Gentilpensero che parla di vui
. Sonetto della Vita Nuova (XXXVIII 8-10), su schema Abba, Abba: Cde, Dce, presente, oltre che nella tradizione ‛ organica ' del libro e nella Giuntina del 1527, anche in quella ‛ estravagante ' che fa capo a Escorialense e. III 23. E il quarto e ultimo dedicato alla Donna pietosa o gentile, e conclude il movimento progressivo delineato dagli altri verso il pieno ‛ consentimento ' al nuovo amore. L'argomento è la battaglia de' pensieri e la vittoria di coloro che per lei parlavano, come spiega più distesamente la prosa. Il travaglio interiore è ipostatizzato in forma drammatica nel colloquio fra anima e core, cioè, come puntualizza la prosa, fra ragione e appetito. La prima quartina delinea una ritrovata tonalità di stilnovistica ‛ dolcezza ': il gentile pensiero della donna dimora sovente col poeta e ragiona così caldamente d'amore che il cuore consente con esso. La seconda esprime lo stupito risentirsi dell'anima che si scopre ormai totalmente assorbita da quell'unico pensiero. Nella sirma, invece, parla il cuore che afferma con gioia tutta intima e raccolta la vittoria del nuovo amore.
Il De Robertis e il Pernicone hanno indicato la consonanza fra questo sonetto e la canzone, quasi sicuramente posteriore, Voi che 'ntendendo, soprattutto coi vv. 40-48 di essa; e riscontri ancor più precisi fra questa e la prosa (Questa è una donna gentile, bella, giovane e savia...: Mira quant'ell'è pietosa e umile, / saggia e cortese...), tanto che il De Robertis è indotto a pensare, sia pure dubitativamente, a un influsso della prima sulla seconda. Con questo sonetto si conclude l'episodio della Donna gentile nella Vita Nuova, per lasciar luogo subito dopo al trionfo finale di Beatrice; tuttavia anche l'episodio della ‛ tentazione ' segna un acquisto gnoseologico e poetico ben lontano dal convenzionalismo delle donne-schermo e intimamente connesso al tema dell'amore come conquista delle ragioni profonde dell'interiorità che aleggia per tutto il libro e nella lirica successiva di Dante. Certo, rispetto a Voi che 'ntendendo il sonetto sta come una prima posizione tematica, giuocata ancora su un registro medio, lontano dalla complessità della suprema constructio della canzone, ma dotata di un'agile e fluida grazia stilnovistica, di una solida partitura ritmica e sintattica e di una limpida musicalità. Cfr. Videro li occhi miei e L'amaro lagrimar.
Bibl.- Oltre ai commenti, soprattutto di N. Sapegno, Firenze 1957², e Barbi-Maggini, Rime 142 ss., si veda: D. De Robertis, Il libro della Vita nuova, Firenze 1961, 168-173; ID., Le Rime di D., in Nuove lett. I 310-316; V. Pernicone, Le Rime, in D. nella critica d'oggi, a c. di U. Bosco, Firenze 1965, 680-681; Barbi-Pernicone, Rime 386.