburo e il conte Mauro Pomice in La semplice fortunata; l'anno seguente fu interprete de Il credulo deluso (Buonafede), dello "scherzo rappresentativo per musica" Il divertimento de' numi (Marte), dato a palazzo Reale, e dell'atto unico Il duello (Don Policronio), accoppiato al Don Taddeo in Barcellona di Antonio Pio, nel quale il L. vestì i panni del protagonista.
Nel 1775 raggiunse la celebrità grazie alla partecipazione al Socrate immaginario di Paisiello nel ruolo di Don Tammaro Promontorio, rappresentato al teatro Nuovo ma con successo tale da essere ripreso al teatro alla Scala di Milano nell'autunno 1783.
Il L. fu tra i più importanti "buffi napoletani", termine con cui si designava non necessariamente un tipo di voce quanto, più comunemente, il ruolo comico assunto all'interno della commedia per musica partenopea. Col tempo, tuttavia, venne a indicare proprio la parte maschile di basso o baritono comico: nei libretti d'opera coevi si trova spesso l'indicazione di "buffo napoletano" per indicare il personaggio che utilizza il dialetto napoletano a differenza del "buffo toscano", che si esprime in lingua italiana.
Alcuni personaggi cantati dal L. sono caratterizzati, nei libretti d'opera superstiti, dalla specificazione "primo buffo caricato", come i ruoli di Don Geremicco in L'Amante combattuto dalle donne di punto (1781) e di Totomaglio in La ballerina amante (1782), opere entrambe di D. Cimarosa, di Ciccantonio Panzetta in Il matrimonio in contrasto di Pietro Alessandro Guglielmi (1782), oppure di Pulcinella, ruolo determinante nella carriera del L., in Il convitato di pietra e di Don Catullo e Don Ignazio in Li due gemelli, i due atti unici di G. Tritto (1783). Il L. è "primo buffo napoletano" nel ruolo di Bernardone in Giannina e Bernardone di Cimarosa (1785), mentre è "primo buffo toscano" con il personaggio di Don Sossio in L'apparenza inganna (1784) sempre di Cimarosa, dove il collega Antonio Casaccia impersona, come "primo buffo napoletano" un Don Sossio al contrario italiano, con evidenti esiti esilaranti. Il ruolo di "primo buffo assoluto" è specificato nelle interpretazioni di fine carriera del L. come, per esempio, quella di Anchise in Gli amanti comici (teatro Nuovo, 1794) o in alcune opere di Tritto per il teatro napoletano del Fondo nella stagione del 1791, evidente riconoscimento alla sua arte, dalla quale il buon esito di un capolavoro comico non poteva prescindere.
Alternandosi nelle compagnie stabili del teatro dei Fiorentini e del teatro Nuovo, negli anni fin qui esaminati, prese parte tra le rappresentazioni de I napoletani in America di Piccinni (1768) e La finta parigina di Cimarosa (1773) anche all'opera di G. Insanguine L'osteria di Marechiaro, seguita dalla farsetta Pulcinella vendicato nel ritorno di Marechiaro, opera che consacrò il successo del L. nell'interpretazione del Conte di Zampano, con repliche che si susseguirono ripetutamente nella stagione dei Fiorentini del 1769. Quest'opera, su libretto di F. Cerlone, fu ripresa immediatamente dopo, nel 1770, sempre con esito felice, ancora al teatro dei Fiorentini, "posta di nuovo in scena con altra musica del chiarissimo D. Giovanni Paisiello, e tanto fu il fortunato suo incontro che per quarant'altre sere fu replicata, e si finì con essa il Carnevale" (Cerlone, cit. in Lattanzi, 2003, p. 401): il L. vi interpretò il ruolo di Pulcinella, contribuendo alla consacrazione della maschera napoletana nel contesto del teatro comico musicale. Determinante, pochi anni dopo, fu il suo contributo con le interpretazioni di Pulcinella nella farsa di Cimarosa I matrimoni in ballo, replicata l'anno seguente, e nel citato Convitato di pietra di Tritto. La fama del L. in vita si deve soprattutto alla sua identificazione con questo personaggio, tanto da valergli un invito a Vienna: l'imperatore Leopoldo II, nel tentativo di importare a corte l'opera comica napoletana, ordinò infatti al conte Ugarte, direttore della musica di palazzo, con un memorandum datato 27 dic. 1791, di contattare i cantanti napoletani L. e G. Trabalza, offrendo loro un impiego a Vienna (Rice, p. 60). Allo stato attuale della ricerca si ritiene tuttavia che l'invito venne declinato (Brandenburg, 2003, p. 385).
La carriera del L. appare anche legata al successo dei capolavori di P.A. Guglielmi (dal Don Sesto di La villanella ingentilita del 1779 al Bastiano de I finti amori del 1784; dal Don Nasturzio de L'inganno amoroso al Don Mercurio de La virtuosa in Mergellina, rispettivamente del 1786 e del 1785; dal Don Alfonso Scuoglio de La pescatrice del 1790 al Semola di fine carriera de Gli amanti in cimento del 1800) e ancora di Cimarosa (Don Pasquino in Dal finto il vero, Giacomino in La frascatana nobile e Don Falconcino in I sdegni per amore, tutte del 1776; Fabio in Il falegname e Don Giallonardo in I finti nobili del 1780; Giampomponio in La donna sempre al suo peggior s'appiglia e Gianandrea in L'isola d'Alcina, entrambe del 1785; Tiberio in L'apprensivo raggirato, 1798).
A Roma nel carnevale 1779 cantò in due intermezzi, L'italiana in Londra di Cimarosa e La partenza inaspettata di A. Salieri, mentre nella stagione 1784-85 fu impegnato in L'amore ingegnoso di Paisiello e Il governatore delle isole Canarie di A. Accorimboni. Nel 1782 fu protagonista, al teatro Ducale di Mantova, de I fratelli Pappamosca di P.A. Guglielmi, dramma giocoso esportato l'anno seguente alla Scala di Milano, dove riprese anche il personaggio di Totomaglio de La ballerina amante di Cimarosa. Nella tournée del 1783 nell'Italia del Nord eseguì a Monza Il raggiratore di poca fortuna di P.A. Guglielmi, cantando Don Masullo.
Tornato a Napoli non deluse le aspettative del suo pubblico: tra le stagioni ai Fiorentini, al Nuovo e al teatro del Fondo il L. si esibì nel ruolo di Giuliano ne I filosofi immaginari (1784) di Paisiello, quindi Il credulo e La baronessa stramba di Cimarosa (1786; in cui interpreta Pulcinella), L'amor contrastato e La finta amante (1788), ancora di Paisiello, nonché in altri lavori di Guglielmi come Lo scoprimento inaspettato (1787), L'azzardo (1790), Amor tra le vendemmie (1792). Dal 1794 al 1800 interpretò diversi lavori di V. Fioravanti e di compositori quali G. Giordano, F. Bianchi, P. Anfossi, R. Di Capua, G. Sarti, G. Ercolano e molti altri. Una delle ultime apparizioni documentate del L. sulle scene napoletane è quella nella commedia per musica di Paisiello L'inganno felice (1800) nel ruolo di Geremicco, anche se alcune fonti lo segnalano attivo oltre i settant'anni, ancora al teatro Nuovo di Napoli nel 1821, in un'opera di P. Generali (Mercandetti), La testa meravigliosa (Enc. dello spettacolo, col. 1752).
Sconosciuti sono il luogo e la data di morte del Luzio.
Insieme con il suo coetaneo A. Casaccia, il L. può essere considerato uno fra i più importanti buffi del teatro napoletano; R. Celletti lo ha valutato "soprattutto per le grandi risorse mimiche, vivificate da un eccezionale estro caricaturale e anche da intenzioni realistiche che lo portarono perfino a rompere alcune tradizioni teatrali considerate fino allora inviolabili" e ha sottolineato come sembri "sia stato il primo cantante che si sia ribellato al principio di non volgere mai le spalle al pubblico" (Enc. dello spettacolo, col. 1752).
Anche il figlio del L., Gennarino (1775 circa - Napoli 1855), soprannominato "Pappone", fu cantante di una certa fama. Come il padre, ebbe una lunga carriera; interprete donizettiano, nel 1828 si esibì più volte al teatro alla Scala. Dotato di modeste qualità vocali, fondò il suo successo soprattutto sulle non comuni doti sceniche.
Fonti e Bibl.: F. Cerlone, Commedie di Francesco Cerlone napolitano, Bologna 1789, XVII, p. III; F. Florimo, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatorii, Napoli 1880-81, IV, p. IX; J.A. Rice, Emperor and impresario: Leopold II and the transformation of Viennese musical theater, 1790-1792, diss., University microfilm international, Ann Arbor, MI, 1987, pp. 60, 134; D. Brandenburg, Zu Tanz- und Bewegungsphänomenen in der Opera buffa des 18. Jahrhunderts, in Tanz und Bewegung in der barocken Oper, a cura di S. Dahms - S. Schroeder, Innsbruck-Wien 1996, p. 163; Id., La vita musicale napoletana ai tempi di G. Tritto e S. Mercadante vista dai viaggiatori stranieri, in Boll. dell'Ass. civica S. Mercadante, II (1997), pp. 7-17; A. Lattanzi, Vita musicale a Napoli, in Fonti d'archivio per la storia della musica e dello spettacolo a Napoli tra XVI e XVIII secolo, a cura di P. Maione, Napoli 2001, p. 408 n.; P. Maione - F. Seller, I virtuosi sulle scene giuridiche a Napoli, ibid., p. 482; M. Mayrhofer, "Se stride irato il vento / se freme il nembo irato", ibid., p. 493; D. Brandenburg, Il "Pulcinella vendicato" e la tradizione degli atti unici napoletani, in Commedia dell'arte e spettacolo in musica tra Sei e Settecento, a cura di A. Lattanzi - P. Maione, Napoli 2003, p. 385; A. Lattanzi, Per una edizione critica del "Pulcinella vendicato", ibid., pp. 401, 414; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, p. 536; C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, Indici, V, 2, pp. 381 s.; Enc. dello spettacolo, VI, coll. 1751 s.