GENOCIDIO
. Il problema della creazione di un nuovo delitto di diritto penale internazionale, che è stato definito genocidio (uccisione di un genus), sorse dopo la seconda guerra mondiale, cioè dopo le terribili stragi compiute soprattutto dai nazisti. Il problema fu portato dinanzi all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, che nella risoluzione n. 86 dell'11 dicembre 1946 dichiarò solennemente che il g. è un delitto del diritto delle genti, in contrasto con lo spirito e con i fini delle Nazioni Unite, delitto che il mondo civile condanna; riconobbe che "in tutti i periodi della storia il g. ha inflitto gravi perdite all'umanità" e che "per liberare l'umanità da un flagello così odioso è necessaria la cooperazione internazionale". Il 9 dicembre 1948 si giunse poi all'approvazione all'unanimità di una "Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio", alla quale il governo italiano è stato autorizzato ad aderire dalla legge 11 marzo 1952, n. 153. La convenzione stessa avrà piena e intera esecuzione in Italia dalla data di entrata in vigore della legge che, a norma dell'art. 5 della convenzione, dovrà essere emanata per assicurare l'applicazione delle sue disposizioni e soprattutto per prescrivere efficaci sanzioni penali.
A termini della convenzione (art. 2) per g. si intende uno qualunque dei seguenti atti, commesso nell'intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. a) uccisione dei membri del gruppo; b) grave offesa all'integrità fisica o mentale dei membri del gruppo; c) assoggettamento preordinato del gruppo a condizioni di esistenza tali da condurre alla sua distruzione fisica totale o parziale; d) misure dirette a impedire le nascite entro il gruppo; e) trasferimento forzato di fanciulli dal gruppo a un altro gruppo.
È parimenti punibile l'intesa diretta a commettere il reato di g. e altresì l'incitamento, il tentativo e la complicità del g. stesso. Le persone responsabili dovranno essere punite indipendentemente dal fatto che esse siano governanti, funzionarî o privati.
L'art. 7 della convenzione pone una norma di carattere singolare e cioè che agli effetti della estradizione il g. e le varie forme di partecipazione alla consumazione di esso non sono da considerare delitti politici, e cioè nessuno degli accusati può comunque invocare un divieto di estradizione. Tale norma è quella che ha creato le maggiori difficoltà durante l'iter di approvazione della legge diretta a far entrare in vigore la convenzione, giacché si ritiene da taluni che essa si pone in contraddizione con gli artt. 26 e 10 della costituzione, che negano la estradizione per reati politici. Senonché si risponde che, poiché la costituzione non ha fissato la nozione del delitto politico, rimane possibile al legislatore ordinario di escludere il carattere politico per un determinato reato ai fini dell'estradizione. Inoltre, sembra pienamente ammissibile la estradizione per un reato come il g., che in un certo senso trascende la comune categoria dei delitti politici e prende la figura di un nuovo delitto che si può definire di lesa umanità.
Bibl.: C. Sforza, Relazione del Governo al disegno di legge per l'approvazione della Convenzione 9 dicembre 1948; G. Persico, Relazione per la 3ª Commissione permanente del Senato; C. Montini, Relazione per la 2ª Commissione permanente della Camera, in La legislazione italiana, Milano 1952, pp. 656-664.