MONTE, Gennaro
MONTE, Gennaro. – Non si conoscono la data di nascita né l’origine di questo artista, che svolse prevalentemente l’attività di argentiere a Napoli nella seconda metà del Seicento.
Figlio di Biagio, anch’egli argentiere, Monte dovette formarsi verosimilmente sotto la guida del padre, probabile responsabile della sua introduzione tra i collaboratori di Cosimo Fanzago, di cui era stato uno dei fonditori di fiducia. Benché i documenti restituiscano un profilo biografico piuttosto dettagliato, rendendo nota una produzione cospicua, si sono conservate pochissime delle opere registrate negli archivi partenopei.
La notizia più antica risale al 1646, quando iniziò il rapporto lavorativo con la certosa di S. Martino, che si protrasse per tutta la vita (Catello - Catello, 2000, p. 34).
La natura delle opere realizzate per i certosini rimane tuttavia per lo più sconosciuta, fatta eccezione per pochi lavori il cui saldo venne effettuato in favore degli eredi di Monte nel 1697. Nel documento, che registra l’estinzione delle pendenze con la certosa (Rizzo, Maestri..., 1984, p. 460), si fa menzione, tra l’altro, di alcune «cassette reliquiario» in rame dorato, nonché di una scultura raffigurante Maria Immacolata, tutte di datazione imprecisata e ancora custodite presso l’istituzione che le commissionò.
Nel 1657, come attestato dal contratto (A. Catello, 1984, p. 305), Monte siglò un impegno con la S. Casa dell’Annunziata per l’esecuzione di un perduto «paliotto in argento»; al 15 giugno dello stesso anno risale, quindi, un versamento per un S. Nicola di Bari non meglio precisato, mentre è del 2 settembre 1659 quello per un S. Evaristo destinato al monastero di S. Gaudioso, anch’esso non più conservato (E. Catello, 1999, p. 11 n.). Un documento del 1660 indica, invece, che a quella data fuse due «cornucopie» d’argento da porsi davanti alla «cona» della Vergine di Costantinopoli nella chiesa omonima (A. Catello, 1984, p. 305), di cui non si conosce la storia successiva. L’anno seguente tornò a lavorare per l’Annunziata, cesellando due Angeli destinati all’ornamento dell’altare maggiore e una coppia di «portelle» in argento per lo stesso altare, tutte opere non rintracciabili.
Tra il 1661 e il 1664, stando ai pagamenti ricevuti (Strazzullo, 1978, p. 96), dovette eseguire i «candelieri» per l’altare maggiore della cappella del Tesoro di S. Gennaro in duomo, nonché due Putti con cornucopie, che risultano tra i pochi lavori conservati. In questi anni, inoltre, fu ingaggiato dalla Deputazione del Tesoro per una delle imprese più prestigiose della sua carriera, vale a dire per la realizzazione della scultura raffigurante S. Gennaro che campeggia ancora sul cancello della stessa cappella, e che costituisce la traduzione in ottone di un progetto di Fanzago. L’opera venne completata nel 1665.
Nel 1667 sbalzò il paliotto per la cappella di S. Giacomo della Marca in S. Maria la Nova, il cui contratto risaliva al 5 ottobre 1659 (Catello - Catello, 1973, p. 143), ricevendo 1860 ducati come compenso. Il lavoro non si è conservato e fu probabilmente sostituito dal paliotto di Domenico Marinelli e Matteo Treglia, ancora presente nella chiesa francescana.
Il 3 gennaio 1669 ricevette un acconto per la realizzazione di una «cornice d’argento e rame dorato» destinata alla cappella di S. Francesco Saverio nella chiesa del Gesù Vecchio (Rizzo, Scultori..., 1984, p. 392). Tra il 1669 e il 1672 sono registrati diversi pagamenti per alcuni lavori imprecisati, compiuti per la certosa di Padula. Tra essi occorre menzionare una statua di S. Bruno, oggi, come gli altri, dispersa.
Forse intorno al 1670 terminò l’esecuzione delle «giare d’argento» ordinate dalla Deputazione del Tesoro per il primo gradino dell’altare maggiore. Rimangono in loco solo quattro delle sei opere previste, di pregevole fattura.
Allo stesso 1670 risalgono anche la commissione da parte di un certo Agostino Battimello per una Madonna Immacolata, di cui si sono perse le tracce (C. Catello, 1988), nonché l’incarico di scolpire due Angeli per la cappella di S. Giacomo della Marca in S. Maria la Nova (E. Catello, 1999, p. 11 n. 12).
Nel 1672 eseguì una statua di S. Potito per l’omonimo monastero napoletano, perduta (E. Catello, 1984, p. 541 n. 11); le notizie successive rimontano a nove anni più tardi (1681), quando Monte si dedicò alla realizzazione del paliotto di S. Maria in Portico, e fu pagato dal monastero di S. Maria Maddalena de Pazzi per una scultura raffigurante S. Andrea Corsini (E. Catello, 1999, p. 8). Anche in questi casi le opere non sono conservate.
Nel 1683 ricevette un compenso per una non meglio precisata «sfera d’argento», realizzata per la chiesa della Trinità delle Monache (Rizzo, Scultori..., 1984, p. 378). L’anno seguente fu incaricato di mettere in opera i cancelli degli altari maggiori della cappella del Tesoro di S. Gennaro, commissionati nel lontano 1622 a Onofrio D’Alessio, e di dorarne i medaglioni (A. Catello, 1987, p. 26). Monte fu pagato per il servizio prestato nel corso dei due anni successivi, come testimoniano i documenti resi noti da Rizzo (Maestri...,1984, p. 459) e Strazzullo (1978, p. 56).
Il 6 ottobre 1689 gli fu versata una somma di 400 ducati per l’acquisto dell’argento destinato alla realizzazione del paliotto della chiesa di S. Ligorio, perduto (Id., Scultori..., 1984, p. 392), mentre al 1690 risale l’esecuzione del paliotto di S. Gregorio Armeno, anch’esso perduto (A. Catello, 1984, p. 305).
Si può ipotizzare una datazione alla metà dell’ultimo decennio, infine, per l’Immacolata ricordata nel citato documento del 1697, che costituisce una reinterpretazione della scultura di identico soggetto realizzata da Fanzago e oggi conservata nel Seminario arcivescovile di Napoli.
La data di morte di Monte non è nota. Tuttavia essa deve ragionevolmente collocarsi tra il 1695 e il 1697: da un documento del 12 marzo 1695 (Catello - Catello, 1977, p. 76) si apprende di una malattia che gli impedì di portare a termine le rifiniture del paliotto dell’altare maggiore della cappella del Tesoro di S. Gennaro, eseguito da Giovan Domenico Vinaccia; inoltre, dal menzionato saldo agli eredi da parte della certosa di S. Martino, avvenuto il 27 agosto 1697, risulta che Monte all’epoca era già defunto.
Fonti e Bibl.: E. Catello - C. Catello, Argenti napoletani dal XVI al XIX secolo, Napoli 1973, pp. 63, 143, 228, 230; Id., La cappella del Tesoro di S. Gennaro, Napoli 1977, pp. 72 s., 76, 101 s., 144, 148; F. Strazzullo, La real cappella del Tesoro di S. Gennaro, Napoli 1978, pp. 24 s., 56, 96 s., 121, 123, 136; A. Catello, in Civiltà del Seicento a Napoli (catal.), I, Napoli 1984, pp. 305, 314; E. Catello, Marmi, bronzi, argenti e stucchi, in Seicento napoletano. Arte, costume e ambiente, a cura di R. Pane, Milano 1984, pp. 344, 541 n. 11; V. Rizzo, Scultori della seconda metà del Seicento, ibid., pp. 378, 381, 392; Id., Maestri «ferrari» e «ottonari», ibid., pp. 455, 459 s.; V. de Martini, La cappella del Tesoro, in M. De Cunzo - V. de Martini, La certosa di Padula, Firenze 1985, p. 73; A. Catello, in The Treasure of St. Gennaro. Baroque silver from Naples (catal., New York 1987-88), Napoli 1987, pp. 26 s.; Tre secoli di argenti napoletani (catal.), a cura di C. Catello, Napoli 1988, p. 15; F. Strazzullo, S. Gennaro tra storia ed arte, Napoli 1992, pp. 67, 69; E. Catello, Argenti napoletani del Seicento. Considerazioni su documenti inediti, in Ricerche sul ‘600 napoletano. Saggi e documenti 1998, Napoli 1999, pp. 8, 11 nn. 12, 13; E. Catello - C. Catello, Scultura in argento nel Sei e Settecento a Napoli, Sorrento 2000, pp. 28, 32, 34 s., 37, 75 e passim; E. Catello, Cosimo Fanzago: puntualizzazioni e ipotesi su alcuni problemi di scultura, in Ricerche sul ’600 napoletano. Saggi e documenti 2002, Napoli 2003, p. 27 n. 10; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, p. 84.